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Morgen Sboba
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Morgen Sboba

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Cronaca quotidiana dai campi di concentramento nazisti, scandita dalla perenne attesa di qualcosa di positivo: una giornata di sole, un incontro inatteso, una notizia, un pacco viveri, una cartolina da casa, un permesso di uscita, un pezzo di pane nero da scambiare con un paio di guanti, una "sboba" più densa del solito. Trascorrono nell'attesa, lente e inesorabili, le ore di prigionia tra speranza e illusione, rabbia e disperazione, bisogni e frustrazione, con l'unico conforto della fede e del sogno di un possibile ritorno a casa.

Questo diario minimale consente di leggere tra le righe il dramma della seconda guerra mondiale e dei suoi diversi accadimenti ma si propone allo stesso tempo come piccolo trattato di psicologia sociale, incongruo ricettario di cucina povera a base di poverissime "sbobe" e come manuale di espedienti, tragici e talvolta divertenti, di fronte all'obiettivo della sopravvivenza.
LanguageItaliano
Release dateMar 25, 2015
ISBN9786050367904
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    Morgen Sboba - Paolo Ernesto Lazzarotto

    curatore

    MORGEN SBOBA!

    diario dai campi di prigionia nazisti 1943-1945

    Nota dell'autore

    Questi dati sono stati rilevati di volta in volta da pezzetti di carta di rifiuto da me numerati, con scrittura illeggibile per i tedeschi, i quali facevano continuamente perquisizioni ai poveri internati, guardando in bocca, sotto le ascelle, nelle orecchie e in altre parti delicate (tra le natiche!)... Guai a farsi scoprire, si rischiava anche la fucilazione! 

    1943

    armistizio e internamento

    7/9/1943

    Alle ore 20.30 la radio italiana annuncia l’armistizio dell’Italia.

    8/9/1943  

    Mi trovo dislocato con la mia Compagnia (1° del 38 Bgt. mortai Div. da 81, Divisione Puglie) nella regione del Kossovo (Albania). I soldati escono in un grido di giubilo. Io però, che intuisco la serietà del momento e la portata dell’avvenimento, li riunisco per invitarli alla massima calma e riflessione, dati i nostri rapporti con la Germania improvvisamente mutati. Prendo le misure di sicurezza necessarie onde evitare eventuali sorprese. Durante la notte la truppa viene considerata in stato di allarme. Alle ore 21 circa vengo chiamato al Comando del Presidio, dove mi porto subito con una scorta, insieme al comandante dell’8.va Batteria del 15° Rgt Artiglieria (capitano Fighera di Vittorio Veneto). Il colonnello Angione Costa, comandante del Reggimento albanese e del Presidio di Pristina, tiene rapporto ai comandanti di reparto dipendenti invitandoli alla massima calma e disciplina, in attesa di ordini superiori. Noto grande impressione specialmente negli ufficiali albanesi. Verso le ore 22.30 mi ritiro nell’accampamento dislocato presso la stazione ferroviaria di Pristina.  

    9/9/1943  

    Alle ore 7 vengo chiamato d’urgenza al Presidio dove trovo gli altri comandanti di reparto e gli ufficiali del Comando di Presidio in grande eccitazione per la nuova situazione venutasi a creare. Durante il percorso sono stato sorpassato da macchine tedesche provenienti da Mitrovica (Serbia). Dopo pochi minuti dal mio arrivo, vedo nei pressi del Presidio un reparto di ciclisti tedeschi. Contemporaneamente vedo giungere al Comando un capitano tedesco, il quale si reca dal col. Costa per annunciargli che ha l’ordine di disarmare tutti i reparti italiani. Il col. Costa gli fa vedere l’ordine del comando della Div. Puglie concepito in questi termini: Truppa consegnata in caserma in attesa di ordini superiori. Reagire contro bande ribelli. Dopo varie insistenze, il nostro colonnello ottiene che i reparti restino nei loro alloggiamenti con le proprie armi in attesa di altri ordini. Egli, da parte sua, garantisce di persona sul mantenimento dell’ordine da parte delle truppe. Il Comando tedesco, però, ordina al col. albanese Gelane di assumere il comando del 4° reggimento Cacciatori d’Albania e il comando del Presidio, in sostituzione del col. Italiano Costa. Per le vie di Pristina le nostre ronde, le comandate di fatica ed i soldati isolati, vengono immediatamente disarmati da reparti armati albanesi alle dipendenze dei tedeschi. Anche gli ufficiali isolati vengono disarmati. Passano di continuo truppe tedesche in autocarro e a piedi, provenienti da Mitrovica, che si dirigono verso l’Albania (faccio notare che la città di Pristina è a pochi Km dal confine con la Serbia). Verso le ore 9 giunge un ten. colonnello tedesco che assume il comando delle truppe di Pristina. L’ospedale da campo italiano viene preso d’assalto dalla soldataglia albanese che disarmati nostri ufficiali medici perquisisce tutte le stanze, minacciando perfino gli ammalati e facendo preda di tutto quello che capita sotto mano. Anche la mensa ufficiali del Presidio viene saccheggiata. Ovunque si trovino alloggiati ufficiali o piccoli nuclei di soldati italiani, gli albanesi fanno la loro irruenta comparsa per impossessarsi di tutto ciò che può essere loro utile. I militari di truppa vengono accompagnati in gendarmeria da sentinelle armate. Il col. Gelane fa sapere che la mia compagnia mortai e l’8° batteria possono continuare a far parte integrante del suo reggimento. Alle ore 16 ricevo l’ordine di trasferirmi col reparto in caserma del 4° Cacciatori Albanesi, con tutto il materiale e l’armamento in dotazione. Alle ore 18 mi trasferisco in caserma dove faccio attendere i miei soldati.  

