Cronache giudiziarie pianezzesi-marachelle e malefatte dei nostri nonni
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Si tratta della raccolta di un bel numero di sentenze del Pretore di Pianezza, località che negli anni in cui si svolgono i fatti, l’ultimo quarto del XIX secolo, era capoluogo di Mandamento e quindi sede della Pretura ( già Giudicatura), all’interno di una diversa organizzazione amministrativa del territorio, suddiviso in circondari all’interno della Provincia.
Pianezza in questo momento storico aveva circa 2.400 ( duemilaquattrocento) abitanti ed era inserita nel circondario di Torino che ne aveva 527.478 suddivisi in 135 comuni, e nella provincia di Torino con 1.021.630 ( dati 1878), mentre Torino nel 1876 denunciava la presenza di 223.488 abitanti.
Le sentenze riguardano unicamente cittadini di Pianezza o cittadini di altre località che tuttavia abbiano commesso dei reati nel territorio di Pianezza, perché quelle che riguardavano cittadini degli altri paesi sotto questa giurisdizione ( Alpignano, Druento, Collegno, Val della Torre…) e fatti accaduti in altri posti, sono state ignorate.
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Cronache giudiziarie pianezzesi-marachelle e malefatte dei nostri nonni - Gian Paolo Spaliviero
Indice
A cura di
GIAN PAOLO SPALIVIERO
Cronache giudiziarie
pianezzesi
Marachelle e malefatte dei nostri nonni
Novantaquattro sentenze della
Pretura di Pianezza
Fine secolo XIX
INTRODUZIONE
Fra tutti i libri di storia che potevano essere scritti, forse questo è uno dei più strani, tanto che non si può neppure definire un libro di storia vero e proprio.
Si tratta della raccolta di un bel numero di sentenze del Pretore di Pianezza, località che negli anni in cui si svolgono i fatti, l’ultimo quarto del XIX secolo, era capoluogo di Mandamento e quindi sede della Pretura ( già Giudicatura), all’interno di una diversa organizzazione amministrativa del territorio, suddiviso in circondari all’interno della Provincia.
Pianezza in questo momento storico aveva circa 2.400 ( duemilaquattrocento) abitanti ed era inserita nel circondario di Torino che ne aveva 527.478 suddivisi in 135 comuni, e nella provincia di Torino con 1.021.630 ( dati 1878), mentre Torino nel 1876 denunciava la presenza di 223.488 abitanti.
Le sentenze riguardano unicamente cittadini di Pianezza o cittadini di altre località che tuttavia abbiano commesso dei reati nel territorio di Pianezza, perché quelle che riguardavano cittadini degli altri paesi sotto questa giurisdizione ( Alpignano, Druento, Collegno, Val della Torre…) e fatti accaduti in altri posti, sono state ignorate.
Volevo infatti raccontare una storia pianezzese, solo pianezzese, non la storia della pretura di Pianezza e delle sue attività, ma la storia del paese, del nostro paese e quella dei suoi abitanti attraverso le sentenze del pretore che qui aveva sede.
L’origine prima di questo lavoro è stato il desiderio di operare una piccola sottile vendetta
nei confronti dei miei paesani contro i quali credevo di covare da qualche decennio un risentimento per dei fatti accaduti tanto tempo fa che loro ben conoscono, per la reazione che loro ebbero per questi fatti che mi riguardavano.
Volevo metterli in imbarazzo, mettere in piazza magagne piccole e grandi dei loro antenati, per dimostrare loro che nessuno è perfetto
come dice la famosissima battuta di quel film.
Invece è accaduto che, strada facendo, cercando affannosamente in archivio di Stato su questo argomento e ricopiando faticosamente queste vecchie sentenze scritte a mano non sempre in bella calligrafia, mi accorgevo del loro straordinario valore documentario.
