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Passi sui confini di un altro mondo
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Ebook459 pages4 hours

Passi sui confini di un altro mondo

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INDICE

Presentazione

Avvertenza dell’autore all’edizione inglese

Prefazione all’edizione americana

Libro I - Preliminari

Esposizione del soggetto

L’impossibile

Il miracoloso

L’improbabile

Libro II - Considerazioni su alcune fasi del sonno

Il sonno in generale

I sogni

Libro III - Disturbi popolarmente detti infestazioni

Carattere generale dei fenomeni

Narrazioni

Riepilogo

Libro IV - Delle apparenze comunemente dette apparizioni

Dell’allucinazione

Apparizioni di viventi

Apparizioni di defunti

Libro V - Indicazioni di interferenze personali

Retribuzione

Spiriti custodi

Libro VI - I risultati suggeriti

Il cambiamento della morte

Conclusione
LanguageItaliano
PublisherAnna Ruggieri
Release dateJul 21, 2015
ISBN9786050400205
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    Passi sui confini di un altro mondo - Robert Dale Owen

    Robert Dale Owen

    Passi sui confini di un altro mondo

    Prima edizione digitale 2015 a cura di Anna Ruggieri

    INDICE

    Presentazione

    Avvertenza dell’autore all’edizione inglese

    Prefazione all’edizione americana

    Libro I - Preliminari

    Esposizione del soggetto

    L’impossibile

    Il miracoloso

    L’improbabile

    Libro II - Considerazioni su alcune fasi del sonno

    Il sonno in generale

    I sogni

    Libro III - Disturbi popolarmente detti infestazioni

    Carattere generale dei fenomeni

    Narrazioni

    Riepilogo

    Libro IV - Delle apparenze comunemente dette apparizioni

    Dell’allucinazione

    Apparizioni di viventi

    Apparizioni di defunti

    Libro V - Indicazioni di interferenze personali

    Retribuzione

    Spiriti custodi

    Libro VI - I risultati suggeriti

    Il cambiamento della morte

    Conclusione

    PRESENTAZIONE

    Passi sui confini di un altro mondo (Footfalls on the Boundary of Another World), come suona letteralmente il titolo, è l’opera più importante scritta sui fenomeni paranormali nel primo periodo dello spiritismo. Uscita negli Stati Uniti nel 1860 e a Londra nel 1861, vale a dire circa una dozzina d’anni dopo i famosi fenomeni di Hydesville, che diedero origine al movimento, ebbe subito quella vasta diffusione che ottenevano allora i libri di questo genere nel mondo anglosassone (dieci edizioni americane in un anno), ma molto più per il suo interesse aneddotico che per il suo reale valore critico e speculativo che la differenzia da tutte le altre numerose opere affini che vennero pubblicate intorno a questo periodo. Tale valore si cominciò a capirlo solo più tardi, circa una ventina di anni dopo, e anche più, quando si delineò il cosiddetto spiritismo scientifico, di cui l’Owen deve essere considerato a buon diritto il fondatore. Abbiamo parlato di spiritismo, e in realtà l’Owen fu uno spiritista convinto. Ma il suo libro rientra molto più nella storia della parapsicologia che in quella dello spiritismo. Troviamo qui le basi di tutti gli studi sul paranormale condotti con intenti scientifici nell’ultimo trentennio del secolo scorso e nel primo del nostro. I suoi argomenti e il suo metodo di ricerca sono quelli che hanno dominato in questo sessantennio, esposti con una chiarezza e una consapevolezza che non vennero più superate. Il metodo dell’Owen è quello sintetizzato dal Bozzano, suo più diretto seguace, nell’espressione «analisi comparata e convergenza delle prove». L’Owen lo considerava un metodo scientifico, e come tale fu accolto dagli studiosi fino all’avvento del metodo quantitativo affermato ufficialmente dal Rhine negli anni Trenta. Oggi è stato ripudiato perlomeno in gran parte, e alcuni parapsicologi rigidamente ortodossi lo respingono nel modo più deciso; altri lo seguono, in modo informale, accanto al metodo quantitativo. Dobbiamo soffermarci un poco sulla questione. Diciamo subito che, se consideriamo la scienza in senso strettamente galileiano, come traduzione del fenomeno in numeri, il metodo dell’Owen non può essere giudicato scientifico. Ma, se ammettiamo che la storiografia sia una scienza, le indagini del diplomatico americano hanno pieno diritto a questo titolo, perché in realtà si tratta di un metodo storiografico. L’Owen ne era chiaramente consapevole: egli presenta la sua ricerca anzitutto come un’indagine storica e mette chiaramente l’accento sul carattere storico del suo studio. E’ questo un punto che, più tardi, verrà del tutto dimenticato. I fatti paranormali, egli dice in sostanza, sono fatti umani, e lo studio dei fatti umani trova la sua prima sede adeguata nell’opera dello storico che li analizza, li confronta e dà loro un significato fondandosi sulla convergenza delle prove in una visione globale dell’insieme. La stessa psicologia è rimasta a lungo legata a questo metodo, che, del resto, non ha del tutto abbandonato. Dove c’è un fatto umano, il metodo storico non è mai totalmente superabile perché dove c’è un fatto umano c’è storia. L’uomo non si può ridurre tutto in numeri, e c’è da domandarsi anche se una storiografia non sia, o non dovrebbe essere, un approccio complementare anche delle altre scienze, non solo quali la biologia, la geologia, l’astronomia, ma anche delle scienze fisiche. Dovunque appare un’evoluzione vi è una storia. Con il suo metodo, Owen ha raccolto un’ottantina di fatti che, se anche risalgono a epoche relativamente lontane, appaiono solidamente attestati e rientrano in una realtà storica