Ermengarda: Una principessa longobarda contro la guerra
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Anteprima del libro
Ermengarda - Roberto Denti
Roberto Denti
Ermengarda
A voi grazie, a voi che,
reggendo il fianco infermo,
pago feste l’amor che oggi mi prese
di circondarmi ancor di queste aperte aure, ch’io prime respirai, del Mella;
sotto il mio cielo di sedermi, e tutto
vederlo ancor, fin dove il guardo arriva... ".
Sparsa le trecce morbide sull'affannoso petto, lenta le palme, e rorida di morte il bianco aspetto, giace la pia, col tremolo sguardo cercando il ciel
.
Ermengarda (da Adelchi
di Alessandro Manzoni)
PREFAZIONE
Imperatori, papi, re, principi, badesse, religiosi e, sullo sfondo, le vicende umane, spesso drammatiche, dei popoli. E’ questo il mondo alto medievale che Roberto Denti ha ricostruito nella sua opera. Ma se parla di Carlo Magno e di Desiderio, di Papa Stefano e dei Franchi, dei Longobardi e del loro sogno di unire l’Italia, lo fa con il tono lieve e fantastico del narratore che decontestualizza eventi e luoghi ed usa
la storia con la libertà di chi la piega - con una operazione affatto contraria al rigore che storici e studiosi prenderebbero - per far uscire
tutta l’umanità dei personaggi. L’esaltazione, anche implicita, dei sentimenti, dunque, come strumento per elevare le figure centrali al di sopra della materialità di cui è intessuta la vita.
Siamo davanti ad un’opera che sa di fantasia nel senso migliore del termine, nella quale il movimento
dei personaggi è corale e, in virtù di quelle licenze
di cui si diceva, capace di portare in primo piano una protagonista assoluta, magari insospettata all’inizio, ma fortemente capace di affermarsi nel prosieguo: Ermengarda.
I pur elevati versi poetici di Alessandro Manzoni l’hanno consegnata all’immaginario collettivo come triste e non si sa se più remissiva o dolente. Nella metrica dell’Adelchi Ermengarda, regina dei Franchi, viene compatita dal mondo intero. La sua bellezza era probabilmente commendevole, ma lei viene ricordata soprattutto per la sua nascita (una delle figlie di Desiderio e Ansa) e per la sua infelice sorte di moglie politica
di Carlo Magno che per politica
poi la ripudiò.
Eppure, non è difficile pensare che la storia di Ermengarda sia certamente un’altra cosa: ce lo fa intuire l’autore, che idealizza un Carlo Magno vecchio, stanco, deluso nella vita personale e negli affetti. Un inedito Carlo vincitore sui campi di battaglia, ma umanamente sconfitto e anche un po’ dimesso, come l’altro sconfitto, Desiderio. E’difficile cogliere Ermengarda, in quella sorta di fiction
ante-litteram che Manzoni imbastì con l’Adelchi, quale eroina - bresciana - alle radici dell’Europa.
Oggi, proprio come fece il poetico biografo
reso immortale da Renzo e Lucia, viene di nuovo sottolineato l’aspetto romantico della figlia di Ansa e Desiderio, che si conferma personaggio commovente, dilaniato da un amore totalizzante per il marito Carlo. Questo sentimento globale è vissuto in maniera pudica e rappresenta, per Ermengarda, un ideale perduto che si scontra con la realtà, che la tormenta e le comporta una sofferenza acuta e senza speranza.
Si può quindi affermare che il lavoro di Roberto Denti costituisce un modo stimolante di considerare il nostro
affascinante personaggio al quale, fino ad ora, ha concesso più spazio la letteratura che non la storia. Eppure i due ambiti possono anche non essere in contraddizione. Gli accenni che, nella parte finale, l’autore dedica alla morte - e oltre - dell’eroina suonano come un implicito invito ad indagare con accuratezza sulla stessa sepoltura di Ermengarda in Santa Giulia - San Salvatore dove, sia detto per inciso, è stata ritrovata una lapide sulla quale è chiaramente leggibile proprio il nome Irmingarda. Lapide postdatata fin che si vuole, ma...
