Una passione mondiale
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Una passione mondiale - Angela Giulietti
Cup
Prefazione, ovvero l'ingresso in campo
Mi sono innamorata dei mondiali di calcio nel 1982. Non ho mai avuto una squadra del cuore, e come potevo? Padre interista, mamma juventina, nonni rispettivamente tifosi di Fiorentina e Napoli, le squadre delle loro città, e zio romanista... dovevo essere io a scegliere? Non scelsi mai. La mia storia d'amore con la World Cup iniziò il giorno in cui Edmilson, Edy, il mio vicino di casa brasiliano, mi salutò mentre partiva per le vacanze dicendomi:
Questi mondiali saranno nostri
Io avevo solo 14 anni e rimasi zitta. Ops, non mi sono presentata, è vero... maleducata come un giocatore che aggredisce l'arbitro! Mi chiamo Veronica, e ripercorrerò con voi la storia dei mondiali di calcio, ben 32 anni di vita, un'eternità! Eppure, mi sembra ieri che mi preparavo al primo giorno di scuola superiore attaccando le figurine sull'album della Panini.
Mi chiamo Veronica e nel 1982 avevo capelli ribelli e tempestosi come una curva che ondeggia al gol di una squadra. Salutai Edy che tornava in Brasile per le vacanze e avrei voluto rispondergli:
Guarda che vinceremo noi!
Invece non aprii bocca. Anche perchè non avevo molta fiducia nella nazionale italiana...
Spagna 1982
Il dito del presidente, il biscotto, lo sceicco incazzato e l'avventura di El Salvador.
Parlo di un tempo in cui molti televisori erano in bianco e nero. Il nostro, almeno, lo era. Buffon aveva 4 anni, Messi non era ancora nato e tutti cantavamo Der kommissar
senza capire una parola.
Il mondo era all'apice della guerra fredda. Tra le squadre presenti ai mondiali c'erano l'URSS e alcuni dei paesi satellite
, le cui rivoluzioni erano state soffocate, poco democraticamente. C'erano gli USA e il loro vicino
El Salvador, dove Reagan era impegnato nel fare astuti giochetti per sostenere la giunta militare. C'erano Argenitna e Inghilterra, che stavano combattendo un conflitto per le isole Falkland: la Thatcher contro un'altra simpatica giunta militare che faceva sparire la gente come foglie aspirate in un giardino. Il paese organizzatore era uscito da una lunga dittatura da meno di un decennio. Insomma, si stava facendo la storia degli anni '80, quelli in cui Usa e Urss, per non affrontarsi in un suicidio nucleare, andavano a rompere i coglioni a stati più piccoli, imponendo leggi e ideologie.
Per la prima volta nella storia dei mondiali, partecipavano 24 nazionali, ed erano rappresentati tutti i continenti.
Nel primo girone si sfidavano Italia, Polonia, Perù e Camerun. In teoria per italiani e polacchi era facile passare il turno. Ma gli azzurri partirono con un pareggio proprio contro la squadra di Boniek. E non contenti decisero bene di pareggiare anche le due partite successive. Così, mentre i connazionali di Papa Wojtyla facevano polpette del Perù, i ragazzi di Bearzot trovarono la qualificazione grazie a un pareggio col Camerun, che fu eliminato per un solo gol di differenza.
L'Africa non era decisamente fortunata. Nel secondo gruppo, una bella Algeria venne infatti sbattuta fuori da un biscotto
tra Germania e Austria. Nell'ultima gara si sfidavano le due europee, con il Cile già spacciato. I tedeschi erano a due punti, gli austriaci a 4, l'Algeria a 4 avendo battuto senza fatica il Cile e avendo sconfitto la stessa Germania. Con una vittoria dei tedeschi per 1-0, in un incontro combattuto come una partita di scacchi tra 90enni, le due nazionali sistemarono le cose, a scapito degli africani. Dopo quell'esibizione scandalosa, fu stabilita la regola della contemporaneità per l'ultimo turno delle eliminatorie, che sarebbe stata applicata a partire da Messico '86.
