Armonia del disincanto
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Armonia del disincanto - Rosario Di Petta
Rosario Di Petta
Armonia del disincanto
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Table of contents
Fortunatamente è un errore pensare che quanto non si può definire non si possa neppure trattare; se così fosse, non potremmo parlare né della vita, né dell’arte.
E. Gombrich
Una mattina come tante altre, vissute accanto alla sua passione, tra prove estenuanti ed interminabili, eppure il tempo sembrava scorrere in modo veloce, senza pause, accompagnato soltanto dal suono delle corde di un violino. Per un violinista d'orchestra è fondamentale cercare l'amalgama del proprio suono con quella dei colleghi della propria fila; insomma, è come un grande lavoro di squadra che richiede il massimo di concentrazione individuale. Oscar Troise aveva dedicato tutta la propria vita a quello strumento; e dopo il diploma presso il Conservatorio statale di Santa Cecilia di Roma ed il diploma di alto perfezionamento, aveva frequentato numerose Master classes in Italia ed all'estero, tra cui l'Università del Mozarteum di Salisburgo,l'Accademia W. Stauffer
di Cremona, con il Maestro Salvatore Accardo, ottenendo una borsa di studio in musica da camera presso l'Accademia Musicale Chigiana di Siena.
Aveva inoltre svolto una intensaattività solistica ed orchestrale, suonando nelle più importanti sale da concerto del mondo: alla Scala di Milano, al San Carlo di Napoli, al Musikverein di Vienna, al Bolshoi di Mosca, al Coliseum di Buenos Aires, al Teatro Argentina di Roma, all'Opera di Budapest. Aveva inoltre suonato diretto dai maggiori Direttori d’orchestra, tra cui Riccardo Muti, Sinopoli, Gerghiev, Chung, De Burgos, Z. Mheta, L. Berio, ottenendo diversi premi in concorsi internazionali. Era, infine, diventato docente di ruolo di violino presso il Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli.
Oscar, tuttavia, era insoddisfatto di sé e del mondo; aveva visto tanta corruzione, meccanismi strani nelle carriere di tanti colleghi, trame di relazioni interpersonali che portano persone poco valide ad ottenere successi professionali, che ad altri sono preclusi. Probabilmente aveva sognato qualcosa di diverso per la propria vita, ed il tran tran quotidiano di docente al Conservatorio, al di là della forte passione per il suo strumento prediletto, per la musica, e per la possibilità di insegnarla ai giovani allievi, lasciava parecchi margini di imperfezione nel disegno di vita che, almeno vagamente, si era prefigurato.
Un giorno di dicembre, Oscar era impegnato nella sua attività di docente presso il Conservatorio partenopeo, ed approfittando della bella giornata di sole che riscaldava l'aria di un inverno napoletano tuttaltro che freddo, era uscito con un certo anticipo dal suo attico di via Monte di Dio, per godersi una bella passeggiata attraverso le strade del centro cittadino, come sempre affollate di persone intente nello shopping, o più semplicemente, dirette verso i luoghi di lavoro. Si era fermato a prendere un caffè nel solito bar all'interno della Galleria Umberto, e poi aveva attraversatola piazza del Municipio, piazza Matteotti, quindi via Monte Oliveto e Piazza del Gesù, per poi salire lungo via San Sebastiano, e giungere così al Conservatorio di San Pietro a Majella.
Nell'aula riservata al corso di violino gli allievi erano già quasi tutti presenti, e in piedi, pochi passi oltre la porta, il volto sconosciuto di una ragazza, mai vista prima, che attirò, inevitabilmente, la sua attenzione. Dopo pochi istanti, fu proprio lei a farsi avanti e, con aria sicura, si presentò:
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Oscar accennò un sorriso imbarazzato e si diresse prontamente verso la cattedra, appoggiandovi sopra la sua borsa ed il suo giaccone. Si rivolse poi verso gli allievi:
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La presenza di Iris lo distraeva, quel suo sguardo cristallino lo aveva stregato, e adesso non sapeva come fare per gestire questo suo stato emotivo. Cosa le avrebbe detto di lì a breve? Perchè quella ragazza, dagli occhi di un verde indescrivibile, aveva scelto proprio lui, per chiedere delucidazioni su un argomento così complesso? Forse, quella era semplicemente la prima aula del Conservatorio in cui si era imbattuta, pensò, senza farsi troppe illusioni. Che confusione nella sua mente; cominciò a riflettere sul fatto che, in fondo, era da parecchio tempo che non provava tante sensazioni contrastanti. Passò in frettapiù di un'ora, e nei suoi pensieri la musica era di colpo diventata un evento secondario; incredibilmente, ciò a cui aveva dedicato la propria vita, improvvisamente, non rivestiva più la stessa importanza.