Del resto tutto, nel monastero, rimanda a quella figura di donna, Desiderata o Ermengarda, sia pure "nullo veterum scriptorum testimonio subnixìo", cioè senza il sostegno evidente delle fonti storiche. Per la precisione, il nome di Ermengarda ricorre soltanto in un testo quattrocentesco, ma quelli più antichi e autorevoli accennano a Desiderata figlia del re longobardo Desiderio e di Ansa, sorella di Adelchi, di Anselperga, prima badessa di San Salvatore e di Anseperga, moglie del duca di Benevento, di Liutperga, moglie di Tassilone, duca di Baviera. Forse, continuando ad indagare, anche la Storia un giorno verrà a sostenere quanto immaginazione e sentimento ci fanno presagire? Cioè che Ermengarda può ben rappresentare - con la sua vita, le sue sofferenze, il suo comportamento - l’archetipo della donna moderna, della donna oggi alle prese con problemi di autoaffermazione e parità, di acquisizione di un ruolo indipendente e importante nella società?
Di certo Ermengarda è un’eroina che, a ben guardare, non si rassegna e che agisce secondo il criterio del sentimento. Ne esce sconfitta, come donna, ma, con un parallelo sul filo della letteratura, questa sua sconfitta appare meno dura, per esempio, di quella del foscoliano Jacopo Ortis, non solo perché la sua morte non è procurata, ma perché Ermengarda arriva alla morte certa di accedere a un’altra vita, consolata dalla provvida sventura e convinta che Dio l’aspetti per abbracciarla. Ed il viaggio
estremo di tale affascinante personaggio parte proprio da Brescia, dal monastero di San Salvatore/Santa Giulia. Ermengarda, allora, anch’ella simbolo di Brescia, ieri, oggi, domani?
Agostino Mantovani
Segretario della Fondazione Cab, ex presidente
di Brescia Musei SpA e Parlamentare Europeo,
l’on. Agostino Mantovani è uno degli artefici
del grande progetto che ha portato Brescia a
diventare Patrimonio dell’Umanità
, sito
longobardo e romano protetto dall’Unesco.
L’AMORE OLTRE
Il peso dei rimpianti
Carlo Magno, vecchio e solo, è davanti al fuoco. Fuori dal
palazzo nevica e lui, immobile come una statua, ricorda. Ha scelto di vivere ad Aquisgrana, una città tutta nuova, costruita per la
corte. Basta con le tende, il campo militare e i continui
spostamenti, il corpo, ormai stanco, non li sopporta più. Così
Carlo, immobile, lascia spazio ai ricordi, passa in rassegna la sua lunga vita densa di emozioni, di conquiste, di vittorie.
Corre l’anno 801, sul suo capo poggia la corona del Sacro Romano Impero, ha riunito tutte le terre del mondo, Carlo. Ma si ritrova col cuore a pezzi.
Indietro nel tempo, tra tante donne, tra cinque mogli e uno stuolo di amanti, ne ricorda una, dolce e delicata, passata come un lampo davanti ai suoi occhi.
E’ Ermengarda, la figlia minore, la prediletta dell’ultimo re longobardo, Desiderio. L’aveva sposata, Ermengarda, e poi tristemente rimandata alla sua terra: l’aveva ripudiata solo per far piacere al Papa, con cui aveva stretto un’alleanza. Era morta nel giro di poche lune, Ermengarda, e alla notizia Carlo aveva avvertito come una fitta al cuore. Non era stato tenero con lei, questo no, e avrebbe sempre voluto rimediare ai suoi gesti in qualche modo, perché quella ragazza l’aveva attratto in modo irresistibile, ma poi la politica, con le sue regole crudeli, aveva avuto il sopravvento.
Nel fuoco del camino tutto ora si ricompone, nel guizzare delle fiamme e tra le faville dei legni la storia pare finalmente delinearsi nei suoi veri contorni. Ermengarda, la bella Ermengarda, sì, lui la rivede adesso. Sopra la nuda terra è volata via veloce come una rondine, più leggera di una nube. Il suo cuore, pensa Carlo, nel frattempo è invece invecchiato, si è indurito e riempito di amarezza, ma lei resta un momento bello in una lunga vita, lunga anche troppo: forse perché portava con sè una speranza, un’idea di cambiamento. Come un arcobaleno dopo la pioggia. Nel suo cuore, ammette Carlo, Ermengarda c’è sempre stata: dovunque andasse, qualsiasi cosa facesse … una presenza nell’anima. Sì, se l’è portata dentro. E, così facendo, l’ha tenuta sempre viva. Viva!
Il grande ceppo nel camino continua a bruciare, lento, schiocca e a tratti pare lamentarsi, mentre faville salgono verso il nulla. Sì, la morte, sospira