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La grande quercia sulla collina
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La grande quercia sulla collina

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Stati Uniti d’America, anni Sessanta dell’Ottocento. Benjamin Johnson è un ragazzo dell’Indiana che vive a Princeton nel ranch della sua famiglia: lì, oltre i campi coltivati e i pascoli si erge una piccola collina sulla quale svetta una grande quercia e ai cui piedi sorge il piccolo cimitero di famiglia. Quello è il suo nido, il suo rifugio nei momenti più difficili ma anche una meta per l’avvenire: laggiù vuole costruire la propria futura casa e dar vita a una famiglia tutta sua.

A costo di grandi sacrifici, grazie alla sua ferrea determinazione, alla purezza d’animo e ai grandi ideali che lo animano, Benjamin riuscirà a coronare il proprio sogno, nonostante i grandi ostacoli che il destino e la storia dissemineranno sulla sua strada. Primo fra questi, la partecipazione alla Guerra di Secessione e la perdita di una mano in battaglia: spinto dalla voglia di riscattare la povera gente della sua terra, si arruolerà entusiasta venendo però ben presto a contatto con il dolore e la disperazione. Ma quell’incidente non pregiudicherà il suo futuro, sarà invece la spinta a fare sempre di più, a essere come gli altri e meglio degli altri: in un mondo pieno di violenza e sopraffazione, il suo impegno per i diritti degli ultimi lo condurrà lontano, fino alla laurea a Boston, al Senato a Washington e, soprattutto, alla sua Judith e alla casa sulla collina della grande quercia.

Giovanni Fabio, calabrese, risiede a Casnate (Co). Sposato e padre di due figli meravigliosi: Daniela e Alessandro, non ha avuto la fortuna di vedere i loro volti. Il 9 marzo 1952 un ordigno bellico lo privò della vista e del braccio sinistro. Nonostante questo, grazie alla sua forza di volontà e all’amore per la vita, ha terminato gli studi in un collegio per non vedenti, diplomandosi centralinista telefonico. Ha lavorato presso il Comune di Sesto San Giovanni, poi negli uffici della Regione Lombardia. È stato dirigente dell’Associazione Nazionale ciechi di guerra e consigliere del Nord Italia. Dal 1993 è volontario dell’Associazione Sprofondo di don Renzo Scapolo e ne è stato vicepresidente impegnandosi in vari progetti durante la guerra nei Balcani. Nel 2004 ha promosso una raccolta fondi per i bambini rimasti orfani dopo lo tsunami in Sri Lanka. Il Presidente della Repubblica gli ha conferito l’onorificenza al merito di Cavaliere e Ufficiale.

Il motivo che più di ogni altro lo ha spinto a scrivere è il desiderio di aiutare i bambini del Corno d’Africa.
LanguageItaliano
Release dateAug 19, 2014
ISBN9788863965278
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    La grande quercia sulla collina - Giovanni Fabio

    avanti.

    I

    Nello stato dell’Indiana, nella contea di Gibson e precisamente nel paese di Princeton, viveva la famiglia Johnson composta da padre, madre e due figli, Benjamin e Martin. Era proprietaria di un ranch a pochi chilometri dal paese, una cinquantina di ettari di terra fertile, nel cui centro vi era una bellissima casa in legno poggiata su muri in pietra che si alzava da terra per circa tre metri. Sotto vi erano le cantine dove si conservavano i raccolti dell’anno. Per accedere all’ingresso bisognava salire alcuni gradini, guidati dal corrimano. L’intera casa era circondata da un portico provvisto di ringhiera e largo due metri, i cui pilastri sorreggevano il tetto. All’esterno, la ringhiera era adorna di fioriere, che durante la fioritura aggiungevano un tocco di colore al rosa pallido dell’intonaco, al verde delle imposte e al nero del tetto. La signora Anna, durante la bella stagione, abbelliva la casa con fiori freschi. Entrando a destra vi era la sala da pranzo, a sinistra si trovava la cucina e subito affianco i servizi. Una porta limitava la parte giorno con la parte notte. Appena dentro, un piccolo corridoio e otto gradini conducevano alle camere da letto; di fronte una finestra alta fino al soffitto, da dove entrava tanta luce.

