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I reati contro l'integrità del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di terrorismo
I reati contro l'integrità del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di terrorismo
I reati contro l'integrità del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di terrorismo
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I reati contro l'integrità del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di terrorismo

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About this ebook

Il riciclaggio di capitali illeciti nell’economia legale e il finanziamento del terrorismo si ripercuotono sul corretto funzionamento dei mercati e sui meccanismi fisiologici di allocazione delle risorse, con riflessi sulla stabilità ed efficienza del sistema economico. Nel testo sono analizzate le caratteristiche di tali reati, adempimenti antiriciclaggio allo scopo di proteggere la stabilità e l’integrità del sistema economico e finanziario, le strategie di contrasto e le misure sanzionatorie.
LanguageItaliano
Release dateFeb 27, 2014
ISBN9788898924004
I reati contro l'integrità del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di terrorismo

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    I reati contro l'integrità del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di terrorismo - Antonina Giordano

    I REATI CONTRO L’INTEGRITÀ DEL SISTEMA FINANZIARIO A SCOPO DI RICICLAGGIO E DI TERRORISMO

    Antonina Giordano

    Collana Penale

    a cura di

    Daniele Minotti

    copyright © 2014 Antonio Tombolini Editore

    all rights reserved

    Via Villa Costantina, 61,

    60025 Loreto Ancona

    Italy

    email: penale@simplicissimus.it

    www.libri-penale.it

    follow us on:

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    Immagine di copertina a cura di Marta D’Asaro

    Edizione digitale: febbraio 2014

    ISBN: 9788898924004


    Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl


    INDICE

    INDICE

    CAPITOLO I

    RICICLAGGIO DI CAPITALI ILLECITI E FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO: NORMATIVA INTERNAZIONALE E COMUNITARIA

