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Tutto In Un Anno
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Tutto In Un Anno

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About this ebook

Una commedia su comandanti, isole e cibo
Un capitano tutto d’un pezzo, ora top manager per una delle più potenti multinazionali del petrolio.
Una ragazza al posto giusto quanto un pesce rosso in una vasca di piranha.
Un'isola celtica leggendaria e poi ... salvataggi sul filo del rasoio, ricette italiane, scandali sessuali, proposte di matrimonio, minacce terroristiche, corsi di cucina e corse motociclistiche ... e tanta, tanta gioia di vivere.

Guido, ex comandante di superpetroliere, è ora un manager integerrimo in una multinazionale del petrolio. È pronto per il grande salto. Entrare fra i top manager. Fra lui e la sua ambizione c’è solo Angelo, sfacciatamente portato a privilegiare gli ufficiali italiani e a mettere in cattiva luce Guido. Ma a dare filo da torcere al misogino Angelo ora c’è Domizia, ignara di aver spedito il suo curriculum nel bel mezzo di una paurosa lotta di potere.
Così la ragazza, capita per caso in un lontano paradiso... fiscale, l’Isola di Man. Ha finalmente un lavoro serio per una delle compagnie petrolifere più potenti al mondo e non ha altra scelta. Deve tenere a bada la sua lingua lunga e fingere di amare petrolio e navi mercantili per un anno almeno, il fatidico 2001, l’anno bomba ad orologeria. Quello delle minacce di Bin Laden e dell’attacco alle due torri.
Dal canto suo Guido ha una vita professionale inversamente proporzionale alla sua vita privata. È un uomo sposato, con quasi il doppio degli anni di Domizia. Non ritiene di avere nulla da farsi perdonare. Esige soltanto massima obbedienza e abnegazione, anche dalla nuova arrivata.
Ma la ragazza insegue un obiettivo e per realizzarlo dovrà mantenere un segreto e fuggire il prima possibile da quella minuscola isoletta nel Mare d’Irlanda.
I due, però, non hanno fatto i conti con il loro contagioso umorismo, l’antica isola dagli usi celtici, i suoi pacifici abitanti e la Vita, che si divertirà a far avvicinare la ragazza sognatrice e il capitano, che forse tutto d’un pezzo non è, e regalerà ai due un anno memorabile, bello carico di salvataggi sul filo del rasoio e ricette italiane, scandali sessuali e feste, minacce terroristiche e dichiarazioni in ginocchio, corsi di cucina e corse motociclistiche.

LanguageItaliano
PublisherCarmen Rucci
Release dateOct 2, 2015
ISBN9781310604867
Tutto In Un Anno
Author

Carmen Rucci

Half Apulian and half Sicilian: Italian writer, barrister, television critic for NHK World.I lived for three years in Britain: London, Henley-on-Thames and Maidenhead, a bit like the protagonists of Three Men in a Boat (not to speak of the dog). I spent the most beautiful year and a half (so far) in the Isle of Man.Since I was a child, I have always dreamed of writing romance or adventure stories and indeed I have and, even more shamefully, I still cherish some of them.My biggest fan is my sister Stefania, who, since she was a little girl, I filled her head with thousands of adventurous fables, dark love stories and funny tales.I've also deliberately and virally spread the summary of one of my very rude university professor's books (maybe I should have not said this!).I wrote for some local newspapers in Bitonto, London (I know, it seems weird mentioning them one next to the other, doesn’t it?) and other towns in which I lived. I worked with televisions, radios, national weekly magazines and online magazines.I would like you to read All In One Year and, in return, I would like this magic novel to make you (Fly, I'll use your words) dream, laugh and cry as only life can really do.Metà Pugliese e metà Siciliana. Scrittrice, avvocato e critico televisivo per la TV Giapponese NHK World.Ho vissuto per tre anni in Gran Bretagna fra Londra, Henley on Thames e Maidenhead, un po’ come i protagonisti di 'Tre uomini in barca (per non parlar del cane)'.Ho trascorso il mio più bel anno e mezzo (fino ad ora) nell’Isola di Man.Fin da piccola ho sempre sognato di scrivere storie romantiche o d’avventura e l’ho fatto e, ancora più vergognoso, alcune le conservo.La mia più grande fan è mia sorella Stefania a cui, fin da piccolina, ho riempito la testa (povera stellina) con mille favole avventurose, storie d’amore dark e racconti divertenti.Ho scritto per mensili locali di Bitonto, Londra (vero che fa strano vederle accostate?) e altre città in cui ho vissuto. Ho collaborato con TV, radio, settimanali nazionali e riviste online.Vorrei che leggeste 'Tutto In Un Anno' e che questo magico racconto, in cambio, vi faccia (Fly uso le tue parole) sognare, ridere e piangere come solo la vita sa fare veramente.