    10/9/1943  

    Alle ore 8.30 la batteria del 15° art., che era stata nel frattempo trasferita in caserma, viene disarmata senza preavviso dai tedeschi, i quali si impossessano arrogantemente di quanto può essere loro utile: viveri, scarpe, equipaggiamento e tutto il materiale d’armamento. Alle ore 10 ricevo l’ordine di depositare le armi e tutto l’altro materiale presso il magazzino del 4° Cacciatori. Con le lacrime in gola i miei soldati passano ad uno ad uno davanti a me per consegnare quelle armi che erano state loro compagne fedeli per uno, due, tre, quattro anni, attraverso vicende liete e tristi. Gli albanesi si impossessano avidamente di tutto il materiale, lieti dell’inaspettata preda per loro particolarmente preziosa (gli albanesi sono sempre stati attratti da armi e munizioni e ne ambivano il possesso). Siamo rimasti soltanto con il nostro corredo personale. In varie riprese i tedeschi sono venuti a prelevarmi 9 dei muli in dotazione al reparto. I conducenti vedono allontanarsi con mestizia i loro quadrupedi che amavano come altrettanti compagni d’arme. Gli altri quadrupedi vennero presi dai reparti albanesi, i quali non si preoccuparono affatto di dar loro da bere e da mangiare.  

    11/9/1943  

    Tutti gli ufficiali del presidio vengono rinchiusi nella palazzina della caserma, sorvegliati ovunque dalle sentinelle albanesi armate di fucili mitragliatori. La mia Compagnia viene trasferita in un caseggiato (sempre nell’interno della caserma) già adibito a prigione per gli internati politici. Tutto intorno, una doppia siepe di reticolati rende impossibile ogni tentativo di fuga. Le sentinelle albanesi sorvegliano ovunque armatissime. Verso l’uscita sono puntati due fucili mitragliatori. In detto fabbricato, vengono pure rinchiusi gli artiglieri del capitano Fighera e tutti gli altri militari del Presidio. Quando un militare, per gravi o impellenti motivi è costretto uscire, viene necessariamente accompagnato da una sentinella.  

    12-13-14/9/1943  

    Nessun fatto di particolare importanza. Ognuno di noi si è adattato, suo malgrado, alla nuova vita di reclusione in attesa degli avvenimenti che sembrano sul punto di precipitare. Gli ufficiali che, per qualche necessità, chiedono di uscire, vengono accompagnati da una scorta armata.  

    15/9/1943  

    Verso le ore 17 ricevo l’ordine di tenermi pronto a partire con la Compagnia per le ore 19. all’ora fissata mi trasferisco alla stazione di Pristina col mio reparto accompagnato dal saluto affettuoso dei colleghi che restano. A Kosovo Polje mi unisco ad altri reparti già pronti a partire con la tradotta precedentemente disposta. A quanto pare ci sono complessivamente 800 uomini fra sottufficiali e truppa. Noi ufficiali siamo in 42.  

    16-17/9/1943  

    Siamo in viaggio attraverso la Serbia. Nelle stazioni notiamo un’accoglienza cordiale da parte della popolazione.  