Il gruppo 3 aveva come favoritissima l'Argentina campione del mondo. Ma Maradona e compagni esordirono perdendo contro il Belgio, e a quel punto anche l'Ungheria parve loro un avversario di cui avere paura. Eh già, perché due giorni dopo rifilò un secco 10-1 a El Salvador, tuttora un record. La nazionale centroamericana sembrava lo specchio del paese: allo sbando, senza fiducia, confusa. Solo in seguito si venne a sapere tutta la storia, una storia fatta di scali multipli, di viaggi disagiati, di dirigenti che scelsero di portare solo 20 giocatori per far posto sull'aereo ad amici personali... El Salvador giunse in Spagna all'ultimo momento, totalmente impreparato. Gli furono rubati i palloni, che vennero poi prestati dagli ungheresi, sparirono alcune divise, insomma era il caos più totale. Dopo il 10-1 il ct del Belgio dichiarò che i salvadoregni erano la vergogna della Fifa
e Maradona li avvertì che se avevano subito 10 gol dall'Ungheria l'Argentina gliene avrebbe segnati almeno 11. A quel punto, i giocatori si riunirono, decisero di prendere il comando del gruppo e di provare a giocarsi il mondiale comunque. Incassarono solo altri tre gol: due dall'Argentina e uno dal Belgio. Restarono a 0 punti, ma con la consapevolezza di aver dato il massimo.
Mi ricordo ancora benissimo il portiere all'epoca 21 enne, di cui ero un po' innamorata: Guevara Mora, un bel ragazzo riccioluto, cui erano interessate molte squadre europee, ma che non varcò mai l'Atlantico. Passarono il turno il Belgio con 5 punti e l'Argentina con 4.
Dopo qualche vano tentativo di invitarmi a mangiare una pizza, le mie amiche mi abbandonarono. Ogni sera me ne stavo lì, nella mia casa, in una Firenze calda e silenziosa, davanti alla tv, con una Coca Cola e un sacchetto di pop corn, a godermi le partite. Il mostro
colpì mentre il Belgio batteva El Salvador e la Polonia faticava contro il Camerun. Uccise altri due ragazzi: Antonella e Paolo. Tutta la città era nel panico. Credo che mai Firenze abbia avuto così tanta paura, nemmeno durante la guerra, perché non sapevi quando e dove sarebbe avvenuto l'agguato. Io di certo non correvo rischi, abbracciata al mio cuscino, ad assorbire voci e colori dalla Spagna. Ma era inquietante per tutti!
Nel quarto gruppo c'erano Francia e Inghilterra, assieme a Cecoslovacchia e Kuwait. Gli inglesi vinsero tutte e tre le partite, portandosi a punteggio pieno. Dietro a loro, i francesi stentarono più di quanto fosse prevedibile, realizzando soltanto tre punti, con un pareggio nel match contro i cecoslovacchi e una vittoria . L'episodio più curioso si verificò proprio durante la seconda gara di Platini e compagni. I giocatori del Kuwait si fermarono di colpo avendo udito un fischio e attribuendolo all'arbitro. Così, il calciatore dei Blues Giresse segnò senza problemi, con la difesa avversaria praticamente immobile. A quel punto, scese dagli spalti il presidente della federazione del Kuwait, lo sceicco Fahad Al-Ahmed Al-Jaber Al-Sabah, che minacciò di ritirare la squadra se il gol fosse stato convalidato. Fu un divertente siparietto, e l'arbitro sovietico alla fine annullò il gol, ascoltando lo sceicco.
Otto anni dopo, i carri armati iracheni invasero il piccolo emirato, e Fahad rimase ucciso. Non si sa bene se fu colpito durante una battaglia oppure cercando di fuggire, ma la sua storia finì così, tragicamente.
Con la vittoria, ottenuta comunque per 4-1 sul Kuwait, la Francia passò il turno agevolmente, anche se per seconda . Ma tutti erano concordi nel sostenere che era l'Inghilterra la più forte del gruppo.