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    Book preview

    Tutto In Un Anno - Carmen Rucci

    Ringraziamenti

    Grazie di cuore a Frank Mall che mi ha aiutato con la traduzione e mi ha incoraggiato.

    Inoltre, grazie a Matteo, la mia famiglia e gli amici che mi hanno sempre sostenuto e spronato.

    Sono nel mio cuore e nella mia mente.

    Sommario

    Ringraziamenti

    Prologo

    I - Reazione

    II - Resisterà? Un segreto

    III - La guerra con Angelo

    IV - Tutto in un anno

    V - Truffatrice e Inizio

    VI - Preparativi

    VII - Stufo di essere solo

    VIII - Gatto Manx e Cucina

    IX - Cene italiche e pettegolezzi. Non so cucinare

    X - Terrore

    XI - Sola con Angelo

    XII - Petrolio, Potere, Primedonne

    XIII - Fratture della distanza

    XIV - Esplorazioni pasquali. Amici italici e magia

    XV - Che la gara abbia inizio

    XVI - Case

    XVII - Aspirazioni e Realtà. Via Italica

    XVIII - Così lontani

    XIX - Fragilità e Bellezza

    XX - L'uscita della domenica

    XXI - Dispetti del Senior

    XXII - Rabbia e balsamo. Focaccia e Angelo

    XXIII - Tempo ben speso. Il mondo secondo Guido. Vichinghi e traghetti

    XXIV - Nebbia di tempi passati. Tutto mio. No allo studio. 20-80

    XXV - Innamorata… del lavoro

    XXVI - Tutto secondo i piani

    XXVII - Il canto dell'isola

    XXVIII - Manila con Tania. Roma con Laura e Anna

    XXIX - L'onnipotenza dell'indipendenza

    XXX - L’eleganza del brufolo

    XXXI - Il bello del mondo del lavoro

    XXXII - Mancanza di Anna

    XXXIII - Emulazione...leggera

    XXXIV - Pericolo vicino

    XXXV - Incantesimo

    XXXVI - La danza della vita

    XXXVII - Solitudine e corso di cucina. Gelosia e confidenze

    XXXVIII - Il pollo, l'aquila e i gesuiti

    XXXIX - Spunti e amianto. Sfida e pazienza

    XL - Tentativi vani

    XLI - Fuga improvvisa

    XLII - Assenza insopportabile

    XLIII - Amore malato. Amore inconscio

    XLIV - Come te o niente. Prima lezione di cucina

    XLV - Vichinghi vs Pirati. Obiettivo vs Imbarco. Dichiarazione vs Classifica

    XLVI - Appuntamento

    XLVII - Rapimenti. Cena con ubriaco

    XLVIII - Vero obiettivo e 11 Settembre

    XLIX - Liberazione e Galà romano

    L - Ragazzi e uomini

    LI - Risoluzione notturna

    LII - Così risoluta che... tre streghe!

    LIII - Gelosia e piano B

    LIV - Incomprensioni e viaggi. Tenerezza e riscossa

    LV - Nuova casa e nuova agenzia. Affetti risvegliati

    LVI - Ecco il vero obiettivo. Nuovi e vecchi amici

    LVII - Fremiti impazienti

    LVIII - Delusione e fraintesi

    LIX - Non voglio perderla. Incidente

    LX - Addii. Lasciare andare

    LXI - Piovono uomini

    LXII - Piovono uomini: finale col botto

    LXIII - Insopportabile

    LXIV - Nuove scoperte

    LXV - Felicità conquistata e…

    LXVI - …Felicità riconquistata

    Messaggio

    Prologo

    "Lei venne in un periodo della mia vita in cui avevo più forte che mai la sensazione del trascorrere degli anni e desideravo riassaporarli, risentirli e risentirmi giovane."

    Lui venne in un periodo della mia vita in cui avevo voglia di certezze, sicurezze e protezione.

    "Lei portò nella mia vita gioia e spensieratezza, come luce cristallina che splende sull’acqua limpida. Portò le risate gorgheggianti e briose come acqua di primavera. E portò brezza estiva come spuma di mare profumata e leggera."

    Lui portò nella mia vita la calma morbida e costante, la conoscenza profonda del mondo e delle cose. Portò la grandezza della sua esperienza, come oceano immenso, immutabile e fluido invase i miei sogni di profumo di mari lontani.

    I

    Reazione

    ----- Original Message -----

    From: Berni, Guido (GBerni)

    To: Albert, Consorti

    Sent: Saturday, December 02, 2000 4:11 AM

    Subject: Re: Re: Cv per la posizione di ufficiale del personale

    Albert,

    A seguito del tuo ok, ho inviato il Cv all’ufficio di Man chiedendo a David di avviare immediatamente il progetto in oggetto.

    Al momento mi trovo nei nostri uffici a Manila.

