Il Problema del Male - La Soluzione
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Il Problema del Male - La Soluzione - A.d. Sertillanges O.p.
A.D. SERTILLANGES O. P.
IL PROBLEMA DEL MALE - LA SOLUZIONE
Prima edizione digitale 2015 a cura di Anna Ruggieri
INDICE
CHE COS'E' IL MALE?
Premessa
Il male non è una realtà naturale
Il male è una privazione
Equivoco del e male metafisico
Il male è positivo in un senso
Perché il male sembra un'esistenza
Il male non ha causa prima
Carattere innaturale del male
Il caso della pura materia
Il caso del dolore
Il caso del male morale
DA DOVE VIENE IL MALE?
Il pessimismo
Il dualismo
Un dualismo incosciente
Il peccato originale come spiegazione dei male
Rimproveri fatti a Dio a motivo del male
Le ragioni della creazione
La libertà nella creazione
Gli attributi di Dio nella creazione
Il male ne deriva
Insensate esigenze dei critici
L'umiltà di Dio nella creazione
Utilità del male nel gran Tutto
Il caso degli individui
ALLE PRESE CON L'AVVERSARIO
Lo scacco iniziale di Dio
Lo scacco della riparazione
La protesta dell'abisso
Il valore della libertà
La libertà limitata al bene
Tutto considerato…
Dio fa solo il bene
La volontà permissiva
I fini governano
L'estasi unificatrice
Il Cristo giustifica tutto
IL MALE NELLA NATURA
Uno sguardo troppo umano
Due aspetti opposti della natura
Ancora il peccato originale
L'argomento della bellezza
I difetti della natura
I cataclismi
La strage
La testimonianza della fede
Tutto considerato, la natura è buona
Il Cantico
La sofferenza animale
La morte degli animali
La vera spiegazione dell'enigma
Il caso delle piante
APPENDICE
Nota degli Editori
Conclusione: il Mistero
CHE COS'E' IL MALE?
Premessa
Si parte sempre da una definizione. Di qui vengono quasi tutte le ulteriori determinazioni. La preoccupazione comune è di trovare il covo di questo nemico, che si chiama il male e di sapere da dove viene. E se si suppone che abbia questa o quella causa cosciente, un perché doloroso mette subito questa causa in stato di accusa, se si osa dire, a meno che non si preferisca negarla per il suo stesso onore. Tuttavia, nell'ordine della ricerca, questa preoccupazione è secondaria. Prima di sapere donde venga il male, conviene domandarsi ciò che esso sia. Non è assurdo, dice Sant'Agostino, cercare l'origine d'una cosa sconosciuta?
L'evidenza del male colpisce ognuno, e alcuni preferirebbero accontentarsi di ciò, trattando come sottigliezze le determinazioni più necessarie. Ma l'indeterminato comporta troppi inconvenienti perché cediamo qui alla facilità. Vogliamo soddisfare i pensatori, e siamo persuasi che, trascurando le basi, si espone la verità a tutte le misconoscenze e a tutte le contraddizioni.
Il male non è una realtà naturale
Il male è l'opposto del bene, e per lo sguardo semplicista sarebbe volentieri qualificato cattivo ciò che compromette il nostro bene o semplicemente ci dà fastidio. Sotto questo rispetto, la belva, il serpente, il topo, lo scorpione, la cimice, la pulce appartengono al male. Sono bestie sporche. Ma lo scienziato non conosce bestie sporche, vede ovunque mirabili organizzazioni e prodigi di attività creatrice. Quanto al metafisico, a maggior ragione si rifiuta di chiamare cattiva una qualsiasi natura d'essere, per il motivo che una natura siffatta non potrebbe né agire né ricevere un'azione, e che posto potrebbe pertanto occupare nel mondo? Non potrebbe agire, poiché ogni essere agisce solo in ragione d'una perfezione, che esso possiede e mette in opera. Non potrebbe ricevere un'azione, poiché in ogni soggetto d'azione, preso in quanto tale, si attua un'evoluzione, nella quale si manifestano e trionfano le qualità dell'agente. Il male, preso in se stesso, è dunque estraneo all'essere e alla causalità; non vi si può vedere che una mancanza, un'assenza, un niente di realtà, non un'autentica realtà.