che non può essere trascurata, schierandosi decisamente a sostegno delle più moderne ed elaborate conquiste dell’indagine quantitativa. D’altra parte Owen non sostiene affatto che il metodo storico sia l’unico di cui lo studioso può disporre per l’approccio al paranormale. Egli fu indiscutibilmente il primo ad avere l’idea esatta che i fatti paranormali rientrano nel complesso della natura e che, come tutti i fatti naturali, devono essere regolati da leggi loro proprie, tali da non contrastare con le leggi conosciute ma da completarle e integrarle nell’insieme di una legislazione molto più vasta di quella nota al suo tempo e, possiamo dire, anche al nostro. Questa idea verrà ripresa dagli studi successivi ed è oggi dominante. Con un certo orgoglio egli afferma, nella prefazione all’edizione inglese, che il successo della sua opera deve essere attribuito soprattutto al fatto «che le varie classi di fenomeni raggruppati nel presente volume, vi sono presentate non come al di là della natura, ma come in armonia con essa; non come eccezioni che interrompano l’uniformità di un vasto sistema, ma come una parte necessaria e integrante di questo sistema stesso; non, infine, come una violazione o una trascendenza delle leggi generali che vediamo regolare l’universo, ma come occorrenti nella più stretta conformità con queste leggi …». Ci si può semmai domandare se questa seconda concezione non sia in contrasto con la prima: se, una volta riconosciuto che la vicenda umana, normale o paranormale, deve essere anzitutto avvicinata col metodo dello storico, che accerta la realtà dei fatti e ne trae una sua interpretazione, non sia una contraddizione ammettere che questa stessa vicenda possa essere soggetta a rigorose leggi matematiche che l’uomo potrà un tempo conoscere come ha conosciuto le leggi della gravitazione o della termodinamica. In realtà Owen non affronta questo problema, si può anzi dire che lo ignori. La sua concezione della legge è ancora mistica, o, perlomeno, filosofica e speculativa. Per lui la legge naturale è ancora indizio di un ordine divino che imbriglia il caos del caso e permette a una mente universale di agire nella regola. Egli non esprime mai esplicitamente questa idea ma tutto il suo libro ne è permeato: la materia è codificata perché possa servire da mezzo allo spirito che la pervade, e lo scienziato, rivelando la legge, non raggiunge una conoscenza conclusiva, ma solo le fondamentali di una conoscenza più completa che, su quella base, deve edificare un sistema spirituale. Di qui l’accordo naturale tra scienza esatta e storiografia: nello studio dell’uomo e dei viventi in genere, esse devono procedere di accordo integrandosi a vicenda: la storiografia nutre la scienza offrendole il materiale di studio, e la scienza permette alla storiografia di giungere a conclusioni esatte su dati sicuri. Di qui anche la preferenza che Owen dà ai fenomeni spontanei e una sua certa diffidenza per quelli provocati artificialmente nelle sedute medianiche del suo tempo, in cui egli sospetta l’infiltrarsi, insieme alla volontà degli sperimentatori, di elementi estranei che possono inquinare il fenomeno e falsarne la genuina storicità: critica, questa, che solo in anni recenti è stata chiaramente formulata. Così, dal punto di vista parapsicologico, Owen ci appare decisamente un anticipatore: non solo pone le basi di più di un sessantennio di studi, ma stabilisce fatti e motivi che, anche quando questi studi saranno superati e volti nella direzione del metodo quantitativo, rimarranno a ricordare agli studiosi la necessità di non perdere di vista una problematica propria della fenomenologia paranormale molto più vasta di quella che può essere affrontata e risolta da una scienza galileiana. Ma, abbiamo detto, Owen è inequivocabilmente uno spiritista. Tutta la sua ricerca ha uno scopo preciso: risolvere il problema della sopravvivenza, e, al termine dell’indagine, la sua risposta è affermativa. Gran parte dei fenomeni, dal Poltergeist all’apparizione di defunti, vengono da lui attribuiti a entità intelligenti che sono realmente quello che dicono di essere. Dobbiamo considerare anche questo lato della sua opera. Egli dedica molte pagine alla confutazione della dottrina luterana secondo cui l’anima umana, dopo la morte, entrerebbe immediatamente - o dopo un lungo sonno protratto fino al giorno del Giudizio - in uno stato beatifico o in uno stato di eterna dannazione. Questo gratuito dono di ogni perfezione al giusto (che, per quanto tale, rimane tuttavia una creatura imperfetta) e questa non meno gratuita eliminazione di ogni virtù nell’ingiusto (che, per quanto malvagio, non è mai assolutamente tale) non solo offendono la giustizia divina, ma costituiscono un’intima deformazione della personalità per cui il beato e il dannato verrebbero a costituire due esseri diversi da quelli che erano nella vita terrena. Per Owen, l’aldilà non può essere che una continuazione dell’aldiquà, in cui lo spirito mantiene tutti i suoi caratteri terreni e continua quell’evoluzione iniziata nella spoglia mortale, in una condizione che, se da un lato la facilita per la mancanza di un corpo materiale e degli impacci che ne derivano, dall’altra la rende più ardua per la stessa maggiore vibratilità dello spirito, per la sua maggiore libertà, per le maggiori possibilità che gli si offrono. Tra la fase terrena e la fase ultraterrena vi è dunque una perfetta continuità, che porterà, probabilmente, a una terza fase in cui lo spirito raggiungerà la perfetta armonia col tutto. Così l’Owen getta le basi dello spiritismo anglosassone che, come dottrina a fondo religioso, trova nella