Il quinto girone pareva decisamente abbordabile per i padroni di casa della Spagna. Le altre nazionali erano infatti Irlanda del Nord, Honduras e Jugoslavia. Invece, gli iberici faticarono molto, pareggiarono con l'Honduras, persero contro l'Irlanda del Nord, vinsero una sola partita e passarono il turno per un gol segnato in più della Jugoslavia, mentre l'Honduras, a sorpresa, raccolse due punti. Per prima si qualificò la sorprendente Irlanda del Nord, la quale schierò il 17 enne Whiteside, a oggi il giocatore più giovane ad aver giocato la fase finale di un mondiale.
Dopo le prime tre partite del Brasile, iniziai a pensare che forse Edy aveva ragione: avrebbero vinto la World Cup. La squadra di Telê Santana batté senza grossi problemi l'URSS e fece letteralmente polpette di Scozia e Nuova Zelanda. Era un gruppo che divertiva e si divertiva, ricco di talenti, molti dei quali militavano o avrebbero militato nel campionato italiano. Quando guardavi giocare quel Brasile, era come se il pallone si fosse vestito di magia, decidendo di dare spettacolo assieme a coloro che lo toccavano coi piedi. Non facevano cross: disegnavano traiettorie celesti. Non correvano: volavano. Io restavo incantata davanti alla classe di Falcão, Socrates, Zico e tutti gli altri, che vinsero le tre gare del girone. Dietro ai meravigliosi verdeoro, l'URSS, dove giocava un giovane portiere di nome Dasaev che mi rubò subito il cuore, agguantò la qualificazione per una differenza reti migliore nei confronti della Scozia. La Nuova Zelanda perse tutti gli incontri e fu eliminata con 0 punti.
Bene, e adesso si faceva sul serio. Tre continenti erano spariti (anche se Algeria e Camerun avrebbero meritato migliore sorte, in particolare i magrebini senza i giochetti in lingua tedesca forse sarebbero andati avanti!). Rimanevano 10 europee e 2 sudamericane. O meglio, secondo il mio punto di vista, il Brasile e altre 11!
La più fortunata tra le squadre europee fu senza dubbio la Francia, che capitò in un girone assieme ad Austria e Irlanda del Nord, entrambe già appagate per i successi ottenuti nelle gare precedenti. Per Platini e compagni non fu difficile vincere le due partite, per 1-0 e 4-1, e prenotarsi per un posto tra le prime quattro del mondo.
L'Inghilterra trovò sulla sua strada Spagna e Germania Ovest. Pareggiò con tutte e due, e uscì dal mondiale senza aver mai perso un incontro, in virtù del successo dei tedeschi sugli iberici per 2-1. Non appena la Spagna salutò la World Cup, tutti gli spagnoli decisero di tifare Italia. Guadagnammo svariate migliaia di supporters in poche ore, e visto il cammino che ci aspettava non potevano che farci comodo!
Il girone con URSS, Polonia e Belgio, vide questi ultimi come vittime predestinate. La battaglia era tutta tra gli uomini di Boniek e i rappresentanti del paese che da mesi aveva imposto la legge marziale a Varsavia. La posta in palio andava molto al di là dei 90 minuti. I polacchi ci tenevano a dimostrare ai sovietici che sapevano lottare, con ogni mezzo, anche su un campo da calcio. Avevano battuto il Belgio per 3 a 0, con una tripletta di Boniek, mentre l'URSS non era andata oltre un 1-0. Per quasi tutti i 90 minuti la Polonia fece barricate. Picchiò, fermò gli avversari, tenne duro. E il pareggio a reti inviolate le consentì di accedere alla semifinale al posto degli odiati cugini
sovietici.
E poi c'era il girone di ferro
, nel quale il Brasile pareva il favorito assoluto, con una piccola speranza lasciata all'Argentina di Maradona. L'Italia? No, l'Italia partiva già sconfitta!
La prima grande sorpresa fu proprio la vittoria degli uomini di Bearzot sull'Argentina. Segnarono Cabrini e Tardelli, ma il vero protagonista della gara fu Claudio Gentile. Il ct gli affidò la marcatura a uomo di Diego Armando Maradona, e il coriaceo difensore disputò la partita perfetta: duro, deciso, intelligente, non permise al