    1.1      Riciclaggio dei capitali illeciti. Accordi e Convenzioni internazionali

    1.2      La Dichiarazione di Principi del Comitato di Basilea

    1.3      Le Convenzioni delle Nazioni Unite, di Vienna e di Palermo

    1.4      Le Convenzioni del Consiglio d’Europa di Strasburgo e Varsavia

    1.5      IL G.A.F.I.

    1.6      Le direttive europee

    1.6.1      La prima direttiva antiriciclaggio 91/308/CEE

    1.6.2      La seconda direttiva antiriciclaggio 2001/197/CE

    1.6.3      La terza direttiva antiriciclaggio 2005/60/CE

    1.6.4      La proposta di IV direttiva contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo

    1.7      Finanziamento del terrorismo

    1.7.1      Le Raccomandazioni speciali del G.A.F.I.

    1.7.2      La Convenzione delle Nazioni Unite e le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza

    1.7.3      I provvedimenti dell’Unione europea

    CAPITOLO II

    LA PREVENZIONE E LA LOTTA AL RICICLAGGIO E AL TERRORISMO NELL’ORDINAMENTO ITALIANO

    2.1      Il decreto legislativo n. 231 del 21 novembre 2007

    2.2      Definizione di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo

    2.3      Le Autorità di vigilanza e di controllo

    2.3.1      La ripartizione delle competenze tra le autorità di vigilanza e controllo

    2.4      Ambito soggettivo della disciplina antiriciclaggio: i destinatari degli obblighi

    2.4.1      Intermediari finanziari ed esercenti attività finanziaria

    2.4.1.1      Le società di gestione

    2.4.1.2      Gli intermediari finanziari c.d. di primo livello

    2.4.1.3      Gli intermediari finanziari c.d. di secondo livello

    2.4.2.4      Gli esercenti attività finanziaria

    2.4.2      Professionisti e revisori

    2.4.3      Operatori non finanziari

    2.4.3.1      Operatori non finanziari ex art. 10 del d.lgs. n.231/2007

    2.4.3.2      Operatori non finanziari ex art. 14 del d.lgs. n.231/2007

    2.5      Ambito oggettivo della disciplina antiriciclaggio

    2.5.1      Gli obblighi di adeguata verifica

    2.5.1.1      Procedure ordinarie

    2.5.1.2      Procedure rafforzate

    2.5.1.3      Procedure semplificate

    2.5.1.4      L’esecuzione da parte di terzi

    2.5.1.5      Le ipotesi di astensione

    2.5.2      Gli obblighi di conservazione dei documenti e di registrazione dei dati

    2.5.3      L’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette

    2.5.3.1      Il procedimento di valutazione: i motivi di sospetto

    2.5.3.2      Gli indicatori di anomalia

    2.5.3.3      Gli schemi rappresentativi di comportamenti anomali

    2.5.3.4      Tutela della riservatezza

    2.6      L’attività degli Organi di controllo

    2.7      Le limitazioni all’uso del contante e degli altri mezzi di pagamento

    2.7.1      Le limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore

    2.7.2      Le limitazioni all’uso del contante attraverso money transfer

    2.7.3      Le limitazioni all’uso degli assegni e degli altri strumenti di pagamento

    2.7.4      Obbligo di comunicazione delle infrazioni antiriciclaggio

    2.8      Il sistema sanzionatorio

    2.8.1      Le sanzioni penali

    2.8.2      Le sanzioni amministrative

    2.8.2.1      Violazioni degli obblighi antiriciclaggio

    2.8.2.2      Violazioni alle limitazioni del denaro contante e degli altri mezzi di pagamento

    2.9      Accertamento e definizione delle violazioni amministrative

    2.9.1      La procedura di accertamento

    2.9.2      La contestazione delle infrazioni: termini di notifica e decadenza

    2.9.3      La contestazione delle infrazioni: le modalità di notifica per i non residenti

    2.9.4      La fase istruttoria

    CAPITOLO III

    DISCIPLINA NAZIONALE: ULTERIORI MISURE DI CONTRASTOAL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO

    3.1      Fonti normative, regolamentari e di prassi: Il decreto legislativo n. 109 del 22 giugno 2007

    3.2      Il Comitato di Sicurezza Finanziaria

    3.2.1      Procedura di listing del Comitato di Sicurezza Finanziaria

    3.2.2      Congelamento dei fondi e delle risorse economiche

    3.3      L’Unità di Informazione Finanziaria

    3.4      Il Nucleo Speciale Polizia Valutaria

    3.5      L’Agenzia del demanio

    3.6      Disposizioni sanzionatorie

    3.6.1      Violazioni

    CAPITOLO IV

    SISTEMA SANZIONATORIO PENALE ANTIRICICLAGGIO

    4.1      Il riciclaggio

    4.2      Il reato di riciclaggio

    4.3      Oggetto della condotta

    4.4      Consumazione e tentativo

    4.5      Elemento soggettivo

    4.6      Sanzioni, circostanze speciali e cause estintive del reato

    4.7      Le misure previste dal codice di procedura penale