Spariva di colpo l’animosità che mi aveva spinto all’inizio e si trasformava in commossa partecipazione, il piccolo astio che pensavo di covare diventava affetto sincero. Insieme a questo scaturiva la gioia del ricercatore che si è imbattuto in una vena aurifera di notizie, in una fonte originale e autentica per una storia nuova, per me la storia della comunità dove sono cresciuto e che è la mia, anche se per poco sono nato altrove, dove riposano le ossa dei miei e dove vorrei riposare anch’io un giorno spero lontanissimo.
Riga dopo riga, pagina dopo pagina, scaturiva da queste pagine ingiallite il racconto un po’ triste ed un po’ comico della vita quotidiana dei pianezzesi di allora, delle loro tribolazioni, del loro arrabattarsi per sopravvivere, della semplicità ingenua della loro vita agreste, della povertà della loro vita materiale.
Il paese ci appare, da questi racconti, dedito quasi completamene all’agricoltura nel contesto di una nazione, l’Italia, ancora assai povera e in via di formazione, priva, almeno nella nostra zona, di industrie e commerci di una qualche importanza.
I fatti riguardano quasi esclusivamente piccoli furti campestri, liti domenicali dovute alla gioia della festa e, diciamolo pure, al vino, che scorreva a fiumi, minime beghe familiari e di cortile.
Non ci sono cattiverie eccessive, crudeltà, efferatezze, le azioni, anche quelle meno simpatiche, scaturiscono dalla spontaneità e dalla rusticità dei personaggi, sovente dal bisogno; non furti o appropriazioni vere e proprie, ma espedienti per sopravvivere.
Ci si rubava la roba uno con l’altro, come in una sorta di scambio a tempo, sovente si cercava di prenderla a che più ne aveva, come i possidenti, ed i notabili.
La legge sorvegliava e puniva, manteneva l’ordine pubblico, sguinzagliava queste famigerate guardie campestri che incessantemente giravano per prati e campi, per le vie, a cercare di prendere sul fatto i poveri trasgressori, facevano verbali, rilasciavano testimonianze a carico ad un ritmo
assai elevato.
Non deve essere stato un lavoro facile che a volte si ricevevano insulti e percosse….
Sono queste guardie campestri, forse, le uniche figure che ne escono male, quelle che risultano le più antipatiche, che neppure il pretore, i vari pretori che si susseguono nel tempo, appaiono troppo arcigni.
Applicano la legge, con severità a volte, ma c’è la sensazione che appena trovano la scappatoia, il cavillo cercano di non infierire, di mitigare, di assolvere senza perderci la faccia.
A leggere di come vivevano, di cosa facevano questi nostri antenati, si ha la sensazione che essi siano appartenuti ad un tempo lontanissimo, ad una antichità remota e non ci siano stati così prossimi come invece furono, che ci separano da loro appena di tre o quattro generazioni.
Per quei nostri concittadini che sono nati negli anni venti e che ancora si aggirano per le nostre strade ( che Dio ce li conservi a lungo) , si tratta dei padri o al massimo dei nonni, ancora potrebbero parlarci di loro sul filo della memoria.
Anche il nostro Paese, ora fra i primi paesi industrializzati nel mondo, era molto diverso da oggi, irriconoscibile, come irriconoscibile è il nostro antico borgo contadino trasformatosi in una cittadina moderna pienamente inserita nell’economia globale e passata da un paio di migliaia di abitanti a 14.478 (M 7.105, F 7.373), dai dati del comune.
Apparirà, come è apparso e me, come il nostro fosse poco più di un villaggio di campagna che sebbene posto a pochi chilometri da Torino, appena una dozzina, sembra relegato in una landa lontana e in una dimensione senza tempo; potrebbe essere la storia di un villaggio del XVII, XVI secolo, o anche di prima. Un villaggio isolato, incontaminato dalla modernità ed completamente immerso in una vita agreste e contadina.
Può essere una impressione errata e sicuramente almeno in parte lo è, perché le sentenze del pretore non sono che una delle fonti possibili per una storia e oltretutto una fonte particolare che ci può restituire soltanto una angolatura della realtà, una prospettiva ristretta.