sua opera una prima enunciazione ragionata e coerente, al di fuori di arbitri mistici e visionari, fondata sull’osservazione di fatti secondo il criterio della convergenza delle prove. Perché l’Owen non è, e non vuole essere, un veggente. Anche se legato intimamente alla sua fede protestante e all’autorità delle Scritture, continua è in lui l’esigenza dell’osservazione e del ragionamento, così che, anche da questo punto di vista, il suo libro rimane un documento umano in cui ognuno può vedere riflessi i propri problemi e trovare un chiarimento. Dobbiamo chiederci a questo punto quale valore il lettore di oggi possa concedere alla vasta casistica che l’autore ci presenta in questa opera e su cui fonda le proprie speculazioni. I più remoti di questi casi risalgono al secolo XVI, i più recenti a circa la metà dell’Ottocento: sono dunque tutti molto distanti da noi nel tempo. Oggi l’aneddoto è in discredito, e l’aneddoto vecchio di più di un secolo è considerato addirittura trascurabile. Ma questo atteggiamento è fondato piuttosto su di una convenzione che su di un ragionamento: si è voluto mettere da parte il più possibile il «fatto raccontato», che si può scarsamente controllare e sa di fiaba. Ma, così facendo, si è rinunciato praticamente a tutta la fenomenologia spontanea, la più completa e la più genuina. Innegabilmente la scienza non può fondarsi su di un sentito dire, ma non può nemmeno escludere drasticamente il sentito dire perché in tal caso dovrebbe rinunciare alla storia. Finché il fatto umano manterrà una differenza dal fatto fisico, un’indagine storica dovrà necessariamente accompagnare un’indagine di tipo galileiano ed entrambe le ricerche dovranno egualmente meritare il titolo di scienze. L’aneddoto entra dunque di diritto nello studio del paranormale quando sia studiato con il metodo che è suo proprio, ossia con il metodo storico. Quando diciamo che la formula dell’acqua è H2O, enunciamo una forma di realtà indiscutibile; quando diciamo che Augusto fu il primo imperatore romano, enunciamo egualmente una forma di realtà non meno indiscutibile, che però è di natura essenzialmente diversa dalla prima e accertata con un metodo del tutto diverso. Ma queste due forme di realtà rientrano egualmente nel panorama della conoscenza umana, e sarebbe un grave errore considerare l’una meno reale dell’altra. Su di un piano storico, che è quello su cui si è posto l’Owen decidendo di studiare solo i fenomeni spontanei, lo studio aneddotico è dunque perfettamente lecito, non solo, ma presenta anche alcuni vantaggi sullo studio quantitativo, anche se non si possono negare degli svantaggi. Di questi vantaggi l’Owen è perfettamente consapevole. Anzitutto il fenomeno spontaneo si presenta nella sua forma più integra, interamente calato nel soggetto 0 nei soggetti in cui si manifesta, mentre il fenomeno sperimentale include necessariamente la figura dello sperimentatore, che può essere addirittura dominante. In secondo luogo, studiato storicamente, nel suo ripetersi per vaste estensioni di tempo, il fenomeno spontaneo può offrirci maggiori garanzie della sua realtà. A esempio, un fenomeno di tiptologia avvenuto nel secolo XVII fra persone che non avevano la minima idea del suo manifestarsi, per le quali esso rappresentava un fatto assolutamente nuovo - permettendoci così di escludere che fra le sue cause potessero esservi l’aspettativa del soggetto o degli astanti, la loro immaginazione, i loro desideri ecc. - e tuttavia manifestatosi con le stesse precise modalità degli stessi fenomeni quali ci si presentano oggi, ha, per questo fatto stesso, una forza di convinzione che manca a qualsiasi moderno fenomeno sperimentale. L’importante è di vedere se la casistica dell’Owen è, «storicamente», autenticata a sufficienza. E, per lo meno per la grande maggioranza dei casi, possiamo rispondere affermativamente. L’Owen ha scelto la sua casistica con grande scrupolo e con molta accortezza. Molti episodi sono di prima mano, tutti sono riferiti da persone su cui uno storico riporrebbe ogni fiducia qualora si trattasse di relazioni di fatti sociali e politici. Per gli eventi più vicini, sebbene ormai vecchi per noi, l’autore ha potuto parlare con gli stessi protagonisti. Non vi è dunque ragione di dubitare della realtà storica dei vari episodi. E questa realtà è tale non solo da indurci a meditare su questa vasta fenomenologia, ma da poter anche servire allo studioso galileiano per inquadrare in un campo più aperto e più genuino le sue stesse ricerche. Non crediamo che siano molti gli studiosi attuali che hanno letto il libro dell’Owen, specialmente in Italia: anche a loro offriamo questa traduzione. Le due ricerche, lo ripetiamo, dovrebbero andare di pari passo; e, se siamo certo molto lontani dal momento in cui potranno (seppure è possibile) fondersi in una ricerca unica, la loro integrazione non può meno sicuramente attuarsi nell’intima certezza morale dello scienziato e dell’uomo. La traduzione che presentiamo è stata condotta sull’edizione inglese del 1861, corretta e aumentata dall’autore dopo le prime dieci edizioni americane. E’ integrale e fedele anche se talora la prosa dell’Owen può apparire, al gusto attuale, un tantino verbosa e se a volte l’autore indulge a considerazioni religiose piuttosto lontane da una mentalità non protestante: certe opere bisogna accoglierle nel clima del loro tempo. Il testo dell’opera, oggi praticamente introvabile, ci è stato cortesemente fornito dal dottor Gastone De Boni, come tutti quelli della nostra collana, che, se non avesse potuto attingere alla sua biblioteca, unica in Italia, non avrebbe potuto essere realizzata.