    A circa cinquanta metri dall’abitazione c’erano i capannoni dove si conservava il foraggio per le bestie, una stalla per le mucche da latte, i cavalli e altre bestie da cortile. A nord della proprietà si ergevano le colline piene di boschi, dove scorreva un torrente di acqua preziosa per la famiglia Johnson. Ai piedi della collina vi era un piccolo laghetto dove si abbeveravano gli animali. Il torrente, dopo aver alimentato il laghetto, fuoriusciva percorrendo tutta la proprietà e dividendola in due. Due terzi di essa erano destinati al pascolo degli animali, il restante terzo, recintato da uno steccato, veniva coltivato a mais, grano, cereali e ortaggi.

    Poco lontano dall’abitazione, sulla sinistra, si ergeva una collina ai cui piedi vi era un angolo con una quercia, dove c’era il piccolo cimitero di famiglia, circondato da uno steccato e un cancelletto. Lì riposavano i genitori di lui con il fratello, e i genitori di lei.

    Anna era più giovane di suo marito di otto anni: brava in cucina, aveva la passione per i dolci, amava la sua famiglia e teneva tanto ai suoi ragazzi. Il signor Victor era un uomo tutto di un pezzo, generoso ma anche un po’ severo con i suoi due figli, faceva di tutto per insegnar loro che la terra dava i suoi frutti se la si amava. Al mattino bisognava alzarsi e non cincischiare nel letto come una femminuccia. Le cose da fare erano tante: bisognava mungere le mucche, portare le altre bestie al pascolo e tenere d’occhio le varie coltivazioni, spaccare la legna per il fuoco. Ormai i figli quella storia la conoscevano a memoria dato che il padre, tutte le sere a cena, ripeteva le stesse cose.

    Era ormai primavera e tutte le mattine il padre usciva dalla sua stanza alle quattro. Prima di scendere i gradini bussava alla porta dei figli, quei tocchi per Benjamin e Martin volevano solamente dire: alzarsi. Ma questi sotto le coperte al calduccio si giravano sull’altro fianco e si riaddormentavano; dopo qualche minuto arrivava la mamma e con la sua dolcezza riusciva a farli alzare, così tutti e tre scendevano in cucina, mentre il padre preparava la colazione. La madre faceva cenno con gli occhi ai figli di andare a rinfrescarsi prima di sedersi a tavola. Fatta colazione, i due fratelli aiutavano i genitori nei lavori di tutti i giorni. Benjamin era il più grande, aveva diciannove anni e somigliava alla mamma: aveva gli occhi azzurri, era alto un metro e ottanta, capelli biondi ricci, affettuoso e affezionato alla madre. Martin, più piccolo di quattro anni, somigliava di più al padre, alto un metro e sessantacinque, capelli castani, occhi neri e più robusto del fratello, anche lui stravedeva per la mamma.

    Quella mattina la signora Anna e Benjamin si recarono alla stalla per mungere le mucche da latte. Invece il fratello accompagnò il padre a condurre le bestie al pascolo, ma mentre si avvicinavano alla stalla sentirono le mucche muggire: erano tutte in fermento, come se avvertissero un temporale o qualche pericolo. Il padre, che si trovava con il suo cavallo leggermente più avanti del figlio, si voltò chiedendo se non c’era un temporale in arrivo. Martin si fermò per un attimo a guardare il cielo e rispose che non c’era nessun segnale che lo facesse presagire. Mentre Victor si avvicinava al cancello, il suo cavallo di colpo si fermò nitrendo e indietreggiando. L’uomo non riusciva a capire quello che stava succedendo, ma poi vide un serpente a sonagli. A quel punto Martin prese il fucile che aveva attaccato alla sella per sparargli, ma il padre lo fermò subito perché così avrebbe spaventato ancor di più le bestie, che rischiavano di rompere lo steccato e ci sarebbe voluto una giornata intera per riportarle nel recinto. Il papà scese lentamente da cavallo, raccolse un bastone che si trovava nei pressi, colpì sulla testa il serpente e lo uccise, poi ordinò al figlio di portarlo vicino al bosco e di seppellirlo, mentre lui faceva il giro del recinto per assicurarsi che non ce ne fossero altri, sapeva infatti che spesso quelle brutte bestie si muovevano in coppia.

    Finalmente aprirono il cancello, fecero uscire le bestie e le portarono al pascolo. Mentre la mandria si affrettava per raggiungere l’erba fresca, e padre e figlio guardavano in giro ammirando la loro proprietà, Benjamin li raggiunse al galoppo. Allora il fratellino si precipitò per raccontargli tutto quello che era successo con il serpente e come il papà era stato bravo a ucciderlo con un colpo di bastone, poi gli chiese come era andata la mungitura.

