BritPop
By Max Ventura
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Book preview
BritPop - Max Ventura
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AVVERTENZE PER I LETTORI:
Carissimi, questo mio nuovo lavoro si srotola sulla stessa scia del precedente, NEW WAVE
, a sua volta derivato da quello ancora prima, ANNI '80
.
Chi ha già letto altri miei libri, sa che io cerco di descrivere i mutamenti sociali e di costume dell'epoca in questione e non solo le correnti musicali, che possono risultare noiose e scolastiche se prese da sole. Ovviamente ne consegue che questi lavori forse sono più indicati per chi ha vissuto quegli anni (in questo specifico caso quelli tra il 1990 e il 2000), e ne condivida il percorso musicale. Potrebbero invece risultare ridondanti (per non dire pallosi) per chi non conosca il periodo e non ne apprezzi, appunto, la storia musicale e di costume. Dico questo per evitare di farvi buttare soldi.
Tutte le vicende storiche, artistiche, sociali e culturali qui descritte sono derivate dalla mia diretta conoscenza dell'epoca come testimone oculare, e sono assolutamente veritiere fin dove la memoria mi ha assistito. Le fonti enciclopediche ovviamente intervengono per quei fatti dei quali devo sempre controllare dettagli, date e nomi.
Questo libro parla specificatamente dei movimenti musicali raggruppati all'interno delle etichette BritPop
e Indie Rock
di quella decade, che comprendono anche i vari sottogeneri e tutti quegli aspetti collegati ad essi, contemporanei e anche posteriori. Non parla degli altri fenomeni collaterali degli anni '90, che ovviamente comprendevano anche altri aspetti della musica, della moda, della cultura. Faccio però delle piccole appendici riguardo ad alcuni aspetti della decade che possono interessarvi relativamente al fenomeno in questione.
Le opinioni in questo libro sono sempre farina del mio sacco, tratte dalla mia esperienza, e non sono certamente basate su ricerche scientifiche; ognuno quindi gli dia il peso che crede.
Attenzione però: questa non è un enciclopedia della musica, quindi, quando parlo di una corrente musicale, artistica, sociale o culturale, e nomino alcuni dei suoi esponenti, parlo solo di quelli sui quali ho qualcosa di valido da dire, o che ritengo fossero i più rappresentativi, e ne elenco brevemente solo i tratti fondamentali; tutto qui.
Inoltre, io devo filtrare le informazioni statiche col metro del mio giudizio, che cerco sempre di mantenere imparziale; non venite quindi a smarronarmi con commenti tipo ma ti sei dimenticato di questo, di quello...
oppure non sono d'accordo su questo, su quello...
. Questo è il MIO libro, e qui il mio parere è legge; se la pensate diversamente, andatevi a scrivere il VOSTRO libro.
Come mio costume, vi dico subito che io credo molto al successo commerciale di un artista per valutare la sua qualità complessiva, e non solo al successo di critica o al suo status di culto
. Secondo me, le due cose devono sempre essere bilanciate. Se un artista ha solo il favore della critica e nessun successo di pubblico una ragione ci deve pur essere, non si può dare solo la colpa alle politiche commerciali. Spesso in questi casi ci troviamo di fronte a casi di snobismo culturale, di eccessiva intransigenza e anche di arroganza (della serie: Io faccio quello che voglio, me ne frego se al pubblico piace o no e me ne frego di quello che pensa la casa discografica
). Al contrario, se un artista ha solo successo di pubblico e la critica lo deride, siamo di fronte al caso opposto, cioè di scarsa profondità e minima qualità musicale a favore del guadagno facile; ovviamente, questo caso è persino peggiore del precedente. Come ho detto, le due cose devono andare a braccetto, ma, se io non sono certo il tipo da incensare chi ha fatto già abbastanza soldi con le classifiche, non sono nemmeno la persona giusta per osannare artisti dall'indole poco conciliante, che onestamente nessuno conosce e che non hanno mai venduto granché.
I miei gusti personali influiscono poco nel mio lavoro; mi faccio un vanto di essere obiettivo e imparziale. Ad esempio, parlo a lungo di gruppi musicali che non mi piacevano per niente, né allora né adesso, ma che obiettivamente furono davvero importanti all'epoca. Di molti che amavo, invece, non parlo per nulla poiché mi rendo conto che erano rilevanti solo per me.
Quando vi consiglio brani da ascoltare e da vedere, potete trovarli facilmente su YouTube, ma cercate sempre di sentire le versioni ufficiali da studio, originali dell'epoca, e non quelle dal vivo o i vari remix e cover, che sono quasi sempre inferiori. Inoltre, tenete presente che, nella produzione di una band, io cito solo i pezzi usciti nel periodo di cui stiamo parlando; non prendo in considerazione i periodi precedenti o successivi.
Infine, chi ha letto i miei lavori precedenti sa già che io uso frequentemente un linguaggio da caserma
, e una grammatica del tutto personale. A me mi piace così, perdereste tempo a cercare di correggermi.
M.V., Aprile 2014
INTRODUZIONE
CHE COS'ERA IL BRITPOP?
Gli anni Ottanta erano appena finiti in un carnevale di attività artistiche e musicali multicolori, multietniche e multiculturali, tutte perlopiù in netta controtendenza rispetto alla sobria, seriosa e drammatica New Wave che aveva caratterizzato la prima parte del decennio fino circa al 1985. Negli USA poi si erano affacciati alla ribalta gli Hair-Metallers, coi capelli cotonati e i vestiti in lustrini e spandex, che fortunatamente vennero spazzati via senza pietà dal Grunge a partire dal 1990. Lo stesso Grunge era in quel momento la tendenza prioritaria del mondo musicale americano ed occidentale, ma solo di quello di razza bianca, poiché i neri americani, e di conseguenza anche le altre minoranze etniche nel resto dell'Occidente, avevano nel frattempo adottato l'ex Rap, ora chiamato Hip Hop, che più avanti nel decennio avrebbe originato anche l'R&B.
Questo per quanto riguarda il pubblico meno sofisticato dei paesi occidentali, quindi gli Americani e gli Europei meno attenti; il pubblico, per intenderci, che basava le sue opinioni musicali sui video in rotazione su MTV e sulla programmazione delle radio locali, ormai lontane dal pionierismo degli anni Settanta e ora già saldamente ancorate a politiche di mercato e di assimilazione che non avrebbero mai più lasciato spazio a ricerca, creatività o a lanci di stili e tendenze.
Il mondo musicale e artistico europeo di livello più sofisticato, invece, cioè prevalentemente il pubblico inglese, sempre molto più a contatto diretto con le ultime tendenze di ogni altro, e sempre molto sensibile alla sottilissima linea di confine che passa tra quello che è figo
e quello che non lo è più (cioè, passato di moda), e il resto del pubblico occidentale più attento a cosa fanno gli inglesi, quindi il pubblico francese, italiano, scandinavo e parte della gioventù di città-leader come New York, Barcellona e Berlino, disdegnava le crasse smargiassate dei metallari americani, considerava solo poco meglio le deprimenti angosce dei