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In viaggio con gli emigranti: De Amicis e Stevenson
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Ebook174 pages2 hours

In viaggio con gli emigranti: De Amicis e Stevenson

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About this ebook

Il fenomeno migratorio dell'Ottocento raccontato dalla penna di due grandi autori.
Una dedica in particolare a tutti quegli italiani che hanno fatto grande il Mondo.
LanguageItaliano
PublisherFracaser
Release dateMay 15, 2014
ISBN9786050302523
In viaggio con gli emigranti: De Amicis e Stevenson

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    In viaggio con gli emigranti - Fracaser

    PARTE PRIMA

    LE MIGRAZIONI EUROPEE NEL XIX E XX SECOLO

    1. LA «GRANDE EMIGRAZIONE» DALL’EUROPA

    1.1. Transizione demografica, industrializzazione, rivoluzioni politiche

    Nell’età preindustriale le migrazioni libere e volontarie – soprattutto l’intensa mobilità territoriale di vario raggio presente nell’Europa occidentale, dove i vincoli servili non incisero così a lungo come nell’area orientale – ebbero un carattere prevalentemente circolare e periodico. A partire dalla fine del secolo XVIII si realizzò un profondo mutamento non solo della durata temporale, ma anche della dimensione numerica di tali flussi, all’interno dei quali acquistarono maggior peso e nuove connotazioni i movimenti transoceanici. Questi rinnovamenti furono il risultato delle più estese trasformazioni della società tardo-settecentesca, riguardanti i movimenti naturali della popolazione – indotti dalla grande transizione demografica –, di mutamenti dell’economia e delle comunicazioni – innescati dalla rivoluzione industriale –, di cambiamenti politici – derivanti dalle rivoluzioni francese e americana, dalla formazione degli Stati-nazione e dalle rivoluzioni liberali – e, legati a questi ultimi, di mutamenti ideologici e culturali.

    La transizione demografica ebbe il suo avvio in Europa, alla fine del Settecento, quando l’alta mortalità che caratterizzava l’ ancien régime cominciò a regredire sotto l’impulso della rivoluzione scientifica e medica e quando si affermarono nella popolazione nuovi modelli di comportamento che favorirono il più equilibrato rapporto tra i tassi della natalità e della mortalità. Questo importante mutamento, che si avvertì innanzi tutto in Inghilterra e nei paesi scandinavi, dette l’avvio a una crescita della popolazione. Dai paesi dell’Europa nord-occidentale tale incremento si sarebbe poi spostato, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, all’Europa meridionale e orientale, investita più tardi da questa transizione e dalle trasformazioni economiche e colpita inoltre dalle gravi ripercussioni della crisi agraria.

    Se la forte pressione demografica fu sicuramente uno dei fenomeni all’origine dell’incremento numerico dei flussi migratori di massa, alimentati in gran parte dalle popolazioni agricole – sotto i colpi di gravi crisi produttive e di irreversibili trasformazioni economico-sociali –, nondimeno l’industrializzazione dell’Europa occidentale – con i mutamenti che produsse nell’organizzazione dell’economia, del lavoro e della società nel suo complesso – ebbe altre rilevanti influenze su tali movimenti e sulla loro moltiplicazione, soprattutto nel corso del XIX secolo. In questi anni le spinte a emigrare furono meno direttamente influenzate dai fattori climatici e naturali ed ebbero un maggior legame con le crisi e i cicli dell’industria. Lo sviluppo tecnologico e le sue applicazioni ai sistemi di comunicazione ebbero inoltre l’effetto di ridurre la durata dei tempi di navigazione e di favorire l’incremento del trasporto marittimo, dando così la possibilità di accrescere notevolmente il traffico dei passeggeri e delle merci. Sui costi che l’emigrante doveva sostenere incideva infatti non solo il prezzo del biglietto, ma anche la perdita delle numerose giornate lavorative, correlata alla lunga durata del viaggio. La riduzione del numero delle giornate di lavoro «perse» dagli emigranti – dovuta alla forte contrazione dei tempi del percorso – rese meno pesante il costo complessivo del viaggio e più accessibili le partenze. Non solo, ma grazie allo sviluppo di numerose compagnie di navigazione

