Glenvion Vol. 3 L'Ultimo Custode
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About this ebook
L'oscurità opprimente, l'odore ferroso del sangue e umido della pietra.
Non c'è più tempo per le domande: le forze scemano, la verità incalza, il puzzle si ricompone.
Nelle profondità del dedalo grida l'agghiacciante verità.
Dello stesso autore:
Glenvion Vol.1 La Matrice
Glenvion Vol.2 La Prigione di Sefrin
Hell Kaiser Vol.1 Lorian, L'alleanza dei caduti
Hell Kaiser Vol.2 Baal, L'apocalisse di Salomone
Memoria ( racconto breve di genere fantascientifico )
Pactum Sigilli
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Glenvion Vol. 3 L'Ultimo Custode - Alessandro Falzani
Altre opere dell'autore:
Glenvion Saga Vol 1- La Matrice
Glenvion Saga Vol 2 - La Prigione di Sefrin
Hell Kaiser saga Vol 1 - Lorian, l'alleanza dei caduti
Hell Kaiser saga Vol 2 - Baal, l'apocalisse di Salomone
Pactum Sigilli
Memoria (racconto breve)
Gli occhio del giovane accompagnavano e seguivano quelli del drago custode e all'istante sentiva svanire le poche forze che aveva. «Dio mio, questo... non è possibile!», disse a mezza bocca, mentre la grotta si avvolse nel terrore e l'aurea del Vello svanì improvvisamente.
Glenvion Vol.2 La Prigione di Sefrin
Copyright text 2015 Alessandro Falzani
Copyright cover illustration 2015 Alessandro Falzani
All rights reserved.
Glenvion Vol 3
L'ULTIMO CUSTODE
Alessandro Falzani
Dai ricordi di Sefrin
Incontro
Osservo quegli umani, in particolare la mia attenzione è rapita da un uomo, uno giovane, forte e deciso. Non deve essere di questi posti, non l'ho mai visto prima nella foresta. Sento il Re che lo chiama a gran voce, gli ordina di fare qualcosa; Frisso, mi pare sia il suo nome.
Poco più in là del gruppo sparuto di persone, giunto nella foresta per non so qual motivo, vi è un animale insolito, dal colorito strano, mi ricorda tanto l'oro, quel materiale di pregio di cui gli umani hanno ingordigia,ha corna lunghe e affusolate, paiono donne che danzano, impegnate in un sinuoso ballo.
Vedo gli occhi di quell'animale, lo vedo voltarsi da tutti i lati, cercare qualcosa. Poi, quando noto che quel giovane, Frisso come ho detto, gli va davanti e brandisce un pugnale anch'esso d'oro,capisco cosa cerca quella piccola e dolce creatura:pietà.
Le mie orecchie sentono, malgrado io non voglia, esse sentono ogni cosa: la folle disperazione e l'incontrollabile dolore che quella vita sta provando. Posso salvarlo, ne sono consapevole, ma gli ordini del Re Eete sono chiari e indiscutibili: custodire ciò che mi avrebbe dato, in cambio della libertà.
Un drago vive centinaia di anni, col tempo i suoi desideri si placano, trascorrono gli inverni e il respiro si fa lento, infine si addormenta. I sussulti cullano il mondo e nessuno sa se si sveglierà mai. Tuttavia, un drago ha un solo e irrefrenabile desiderio che brucia: la libertà.
Ed io volevo essere libera, spezzare questa lunga catena che mi impedisce di librarmi in volo e di riscoprire gli occhi dei miei fratelli.
Diversità? Paura?No, nulla di tutto questo, ma deve esserci qualcosa di insondabile nelle volontà del Re, se ha deciso di barattare la mia libertà, la libertà dell'ultimo drago di terra, con quello che mi avrebbe dato: e mi diede quella pelle... d'oro.
Decine di frecce appaiono dal nulla, puntando al mio corpo, reti lunghe e robuste sono pronte a cadere sulle mie ali, lance acuminate brillano in lontananza, mirando alla mia testa. Cosa posso fare, se non accettare la follia del Re e dell'umanità intera?
A malincuore accetto, pur di avere salva la vita, accetto.
Il Re mi consegna quella pelle che risuona di un tintinnio armonioso ad ogni movimento, quei suoni riecheggiano nella mia mente, come i versi incomprensibili di quella creatura, priva della sua pelle e della dignità. In cuor mio spero che smetta di soffrire e l'agonia l'abbandoni il più in fretta possibile, il mio cuore si strugge, nel vederlo cosparso di sangue e al margine della morte, che tarda a venire.