    Avvertenza dell’autore all’edizione inglese

    Sei mesi trascorsi dalla data di pubblicazione permettono a un autore di riconsiderare la propria opera alle luci delle varie critiche e di giudicare in certa misura i suoi effetti sulla mente del pubblico. Cercando di approfittare di tale opportunità, e delle numerose comunicazioni private che mi sono giunte e mi giungono ogni giorno in relazione al soggetto trattato in questo volume, non ho trovato finora che approvazione e incoraggiamento. L’accoglienza fatta a questo libro, sia per quel che riguarda le copie vendute, sia per l’estensione e il genere di recensioni che ha suscitato, ha superato grandemente perfino le previsioni dell’autore. Considero che questo soddisfacente risultato sia dovuto soprattutto al fatto che le varie classi di fenomeni raggruppati nel presente volume, vi sono presentate non come al di là della natura, ma come in armonia con essa; non come eccezioni che interrompano l’uniformità di un vasto sistema, ma come una parte necessaria e integrante di questo sistema stesso; non, infine, come una violazione o una trascendenza delle leggi generali che vediamo regolare l’universo, ma come occorrenti nella più stretta conformità con queste leggi: anche se solo con una parte di esse - l’ultraterrena - che non abbiamo l’abitudine di studiare per quanto possano essere eminentemente degne di studio accurato. Presentati come miracoli, i fenomeni ultraterreni sono giustamente respinti come incredibili, come contrastanti il progresso della nostra conoscenza attuale e inconciliabili con gli insegnamenti della scienza moderna. Ma, se presentati come classi di avvenimenti naturali - certo inesplicati, diretti da leggi ancora sconosciute o solo oscuramente distinte, ma sicuramente comprese nell’ordinata economia del mondo come la luce del sole o un uragano - l’aspetto del problema cambia. Non si tratta più di cercare se Dio, per affrontare un’emergenza particolare, sospende di tempo in tempo l’una o l’altra delle sue leggi, ma solo se non abbiamo finora trascurato una parte di queste leggi stesse: quella parte che serve a collegare la seconda fase della nostra esistenza con la presente. Credo che la mia opera debba soprattutto a questo modo di presentare il problema, la rapida vendita e la favorevole accoglienza che ha incontrato. Ma questa è la ricompensa minore. La maggiore è nelle espressioni di simpatia e di gratitudine che mi sono state rivolte. Una madre a cui la morte aveva strappato il figlio diletto, e che rifiutava ogni conforto perché egli non era più, confessa di dovere a queste pagine la sua salutare e fiduciosa concezione della morte, i suoi rinnovati spiriti, il suo coraggio di operare e di attendere. Uno scettico nelle cui mani il volume era caduto poche settimane prima del suo trapasso, ha chiesto che, dopo la sua morte, io venissi informato che a questo volume, e in particolare al capitolo al cambiamento al momento della morta egli doveva la rivoluzione delle sue idee e la prima convinzione consolante che avesse mai raggiunto sull’esistenza di un altro mondo più bello e migliore verso il quale egli si stava affrettando. Queste e altre simili testimonianze, vero premio per un autore, mi fanno rallegrare che un editore inglese stia per ripubblicare la mia opera. Questa edizione è stata rivista da me e contiene alcune correzioni e aggiunte.