    Benjamin, parlando a voce alta in modo che potesse sentire anche il padre, rispose: Abbiamo consegnato al signor Charlie sessanta litri di latte, e aggiunse che la mamma ne aveva tenuti dieci per il bisogno della casa. A quel punto Martin, pensando che il giorno dopo sarebbe stata domenica, già pregustava la torta che sua madre avrebbe preparato con quel latte; il papà gli ricordò che senz’altro ne avrebbe preparata una anche per la signora Lucy e un’altra per il pastore.

    I ragazzi chiesero di fare un salto fino al laghetto, il padre fece cenno con la testa di sì e raccomandò loro di essere prudenti. Così partirono al galoppo, avrebbero dato solo un’occhiata alle trote. Una volta giunti, lasciarono i cavalli e si misero a cercare: ne videro parecchie, piccole e grosse, con la luce del sole uscivano dai loro nascondigli in cerca di cibo.

    Benjamin disse: Uno di questi giorni dobbiamo venire a pescare e farci una bella scorpacciata di trote al forno! Alzando la testa vide però un uomo a cavallo che veniva verso di loro scendendo dalla collina.

    Martin come un fulmine prese il suo fucile mettendo un colpo in canna, mentre Benjamin, insieme al cane Ulisse, gli andò incontro. Quando gli fu di fronte il cane iniziò a ringhiare rabbiosamente, forse aspettava solo l’ordine del suo padrone per attaccare. A quel punto Benjamin gli chiese chi era e che cosa ci faceva nella loro proprietà; questi con un sorriso beffardo rispose che aveva perso la strada e che secondo lui non era quello il modo di accogliere la gente, con un fucile puntato e con un cane pronto a sbranare. Il ragazzo ribatté che dalle loro parti un estraneo che va a curiosare nelle proprietà degli altri non è bene accetto. Prima di andarsene, l’uomo chiese a Benjamin se gli sapeva indicare la strada per raggiungere il ranch dei Lester e questi gli indicò tutta un’altra direzione. Lo tennero d’occhio fino a quando uscì dalla proprietà e solo quando scomparve dalla loro vista, i due fratelli salirono a cavallo per raggiungere il padre. Strada facendo Benjamin fece promettere a Martin di non dire nulla ai genitori di quell’uomo che curiosava nella proprietà, questi gli rispose che era pienamente d’accordo con lui e si lanciarono al galoppo.

    Non appena arrivati, il padre ordinò loro di darsi da fare visto che le bestie dovevano essere abbeverate. Così sguinzagliarono i due cani, Ulisse ed Enea, che in pochi minuti riuscirono a radunare i capi che si erano allontanati e li condussero all’acqua. Ormai la giornata volgeva al termine, il sole era quasi al tramonto, allora il signor Johnson fece segno ai suoi ragazzi che bisognava prendere la strada di casa: fecero uscire la mandria dall’acqua, ancora una volta i due cani pastori furono di grande aiuto. Arrivarono lentamente e chiusero le bestie nel recinto. Il papà, avvicinandosi ai ragazzi, disse che sarebbe rientrato perché aveva la schiena a pezzi, poi aggiunse che quando avessero finito di dare un’occhiata in giro dovevano rientrare perché era quasi ora di cena. Così i due fratelli, insieme ai cani, si avviarono per assicurarsi che tutto era tranquillo.

    Rientrando in casa li accolse la mamma con un gran sorriso, dopo averli baciati li esortò a togliersi gli indumenti pieni di polvere che avevano addosso e di lavarsi in fretta perché il grande capo aveva fame. Qualche minuto più tardi i due ragazzi si sedettero a tavola, era consuetudine la preghiera del capo famiglia: si ringraziava il Signore per la giornata trascorsa e per il cibo che stavano per prendere. La mamma servì una ciotola di zuppa fumante, nel centro del tavolo c’era una grossa brocca piena di latte caldo. Per secondo la signora Anna aveva preparato lo stufato con delle verdure.

    Al termine della cena parlarono del giorno dopo, visto che era domenica. La moglie chiese al marito come dovevano organizzarsi per andare ad ascoltare il sermone, quest’ultimo si rivolse ai figli, chiedendo loro se volevano accompagnare la mamma, ma Benjamin rispose che sarebbe rimasto per accudire le bestie. Al papà dispiaceva doversi alternare in questo modo per non lasciare la fattoria incustodita, ma fino a quando non avrebbero potuto assumere una persona le cose dovevano continuare così. A quel punto il ragazzo si alzò dicendo che andava a dare da mangiare ai suoi cani, dopo avrebbe dato un’occhiata in giro; la madre lo accompagnò alla porta e lo aiutò a mettere il pastrano. Anche Martin si alzò e chiese al fratello di aspettarlo: sarebbe uscito assieme a lui per fare due passi, così avrebbe digerito lo stufato.

