Kata okugi
Di Ciro Varone
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Anteprima del libro
Kata okugi - Ciro Varone
nascosta.
Prologo
L’obiettivo dei miei scritti è quello di trasmettere una cultura marziale
legata al combattimento globale intrinseco nel karate; con le proposte e le mie riflessioni voglio suggerire una metodica di lavoro scaturita da un procedimento, da un lato tradizionale e dall’altro empirico: frutto di un’attenta ricerca personale, di una intensa pratica e di un lavoro derivante da esperienze condivise con altri maestri di karate e non solo.
Dico prima che, accostandosi allo studio del karate antico, è importante tenere sempre ben presente che le tecniche e i kata che oggi molti di noi praticano hanno subito notevoli cambiamenti e perché no, anche qualche mozzatura incomprensibile: Sensei Funakoshi scrive nel suo testo fondamentale Karate-do Nyumon …non sapere eseguire correttamente le mosse di un kata o non riuscire a assimilare le tecniche, può causare delle alterazioni nel kata; anche gli allievi che non praticano con zelo necessario rischiano di imparare una forma erroneamente; altri ancora, avendo interrotto l’allenamento per lungo tempo, dimenticano il kata originale e lo modificano con mosse di propria invenzione; alcuni, poi, scambiano le attitudini e le idiosincrasie personali del loro istruttore per delle parti integranti del kata…
.
È pertanto difficile ricercare e ripristinare un criterio di allenamento andato quasi completamente smarrito o confuso, anche se, per nostra fortuna, molti messaggi si celano ancora nei gesti dei kata che tristemente alcuni praticano molto grettamente e senza stimolo.
Il mio modesto compito, come maestro di karatedo, è quello di dare una nuova identità
forgiatasi sulle metodologie antiche tipiche delle tecniche originali che molti oramai ritengono superate ma che, invece, sono parte di un patrimonio inestimabile e inscindibile dell’Arte del Karatedo.
I cambiamenti epocali attualmente in atto coinvolgono anche il karate che oramai subisce influenze da molti fronti: la politica, la cultura e lo sport.
Il grossissimo problema che incombe sul karate è la mancanza di cultura marziale dei suoi maestri, ci sono insegnanti che purtroppo esercitano questa professione convinti che basti conoscere le tecniche, i programmi d’esame e come allenare atleticamente il corpo umano, questo è ben lungi dal potersi considerare maestri d’arte.
Come estimatore di un’arte ineguagliabile è per me molto difficile accettare passivamente che la stessa venga oltraggiata da falsi progressisti che non conoscendo appieno il valore dell’arte la declassano a un semplice e arido metodo di difesa o sport da combattimento, in questi casi sarebbe molto più facile e comodo stare dalla parte dei falsi progressisti
: accettare e dare per scontato che il karate sia solamente un’attività ludico-sportiva sarebbe per me molto meno impegnativo, tuttavia, non è ciò che ritengo giusto, per tale motivo i miei polpastrelli battono sulla tastiera del computer proponendo una visione del karate che possa aiutare allievi e maestri a riflettere e, putacaso sia possibile, anche a comprendere
.
Partendo da questo presupposto e considerando che le modifiche sono state fatte non solo a discapito delle tecniche dei kata, ma anche nel modo di insegnarli e nella descrizione dei termini stessi usati per definire le tecniche, mi rivolgo a quanti hanno praticato almeno per una ventina d’anni interrottamente e con serietà il karate per creare con loro un movimento tradizionalista che attinge dai sorgenti, ma anche si adatta alle moderne esigenze che dovranno trasportare il karate nel futuro senza per questo privarlo dei suoi valori marziali e delle sue radici utili a salvaguardare l’autenticità e la profondità spirituale guadagnata nel corso dei secoli e ancora in continuo progresso.
Se consideriamo che una delle modifiche più sostanziali fu proprio il fatto che i kata iniziarono a essere insegnati semplicemente a livello gestuale, come forma ginnica e non a livello comprensivo, cioè con le applicazioni reali, ci possiamo rendere conto che non può esserci un do
in tutto questo, poiché rifiutando i concetti classici si rifiuta pure gli aspetti metafisici intrinseci. Oggi questa sorta di metodo surrogato
ha diviso il karate in diverse diramazioni che, se prese singolarmente, non hanno più nulla in comune tra loro ma, anzi, molto spesso cozzano, stridano, si escludono vicendevolmente creando ancora oggi un dibattito molto forte e acceso tra le diverse correnti di pensiero trasformando il do
invece che in un via spirituale in un piccolo budello che stringe, soffoca e arresta l’Arte.
Dal momento che si cerca di diffondere l’Arte per il divertimento dei praticanti e del pubblico che accorre a vedere le gare è scontato che questa metamorfosi raccapricciante porti inevitabilmente allo scollamento di tutti quei valori marziali, spirituali e metafisici deformati dall’egoismo e dall’opportunismo personale tipici di uomini di valori morali e spirituali miseri.
L’Arte Marziale non può essere praticata per esibirsi e farsi misurare
essa andrebbe messa in pratica solo esclusivamente per se stessi, qualora non venga intesa in tal senso accade che il praticante sincero ma profano si aspetti, indossando un karategi e entrando in un dojo, con lo scorrere degli anni di