    Robert Dale Owen Londra, luglio 1860

    Prefazione all’edizione Americana

    Può interessare il lettore, prima che egli scorra questo volume, conoscere alcune delle circostanze che lo precedettero e portarono alla sua stesura. I soggetti qui trattati vennero per la prima volta a mia conoscenza in un paese in cui, eccetto che per lo straniero privilegiato, essi sono proibiti: a Napoli nell’autunno del 1855. Fino a questa data avevo considerato l’intero argomento come un’illusione, che invero nessun pregiudizio mi avrebbe impedito di esaminare con cura, ma in cui, in mancanza di questo esame, non avevo alcuna fede. Rimarrò sempre debitore a un ottimo amico ed ex collega, il visconte di St. Amaro, ministro del Brasile a Napoli, per avere richiamato per la prima volta la mia attenzione sui fenomeni di carattere magnetopsicologico, e sullo studio degli argomenti analoghi. Nei suoi appartamenti, il 4 marzo 1856, e in presenza di lui e di sua moglie, insieme con un membro della famiglia reale di Napoli, fui per la prima volta testimone, con sentimenti misti di sorpresa e di incredulità, di certi movimenti fisici apparentemente senza agente materiale. Tre settimane più tardi, a una serata presso il ministro di Russia, avvenne un incidente fortuito, come lo chiamiamo, che, dopo il più rigoroso esame, mi trovai incapace di spiegare senza riferirlo a qualche agente intelligente estraneo agli spettatori presenti, nessuno dei quali, dobbiamo aggiungere, conosceva o aveva praticato alcunché che avesse a che fare con il cosiddetto spiritismo o medianità. Da quel giorno decisi di studiare a fondo la materia. I miei doveri pubblici mi lasciavano, d’inverno, poche ore libere, ma parecchie nei mesi d’estate e di autunno. E, per più di due anni, dedicai questi periodi di libertà a una ricerca (condotta in parte con osservazioni personali in privato, in parte con la lettura di libri) sul gran problema se agenti di un’altra fase di esistenza intervengano e operino in questi fenomeni per il bene o per il male del genere umano. Per qualche tempo le osservazioni da me fatte furono molto simili a quelle che, negli ultimi dieci anni, tante migliaia di sperimentatori hanno compiuto nel nostro paese e in Europa, e le mie letture si limitarono alle opere pro e contro il magnetismo animale e pro e contro la moderna teoria spiritista. Ma, via via che il campo si apriva dinanzi a me, trovai opportuno allargare la mia sfera di ricerche, consultare le migliori opere di fisiologia per professionisti, sul sonno, sull’allucinazione, sulla pazzia, sulle grandi epidemie mentali in Europa e in America, insieme con i trattati sull’imponderabile, comprese le curiose osservazioni di Reichenbach e le relazioni di interessanti ricerche recentemente fatte in Prussia, in Italia, in Inghilterra e altrove a proposito dell’elettricità umana connessa con la sua influenza sul sistema nervoso e sui tessuti muscolari. Raccolsi anche le più importanti tra le vecchie opere che contenevano racconti di apparizioni, infestazioni, presentimenti e simili, insieme a dissertazioni sul mondo invisibile, e avanzai faticosamente attraverso enormi pile di paglia per raccogliere qualche chicco di buon grano. A poco a poco mi convinsi che tutto ciò che da molti era considerato come un insieme di fenomeni nuovi e senza eguali, non era che la fase moderna di qualche cosa che era sempre esistito. E infine giunsi alla conclusione che, per capire adeguatamente molto di ciò che ha eccitato e reso perplessa la mentalità del pubblico sotto il nome di manifestazioni spiritiche, bisognava far precedere la ricerca storica a ogni altra ricerca: che avremmo dovuto esaminare le varie classi di fenomeni del passato tentando di ordinarli ognuno nella sua nicchia più appropriata. Mi resi anche conto della necessità che lo studioso di questo campo (almeno in un primo momento) dedicasse la sua attenzione ai fenomeni spontanei piuttosto che a quelli provocati: alle apparizioni e ai disturbi che si presentavano solo occasionalmente, è vero, ma non ricercati né attesi, come l’arcobaleno, o l’aurora boreale, o il vento che soffia dove vuole, incontrollati dai desideri o dall’intervento dell’uomo. Limitando la ricerca a questi fenomeni viene completamente eliminato ogni sospetto di essere sviati da un’eccitazione epidemica o da intense aspettative. Una relazione di tali fenomeni, accuratamente scelti e autenticati, rappresenta il nucleo fondamentale del presente volume. Nel pubblicarlo non posso essere accusato, non più di un naturalista o di un astronomo, di immischiarmi in cose sacre. Per quel che riguarda il particolare scopo di quest’opera, nessuna accusa di necromanzia o di ricerca illegale deve essermi posta poiché non è applicabile in alcun modo. L’accusa, se mai può essercene una, sarà d’altro carattere. Se incorro in un sospetto, non sarà quello di stregoneria ma quello di superstizione: di un tentativo, forse, di far rivivere illusioni popolari che le luci della scienza moderna hanno da lungo tempo sgominato, o di essermi abbassato a esumare relazioni di fatti che non sono altro che fiabe da ragazzi. Accettando questa accusa, mi limito a fare appello al paese. Chiedo un giusto giudizio davanti a una giuria che non abbia pregiudizi. Chiedo per la mia testimonianza un uditorio paziente, sicuro che il verdetto finale, quale che possa essere, sarà in accordo con la ragione e con la giustizia. Io non voglio costruire una teoria. Dubito che vi sia un vivente preparato a farlo su questo soggetto. Il mio meno ambizioso scopo è di raccogliere solide pietre che potranno servire a qualche futuro architetto. Già oltre la mezza età, non è probabile che io rimanga in questo mondo tanto da vedere l’edificio costruito. Ma altri lo potranno. La razza permane, sebbene l’individuo passi a un altro stadio di esistenza. Se non stimassi di grande importanza il mio soggetto, sarei indegno di accingermi a trattarlo. Se avessi trovato altri scrittori pronti ad accordargli quell’attenzione che la sua importanza merita, sarei rimasto in silenzio. Ma, stando così le cose, penso, con uno scrittore moderno, che «nascondere al mondo una grande verità può essere il tradimento di una fiducia ancora più grande». Sono consapevole, d’altra parte, che si è sempre pronti a sopravvalutare l’importanza del proprio lavoro. Tuttavia anche uno sforzo come questo può essere sufficiente a dare una giusta o una sbagliata direzione all’opinione pubblica. Grandi risultati sono talora determinati da piccole cause. «Una tegola sulla cuspide di una villetta nel Derbyshire», dice Gisborne, «decide se la pioggia che cade dal cielo sarà diretta nel Mare del Nord o nell’Atlantico». Prego il lettore, prima che si addentri nella ricerca se le interferenze ultramondane siano una grande realtà o un’immensa illusione, di concedermi ancora un’osservazione. Egli troverà che, nel trattare questa ipotesi, ho lasciato molte cose oscure e non interpretate. Quando nessuna teoria era chiaramente indicata, ho preferito constatare i fatti e rinunciare a ogni spiegazione, avendo raggiunto quel periodo della vita in cui, se è stato fatto buon uso degli anni passati, non ci si vergogna di dire: «Non lo so»; in ogni caso quello in cui il dir questo è semplice verità. Dobbiamo tuttavia tenere a mente che una difficoltà non risolta non costituisce un argomento in contrario. Queste pagine devono il loro principale valore ai molti amici il cui affetto ha aiutato la mia impresa. Ad alcuni, nominati nell’opera, posso manifestare la mia grande riconoscenza. Ad altri, che mi hanno assistito in privato, non sono meno debitore. Non dubito che, se differissi di alcuni anni la pubblicazione di questo libro, troverei molto da modificare e qualche cosa da ritrattare. Ma, in questo mondo, se rimandiamo il nostro lavoro fino a quando lo si possa considerare perfetto, la morte ci coglie in questa esitazione, e non riusciamo a far niente per l’inutile avidità di fare troppo.