Lo sguardo liquido e l'aria sbarazzina di quella ragazza sconosciuta gli avevano trasmesso agitazione, voglia di vivere, ed una grande curiosità, forse mai provata sinora. Chi era Iris? Dove abitava? Avrà un fidanzato di sicuro, bella com'è, pensò Oscar, affrettandosi a chiudere la lezione, e rinviando gli allievi al giorno seguente.
Iris era appena fuori la porta, di spalle, che parlava al suo telefono cellulare, ridendo e gesticolando all'inizio, poi si era fatta più seria, abbassato il tono della voce, e si era appoggiata con una spalla allo stipite della porta. Oscar poteva ora ammirare il suo profilo longilineo, e quelle lievi movenze della sua mano nel toccarsi i capelli. Poi, quasi di scatto, si era voltata verso di lui, nonostante stesse continuando la sua conversazione telefonica. Oscar non aveva più dubbi: era bella, di una bellezza disarmante.
L'indescrivibile colore di quegli occhi trasparenti illuminava un volto dai tratti pressochè perfetti, con un naso piccolo, sottile, che pareva quasi appartenere al volto di Costanza Bonarelli, la donna amata, e poi scolpita in un memorabile busto, da Gian Lorenzo Bernini; ed una bocca carnosa, molto ben disegnata, che ad ogni sorriso, si distendeva in una curva leggera.
Iris viveva con i suoi genitori alla periferia di Pompei, in una casa unifamiliare, dotata di un ampio giardino. Era ambiziosa, sapeva di essere bella, sveglia, intelligente; e voleva il meglio per sé ed il suo futuro. Aveva scelto gli studi di architettura, immaginando un successo professionale istantaneo, senza quella gavetta necessaria a chiunque; ed era proiettata verso l'ottenimento del massimo risultato, con il minimo sforzo possibile. Le sue esperienze sentimentali l'avevano, del resto, convinta che ciò fosse ampiamente possibile. I suoi fidanzati erano stati per lo più rampolli di ricche famiglie, che le avevano prontamente offerto tutto ciò che lei potesse desiderare, abituandola ad uno standard di vita molto elevato; ed educandola ad uno stile del compromesso, che aveva affinato sempre più, grazie ad una astuzia, di cui non era, certo, priva.
All’istante, aveva colto nello sguardo di Oscar il desiderio, l’interesse, il fremito dell’emozione improvvisa ed inaspettata; e voleva utilizzare tutto ciò per ottenere utili consigli sulla propria tesi, ma anche per corroborare la propria vanità, per quanto già smisurata essa fosse.
La telefonata di Iris si era chiusa, nel frattempo, con una risata fragorosa da parte di lei, che salutava, in maniera oltremodo affettuosa, il suo interlocutore, un misterioso Giancarlo. Tutto ciò aveva già proiettato Oscar verso uno strano sentimento di gelosia. Seduto alla sua cattedra, il violinista ora faceva finta di mettere a posto dei fogli nella sua borsa, mentre, con la coda dell’occhio, seguiva ogni movimento della ragazza. Adesso l’aveva di fronte, seduta dall’altra parte della cattedra; lei non aveva nemmeno chiesto il permesso di potersi accomodare. Era lì, con il sorriso e lo sguardo di quegli occhi, a cui tutto sembrava dovesse essere concesso.
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Oscar si sentiva soddisfatto, ora. Quei pochi concetti che ricordava, sul rapporto tra architettura e musica, li aveva esposti con una certa chiarezza; aveva notato che Iris era rapita dalle sue parole; ed aveva probabilmente voglia di un nuovo incontro per organizzare, in un quadro ordinato, le argomentazioni appena accennate dal violinista.
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