    specializzate nel trasporto dei passeggeri, trovò alimento una intensa azione di propaganda messa in opera dalle stesse società di navigazione. Oltre a insistere sulle grandi possibilità di occupazione e sull’elevato livello delle retribuzioni esistenti nei paesi transoceanici – un differenziale salariale reso ancora più vantaggioso dalle notevoli capacità di risparmio e dalla scarsa propensione ai consumi degli emigranti –, tale pubblicità attuò ogni forma di lusinga per stimolare redditizi flussi di viaggiatori. Si innescarono così molteplici meccanismi di richiamo e di informazione, che ebbero un’importanza determinante nell’avvio dei grandi movimenti di massa.

    Tuttavia non tutti gli incentivi che ebbero un effetto moltiplicatore sulle migrazioni di questi anni si possono ricondurre al nuovo assetto demografico, alle grandi trasformazioni economiche e all’incremento della propaganda e delle informazioni. Le rivoluzioni politiche nelle colonie americane ebbero un’altra importante ripercussione sul fenomeno, non solo perché produssero le profonde e note trasformazioni di rapporti tra i paesi europei ed extraeuropei – dando l’avvio ad altre forme di colonialismo –, ma perché aprirono talora la strada a nuovi tipi di migrazioni.

    Nel corso dell’Ottocento e fino allo scoppio del primo conflitto mondiale, nuovi paesi – come l’Italia e la Germania – andarono ad accrescere il fronte del colonialismo, provocando una vera e propria spartizione del mondo. Una delle conseguenze del nuovo assetto internazionale fu l’inclusione di certe aree transoceaniche nei possedimenti delle colonie e il mutamento del ruolo di certi ex possedimenti coloniali. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX molti paesi spagnoli e portoghesi del Centro e del Sudamerica diventarono infatti sedi di immigrazione, mentre gli Stati Uniti, dopo l’indipendenza, dettero vita a forme di espansione nello stesso Atlantico e nelle aree del Pacifico.

    Un fenomeno politico di immensa portata come la rivoluzione francese ebbe, a sua volta, la capacità di diffondere nuovi principi di libertà, contribuendo a far superare le strettoie del mercantilismo e facendo penetrare una normativa ispirata alla libera circolazione delle merci e delle persone anche nella legislazione riguardante i movimenti della popolazione. Non solo, ma la rivoluzione fu anche all’origine di quelle migrazioni politiche – in questo caso dei lealisti monarchici – che sarebbero diventate la caratteristica peculiare delle diaspore del XIX secolo. Le rivoluzioni che a partire dalla prima metà del XIX secolo scossero i vari paesi europei, come conseguenza delle questioni lasciate irrisolte dalla restaurazione postnapoleonica, furono infatti all’origine di quell’esodo a carattere politico – dapprima dopo le rivoluzioni negli anni Venti e successivamente dopo quelle del 1830 e del 1848 – da considerarsi come effetto diretto delle diaspore religiose dell’età moderna. A queste correnti migratorie, che, a differenza delle diaspore religiose dei secoli precedenti, ebbero traiettorie prevalentemente europee, si andarono infine sostituendo, nella seconda metà del secolo, sia le migrazioni indotte da altri tragici eventi politici, come quelli innescati dalla Comune parigina, sia le diaspore dei «sovversivi» che dovettero abbandonare i propri paesi perché diventarono l’obiettivo delle repressioni poliziesche dei governi liberali.

    Al suo inizio l’emigrazione transoceanica fu appannaggio quasi esclusivo

    di gruppi più o meno numerosi di deportati e di avventurieri. A partire dal 1830 questi flussi migratori non ebbero più un carattere marginale, come si è detto, ma assunsero dimensioni di massa e investirono innanzi tutto l’Europa nord-occidentale per estendersi poi, nella seconda metà dell’Ottocento e soprattutto nell’ultimo decennio del secolo, all’Europa meridionale e orientale.

    Secondo la maggioranza degli studi sul fenomeno, differenze di carattere cronologico e geografico avrebbero connotato la old migration – appannaggio esclusivo dei paesi nord-occidentali – e la new migration, fenomeno tipico dell’Europa mediterranea e orientale. Alla priorità cronologica dell’emigrazione dai paesi anglosassoni e nordeuropei, rispetto a quelli delle aree mediterranee e centro-orientali, si sarebbero poi accompagnate altre differenze di tipo qualitativo.