    Davanti alla porta vi era il secchio con tutti gli avanzi per i cani. Presero il fucile, una lanterna e uscirono. Ai piedi della scala vi erano due ciotole: dettero da mangiare ai cagnoni e si incamminarono verso il recinto. Ulisse ed Enea si affrettarono a mangiare per seguire i padroni: una volta raggiunti, iniziarono a strusciarsi contro di loro per farsi carezzare e non tardarono ad arrivare non solo carezze ma anche tanti complimenti; poi li fecero correre verso il recinto.

    Benjamin disse al fratello che l’indomani doveva cercare Tommy Lester per chiedergli se lo sconosciuto fosse veramente andato al loro ranch. Martin rispose che ci avrebbe pensato lui, poi sorridendo aggiunse che la bella Judith dagli occhi dolci sarebbe rimasta delusa per la sua assenza. Ridendo, Benjamin ribatté che anche a lui dispiaceva non poterla vedere, ma era sicuro che nel pomeriggio il pastore e sua figlia sarebbero venuti alla fattoria.

    Mentre i due continuavano a ridere e scherzare su quell’argomento, papà Johnson era uscito sul portico per gustarsi una sigaretta. Appena ebbe finito rientrò in casa e si recò in cucina, dove la signora Anna stava finendo di lavare i piatti. Il marito avvicinatosi la guardava, allora ella, capite le sue intenzioni, si asciugò le mani al grembiule: si abbracciarono e si baciarono a lungo. Lui gli sussurrava nell’orecchio di amarla e voleva portarla a letto, ella gli diede ancora un bacio e lo seguì. Si ritirarono in camera e si misero a letto, dove si amarono con passione.

    Il giorno dopo era domenica e come d’abitudine la signora Anna si alzava lasciando i figli e suo marito a riposare, intanto che preparava colazione. Quando ebbe finito, prese due pezzi di pane e uscì sul portico dove c’erano i due cagnoni che l’aspettavano, diede loro il pane e tra una carezza e l’altra lì esortò a tornare al recinto a fare la guardia alla mandria. Enea e Ulisse, prima di allontanarsi dalla loro padrona, finirono di raccogliere le poche briciole che vi erano sul pavimento.

    Anna rientrò recandosi nella stanza da letto, il marito dormiva ancora; tirò la tenda, aprì un’imposta per fare entrare un poco di luce, si avvicinò al marito svegliandolo con un bacio. Egli aprì gli occhi dandole il buongiorno: quello era il modo migliore per svegliarlo. Mentre si alzava, chiese se il caffè era pronto. La moglie rispose che la colazione era pronta e si diresse verso la camera dei figli per svegliarli. Dopo colazione partirono assieme per recarsi in città, a eccezione di Benjamin che rimase al ranch per accudire le bestie.

    La famiglia si accingeva così ad assistere alla funzione religiosa celebrata dal pastore Geremia. La signora Lucy accompagnava il canto dei fedeli con il suono dell’organo. Quella domenica il pastore presentò ai fedeli la figura del profeta Daniele, che per rimanere fedele alla legge del suo Signore ebbe a soffrire pene e ingiustizie, fu messo più volte nella fossa dei leoni da parte dei re di Babilonia e di Persia. Così l’angelo Gabriele apparve al profeta minore Abacuc e gli ordinò di portare da mangiare a Daniele, ma questi rispose: O mio Signore, io non so dove si trova. L’angelo gli spiegò che si trovava a Babilonia nella fossa dei leoni, ma Abacuc ribatté che non sapeva dove fosse quel luogo. L’angelo lo prese per i capelli e più veloce del vento lo condusse sul posto. Allora Abacuc chiamò più volte Daniele dicendogli che il Signore non lo aveva dimenticato e che gli aveva portato da mangiare. A quel punto Daniele si inginocchiò ringraziando il Signore di essersi ricordato del suo umile servo.