    4.8      Le misure di prevenzione previste dalle leggi speciali

    4.9      Confisca per equivalente

    4.10      Rapporti con altre figure di reato

    4.10.1      Riciclaggio e ricettazione

    4.10.2      Riciclaggio e favoreggiamento reale

    4.10.3      Riciclaggio ed associazione per delinquere

    4.10.4      Riciclaggio ed associazione di stampo mafioso

    4.10.5      Riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori

    4.10.6      Il reato di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita

    4.10.7      Riciclaggio, reimpiego e ricettazione

    CAPITOLO V

    IL SISTEMA SANZIONATORIO PENALE ANTITERRORISMO

    5.1      I provvedimenti normativi

    5.2      Il reato di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico

    5.2.1      I soggetti

    5.2.2      Il fine

    5.2.3      L’associazione terroristica

    5.2.4      Le condotte punibili

    5.2.5      La condotta di finanziamento del terrorismo

    5.2.6      Gli atti di violenza

    5.2.7      Sanzioni e circostanze speciali

    5.2.8      Consumazione e tentativo

    5.2.9      Le misure previste dal codice di procedura penale

    5.2.10    Rapporti con altri reati

    5.2.10.1      Costituzione di banda armata

    5.2.10.2      Associazione sovversiva

    APPENDICE NORMATIVA

    Normativa Internazionale

    Normativa Comunitaria

    Normativa nazionale

    CAPITOLO I

    RICICLAGGIO DI CAPITALI ILLECITI E FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO: NORMATIVA INTERNAZIONALE E COMUNITARIA

    1.1    Riciclaggio dei capitali illeciti. Accordi e Convenzioni internazionali

    Il riciclaggio di denaro di provenienza illecita (ossia la riutilizzazione di denaro frutto di attività illecite in attività legali) è un’attività criminosa qualificata come reato dalla maggior parte degli ordinamenti penali nazionali e configurabile, da un punto di vista ontologico, come fenomeno economico-finanziario idoneo ad alterare l’ordinato assetto economico-finanziario e monetario di un Paese e, talvolta, di intere aree regionali.

    Gli effetti prodotti dal riciclaggio sono nefasti.

    Infatti, oltre a determinare un calo del livello generale di benessere e conseguenze negative sull’affidabilità reputazione delle istituzioni finanziarie esso determina, sul piano macroeconomico, fattori destabilizzanti l’assetto del sistema finanziario del Paese per la volatilità dei tassi di cambio e dei tassi di interesse determinati da trasferimenti di fondi transfrontalieri non previsti, ripercussioni negative sul gettito fiscale e sulla ripartizione della spesa pubblica a causa di un’errata valutazione del reddito e della ricchezza, contaminazione delle operazioni legali dovute alla preoccupazione degli operatori di un loro possibile coinvolgimento in ambienti criminali e, segnatamente, distorsioni nelle decisioni politiche di governo.

    I principi ai quali s’ispirano le norme di prevenzione e contrasto del riciclaggio dei capitali di provenienza illecita e di deterrenza del fenomeno del terrorismo sono rinvenibili in numerosi provvedimenti che testimoniano il grado di attenzione riservato dalla comunità internazionale nei confronti di tali tipologia di illeciti atti a sovvertire l’integrità del sistema finanziario.

    Meritano di essere menzionati la risoluzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 1980 (Recomandation R(80)10),la Dichiarazione di Principi del Comitato di Basilea, emanata dal Comitato per la regolamentazione bancaria e le procedure di vigilanza, le delibere adottate a Vienna nel 1988dalle Convenzioni delle Nazioni Unite adottate contro il traffico illecito di stupefacenti e a Palermo nel 2000 contro la criminalità organizzata transnazionale, le Convenzioni del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, adottate a Strasburgo nel 1990 e a Varsavia nel 2005, le 40 Raccomandazioni elaborate dal Gruppo d’Azione Finanziaria - G.A.F.I. nel 1990, come novellate nel 1996 e 2003, che fissano gli standard di trasparenza e di tracciabilità dei movimenti di denaro a livello internazionale per impedire l’utilizzo dei mercati finanziari per scopi di riciclaggio, le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio emanate nel 1991 (direttiva n.91/308/CE), nel 2001 (direttiva 2001/97/CE) e nel 2005 (Direttiva 2005/60/CE).

    Dopo gli attacchi terroristici del 2001, sono stati, inoltre, estesi al contrasto al terrorismo sul piano finanziario l’utilizzo degli strumenti dell’analisi finanziaria, già impiegati, a livello internazionale, nella lotta al riciclaggio con la conseguente estensione di quegli istituti già previsti dalla disciplina antiriciclaggio alla disciplina di contrasto al terrorismo internazionale.

