Il Villaggio delle Sirene
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About this ebook
Il Decreto per la Protezione delle Specie in Via di Estinzione vieta di uccidere le sirene, non è possibile farlo neppure per difendersi. Le comunità colpevoli di aver ucciso delle sirene vengono annientate. L’unica salvezza per i pescatori che vivono nelle aree abitate dalle sirene sono i bocconcini, umani modificati per essere la loro preda ideale.
Ma cosa accadrebbe se le sirene smettessero di mangiarli? È ciò che è successo a Siren Cove, uno sperduto villaggio di pescatori. Il Dottor Black è stato inviato a indagare dall’azienda che produce i bocconcini, e la verità che dovrà far emergere sarà ben più strana di un semplice problema di sapore delle prede.
Un mistero horror condito di distopia.
[Romanzo breve di Bizarro Fiction, collana Vaporteppa, 28.600 parole, circa 97 pagine, con in aggiunta un saggio di "Introduzione alla Bizarro Fiction" di 3800 parole a cura di Chiara Gamberetta]
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Book preview
Il Villaggio delle Sirene - Carlton Mellick III
Carlton Mellick III
IL VILLAGGIO
DELLE SIRENE
Traduzione di Tatiana Sansone
&
Postfazione di Chiara Gamberetta
Il Villaggio delle Sirene
Carlton Mellick III
Traduzione: Tatiana Sansone
Grafica del biglietto: Laura Bagliani
Illustrazione di copertina: Manuel Preitano
Postfazione a cura di: Chiara Gamberetta
ISBN 978-88-9892-439-4
Copyright © 2015 Antonio Tombolini editore
Via Villa Costantina, 61
60025 Loreto (Ancona), Italia
Titolo originale: Village of the Mermaids
Copyright © 2013 by Carlton Mellick III
http://carltonmellick.com
Tutti i diritti riservati.
Collana ideata e curata da
Marco Carrara - il Duca di Baionette
Vaporteppa n. 13
www.vaporteppa.it
vaporteppa@simplicissimus.it
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Indice dei contenuti
Colophon
Nota dell’Autore
Chiacchierata Padre-Figlia
Capitolo Uno
Capitolo Due
Capitolo Tre
Capitolo Quattro
Capitolo Cinque
Capitolo Sei
Capitolo Sette
Capitolo Otto
Introduzione alla Bizarro Fiction
Note dell’Editore
Grazie da Vaporteppa
NOTA DELL’AUTORE
Non vorrei sembrare un finocchio o che, ma penso che le sirene spacchino di brutto.
In realtà, quella battuta del film Orgazmo diceva unicorni
, non sirene
, ma fa lo stesso. Anche le sirene spaccano di brutto. Infatti, sono sempre stato un grandissimo fan di tutte le creature fantastiche femminili: sirene, fate, folletti, unicorni, gattini con le ali da angelo e via dicendo. Forse era perché trascorrevo fin troppo tempo con la mia sorellina, quand’ero bambino. Io guardavo tutti i suoi cartoni da femmina, come Gem o Iridella, e lei guardava i miei cartoni da maschio, come He-man e G.I. Joe. Forse è per questo che tutti e due abbiamo finito con l’avere interessi che erano una combinazione di cose da femmine e cose da maschi. Facevamo giochi dove lei era una fata tostissima che usava le spade e le mitragliatrici, e io ero un unicorno coi tatuaggi e una motosega al posto del corno. Combattevamo i cattivi e poi andavamo al centro commerciale immaginario a comprare vestiti alla moda.
Quegli interessi non li ho mai persi del tutto. In tutto ciò che scrivo cerco di diffondere un mix di femminile e di maschile. Se scrivo di carri armati, voglio che siano rosa. Se scrivo di sirene, voglio che siano cattive e letali.
Ho sempre amato reinventare le creature fantastiche tradizionali. È proprio per questo che ho scritto Warrior Wolf Women of the Wasteland. Doveva essere la mia versione dei lupi mannari. Il Villaggio delle Sirene è la mia versione delle sirene. Sono creature feroci che vogliono sgozzarvi. È così che dovrebbero essere le sirene: come la Regina degli Alien, ma più carine.