    Al termine della funzione le famiglie si riunirono per salutarsi e scambiarsi le ultime notizie. La signora Anna chiese al figlio di andare sul carro a prendere le due torte e consegnarle al pastore e alla signora Lucy. Fu allora che la graziosa Judith si avvicinò alla famiglia Johnson salutando e chiedendo di Benjamin, al che la mamma le fece un gran sorriso, la attirò a sé e la baciò sulla fronte. Le rispose che il figlio era rimasto alla fattoria. Giunse Martin con le torte, ne consegnò una alla fanciulla e l’altra la diede alla signora Lucy. Il figlio avvisò i genitori che si sarebbe allontanato per salutare i suoi amici: incontrò Tommy Lester e gli chiese se il giorno prima un uomo poco affidabile fosse stato al suo ranch. Questi rispose che non aveva visto nessuno e, preoccupato, gli venne subito in mente cos’era successo alla famiglia Simpson: qualche giorno prima gli avevano rubato una ventina di capi di bestiame mentre erano al pascolo. Il padre raccomandava sempre di lasciare qualcuno di guardia, per evitare che quella gente si facesse viva in qualche altro posto.

    Intanto, al ranch Benjamin era alle prese con tre malviventi che volevano rubare il bestiame. Dopo che i genitori si erano allontanati per andare ad assistere alla funzione, il giovane giocava con Ulisse ed Enea mentre si avvicinava al recinto. All’improvviso uno dei cani si accorse della presenza di estranei e si lanciò in direzione di due cespugli che si trovavano a circa duecento metri dal recinto. Immediatamente partì anche l’altro cane, Ulisse: fu allora che Benjamin si rese conto che le cose si mettevano male. Subito richiamò i cani e si ritirò su di una piccola altura dietro una quercia. Da lì poteva tenere sotto controllo la zona dove si erano nascosti i malviventi.

    Ci fu un conflitto a fuoco che durò per circa un’ora. Questi credevano di aver a che fare con un pivellino, ma Benjamin con il fucile ci sapeva fare e aveva anche una buona mira. Quando si resero conto che erano rimasti bloccati in quel punto e che non potevano attuare il loro piano, quello di circondare il giovane e farlo arrendere, furono costretti a escogitare un modo per uscire da quella trappola.

    In città, non appena Tommy ebbe finito di raccontare tutte quelle cose a Martin, questi si girò di scatto e si diresse verso i suoi genitori seguito dall’amico. Percorrendo quei pochi metri che lo separavano dal padre, pensava al fratello che forse si trovava in difficoltà. Il padre stava parlando con il pastore e altre persone, accolse i ragazzi a braccia aperte facendo un complimento a Tommy che cresceva a vista d’occhio. Martin lo interruppe subito, invitò l’amico a raccontare quello che era successo alla famiglia Simpson. Tutti i presenti lo ascoltavano in silenzio; la signora Lucy esclamò: Ora capisco perché non erano presenti alla funzione.

    Victor invitò il figlio a salire in fretta sul carro e chiese al pastore se gentilmente poteva accompagnare la sua signora. Non appena le famiglie presenti si resero conto della situazione, si salutarono e ognuno prese la strada di casa. Padre e figlio, una volta sul carro, lanciarono i cavalli al galoppo, seguito dal pastore con le donne. Nella piccola cittadina la gente si domandava che cosa fosse successo, vedendo tutti i proprietari di fattorie lasciare in fretta il paese. Dopo un po’ la voce arrivò anche nell’ufficio dello sceriffo, questi prese con sé due uomini e si diresse verso la proprietà dei Johnson.

    Mentre galoppavano verso casa il padre diceva al ragazzo che non appena giunti avrebbe dovuto affrettarsi per prendere i fucili. Una volta arrivati, il giovane saltò giù di corsa precipitandosi in casa a prendere le armi. Uno dei cani sentì arrivare il carro e gli corse incontro abbaiando, facendo capire che Benjamin era in pericolo. Il padrone gli fece una carezza e tutti corsero verso il recinto mentre si udivano dei colpi di fucile.

    Raggiunto il figlio, Victor vide che aveva la spalla tutta insanguinata, lo prese fra le sue braccia dicendogli: Benedetto figliolo, che cosa ti è successo? Se me ne avessi parlato, per nulla al mondo ti avrei lasciato da solo! E mentre lo aiutava a sedersi per terra sopraggiunse Martin con le armi e i cani, si precipitò verso i cespugli ma i tre banditi erano già scappati.