    1.2    La Dichiarazione di Principi del Comitato di Basilea

    Il 12 dicembre 1998, il Comitato di Basilea¹, l'organizzazione internazionale per la vigilanza bancaria istituita dai governatori delle Banche centrali dei dieci Paesi più industrializzati (G10) in seno alla Banca dei Regolamenti internazionali (un'organizzazione internazionale, costituita alla fine del 1974, che ha lo scopo di promuove la cooperazione fra le banche centrali ed altre agenzie equivalenti allo scopo di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria), ha predisposto una Dichiarazione di Principi sulla prevenzione dell’utilizzo a fini criminali del sistema bancario per il riciclaggio di fondi di provenienza illecita, volta ad individuare le regole di comportamento cui avrebbero dovuto conformarsi le istituzioni bancarie di ciascun Paese, al fine di prevenire l’utilizzazione del sistema creditizio per scopi di riciclaggio.

    Ai principi fissati dal Comitato si sono ispirati i successivi strumenti di diritto internazionale (aventi carattere vincolante per gli Stati aderenti) finalizzati alla facilitazione delle indagini su operazioni sospette, ossia:

    •    l’identificazione della clientela, attraverso la quale le banche sono obbligate a identificare i propri clienti (soprattutto quelli nuovi) e non debbono dare corso ad operazioni rilevanti con soggetti che non comprovano la propria identità;

    •    l’osservanza della legge, che impone che l’attività degli istituti di credito si svolga nel rispetto di rigorosi principi etici, oltre che delle leggi e delle regolamentazioni;

    •    la collaborazione con le Autorità: in base a tale principio le istituzioni bancarie debbono, nei limiti delle normative nazionali concernenti la tutela della riservatezza della clientela, fornire assistenza alla magistratura ed alla Polizia e negare, correlativamente, tale ausilio a coloro che tentano di eludere le investigazioni.

    I Principi sono stati novellati successivamente² il 16 marzo 2010 attraverso le linee guida sulla corporate governance del 1999 ed i successivi Principi del 2006.

    I nuovi Principi contengono le best practice da adottare, da parte degli intermediari finanziari, in materia di organizzazione e governo societario, materia a sua volta regolata da specifiche disposizioni nazionali; per quanto riguarda l’Italia, la Banca d’Italia ha emanato il 4 marzo 2008 le relative disposizioni di vigilanza  in vigore dal 30 giugno 2009.

    1.3    Le Convenzioni delle Nazioni Unite, di Vienna e di Palermo

    La Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, adottata a Vienna il 19 dicembre 1988 e ratificata in Italia con legge 5 novembre 1990, n. 328, nell’introdurre più incisivi strumenti di contrasto in materia di traffico internazionale di droga, prevede per la prima volta la definizione del riciclaggio come reato (di secondo grado, in quanto il suo oggetto deriva da altro reato), sebbene limitato ai proventi derivanti dal traffico di stupefacenti e sostanze psicotrope.

    Nella Convenzione vengono individuati come reati-presupposto quelli legati: alla produzione, fabbricazione, estrazione, preparazione, offerta, messa in vendita, distribuzione, consegna, importazione ed esportazione di sostanze stupefacenti o psicotrope; alla coltivazione delle piante dalle quali alcune di tali sostanze traggono origine; alla detenzione o all’acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope, alla fabbricazione, al trasporto o alla distribuzione di materiali o sostanze strumentali alla produzione di sostanze psicotrope.

    I punti essenziali di tale Convenzione sono rappresentati dalla possibilità di:

    •    intensificare la collaborazione internazionale nelle indagini antidroga;

    •    confiscare i proventi derivanti dal traffico di stupefacenti;

    •    concedere l’estradizione per i casi di riciclaggio dei relativi flussi finanziari.

    Con la Convenzione contro il crimine organizzato transnazionale delle Nazioni Unite, siglata a Palermo il 13 dicembre 2000 e ratificata in Italia con la legge 16 marzo 2006, n. 146, vengono superati i limiti delle convenzioni in materia di repressione dei fenomeni criminali transnazionali emanate in precedenza.