Naturalmente il paese non era così isolato e lontano
dalla città e neppure tanto avulso dal contesto economico e sociale generale che già aveva in realtà delle piccole industri locali ( vedi filatoio della seta e altri.), così come la vicina località di Druento. Allo stesso tempo era meta di villeggiature e sede di residenza di una classe dirigente borghese e aristocratica che presto sarebbe stata protagonista del progresso e dello sviluppo del Paese.
Penso tuttavia che questa angolatura sia sufficiente per comprendere le caratteristiche di fondo della nostra comunità in quelli anni, a restituirci la sensazione viva e autentica della difficoltà della vita di tutti i giorni, della povertà della vita materiale e della tenacia dei nostri rustici antenati.
Coloro che troveranno qualche loro diretto ascendente protagonista di una di queste storie, non se l’abbiano a male, guardino anzi con tenerezza e commozione a questi fatti, vedano come quello del nostro paese non fu in fondo un brutto palcoscenico per la commedia umana.
LE SENTENZE
Riporto in linea di massima le sentenze sotto forma di estratto, mantenendo i dati essenziali per la identificazione delle persone, la descrizione del fatto e della pena eventuale, riporterò le sentenze per intero soltanto nei casi che esse siano originali, o particolarmente interessanti, cioè non ripetitive e importanti per comprendere la realtà dell’epoca. L’ultima sentenza è riportata per intero in originale, questo per dare una idea esatta delle caratteristiche.
Pretura di Pianezza
In nome di sua Maestà
Vittorio Emanuele II
per grazia di Dio e per volontà della Nazione
Re d’Italia
L’avvocato Alberto Masino
Pretore del mandamento di Pianezza ha pronunciato
La seguente sentenza
Questa era la formula di rito delle sentenze che si mantenne all’incirca uguale fino alla fine del secolo, cambiando ovviamente i nomi dei pretori e del regnante. Non la riporterò ogni volta per non appesantire il testo.
Dal Registro n° 35 1875-76
1
26 gennio 1875
Contro Gianasso Pietro, furono Giovanni e Maria Corno, di anni 60, nato a Mombello (Chieri) residente al Ciabot Balma sui confini di Collegno, ivi esercente la Cantina sotto l’insegna di campagna, ammogliato senza prole comparso personalmente.
Imputato
di diffamazione a danno di Garabello Giovanni Battista, commessa nel pomeriggio del 29/7/1874,
per avere asserito alla presenza di più persone nella cantina che il G. era un assassino perché sulla pubblica strada aveva tentato di prendere denari dalla moglie di …
In base art. 570 C.P. vista ordinanza del Sig. giudice istruttore del tribunale correzionale di Torino in data 6 /12/ 1874, il rinvio della seguente causa, vista la lettura degli atti fatta dal cancelliere nella pubblica udienza di questo giorno, ….considerando che le parole incriminate conterrebbero i veri caratteri dell’ingiuria, in quanto che causerebbero non solo lesione dell’onore del Garabello, ma conterrebbero l’imputazione di un fatto che potrebbe dare luogo a procedimento penale, che le medesime sarebbero state profferite nell’osteria del G. dallo stesso esercente e da considerarsi in luogo pubblico, risultando che avrebbe ecceduto ai limiti della provocazione,
ritenuto che l’imputato sarebbe dotato di ottime qualità morali, né finora avrebbe incontrato, conseguenze, penali, dichiara il Gianasso colpevole della imputazione, ascrittali e visti gli art. 579, 683, 35, 39,63, 67, 72 del c. p., lo condanna all’ammenda di lire 50 con gli arresti sussidiari per giorni quindici e al pagamento delle spese del procedimento.