    Nel frattempo arrivò anche il pastore con la figlia e le due donne. La madre, con le lacrime agli occhi, corse subito dal figlio e quando lo vide tutto insanguinato lanciò un urlo di disperazione. Il marito cercò di calmarla e di farle capire che Benjamin aveva perso molto sangue, dovevano portarlo dal dottore in città: lo misero sul carro e partirono in fretta. Le due donne, insieme al giovane Martin, si diedero da fare per preparare qualcosa da mangiare. Fuori si sentivano i cani abbaiare, sembravano disperati. Il ragazzo imbracciò il fucile e uscì di nuovo, vide lo sceriffo con i suoi uomini che stavano arrivando, richiamò i suoi cani e salutò il signor Liberty. Questi gli disse: Martin, dimmi un po’, mi vuoi spiegare quello che è successo?

    Il giovane scese i gradini per accompagnarli dove era accaduto il fatto. Dietro i cespugli c’erano le macchie di sangue e tutti i segni di colpi di fucile sparati da Benjamin. Lo sceriffo chiese di indicargli dove si trovava suo fratello. Il giovane, mostrandogli la piccola altura con la quercia, si mise a raccontare quello che molto probabilmente era successo.

    Uno degli uomini notò che le macchie di sangue e le altre tracce andavano in direzione del bosco. Lo sceriffo diede una pacca sulla spalla al ragazzo e salì a cavallo dicendogli che avrebbero dato un’occhiata su per il bosco sino in cima alla collina e sarebbero ripassati per aver notizie di suo fratello.

    Mentre Martin andava verso casa con i suoi cagnoni, vide in lontananza il carro dei genitori che stavano tornando, li attese e li aiutò a scendere; tutti entrarono in casa dove la signora Lucy, insieme alla giovane Judith, aveva preparato il pranzo. Si sedettero e fecero accomodare il pastore a capotavola; questi, prima di iniziare a mangiare, recitò una preghiera per la famiglia.

    La graziosa fanciulla era seduta accanto a Benjamin, che aveva una vistosa fasciatura alla spalla, era un po’ pallido ma il medico aveva rassicurato i suoi dicendo loro che il ragazzo era forte: aveva solo bisogno di stare qualche giorno a riposo. A tavola parlarono delle notizie che arrivavano dall’esterno e il pastore annunciò che alcune persone provenienti dalla capitale affermavano che se gli stati del Sud non si fossero messi d’accordo sarebbe scoppiata la guerra. Tutti espressero la loro disapprovazione e Victor affermò che la guerra non aiutava il popolo ma portava solo distruzione e lacrime.

    I giorni passavano in fretta e Benjamin stava molto meglio, di tanto in tanto doveva recarsi in città dal medico per farsi cambiare la fasciatura e vedere se tutto procedeva bene.

    Una mattina, appena arrivato in paese, alcuni suoi amici gli andarono incontro per chiedergli come stava e se era al corrente delle ultime novità; egli rispose che voleva sentirle da loro. Allora il più scaltro, un certo Jimmy Hollister, si avvicinò dicendo che stavano aspettando un senatore che arrivava da Indianapolis per arruolare quattro reggimenti. A voce alta, lasciandosi andare, aggiunse: Noi invaderemo il Sud e libereremo gli schiavi.

    Tutti gettarono il cappello in aria gridando: Hiu hu!

    Quando ebbe finito con il medico, visto che tutto andava per il meglio, Benjamin decise di fare una visita alla sua graziosa Judith. Il ragazzo si avviò verso la casa del pastore, dopo aver legato il cavallo allo steccato davanti l’abitazione bussò alla porta. La fanciulla era in casa da sola; il padre era andato a far visita a una signora ammalata, con grosse difficoltà di deambulazione, e aveva detto alla figlia che sarebbe rientrato per l’ora di pranzo. Mentre stava cucinando, udendo bussare Judith si chiese chi poteva essere a quell’ora. Aprì la porta e fu per lei una sorpresa: le si illuminarono gli occhi e accolse il ragazzo con un gran sorriso. Si guardarono per qualche secondo, poi lei gli gettò le braccia al collo e lo baciò sulla bocca. Era il primo bacio che i due innamorati si scambiavano, un momento di affetto per amore che da tempo ormai provavano l’uno per l’altra. Lo fece accomodare, dicendogli che doveva rimanere a pranzo e tornò in cucina, dopo un po’ arrivò il pastore e la figlia si precipitò a dirgli che avevano un ospite. Quando l’uomo vide Benjamin seduto al tavolo fu veramente contento, tanto che disse al ragazzo che pensava di fare un salto alla fattoria nel pomeriggio; si dette una rinfrescata alle mani e sedette al tavolo con lui.

    Geremia gli chiese come andava la spalla e cosa gli aveva detto il medico. "Tutto bene, ancora pochi giorni e

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