    Domani volerò a Mumbai.

    Puoi contattarmi sul cellulare.

    Guido

    ----- Original Message -----

    From: Albert, Consorti

    To: Berni, Guido (GBerni)

    Sent: Friday, December 01, 2000 11:36 PM

    Subject: Re: Cv per la posizione di ufficiale del personale

    Guido,

    Il Cv sembra buono anche a me.

    Albert

    Mentre la letterina elettronica prendeva il volo, la notte insonne stava già producendo i sui frutti.

    Guardavo dalla finestra del lussuoso Pan Pacific hotel l’instancabile Manila. Anche lei non aveva chiuso occhio quella notte e con lei la miriade di luci sfreccianti nel traffico eternamente impazzito di Manila Bay.

    Per un attimo mi gustai la faccia che avrebbe fatto Angelo alla mia sorpresina.

    Lo sfolgorante e recentissimo albergo era piombato forse da un po’ nel solito non rumore, quel silenzio ovattato che dà la sensazione di un’atmosfera sospesa. Sulla moquette begiolina i passi afoni mi portarono a letto per il meritato riposo.

    II

    Resisterà? Un segreto

    Quando fecero il suo nome sbirciai dalla mia scrivania l’arrivo in ufficio di questo piccolo uomo.

    Me lo immaginavo più alto!

    Tutti si raddrizzarono e cercarono d’indaffararsi o almeno apparire tali.

    Cavolo un italiano, per di più delle mie parti, che metteva in riga un ufficio pieno d’inglesi!

    Si muoveva con disinvoltura e mentre, in perfetto inglese oxfordiano, dava ordini a prua e a poppa, come se avesse a che fare con un equipaggio di provetti marinai, faceva mostra di non avermi particolarmente notato. Poi, d’un tratto, credo decise fosse arrivato il mio turno: Il turno del mozzo! Così da poppa misurò la distanza e iniziò a procedere dritto, dritto o meglio avanti tutta verso la mia scrivania…

    Quando per la prima volta la vidi mi sembrò un fiore fragile ma non indifeso.

    Solo, il piccolo fiore erse il capo in mezzo alla brughiera e il suo sguardo deciso si piantò sulla mia traiettoria sbalzando per un attimo il mio passo sicuro.

    Chi era questa ragazza venuta da sud?

    Dalla stessa terra che mi aveva visto partire imberbe, in cerca di spazi nuovi e nuove possibilità.

    Era animata dalla mia stessa voglia di sfida verso il mondo e la vita? O era soltanto una ragazzina in cerca di un’eccitante, ma piccola esperienza all’estero? Una di quelle storie da raccontare per farsi bella con gli amici al bar.

    Una ragazza! Avrebbe resistito in quest’isola in mezzo al mare del nord, lontana da tutti i suoi legami?

    Molto probabilmente si sarebbe arresa in pochi mesi o settimane e sarebbe corsa da sua madre, preferendo le sue rassicuranti braccia alle proprie ambizioni.

    Una delle tante ragazze addormentate del sud con un fremito, ma solo uno, di vita e poi bimbi e comodità!

    Eppure in quegli occhi nocciola tutte ciglia c’era qualcosa … una promessa o un segreto?

    Devo ammettere che mi mancò il respiro.

    Cosa devo dire per non apparire stupida già dal primo momento? mi dissi mentre il tempo correva al rallentatore.

    Quasi sospinta dall’ansia che saliva, mi alzai e inghiottendo un respiro mi preparai all’attacco.

    Io sono una tipa che parla troppo, niente a che vedere con i siciliani da cui discendo per parte di madre.

    Diamine; certe volte mi rendo conto di non dover dire una cosa, ma non posso fermare la lingua che si muove più veloce della mia vergogna.

    Quindi, onde evitare mi sfuggisse che: non ero affatto interessata al mondo marittimo e men che meno al petrolio, da brava ecologista quale ero; e che la mia intenzione era tornare a Londra o in un posto più vicino all’Italia, dopo un anno di esperienza in questa minuscola isoletta; decisi di ascoltare molto e tacere ancora di più.

    "Adesso lasciatemi salutare la ragazza," disse il Capitano mentre mi si accostava.

    Sorrisi. Doveva essere un tipo simpatico. Era vitale per me credere che lo fosse. Quindi me ne convinsi.

    E poi questo suo andamento pomposo, da piccolo Napoleone, mi faceva sembrare tutta la situazione molto divertente.

    Si, ridevo delle mie disgrazie!

    Chi cavolo mi aveva ordinato di venire in quest’isola più vicina al Polo Nord che all’Italia? Non certo il dottore.

    Una zolla con una popolazione complessiva uguale al mio già troppo piccolo paese, da cui ero voluta fuggire per noia.

    Come cavolo mi era venuto in mente di andare a lavorare in un posto dove non capivo un’emerita acca di quello che mi dicevano?