A ciò il teologo aggiunge: ogni realtà è Dio o viene da Dio. O Dio non è, o è sorgente universale d'essere. Pertanto, affermare un'esistenza cattiva, vorrebbe dire introdurre il male in Dio; poiché questa esistenza essendo necessariamente creata, cioè emanata da Dio, partecipante di Dio e così somigliante a Dio, denuncerebbe in Dio una tara incompatibile con la sua perfezione sovrana. Abbiamo infatti visto i sostenitori della positività del male, quando erano coscienti delle loro affermazioni, optare col Renouvier per un Dio finito, concetto che suscita orrore in un vero teologo.
Nel senso rigoroso dell'espressione, l'essere del mondo partecipa di Dio. E' appunto ciò che significa partecipazione. Se dunque il male ha un essere proprio, vuol dire che in Dio c'è del male. Conclusione tanto più rigorosa, in quanto che, per il teologo, la creazione, benché distinta da Dio, contrariamente alle concezioni panteistiche, non viene tuttavia ad aggiungersi a Dio, tanto è totale la sua appartenenza. Come la sua perversione, se fosse una qualificazione positiva del suo essere, potrebbe non trapassare in Dio, vale a dire annullare Dio? ,r Che possa esistere la pura malignità, dice l'Emerson, è una dichiarazione di ateismo".
Il male è una privazione
Ma a questo punto sopraggiunge in molti un equivoco capace di sconvolgere tutti i giudizi e di introdurre nelle esposizioni perpetui fraintendimenti. Per il fatto che si rifiuta al male una esistenza positiva, una propria natura e un'attività che gli appartenga, alcuni concludono che lo si nega puramente e semplicemente, che si elude così un terribile problema.
Il male non sarebbe dunque che un bene minore, una mera negazione del perfetto, un limite? Ciò, si dice, non regge. La virulenza del male è troppo evidente. La rivolta che il male eccita nelle coscienze non autorizza una palinodia metafisica valida solo a parole. E quanto agli orrori che abbiamo visto ai nostri giorni, quelli che punteggiano i racconti della storia a partire dal primo assassinio? Invero la burla ha dei limiti, e vi sono argomenti, nei quali la filosofia perde quel potere di mistificazione, che gli scettici le hanno in ogni tempo attribuito.
Non insistiamo e diciamo subito: ci si sbaglia. Non si nega il male per il fatto che gli si rifiuta una realtà positiva, così come non si nega e non si cessa di deplorare lo strappo d'un tessuto pregiato dicendo che questo buco non è tuttavia un essere.
E' di immensa importanza sapere e proclamare che il male non è un essere; ne abbiamo detta or ora la ragione. Ma ciò non diminuisce per nulla la gravità del problema che esso pone; ciò non ne fa affatto un semplice limite, una semplice diminuzione di bene, una semplice negazione.
Anzi che negazione, dite privazione, e tutto cambia. E' per non aver avvertito il peso di tale distinzione che alcuni pensatori si sono indignati davanti alla tesi della non-positività del male. Bisogna riconoscere che alcuni filosofi ve li hanno aiutati, quando hanno parlato, come Leibniz, peraltro senza errore di dottrina, di un male metafisico, consistente semplicemente nella imperfezione che è propria necessariamente di ogni creatura.
Equivoco del male metafisico
Una denominazione simile è abbastanza sorprendente da parte di un filosofo ottimista; poiché se ogni assenza di bene fosse un male, si sarebbe portati a professare un pessimismo universale. Nondimeno questo modo di parlare non è interamente arbitrario, e Gesù stesso sembra di questo parere quando dice al giovane ricco: Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio
(Luca, XVIII, 19). Ciò che si chiama bene, in questa terminologia, è il bene per antonomasia, il bene perfetto. Ed è certo che l'imperfezione del creato è all'origine di ogni male, come dovremo mostrarlo in seguito. Ma l'origine del male non è il male. Un essere limitato, a qualsiasi livello sia della scala degli esseri, ha la possibilità di essere perfetto nei limiti della sua natura e così di non comportare alcun male.