Il Villaggio delle Sirene è il mio quarantesimo libro a esser stato pubblicato. È pazzesco se ci penso. Quaranta sembrano un sacco di libri da avere all’attivo. Ma sono uno scrittore full-time da più o meno dieci anni. Senza un lavoro regolare a ostacolarmi, è stato facile scrivere quaranta libri, specialmente quando la maggior parte consta di 40.000 parole o meno.
Mi sono impegnato a scrivere quattro libri l’anno da adesso in poi, uno a stagione. È già da un po’ che lo faccio, ma ho deciso di rendere la cosa ufficiale. Aspettatevi un nuovo libro ogni gennaio, aprile, luglio e ottobre. E l’occasionale libro-bonus per le occasioni speciali.
All’inizio di questo libro, c’è una scena bonus che è stata tagliata. È una delle mie scene preferite, ma non si incastrava bene in nessun punto della storia, quindi l’ho dovuta tagliare. In realtà funziona come una specie di prologo, perché ha luogo prima che la storia cominci. Ma tenete in mente che non è più intesa come parte della storia. È non-canon. Magari è meglio se la leggete un paio di giorni prima di cominciare il libro, così sembrerà più un prequel.
E quindi, eccolo qui. Il libro #40. E parla di sirene. Quant’è figa questa cosa?
– Carlton Mellick III, 19/3/2003 7:51
CHIACCHIERATA
PADRE-FIGLIA
(SCENA ELIMINATA)
«Sono certo che ti stia chiedendo perché ti ho convocata qui, oggi,» disse il Dottor Black, mentre la bambina sorridente entrava in ufficio. «Prego, siediti.»
Indicò una seggiola di metallo al centro della stanza. Lei annuì due volte e si sedette in silenzio.
«Dritta con la schiena,» disse il dottore, indicando la sua postura orrenda. Lei raddrizzò la schiena e sollevò il mento. Era una tiritera che conosceva molto bene.
Il Dottor Black si alzò dalla scrivania e torreggiò sulla bambina. I lucidi occhi castani di lei brillarono guardandolo; gli sorrise con le guance paffute e giocherellò con il cerchietto a scacchi viola che aveva nei capelli.
«Normalmente, lascerei che fosse la mia segretaria a informare i miei colleghi e le mie conoscenze,» disse il dottore. «Ma poiché sono tuo padre, ho deciso che sarebbe più appropriato darti la notizia personalmente.»
La bambina sorrise a suo padre, emozionata di essere nella stessa stanza con lui. Anche se vivevano assieme, raramente lo vedeva di persona. Lui non prendeva né fine settimana liberi né ferie. E quando riusciva a vederlo, di rado le parlava direttamente. Era sempre occupatissimo col suo lavoro.
«Ti ho convocata per informarti che mi resta solo una settimana da vivere,» disse il Dottor Black.
Il sorriso svanì dal viso della bambina. All’inizio pensò che stesse scherzando, ma non era possibile. Suo padre non scherzava, mai.
«Vuoi dire… stai per morire?» chiese, il respiro affannato, gli occhi lucidi.
«Esatto,» disse il dottore. «Tua madre e io avevamo deciso che sarebbe stato meglio per te non essere al corrente del fatto che la mia fosse una malattia terminale fino ai miei ultimi giorni.»
La bambina si alzò dalla sedia e sollevò le braccia verso di lui perché l’abbracciasse, ma il dottore non lo permise. La bloccò con un gesto della mano, così che non gli si avvicinasse.
«Abbracciarsi non è permesso,» disse, e le ordinò di tornare al suo posto.
La bambina si asciugò le lacrime.
«Allora staremo insieme solo per un’altra settimana?» gli chiese.
Il dottore scosse la testa.
«No,» disse. «Sfortunatamente, ho degli affari di cui occuparmi per il resto della settimana. Partirò per l’aeroporto dopo questo colloquio.»
Gli occhi della bambina diventarono rossi, finché non scoppiò in una crisi di pianto.
«Per piacere, ricomponiti,» disse il dottore, indicando una scatola di fazzoletti piazzati in posizione strategica. «Questo è un luogo di affari.»
La bambina tirò fuori dei fazzoletti dalla scatola. Tentò di calmarsi, ma aveva il singhiozzo per l’angoscia.
Il dottore guardò l’orologio. «Mi sono riservato solo dieci minuti da trascorrere insieme, e ne abbiamo già sprecati cinque, perciò faremo meglio a sbrigarci.»