    Per quanto riguarda la lotta al riciclaggio, la Convenzione di Palermo compie un importante passo avanti rispetto a quella di Vienna, ampliando l’ambito dei reati presupposto ed introducendo misure di carattere preventivo da applicarsi al settore finanziario, mutuate in parte dalle Raccomandazioni del G.A.F.I. e dalle direttive comunitarie in materia.

    Più in particolare, l’incriminazione del reato di riciclaggio operata dalla Convenzione di Palermo ricomprende anche i proventi generati da reato grave, inteso come atto che costituisce infrazione passibile di una pena privativa della libertà il cui limite massimo non può essere inferiore a quattro anni o di una pena più grave.

    Inoltre, la Convenzione di Palermo disciplina anche la responsabilità delle persone giuridiche per i fatti connessi al riciclaggio di capitali, lasciando la determinazione della natura di tale responsabilità agli Stati firmatari che possono decidere se disciplinarla sotto il profilo penale, civile o amministrativo.

    1.4    Le Convenzioni del Consiglio d’Europa di Strasburgo e Varsavia

    La Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato (Convenzione n. 141 del Consiglio d’Europa), meglio nota come Convenzione di Strasburgo in considerazione della città nella quale venne firmata l’8 novembre 1990 e ratificata in Italia con legge 9 agosto 1993, n. 328, ha imposto agli Stati membri l’obbligo di prevedere nell’ambito delle rispettive normative la configurazione del reato di riciclaggio, come comportamento di acquisizione, possesso, conversione o trasformazione di proventi al fine di occultarne o dissimularne l’illecita provenienza nonché la partecipazione nella commissione dei comportamenti descritti.

    A differenza di altri atti la Convenzione estende l’ambito di applicazione del reato di riciclaggio dai proventi di determinati reati (quali, ad esempio, rapina aggravata, sequestri di persona a scopo di estorsione e traffico e/o produzione di sostanze stupefacenti) ai proventi dei reati non colposi(anche se commessi all’estero) e ha assunto notevole rilievo sotto il profilo dell’armonizzazione della procedura penale in materia, in quanto focalizza la necessità, ai fini della deterrenza, degli obblighi reciproci di cooperazione per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio (assistenza nelle indagini, adozione ed esecuzione di misure provvisorie finalizzate al sequestro e alla confisca) con riferimento sia all’aspetto procedurale circa le richieste che gli Stati possono vicendevolmente rivolgersi(...) sia alle motivazioni sottostanti un eventuale rifiuto.

    Nel tempo, la debolezza del sistema di prevenzione del riciclaggio in paio con l’assenza di adeguate misure di contrasto al finanziamento del terrorismo, ha richiesto una revisione dell’impianto normativo della Convenzione di Strasburgo. Al fine di integrarne il testo colmando le lacune del documento originario fu costituito, a fine 2003, un Comitato di esperti (PC-RM), al quale è stato affidato il mandato di redigere una bozza del nuovo testo della Convenzione, che contenesse strategie idonee.

    Gli intenti trovarono compiuta attuazione nella Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, sequestro e confisca di proventi illeciti e sul finanziamento del terrorismo del 3 maggio 2005, nota come Convenzione di Varsavia.

    La Convenzione di Varsavia finì con il rappresentare l’unico atto internazionale giuridicamente vincolante nel cui ambito d’applicazione rientrano sia la prevenzione e il controllo del riciclaggio che il finanziamento del terrorismo.

    La Convenzione, infatti, prevede un ampliamento delle misure di prevenzione antiriciclaggio (quali la verifica dell’identità della clientela, l’identificazione del titolare effettivo, l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, ecc.) e l’introduzione della definizione - recepita in ambito internazionale - di Financial Intelligence Unit (Unità di informazione finanziaria) alla quale devono essere trasmesse le segnalazioni di operazioni sospette, stabilendo l’obbligo, per gli Stati firmatari, di istituirla e dotarla di tutte le risorse e le informazioni necessarie per svolgere al meglio il ruolo di prevenzione del riciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo.