    Robert Dale Owen

    LIBRO I - PRELIMINARI

    Esposizione del soggetto

    «Come ho sempre ritenuto, può esservi altrettanta vanità nel frenare e trattenete le presunzioni umane (a meno che non siano di una ha natura), quanta ve ne è nell’imporle; così, in questi particolari: ho fatto la parte dell’Inquisitore, e non ho trovato in essi nulla che, a mia opinione, fosse contrario o dannoso per lo stato o i modi della religione, ma piuttosto, credo, salutare». Bacone, Dedica dei Saggi, 1597.

    In un’epoca così utilitaristica come la presente, nessuna ricerca può verosimilmente impegnare l’attenzione del pubblico, se non è pratica nei suoi portati. E anche allora, se il corso di tale inchiesta conduce all’esame di fenomeni straordinari, si troverà che le prove più dirette, apparentemente sufficienti, a dimostrare la realtà di essi, lasciano le menti umane incredule o dubbiose, se le apparenze appaiono di carattere isolato, prive di veri precedenti nel passato e tali da non potere essere classificate in una loro propria nicchia, fra risultati analoghi; e tanto più se implicano una sospensione delle leggi della natura. Se ho una qualche speranza di farmi udire dal pubblico mentre intavolo, vastamente e francamente, la questione se occasionali interferenze da un altro mondo in questo siano una realtà o un’illusione, è, anzitutto, perché confido di poter mostrare che la ricerca è di natura pratica; e, secondariamente, perché i fenomeni che mi propongo di esaminare in connessione con ciò non sono di carattere isolato e tanto meno miracoloso. Nel senso etimologico della parola, non sono inverosimili in quanto molti di essi possono essere adeguatamente attestati come veri nella storia. Essi appaiono in gruppi e, al pari di tutti gli altri fenomeni naturali, si prestano a una classificazione. Di solito vengono considerati straordinari e perfino stupefacenti; e questo non tanto perché siano realmente eccezionali, quanto perché sono stati, in certa misura, tenuti fuori di vista. E questo avviene a sua volta in parte perché pochi osservatori spassionati li hanno esaminati pazientemente; in parte perché il pregiudizio, che li scredita, ha trattenuto migliaia di coloro a cui si sono presentati dal dare pubblica o anche privata testimonianza di ciò che hanno osservato; in parte perché, sebbene questi fenomeni non siano affatto di origine moderna, o determinati da leggi solo di recente operative, sembrano essere molto aumentati in frequenza e varietà e avere raggiunto un nuovo stadio di sviluppo negli ultimi pochi anni; e infine perché sono tali da far facilmente sorgere nelle menti deboli la cieca credulità o il terrore superstizioso, abbondanti fonti di stravaganza e di esagerazione. Così che gli intelligenti li celano e gli ignoranti non li capiscono. Questa condizione di cose complica il soggetto e aumenta di molto la difficoltà di trattarlo. Inoltre, sebbene nessun articolo della fede umana sia meglio fondato della credenza nel definitivo prevalere della verità, tuttavia, in tutto ciò che si riferisce al progresso terreno, il tempo interviene come elemento essenziale. Il frutto non cade se non è maturo: se attaccato dal golpe o colto prima dei tempo, è imperfetto e senza valore. E il mondo della mente, come quello della natura fisica, ha le sue stagioni; le sue primavere in cui le linfe si risvegliano; le sue estati fiorite; i suoi autunni dorati dal grano. In nessun campo bisogna mietere prima del tempo della raccolta. Tuttavia, per quanto graduali siano le innovazioni del tempo e i corrispondenti progressi della mente umana, vi sono certe epoche in cui, per ciò che le nostre limitate vedute chiamano caso, particolari soggetti escono alla luce per un subito impulso, attirando l’attenzione generale e così inducendo le menti umane a impegnarsi nell’investigazione di essi. In tali epoche, parole che in altri tempi sarebbero cadute senza essere ascoltate possono penetrare profondamente e dare buoni frutti. Accade comunque raramente che, al primo esprimersi di qualsiasi grande eccitazione, quando strane novità sembrano erompere nel mondo, le menti, sia dei sostenitori sia degli avversari, mantengano la dovuta moderazione nell’affermare come nel negare. L’ardore di un nuovo zelo e il senso del pregiudizio da lungo tempo dominante, pronti all’offesa quando per la prima volta si contrastano, sono egualmente sfavorevoli per una calma inchiesta e un giudizio critico. Così al giorno d’oggi (in cui il tumulto degli inizi si è placato e anche una piccola voce pub essere udita), forse meglio che in qualsiasi altro momento degli ultimi dieci anni durante i quali il nostro paese è stato testimone del sorgere e del progredire di ciò che puh essere chiamato un risveglio di pneumatologia, il soggetto può essere discusso con minor passione e accolto con minor pregiudizio. E se uno scrittore, nel trattarlo in tali condizioni, sfugge ad alcune di quelle secche sulle quali i primi ricercatori si sono arenati, questo può esser dovuto tanto a una felice scelta del