Il dottore passò alla bambina una pila di lettere chiuse.
«Questi sono i tuoi auguri di buon compleanno per i prossimi vent’anni,» disse il dottore. «Ogni cartolina contiene una banconota da cento dollari. Per favore, trattieniti dall’aprirne più di una all’anno, anche se avrai bisogno di soldi.»
La bambina guardò le buste. Ognuna aveva un anno diverso scritto sul davanti. La grafia non era quella di suo padre.
«E questa è una lista di possibili carriere lavorative,» disse il dottore, porgendole un foglio di carta laminata. La bambina lo tenne come fosse il menù di un ristorante. «Scegline una per quando sarai maggiorenne. Ti suggerisco analista di sistema. È un campo appassionante per il quale c’è sempre domanda.»
La bambina aveva lo sguardo distante. Non lo stava nemmeno più ascoltando, mentre lui prendeva una pila di DVD e glieli metteva in grembo uno per uno.
«Questo è il DVD con il discorso che ho preparato per il tuo ricevimento di matrimonio,» disse il Dottor Black. «Avrai bisogno di un proiettore e di un buon amplificatore. L’audio potrebbe essere un po’ basso, perciò assicurati che il volume sia regolabile.» Indicò un altro DVD. «E questo è un messaggio di congratulazioni per quando avrai il tuo primo figlio. Questo è meglio guardarlo in anticipo, perché discuto sui nomi più adatti per un bambino.» La bambina cullò i DVD tra le braccia, stringendo il calore residuo di lui. «Il resto dei video sono discorsi correttivi semmai ti capitasse di commettere un reato, o di lasciare la scuola, o di sentirti inappropriatamente attratta da esponenti del tuo stesso sesso.»
La bambina posò i DVD e tese le mani, pregando di essere abbracciata.
Il dottore scosse la testa. «Te l’ho già detto, abbracciarsi non è permesso.» Indicò un pupazzo nell’angolo. «Se devi abbracciare qualcosa, usa il papà per abbracci.»
Il pupazzo era una copia di peluche a grandezza naturale del Dottor Black. Le braccia erano sollevate in posizione per abbracciare, la faccia disegnata con il pennarello. Non sorrideva nemmeno in versione bambola.
La bambina guardò il pupazzo per un momento, ma non l’abbracciò.
«Penso che ci siamo detti tutto,» disse il dottore. «Hai domande?»
La bambina tremò dal panico. Non riusciva a credere che non avrebbe più rivisto suo padre.
«Quindi non ti rivedrò mai più?»
«Esatto.»
«Siamo solo io e la mamma, adesso?»
«No, temo di no. Sfortunatamente, tua madre è rimasta uccisa in un incidente d’auto mentre andava al lavoro questa mattina. Starai con la famiglia della mia segretaria finché tuo zio non uscirà di prigione il mese prossimo.»
La bambina smise di respirare e guardò suo padre con occhi colmi di lacrime tremanti. Poi urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
«Comprendo che anche questa notizia possa essere un po’ sconfortante per te, ma per piacere, ricomponiti.» Il Dottor Black indicò il suo pupazzo. «Usa il papà per abbracci.»
La bambina guardò il pupazzo. Le lacrime scorrevano sul suo volto arrossato e distorto.
«Insisto,» disse il dottore. «Ogni volta che ti sentirai sola o infelice, usa il papà per abbracci. Ho chiesto alla mia segretaria di portarlo a casa con te.»
La bambina si avvicinò alla bambola gigantesca e la cinse goffamente con le braccia, inzuppando la stoffa di lacrime.
«Ora, se vuoi scusarmi,» disse il dottore. «Devo prendere un aereo.»
Si sistemò il completo e sollevò una mano. Sembrava che stesse prestando un giuramento, più che salutando.
«È stato un piacere essere tuo padre,» disse.
Prima che riuscisse a lasciare l’ufficio, la bambina si divincolò dal pupazzo a forma di papà e si gettò sul dottore, abbracciandolo con tutte le sue forze, piangendogli sullo stomaco. Il dottore non l’abbracciò a sua volta, tenendo le braccia sollevate lontano da lei, standosene lì a disagio con la bambina avvinghiata in vita.
«Solo un minuto…» disse il dottore, cercando di tollerare la stretta di sua figlia.