Meglio, nell'ordine del creato, l'idea di limite è inclusa nella caratteristica del bene, poiché serve a definire tutti gli esseri. Che cos'è definire, se non limitare? E' il limite che stabilisce un essere nella sua propria essenza. Se il triangolo non fosse limitato a tre lati, non sarebbe un triangolo, e il triangolo non esisterebbe affatto. E se' una qualsiasi creatura non fosse limitata a un'essenza particolare, questa creatura comprendendo in sé la pienezza dell'essere sarebbe Dio. Confondendo il bene con il perfetto, è come si proibisse a Dio di realizzare un qualsiasi bene, non potendo Dio riprodurre se stesso; è come si ammettesse la conseguenza che ogni essere è cattivo per il fatto che non è un altro essere, etc.
Sotto questo riguardo, il preteso male metafisico di Leibniz, del quale abbiamo incontrato precedentemente tracce in Origene, appare abbastanza antimetafisico. Lo si può ammettere come espressione, poiché le definizioni delle parole sono libere; ma poiché può dar luogo a confusione, è meglio escluderla. Si dirà allora che il male non è una certa natura d'essere, non è neppure un grado inferiore d'essere; è una assenza d'essere avente il carattere di una corruzione nei riguardi di ciò che esso affetta, di un deteriorarnento, effetto di ciò che Jacques Maritain denomina energicamente La lebbra dell'assenza
.
Un essere umano ha due braccia: la mancanza d'un braccio non è in lui una semplice negazione, come sarebbe una mancanza di ali; non è il segno di un grado inferiore d'umanità, come una statura mediocre o un mediocre spirito; è una ferita, una tara, ed è ciò che si chiama un male.
Il male è positivo in un senso
In queste condizioni, dire privativo il male, è dirlo positivo in un certo modo; poiché pone qualche cosa, cioè una violazione della natura, e, nell'ordine morale, una offesa a quest'ordine e al suo Capo. Il peccatore oppone a Dio un no; afferma la volontà dell'uomo contro Dio, così come nel cosmo una forza di distruzione o d'alterazione rompe in parte lo sforzo costruttivo del mondo. E' questo lato positivo del male, che, a modo suo, lo pseudo-Dionigi esprime quando dice: Il male è distante dall'essere, ma ancor più dal non-essere
.
Nello stesso senso e allo stesso modo, il male agisce — non per virtù propria, poiché di per sé esso non è affatto, ma per il bene che esso altera e di cui così devia l'azione. E tanto più nuocerà il male quanto maggiore è il potere del bene sviato. Si pensi al genio traviato, a una grande anima perversa. Satana è il tipo di quei poteri che esercitano, se così si può dire, la loro virtù nel male. L'universo è un'immensa colata di bene, che il male, sornionamente, vessa.
Perché il male sembra un'esistenza
Queste spiegazioni dovrebbero bastare a calmare coloro, che ritengono che noi minimizziamo il male chiamandolo una privazione, come se intendessimo per male un bene minore, un bene minore che lascerebbe intatta nel mondo la qualificazione di bene, mentre il male costituisce una orribile sottrazione, e precisamente perché non c'è in esso niente dell'essere, cioè del bene, è tale avversario per il bene.
Ciò che inganna, è che il male, per reale e potente che sia, non è isolabile. Chi lo isola, lo annienta. Cercate di isolare una cecità, una sordità. Ciò che esiste, è l'occhio privato della vista, è l'orecchio morto. Il male volge al concreto nel bene, non ha realtà effettiva che in virtù del bene. Una deformità non esiste allo stesso modo di un animale
, diceva San Basilio. Non si incontra mai il male, ma qualcuno o qualcosa, in cui c'è del male. Ora, un soggetto, in cui c'è del male, è un bene. Per questo San Tommaso, seguendo Sant'Agostino, non teme di sottoscrivere la proposizione seguente, apparentemente così paradossale: il male è un certo bene (quoddam bonum), come l'errore è un certo vero (quoddam verum)! E spiega che nelle frasi, in cui si afferma: il male è, il verbo essere così impiegato non designa un'esistenza, ma semplicemente il legame logico d'una proposizione vera. Il contenuto di questa proposizione conserva nondimeno la sua natura di pura privazione. Dire che un occhio è colpito da cecità, è dire soltanto che non vede. Nessuno, dice Giusto Lipsio, vede le tenebre, né ode il silenzio; ma ciascuno li comprende in base all'assenza dei contrari
. L'Emerson fa un'osservazione assai simile quando dice: Il male ha un'esistenza oggettiva, ma non soggettiva
, cioè, nella sua terminologia, che esso è positivamente oggetto dell'intelligenza, ma non soggetto esistente.