    Queste tendenze trovano sostegno nelle ricostruzioni della dimensione numerica dei flussi migratori dei vari paesi europei, ove risulta, tuttavia, che i flussi di più consistente entità numerica furono quelli in partenza dalle aree con una spiccata vocazione marittima.

    La seguente tabella mostra infatti che i paesi insulari e le zone costiere dell’Europa settentrionale (Regno Unito, Irlanda, Svezia e Norvegia) raggiunsero assai precocemente tassi di emigrazione piuttosto elevati, mentre i paesi dell’Europa centrale (Germania, Svizzera e Austria-Ungheria), a fronte di un’emigrazione che fu talora altrettanto precoce, ebbero comunque livelli numerici più bassi. E allo stesso modo i paesi dell’Europa orientale,

    come la Russia, che pure negli stessi anni dette vita a consistenti movimenti migratori, ebbero tassi d’esodo meno elevati.

    Tabella 1 Fonte: J. C. CHESNAIS, La transition démographique. Étapes, formes, implications èconomiques, Puf, «Travaux et documents», Cahier n. 113, Parigi 1986, p. 167.

    La precocità delle partenze transoceaniche non fu una prerogativa esclusiva della old migration anglosassone o dei paesi europei centro-settentrionali. Tale caratteristica, proprio per la presenza di molte aree costiere, fu condivisa talora anche da importanti regioni dei paesi mediterranei. Nel caso dell’Italia, per esempio, l’esperienza della Liguria rivela l’esistenza di precoci movimenti migratori che, già alla fine del XVIII secolo e all’inizio del XIX, avevano come destinazione le Americhe e in particolare il bacino del Rio della Plata.

    Anche le differenze qualitative tra old e new migration – la provenienza urbana e l’estrazione artigiana della prima, contrapposta alla più diffusa dequalificazione e alla esclusiva matrice rurale dell’altra –, seppure osservabili come tendenze generali, si rivelano più sfumate ad un’analisi circostanziata. A dimostrazione dell’eterogenea composizione dei primi flussi di massa dai paesi nord-occidentali, per esempio, sta il caso dell’emigrazione quasi esclusivamente rurale dall’Irlanda che, colpita dalle ripetute congiunture negative e dalla terribile carestia del 1845-’49, come è noto fu una delle maggiori responsabili dell’imponente dimensione numerica dei flussi in partenza dal Regno Unito. Allo stesso modo, come prova della non esclusiva matrice rurale o della dequalificazione delle correnti migratorie provenienti dall’Europa meridionale, stanno gli esempi di alcune migrazioni di lavoro ambulante e artigiano e delle catene professionali di certi lavori qualificati dell’edilizia che, presenti da lunga data in varie realtà montane, alimentarono i primi esodi transoceanici ampliando le traiettorie dei loro percorsi.

    Benché sia difficile tentare un bilancio quantitativo attendibile degli imponenti movimenti di massa provocati nel corso dell’Ottocento, è possibile fornire quanto meno un approssimativo quadro degli apporti percentuali dei vari paesi europei all’esodo tra il 1845 e il 1915, anni con i quali convenzionalmente si delimita la prima grande migrazione transoceanica. In quest’arco di tempo fu sicuramente la Gran Bretagna a detenere il primato quantitativo dell’emigrazione, con circa il 40% di emigranti; il secondo paese fu l’Italia, con il 16% e poi la Germania con il 13%; con percentuali comprese tra il 7 e il 14% seguirono l’Austria-Ungheria, la Spagna, la Russia e i paesi scandinavi. Il paese che contribuì assai debolmente a questo forte movimento fu la Francia, nella quale il congenito basso indice di natalità si legò alla debole propensione migratoria: una caratteristica, questa, che avrebbe rappresentato una costante nella storia di tale paese, destinato a essere fino ai nostri giorni uno dei più importanti paesi d’accoglienza economico e politico dell’Europa.

    1.2. I poli transoceanici ed europei dell’attrazione

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