    18-19/9/1943  

    Il treno, che è formato quasi completamente da carri bestiame, attraversa ormai la Croazia, dove si nota la differenza di comportamento da parte della popolazione in confronto di quella serba: diffidenza, invettive, minacce.  

    20/9/1943  

    Si attraversa alcune regioni dell’Ungheria sud-occidentale. Atteggiamento rispettoso da parte della popolazione.  

    21/9/1943  

    Siamo ormai in territorio tedesco, e precisamente nelle belle regioni dell’Austria. Contegno rispettoso e talvolta espressioni di meraviglia da parte degli abitanti.  

    22/9/43  

    Attraversiamo territori prettamente tedeschi. Nelle ore pomeridiane la tradotta giunge nella stazione di Vienna. Le guardie ci permettono di scendere e per circa un’ora possiamo girare all’interno della stazione stessa, dove possiamo scambiare qualche conversazione con i civili austriaci che si dimostrano cordiali. All’atto della partenza, con nostra grande meraviglia, i carri vengono sprangati e finalmente ci rendiamo conto della nostra triste sorte. Anziché rientrare in Italia, via Brennero, il treno viene fatto proseguire verso la Germania, dove saremo probabilmente internati.  

    23/9/1943  

    Attraversiamo territori prettamente tedeschi. Si passa velocemente per Norimberga, Francoforte sul Meno e Hannover.  

    24/9/1943  

    In mattinata il treno entra nella piccola stazione di Wietzendorf. Vengono aperti i carri bestiame e finalmente possiamo scendere all’aria aperta. Le sentinelle tedesche con modi bruschi e perentori ci fanno inquadrare e con il nostro bagaglio in spalla ci accompagnano al campo prigionieri di questo piccolo centro nel cuore della Germania, dove sono già arrivati in precedenza altri 20.000 italiani. Gran confusione in questo vasto campo di concentramento, nel quale si notano militari di ogni grado e di tutte le armi. Il mio gruppo di ufficiali viene sistemato alla meglio in un buio stanzone pieno di immondizie e di rifiuti di ogni genere. La truppa viene ammassata in altri stanzoni della capacità di 140 uomini, dove però, più tardi, ne vengono aggiunti altri 60, cosicché una parte dei soldati deve limitarsi a riposare seduta sui propri zaini. Prima della sistemazione viene effettuata la perquisizione ai nostri bagagli. Le sentinelle incaricate ritirano tutto il materiale inerente l’armamento, come: binocoli, lampade tascabili, macchine fotografiche, fondine, ecc. ecc.. alla truppa viene fatta una visita più minuziosa e vengono ritirati abusivamente oggetti non militari e di esclusiva proprietà dei soldati, come: indumenti di lana, sigarette, sapone, olio, candele, ecc.  

    24-25/9/1943  

    Giorni pieni di tristezza e di malinconia. Al mattino la sveglia viene fatta per tempo e ci viene distribuito una specie di tè senza zucchero ed una pagnotta di circa un chilo ogni sette persone. È un pane fatto a base di segala ed altri ingredienti, molto pesante e poco gustoso. La fame però lo fa sembrare particolarmente buono. Due volte al giorno viene effettuata la distribuzione di un mestolo di brodaglia a base di carote ed altre verdure ed erbe.  

    26/9/1943  

    Gli ufficiali vengono trasferiti in altri alloggiamenti, costituiti da vecchie baracche, dopo aver effettuato il bagno. Ognuno deve sistemarsi alla meglio dato che i locali sono insufficienti. Ci si accontenta di un angolino, non essendo possibile a tutti trovare un posto per stendersi durante la notte. Giornata particolarmente grigia per il mio gruppo che non potè avere la magra razione di pane e margarina per cause non precisate. Alla sera, per fortuna, un mestolo di brodaglia a base della solita verdura ci riscaldò un po’ lo stomaco. Siamo avvisati che nessuno può allontanarsi dall’alloggiamento per alcun motivo, pena, severi provvedimenti disciplinari. Chi durante la notte supererà un dato limite sarà senz’altro ucciso. Per prendere acqua da bere, bisogna formar gruppi di 8/10 persone che vengono accompagnati ad un’apposita fontana. Durante la notte, dei fari abbaglianti, collocati in apposite garitte sopra elevate, perlustrano in tutte le direzioni il vasto accampamento, dando un aspetto triste e spettrale a coloro che vi sono rinchiusi.  

    28/9/1943  

    Si

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