momento quanto al merito di un superiore discernimento. Inoltre, per quel che riguarda la questione di cui mi propongo di esaminare le probabilità, eventi recenti hanno non solo richiamato l’attenzione dell’udienza, ma anche, in certa misura, aperto la via al conferenziere. Il rigore del tabù si è allentato. E questo era particolarmente desiderabile. Poiché, dato che l’inchiesta tocca la probabilità di un intervento ultraterreno - sebbene non si possa dire che esso sia stato perso di vista in un qualsiasi momento a cominciare dall’alba della civiltà, sebbene le Scritture ne diano testimonianza fin dalle prime epoche, e sebbene, negli ultimi tempi, abbia sfidato spesso, in varie forme di superstizione, il terrore degli ignoranti - è sembrato, nel secolo scorso, che essa perdesse gradualmente credito e reputazione, fino a essere esclusa dalla società rispettabile e dai circoli filosofici. Gli uomini più accorti si guardavano bene dal mettere a repentaglio la reputazione del loro buon senso, occupandosene in qualche modo. Questo, tuttavia, con onorevoli eccezioni. Fra queste non ne ho mai incontrata una così originale nel pensiero e così filosofica nello spirito come Isaac Taylor. Tuttavia egli ha trattato con mano maestra una sola branca dell’argomento: quella analogica. Un’altra parte di questo campo di ricerche è stata parzialmente occupata, ogni tanto, da una classe di scrittori, spesso tedeschi, generalmente considerati superstiziosi sognatori; fra questi Jung Stilling è forse uno dei migliori esempi, pio, franco, abile, di una probità oltre ogni sospetto, ma anche in qualche modo mistico, il Consigliere aulico del Baden cercò prove della sua speculazione in pretesi avvenimenti oggettivi (come apparizioni, case infestate e simili) di cui accettò le relazioni e sui quali eresse la sua teoria spiritista con una facilità di fede per la quale l’apparente evidenza sembra essere, in molti degli esempi citati, insufficiente garanzia. Ai nostri giorni molti hanno seguito una simile linea di argomentazione accogliendo la simpatia del pubblico almeno in un caso, se sedici edizioni in sei anni possono esserne conferma. Si può ammettere tuttavia che queste narrazioni sono state lette in genere piuttosto per passare un’ora piacevole che per scopi più seri. Hanno spesso suscitato la meraviglia, di rado ispirato convinzioni. Ma questo, credo, è dovuto, non a una vera insufficienza in questo campo, ma piuttosto, anzitutto, a un modo non filosofico di presentare il soggetto, parlando di meraviglie e di miracoli là dove era solo questione di fenomeni naturali anche se ultraterreni; e, secondariamente, a un indiscriminato frammischiarsi del vero con l’apocrifo, alla mancanza di giudizio nella cernita e di attività nella verifica. Io non mi sono fatto scrupolo di scegliere da queste fonti, cercando tuttavia di separare il grano dalla paglia, e contento, nel far così anche se il materiale utilizzabile che restava si riduceva a ben poco. Essenzialmente collegati con questa inchiesta, e tali da essere studiati da chiunque vi si impegni, sono i fenomeni raggruppati in quello che abitualmente viene chiamato magnetismo animale. Il magnetismo animale, palesatosi dapprima in Francia tre quarti di secolo fa, vide i suoi progressi arrestati all’inizio, quando le sue affermazioni erano ancora vaghe e i suoi principali fenomeni non erano stati ancora osservati, dal celebre rapporto di Bailly. Spesso è caduto nelle mani di osservatori inesperti e superficiali, talora di ciarlatani matricolati, le sue pretese sono state stravagantemente sostenute da alcuni e arrogantemente negate da altri. Ma si è fatto tuttavia strada attraverso gli errori degli amici e le denunce dei nemici e (cosa che è ancor più difficile a combattersi) attraverso le frequenti mistificazioni di impostori e i grossi abusi occasionali dei suoi poteri, fino a essere oggetto di considerazione e di studio da parte di uomini di talento e di reputazione indubbi - fra i quali eminenti membri del corpo medico - e ha per lo meno ottenuto un posto modesto anche negli accreditati e popolari trattati di scienza fisiologica. Le prove e gli argomenti analogici a cui abbiamo alluso in favore degli eventi ultraterreni, insieme a conferme come quelle portate dai fenomeni di sonnambulismo, erano già note al mondo prima che, nell’oscuro villaggio di Hydesville, una ragazzina, rispondendo agli insistenti colpi che per più notti avevano turbato il sonno di sua madre e delle sue sorelle, ebbe la ventura di scoprire che questi suoni sembravano mostrare caratteristiche di intelligenza. Da quel giorno una nuova e importante fase si offrì allo studioso di pneumatologia, e con essa un nuovo dovere: quello di determinare il vero carattere di quella che fu talora chiamata Epidemia americana, più meravigliosa nelle sue manifestazioni, più vasta nella sua espansione di ogni altra fra le epidemie mentali - talune delle quali accompagnate da straordinari fenomeni - ricordate dai medici e dagli psicologi dell’Europa continentale. Da