    Dal 2001 la disciplina internazionale in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio si è compenetrata, come si vedrà nel seguito della trattazione³, con quella del contrasto al finanziamento del terrorismo nell’indubbio riconoscimento che l’attività terroristica internazionale attinge a risorse economiche che transitano anche per canali bancari e finanziari sottoposti a controllo antiriciclaggio (money laundering proventi provenienza illecita immessi in un’economia legale) oltre che per money-dirtying (proventi di provenienza lecita immessi in un’economia illegale) .

    1.5    IL G.A.F.I.

    Il G.A.F.I., Gruppo d'Azione Finanziaria Internazionale o Financial Action Task Force (FATF) è un organismo intergovernativo costituito nel 1989 (in occasione del G7 di Parigi) per la promozione di politiche per il contrasto del riciclaggio di denaro di origine illecita e del finanziamento al terrorismo, che svolge un ruolo prioritario nell'attività investigativa mirata alla salvaguardia del sistema finanziario dalla criminalità.

    Il G.A.F.I. si riunisce a Parigi presso la sede dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (O.C.S.E.) e riflette, nella composizione, l’intento che ne ha ispirato la nascita, ossia monitorare, analizzare e definire piani d’azione concertati per arginare il riciclaggio attraverso il coinvolgimento di tutte le istituzioni competenti.

    Del Gruppo fanno parte 35 membri in rappresentanza di Stati e organizzazioni regionali che corrispondono ai principali centri finanziari internazionali (i rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, con ruolo di coordinatore dell’attività di rappresentanza nazionale, i funzionari dei Ministeri della giustizia e dell’interno, della Banca d’Italia e dell’Unità di Informazione Finanziaria, gli ufficiali della Guardia di Finanza e della Direzione Investigativa Antimafia⁴), nonché, come osservatori, i più rilevanti organismi finanziari internazionali e del settore (tra i quali FMI, Banca Mondiale, ECB, Nazioni Unite, Europol, Egmont).

    Dalla sola originaria azione di monitoraggio internazionale l’azione del G.A.F.I. si è sviluppata lungo altre fondamentali direttrici di diffusione dell’azione di contrasto al riciclaggio in tutti i continenti nonché di verifica del grado di adeguamento dei Paesi membri alle 40 Raccomandazioni, in cui sono condensate le regole che, pur non avendo forza di norme giuridicamente vincolanti, hanno fondamentale rilievo nella strategia dei controlli ai fini della prevenzione del riciclaggio.

    Le 40 Raccomandazioni, recepite in più di 130 Paesi, emanate per la prima volta nel 1990, sono state aggiornate nel 1996 e, da ultimo, riformate nel 2012 per tenere conto delle modifiche riscontrate nelle tipologie di riciclaggio e nelle tendenze delle organizzazioni criminali, dell’evoluzione delle tecnologie informatiche e del loro utilizzo nelle procedure di pagamento o di trasferimento di capitali, nonché dell’abuso di strutture societarie e del coinvolgimento di professionisti o di operatori non finanziari nell’organizzazione di operazioni di riciclaggio.

    Le 40 Raccomandazioni, pur non avendo forza di vere e proprie norme giuridicamente vincolanti, definiscono l’ambito di applicazione del reato di riciclaggio, le misure deterrenti che istituti finanziari, operatori non finanziari e professionisti debbono adottare nonché le strategie da assumere nei confronti dei Paesi che non hanno attuato normative conformi alle Raccomandazioni del G.A.F.I.⁵, le Autorità competenti e i loro poteri nonché i principi di cooperazione internazionale.

    Successivamente, il G.A.F.I. ha formalmente deliberato di estendere il proprio impegno anche nella lotta al finanziamento del terrorismo, approvando un gruppo di 9 nuove Raccomandazioni, che costituiscono le linee

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