Aggiungiamo che se questo nulla che è il male prende ai nostri occhi una apparenza d'essere e co rapare nelle nostre proposizioni al coperto dell'essere, è perché il male come tale non può assumere la parte d'un oggetto dello spirito, come ha brillantemente mostrato il Bergson. Porre il nulla, è porre l'essere; porre la privazione, è porre l'essere imperfetto. Ma poiché nell'imperfetto che limita l'essere sembra che il bene, identico all'essere, non si riconosca più, si attribuisce al limite la positività che appartiene al soggetto, al male la positività di cui solo il bene è capace.
La ragione ultima di ciò, forse, sta nel fatto che ogni idea, in noi, ha bisogno d'appoggiarsi a un'immagine, o fantasma, di cui è l'interpreta. zione astratta. E questo vale per le idee negative come per le altre. Dicendo: il niente, ci si rappresenta uno spazio vuoto atto a essere riempito. Dicendo: l'assenza, si vede una casa vuota, una strada deserta. Allo stesso modo, la cecità è una specie di velo o di federa davanti allo sguardo. E tale è il male. Con la riflessione, ci si accorge che il niente è nulla, nemmeno un nulla; che la privazione designa un soggetto che è privato in quanto è privato, e che il male è ciò. Donde le proposizioni di Sant'Agostino e di San Tommaso apparentemente esagerate: Malum est quoddam bonum
, non potest esse malum nisi aliquod bonum
.
Da questa verità che il male è nel bene come nel suo soggetto, risulta quest'altra che il male non può mai esaurire tutto il bene, con il quale annienterebbe anche se stesso. Il male della morte, che sembra far eccezione, rientra nella regola; poiché la morte non tocca la materia, che si mostra territorio di vita nel momento stesso in cui è territorio di morte. Così il regno del nude non può costituirsi che con elementi mutuati dal bene e rispettando il bene. Il suo trionfo totale, in qualsiasi punto si voglia, presupporrebbe un'abolizione dello stesso atto creatore e una potenza di distruzione equivalente all'onnipotenza di Dio. Soltanto, ciò che il male costruisce è una derisione rispetto alla vera città. Il male porta il segno dell'irrazionale e così della negazione nella stessa affermazione.
Il male non ha causa prima
Da questa stessa definizione del male preso come privazione discende un'altra conseguenza, cioè che il bene, soggetto della privazione, può, crescendo, sfuggire alla privazione e avvicinarsi al bene sovrano, mentre il male, crescendo non può sfuggire al bene e avvicinarsi al male sovrano, che non potrebbe esistere. Ogni manicheismo di questa specie è un'aberrazione. Non c'è causa prima del male, poiché, il male essendo privazione in un soggetto buono, la causalità riguarda questo soggetto e non la fondazione di un vuoto. Tuttavia, poiché questo vuoto è pur reale come vuoto, occorrerà fornirne la ragione. In altre parole, il male, in se stesso, non ha causa; ma il fatto che ci sia del male richiede una causa, ed alla ricerca di questa causa dovremo in seguito dedicarci. Prima dobbiamo percorrere altra strada.
Carattere innaturale del male
Poiché definiamo il male come una privazione, non come una semplice mancanza, ci incombe di dire rispetto a che cosa si deve giudicare la privazione chiamata male. Bisogna che ci sia uno stato normale, in mancanza del quale, non essendoci norma di giudizio, non si potrà scoprire né bene né male. Per questo, un materialista