quel giorno, inoltre, venne gradualmente alla luce un nuovo settore della scienza dell’anima: quello positivo e sperimentale. Fino a ora, il maggior numero di opere di psicologia o pneumatologia sono consistite esclusivamente in speculazioni tratte o dall’analogia o dalla storia, sacra o profana: fonti eminenti ma non uniche. Oggi un tale lavoro non può essere considerato completo senza un esame dei fenomeni e una citazione delle autorità. E così sebbene una parte del presente volume consista di ricordi storici, poiché le meraviglie del presente non possono essere appropriatamente giudicate senza l’aiuto del passato, un’altra e più vasta parte abbraccia racconti di data moderna, fenomeni avvenuti relativamente di recente, le cui prove sono state raccolte con la stessa cura con cui un membro della professione legale deve esaminare le sue testimonianze e preparare il caso per un processo. Nello scorrere un’opera di questo carattere, il lettore farà bene a tenere a mente che i fenomeni esistono indipendentemente da ogni opinione relativa alla loro natura e alla loro origine. Un fatto non deve essere trascurato o respinto perché può essere stata avanzata una falsa teoria per spiegarlo. Se è importante, la sua importanza non dipende dalle teorie. E se si replicasse, per questa classe di fatti, che essi non hanno importanza intrinseca, la risposta è, anzitutto, che, sebbene l’età presente, come ho ammesso fin dall’inizio, sia utilitaristica - in quanto cerca il positivo e tende al pratico - tuttavia il positivo e il pratico possono essere intesi in un senso falsamente restrittivo. Non si vive di solo pane. Si vive per svilupparci e migliorarci non meno che per esistere. E lo sviluppo e il miglioramento sono cose reali quanto l’esistenza stessa. Ciò che porta alla nostra coscienza nobili idee, gioie raffinate, ciò che produce buoni frutti nella mente, anche se non lo percepiamo con gli occhi e non lo tocchiamo con le mani, è talora qualche cosa di più di un sogno ozioso. La poesia della vita è qualche cosa di più di una metafora. Il sentimento è legato all’azione. E il mondo, con tutto il suo rude materialismo, non è morto per questa verità. Vi è un angolo, anche nelle nostre anime prosaiche, in cui si annida l’ideale e dal quale esso può essere evocato per divenire non una mera fantasia ma il prolifico genitore del progresso. E, di tempo in tempo, esso è realmente evocato per nobilitare ed elevare. Non si tratta solo di aspirazioni entusiaste. Che cosa è la civiltà se non la realizzazione delle aspirazioni umane? Tuttavia non mi fondo su sole generalità. Quando mi si dice che studi come quelli che formano la base di questa opera sono soltanto curiosi e di carattere speculativo, che non portano a niente di solido e che quindi non meritano di attirare l’attenzione di un mondo affaristico, la mia seconda risposta è che tale obiezione è una virtuale richiesta di quei problemi stessi che mi propongo di discutere in questo volume. E’ un assumere in anticipo un atteggiamento negativo; è un prendere per dimostrato che i fenomeni in questione non possono stabilire la realtà di un intervento ultraterreno. Perché, se la stabiliscono, deve essere ben rozzo e trascurato l’uomo che chiede: «Qual è l’utilità?». Questa non è la nostra dimora definitiva; e sebbene durante il nostro soggiorno di sessanta o settant’anni si debbano dedicare le nostre migliori energie alla causa del miglioramento terreno e della felicità, sebbene sia nostro stretto dovere, finché siamo qui, di provvedere in certa misura al benessere terreno di tutti e in particolare alle esigenze e ai conforti del focolare domestico, e sebbene, in quanto esseri umani attivi, la parte di gran lunga maggiore dei nostri pensieri e del nostro tempo debba, o dovrebbe, essere impiegata in tal modo, tuttavia, se la nostra definitiva abitazione deve essere presto stabilita altrove, se via via che gli anni passano i nostri affetti ci sfuggono laggiù, dinanzi a noi, se il nostro cerchio domestico dissolvendosi qui si ricostituisce nuovo e durevole in altre regioni, dovremo considerare quella nostra futura dimora una mera e oziosa curiosità, una fantasia che non val la pena di accertare, anche se, in verità, un cenno di essa può sempre raggiungerci qui, nel nostro pellegrinaggio, prima del distacco? Non possiamo risolvere frettolosamente questo problema, come alcuni credono di poter fare, con un argomento a priori contro la possibilità di un rapporto umano con gli abitatori di un altro mondo. In particolare la Bibbia ci impedisce di farlo. Quello che è avvenuto un tempo può ancora avvenire). Le Scritture insegnano che tali rapporti vi furono nei tempi antichi, e in nessun luogo affermano che in seguito non sarebbero più avvenuti. E quando, anticipando ogni accurato esame di questo problema, decidiamo che, almeno ai nostri giorni, un tale intervento è impossibile, sarebbe bene che considerassimo se il nostro sadduceismo non vada oltre quello che pensiamo; se,

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