2
9 maggio 1875
Contro Topia Domenico di Andrea e Braiello ? Catterina, di anni 20 nato e residente in Pianezza
contadino;
contro Ferrero Vincenzo degli viventi Giovanni e Vergnano Anna, di anni 15 nato e residente, in Pianezza celibe contadino;
contro Ferrero Giovanni fu Vincenzo fu Carolina Lavis, nato e residente. in Pianezza, ammogliato con prole, contadino;
Imputati
del reato previsto, art, 625 c.p., per aver il 17/2/1875, tagliato e spostato nella regione Maiolo di Pianezza , a danno di Bosco Antonio e Bertolotto Antonio, numero 12 fassine di bossolo bianco di un valore inferiore alle lire venti con la aggravante della recidività quanto al Topia e al Ferrero Giovanni quale civilmente responsabile, come già ammonito per il figlio con verbale di questa pretura del 27/10/1874.
Ritenuto che Topia Domenico già condannato per furto del 10/5/1871 alla pena degli arresti, che il medesimo non avrebbe ancora compiuto il 21° anno di età, ritenuto che il Ferrero Vincenzo, superati i 14 anni non avrebbe raggiunto i 18, che il di lui padre Ferrero Giò già sarebbe stato ammonito;
Dichiara convinti il Ferrero Giuseppe e il Topia Domenico del reato di cui agli art. 625 del c.p. modificato con decreto 26/11/1865, e 90, 9, 56, 62, dello stesso codice penale, inoltre articoli 568, 569, Codice di Procedura Penale ( c.p.p.);
condanna Topia al carcere per giorni 6, il Ferrero agli arresti per un giorno e gli stessi e il padre del Ferrero come civilmente responsabile, solidariamente alla indennità che posa competere a favore del danneggiato e da stabilire in altra sede.
3
24 luglio 1875
Contro Dosio Margherita fu Agostino di anni 45 nata a Druent e residente in Pianezza, contadina;
contro Valenza Giovanni Battista fu Paolo nato e residente a Pianezza, contadino;
per avere, verso le cinque pomeridiane del 5/7/1875, nel cortile dell’abitazione in Pianezza, tra gli imputati e Roccati Tommaso fu Carlo, tacciato quest’ultimo alla presenza di varie persone, di brigante e ladro con queste precise parola chi ha rotto il cancello è un brigante e un ladro
.
Dichiara, visti art.di legge, convinti della imputazione fattale, li condanna alla ammenda Lit. 5, alle spese del procedimento e due giorni di arresti.
4
3 agosto 1875
contro Demichelis Pio di Carlo e fu Nicoleta Vaschi di anni 25 , nato ad Alessandria e residente in Pianezza ammogliato, farmacista, comparso personalmente.
Imputato
di contravvenzione agli articoli 38, 3, 69 del regolamento generale dei dazi di consumo approvato con regio decreto 25/8/70, per avere tenuto nel locali della farmacia da lui esercita in questo capoluogo, uno spaccio di alcool vendendone a chicchessia per usi diversi e facendone libero commercio senza previa dichiarazione.
Visti gli atti e le dichiarazioni dell’imputato, si dichiara il non luogo a procedere.
5
13 agosto 1875
Contro Enrico Luigi, furono Eusebio e Ferrero Anna , anni 20 nato e residente in Pianezza,
celibe, mugnaio, ora soldato di prima categoria nel reggimento 72 di fanteria di stanza a Padova,
non comparso.
Imputato
del reato art. 461 c.p. per essere stato sorpreso circa le ore sette del 6/1/1875, in territorio di Pianezza e nelle vicinanze di quel cimitero con un coltello avente due lame taglienti e acuminate lunghe più di dieci centimetri ciascuna.
Visti gli art. 461 c.p., 347, 348 c.p.p., condanna il contumace alle spese del procedimento e dichiara
caduta in confisca l’arma sequestrata.
6
19 ottobre 1875
contro Ghiotti Domenico di Carlo e Serafino Vincenza, di anni 12 nato e residente in Pianezza, contadino;
contro Ghiotti Carlo di anni 45, padre e responsabile del figlio Domenico.
Colpevoli ex art. 625 c.p., per avere il primo rubato una quantità di noci in un campo di proprietà
del Sig. Drocco Giuseppe, in regione San Bernardo.
Condanna il padre alle spese del procedimento e alla indennità da stabilirsi a favore del derubato.
7
26 ottobre 1875
Contro Rovey Giuseppe