La Notte del Puma
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Book preview
La Notte del Puma - Gianluca Cuozzo
Sinossi
Prologo
LA FOTO
8 Gennaio 1977. Corocoro, Bolivia.
«…su fatte un sorriso…cheese, ok…fatta!»
«Fai vedere come siamo venuti con questi ponchi…».
Frank Dietrich, ricercatore presso la New London University, prese in mano la foto appena sfornata dalla nuovissima macchina fotografica Kodak 400, la prima a quell’epoca, che dava la possibilità di avere istantaneamente le foto appena scattate.
Anche suor Rosaria, curiosa di vedere come la meraviglia tecnologica portata da quei due europei fosse in grado di sviluppare immagini istantanee, corse a vedere il ritratto fotografico che la riproduceva in posa con il collega di Dietrich, il ricercatore Robert Douglas e un ragazzino con le guancette scottate dal sole di alta quota, tipiche dei bambini andini. Tutti nella foto, erano vestiti con i tradizionali ponchi colorati.
Rimasero affascinati da quel prodigio della tecnica. Ma era giunta l’ora dei saluti.
Dopo la missione di ricerca sulle Ande, Dietrich e Douglas erano passati a ringraziare Suor Rosaria, Madre Superiora del Convento del Sagrado Corazon Oblate a Corocoro, piccolo centro a due ore da La Paz. Le suore, avevano dato aiuto ai ricercatori, permettendo loro di usufruire della grande struttura costruita dall’alto prelato italiano Monsignor Attilio Tognata.
Nel contempo Douglas, rimasto vedovo subito dopo il matrimonio, adottò un bimbo tra i più bisognosi della missione.
Quella decisione così importante era stata presa in un tempo molto breve, ma la solitudine e la mancanza dell’amata compagna, aveva già intaccando la fragilità dell’animo, facendolo arrivare alla soglia della depressione, il cancro della mente. Aveva deciso: ora era padre. Padre di quel bambino sconosciuto. Tutto ora aveva un altro significato e finalmente la vita rincominciava.
Parte Prima
LA STANZA DEI BOTTONI
22 Settembre 2014, ore 12:50. Università di Firenze, Italia.
«Ha facoltà di esporre il proprio lavoro il Dottor Thomas Clayton, prego…», sussurrò con voce quasi impercettibile il Professor Dietrich della New London University, convenor al congresso sulle civiltà preincaiche organizzato dall’Università degli studi di Firenze. Thomas, prima di immergersi nell’esposizione del lavoro, abbozzò un sorriso ringraziando con un lieve gesto del capo il moderatore.
«Durante i miei studi sui metodi elettromagnetici, che possono essere utilizzati senza problemi nella ricerca dei siti a carattere archeologico, mi sono imbattuto involontariamente in una tempesta elettromagnetica, che ha reso vani i miei sforzi in un’area remota delle Ande Boliviane…». Sottolineò con un diverso tono di voce la parola vani.
Le ampie fronti di alcuni luminari posti nelle prime file dell’aula magna, assunsero in coro espressioni prima di sorpresa e poi di crescente interesse. Era chiaro che Thomas Clayton aveva la facoltà di catalizzare l’attenzione nel prossimo che lo ascoltava.
Prima di proseguire, attese che l’effetto delle parole, colpisse il bersaglio come la traiettoria di una freccetta, prima del termine della sua corsa contro il cerchio rosso dei cento punti.
«…Io e la mia squadra, abbiamo abbandonato la prospezione, vista l’impossibilità di procedere per l’effetto della anomalia. Le mura ciclopiche di basalto andesitico, che nella prima fase della prospezione erano state rilevate, risultavano invisibili dopo l’improvvisa tempesta elettromagnetica».
Con un sorriso ampio, ma allo stesso tempo smorzato per gli sguardi dei professori che gli si erano seduti a fianco, Alex Brown pensava alla squadra di ricercatori che si era fatta 18 ore di aereo fino all’aeroporto di La Paz, 10 ore di treno trans-andino e 4 ore di jeep, fino ad arrivare nell’area di ricerca a più di 4000 metri sul livello del mare. Ma quale squadra? Erano solo in 2!
Fin dal momento che si erano conosciuti, ai tempi del dottorato di ricerca, avevano sempre lavorato assieme. Thomas si era trovato subito bene con Alex.
Non si fidava degli altri colleghi che non perdevano occasione di approfittare delle loro idee.
È gente che vive di luce riflessa, aveva confidato ad Alex, sulle scalinate del palazzo di mattoni rossi del CNR[1] a Roma, dove si erano recati ad un convegno per esporre un lavoro di ricerca sulla geofisica applicata ai suoli.
Mentre riviveva mentalmente quella scena, ricordò la bellezza senza eguali della città eterna. Si sforzò poi di concentrarsi sulle parole dell’amico e non poté fare a meno di ammirare la sua abilità.
«Vale mille volte Dietrich e la sua schiera di assistenti che sembrano delle paperelle dietro a mamma papera», sussurrò ad Al Penn che gli sonnecchiava accanto nella penombra, su una comoda poltroncina di velluto rosso.
Poi, rendendosi conto che dormiva, riportò svelto la mente a loro due soli, carichi di cavi, sensori e apparecchiature geofisiche, che affrontavano il vento gelido delle Ande boliviane, che segava le orecchie e pungeva il viso come milioni di spilli, felici però di essere li.