Parte prima
Il tintinnio avanzava inesorabile, calmo e sicuro, certo che qualsiasi cosa cercasse l'avesse ormai trovata. Consapevole, come un ragno che aveva tessuto la propria tela ed in essa la preda era caduta, lasciandogli tutto il tempo di gustare il lauto pasto, osservandola dimenarsi e contorcersi, nel disperato tentativo di fuggire e salvare la vita. Eccola, dal buio di tenebra, emerse la più mistica e spaventosa creatura che Dio avesse mai potuto concepire: i fasci muscolari in vista che brillavano alla fioca luce, il sangue raggrumato e incrostato che la vestiva come una seconda pelle, gli occhi allungati che si cullavano nelle enormi orbite. L'essere avanzava muovendosi a scatti e fermandosi di colpo, ora il tintinnio era forte e con esso il senso di molliccio e umido che accompagnava ogni minimo spostamento del suo corpo; adesso anche il grande cranio poteva essere visto e il muso prominente e lungo, la dentatura lucente che strappava il tessuto di oscurità che da secoli la celava. Sembrò sorridere alla vista degli umani e quando la pelle della bocca si allargò, i denti furono completamente distinguibili; una luce opaca e dorata li avvolgeva: erano d'oro. Iniziò a cozzarli ripetutamente tra loro e i ragazzi si accorsero che era proprio quel movimento a produrre il tetro tintinnio, esso divenne più insistente e veloce, meccanico, per poi arrestarsi alcuni secondi e ricominciare. Patrich non riusciva a distogliere lo sguardo da quanto gli si parava di fronte, in effetti la creatura sembrava fissarlo con insistenza, i loro occhi viaggiavano sugli stessi binari. Improvvisamente, dal retro della creatura sembrò sgusciare un lungo serpente ma Patrich intuì che si trattava di altro: una sinuosa fascia d'oro, era la sua coda. Katena avvertì un senso di vuoto estremo, non paragonabile nemmeno alla morte del padre o a quella di Teresa, il cuore le martellava in gola e la consapevolezza di non avere speranza stava radicando in lei, negli occhi di quell'essere erano racchiusi tutto l'odio e il male del mondo.
«Non può...non è lui, Patrich dimmi che non è lui...», singhiozzò la ragazza, cadendo a terra senza forze.
Jason si portò al suo fianco, offrendogli la mano, senza mai distogliere lo sguardo dalla creatura. Patrich trovò il coraggio di compiere un solo passo, sufficiente da lasciar intuire all'altro che non aveva paura, che qualsiasi cosa volesse da lui non l'avrebbe ceduta facilmente.
«Si Katena, è lui, è Crisomallo. Il mitico ariete d'oro. Non ci sbagliamo, non stiamo sognando, vive ancora.»
Sara portò le mani al volto e sentì il fiato mancare, per un attimo avrebbe giurato che non vi fosse aria da respirare, Lucio e Stefano tenevano saldamente le pistole ma esse tremavano, lasciando trasparire la loro folle paura.
«Siamo al limite della follia, questo non è reale, non esiste... prima un drago, ora...ora...»
«Ora l'ariete d'oro. No Lucio, non sogni e non sei pazzo. Ora tutto torna, finalmente inizio a vedere il senso di ogni cosa» disse Stefano sotto voce.
Sefrin aveva ascoltato i loro dialoghi frammentati e in quell'istante sentì il peso della menzogna gravare sul suo corpo mastodontico, poi gli occhi di tutti le caddero addosso. Lei non parlò, limitandosi ad osservare le spalle di Patrich, aspettandosi da lui ogni possibile insulto. Ciò non avvenne, ma il custode si voltò, offrendo le spalle alla bestia d'oro.
«Non ti chiedo perché lo hai fatto, Sefrin. Avrai avuto i tuoi validi motivi, forse quei morsi ora si spiegano...», disse con tono glaciale il custode.
Sefrin portò il muso all'altezza della testa del giovane, lo fissò per pochi interminabili secondi.
«Non puoi capire quanto ti ammiri, giovane custode. Sebbene in questa condizione, stanco e al limite della disperazione, tu non provi paura alcuna e addirittura non biasimi le mie gesta...»
In quel momento, dalle spalle di Crisomallo sgusciò un piccolo drago, le ali sottili e rattrappite, il collo esile e curvo, gli occhi spauriti e stanchi del buio. La bestiola si allontanò da Crisomallo, incespicando per la troppa foga, cadde e si voltò, timorosa di vederselo piombare addosso. Sefrin comprese dall'atteggiamento del cucciolo che l'ariete d'oro non era stato troppo premuroso nei suoi confronti e le lacerazioni sul tronco ne erano la prova. Crisomallo lo lasciò sfilare al suo fianco, sebbene più piccolo di stazza, l'ariete non ne aveva il minimo timore, anzi, sembrava deriderlo mentre fuggiva zoppicante verso la madre.
«Lui è tutto quello che mi rimane, Patrich Martens, è Siro, mio figlio» disse intristita il grande drago custode.
Patrich sorrise, in quell'attimo sorrise, il suo volto si illuminò di una sincera felicità, il cucciolo strofinò la testa sul petto della madre e lei sentì un leggero e piacevole solletico salirle sin sotto la gola.
«Hai fatto la scelta giusta, Sefrin. Hai protetto il frutto del tuo amore e lo hai fatto per così