«Ti ho sentito Alex, uhm si…si, so quanto vale, ma quando andiamo via? Questi grandi luminari mi fanno venire il voltastomaco», bofonchiò Al, stropicciandosi gli occhi come un bambino, dopo che aveva dormito anche tutte le quattro ore del volo che da Lanzarote lo aveva portato in Italia per la prima volta.
Al aveva chiesto tre mesi di congedo straordinario. Da sempre sognava di poter andare alle isole Canarie per la pesca al Marlin, la sua grande passione. In verità, non sapeva ancora che cavolo ci facesse mezzo addormentato nel bel mezzo di un convegno in una Università italiana.
Aveva solo risposto alla telefonata di Thomas la sera prima. L’amicizia li legava dall’infanzia ed Al sapeva che se Thomas lo aveva disturbato nel bel mezzo di una traina al Marlin, ci doveva essere un sacrosanto motivo.
Dopo il rientro dal Sudamerica, e il fiasco della spedizione, Thomas aveva rintracciato Al Penn, suo coetaneo e compagno alle scuole primarie e lo aveva inserito nel team di ricerca. L’amicizia che li legava, l’affidabilità e l’esperienza che si era fatto nell’esercito e in mezzo ai delinquenti più pericolosi, rendeva Al quasi essenziale in quel tipo di missioni.
Era chiaro il suo intento, ritornare sulle Ande.
Avevano percorso strade diverse Thomas ed Al. Thomas, sempre in viaggio per piacere e periodi di studio all’estero, impazziva per le moto da cross e per le assolate spiagge mediterranee. Quando studiava all’Università, lavorava nei mesi estivi nel Servizio Salvataggio in Sardegna e i soldi che riusciva a mettere da parte li utilizzava per i suoi numerosi viaggi. L’Italia era però la meta che preferiva e rimaneva sempre nel suo cuore. Studiava sodo e otteneva risultati su risultati.
Al, invece, dopo la prematura scomparsa del padre, decise a diciassette anni, di partire come volontario nell’esercito, successivamente, dopo aver passato una dura selezione concorsuale, entrò a far parte delle guardie carcerarie nei penitenziari definiti dallo stato di massima sicurezza.
Due persone diversissime Thomas e Al, ma accomunate dal mare e dalla libertà che possiede l’animo di chi lo vive. Lì, le regole sono severe e senza appello: il mare può concedere l’immensità della vita oppure l’immensità della morte a seconda dell’atteggiamento delle persone che lo vivono.
Erano vissuti fino ai 17 anni nella loro città natale, Plymouth, nel Devon. Spesso, quando desideravano isolarsi dal mondo, salivano in cima alla collina del vecchio faro, dove in una rientranza nella roccia trascorrevano delle ore a fissare l’immensità dell’oceano.
Lassù non esistevano paure, né problemi, né altro, lassù era diverso, lassù era unico: solo loro e il mare infinito.
Con loro spesso c’era anche Fabrian Penntl. Di Fabrian, Thomas ed Al avevano perso le tracce da quando, dopo essersi trasferito in Italia, si era invaghito di una cameriera cilena.
Fabrian aveva doti incredibili, era un venditore straordinario, capace di vendere persino un frigorifero ad un Lappone!
Per scelta non accettava mai un lavoro stabile, alternando la bella vita di Montecarlo ai viaggi in Cile, con periodi più bui, dove per vivere faceva il magazziniere a contratto presso una grande catena di distribuzione.
Dalla sinistra, giunse ad Alex e ad Al la voce sicura di Thomas che continuava l’esposizione:
«L’anomalia riscontrata ai 3840 metri circa di Tiwanaku e Puma Punku[2], dove 50 casupole di fango e lamiere sono le sole cose che esistono a quella quota, non è giustificabile con nessuna variazione naturale del campo elettromagnetico. È chiaro che è stata indotta non appena si è sparsa la voce, che una spedizione britannica, partiva con l’intento di effettuare delle prospezioni elettromagnetiche in quella determinata zona!»
Nell’aula magna si sollevò un lieve brusio, ed anche il sonno arretrato di Al cessò all’istante, i suoi occhi assunsero quel brillio di quando la sua canna da pesca si piega improvvisamente sotto la tensione poderosa di una grossa preda.
«Il punto è, che solo io ed il mio collega Dottor Brown sapevamo della spedizione, oltre al Rettore Douglas che ha autorizzato personalmente la missione, e naturalmente, al suo assistente Gustavo Etcheverry». Calcò la voce sulla parola Rettore.
Una nota si levò dal vociferare generale:
«Clayton, ma sa cosa sta insinuando? Che un decano e lungimirante Rettore di una Università famosissima come l’illustre Professore Robert Douglas abbia in qualche modo ostacolato la sua missione di ricerca?»
Alcuni professori che erano seduti nelle prime file si alzarono quasi scossi da una scarica di corrente inviata alle loro poltrone, tale allusione, non era chiaramente ritenuta plausibile.
Dietrich intervenne richiamando Clayton:
«Dottor Clayton, prosegua nel suo intervento e si attenga ai fatti prettamente scientifici».
«D’accordo Professore, ho nominato il Rettore solo perché era il solo a conoscenza della missione, ad ogni modo, non credo che il Rettore Douglas abbia in qualche maniera interferito con le nostre operazioni di ricerca. Ha sempre creduto nei miei studi. Ritengo comunque, dopo aver riesaminato e rielaborato a lungo le mappe geofisiche e