    E per di più non ci avrei capito niente anche se me lo avessero spiegato in Italiano.

    Mi avrebbero sgamato in meno di una settimana e rispedito al mittente, col primo volo. Si, una settimana sarebbe stata nel complesso sufficiente:

    1. Ad appurare la mia incapacità totale, anche a quelli d’animo più gentile fra loro;

    2. A darmi non una ma qualche chance (una seconda possibilità non si nega a nessuno, ma dopo cocca mia…);

    3. A farmi preparare i bagagli in due nanosecondi (e qui li avrei fregati. Non avevo disfatto la valigia apposta);

    4. Imbarcarmi di forza sul primo aereo;

    5. Sincerarsi che l’aereo decollasse e non tornasse indietro.

    Guardavo tutta la situazione come da un oblò magico montato sul soffitto di quest’ufficio dalla moquette verde prato sintetico e ridevo di me, perché questa volta l’avevo fatta più grossa del solito.

    Più grossa di quando, con l’appena donato dono della parola, avevo quasi distrutto una solida amicizia fra i miei ancora ignari e giovani genitori e una altrettanto giovane coppia…

    Non avevo gradito il tono scherzoso di questo loro amico e gli avevo educatamente domandato: Ma che sei ubriaco?

    Queste non sono parole di bimba! disse la moglie dell’amico a cui piaceva molto il bere.

    E infatti non erano parole di bimba, ma di peste. Fortunatamente e non grazie alla mia diplomazia, tutto si risolse.

    Si ma questa volta l’avevo fatta anche più grossa di quando, per ottenere la tesi in fretta, avevo perseguitato il professore di diritto canonico braccandolo anche all’uscita dal bagno degli uomini.

    E più grossa ancora di quella in cui, stufa di aspettare una sua successiva udienza, mi ero fatta confidare dall’ astuta segretaria dove fosse tutte le sante volte che agonizzavo dietro la sua porta ed ero andata a trovarlo alla riunione del Magnifico Rettore…

    Vorrei parlare col professor Bracco, avevo detto alla telecamerina che mi guardava interrogativa, riflettendosi sul magnifico portone in noce scurissimo.

    Ha un appuntamento? mi aveva domandato la telecamerina.

    E io: …Si…Certamente.

    E menomale che la mamma mi aveva sempre detto di non dire bugie e non parlare con gli oggetti, perché non stava bene.

    E poi quando il magnifico portone si dischiuse, un magnifico corridoio di marmo bianco e nero, costellato da magnifici vasi, magnifici busti bronzei e magnifici quadri e altri magnifici portoni, mi condusse, scortata dalle mie amiche telecamerine, d’innanzi a due ineffabili addetti alla sicurezza.

    Capii che si trattava di una specie di butta fuori innanzitutto dalla loro inconfondibile espressione intelligente e fiera del tipo: Io solgo difendere il mondo!, in secondo luogo, dalle loro giacche corredate da cartellini e da ultimo, ma assolutamente non per importanza, dal fatto che mi guardavano dal televisore a circuito chiuso, anche quando ero ormai appoggiata alla loro scrivania.

    Vorrei parlare col professor Bracco.

    Ce l’ha un appuntamento?

    Ci doveva essere senz’altro un’interferenza fra tutte quelle telecamerine: continuavano a farmi la stessa irritante domanda.

    Questa volta con meno baldanza ‘la sventurata rispose’:

    Si.

    Allora vado subito a chiamarlo. Aspetti pure qui, disse uno dei due ‘bravi’, improvvisamente ingentilito. E poi mentre si alzava dalla sedia… Sa, sta attendendo ad una riunione del collegio dei docenti dell’Università di Bari.

    E io subito: Ma si indispone se lo si interrompe?

    E lui: No, no… se ha un appuntamento.

    E si allontanò.

    Una Riunione del Collegio dei Docenti dell’Università di Bari!

    Anche se avesse detto del Collegio Planetario, non mi avrebbe fatto più paura di quanto non mi faceva già.

    Credo infatti ci sia una soglia oltre la quale la nostra paura non può andare. Io ero là, proprio su quella soglia e mi dicevo: Ma chi cavolo te lo ha detto di venire qua!? e ancora, mentre il magnifico professore si avvicinava cercando di ricordarsi di me…: Ma come cavolo fai a cacciarti sempre in queste cavolo di situazioni. E poi, mentre mi allungava la mano per stringere la mia con un magnifico sorriso del tipo: Questa la racconto al club dei magnifici professori!, un’altra stretta di mano mi riportava alla realtà di un grande ufficio oltre manica e oltre.

    "Allora, Domizia vero? Io sono Guido. Ci siamo già sentiti una volta per telefono. Ricordi? Com’è andato il volo questa volta?"

    Si, ricordo. Si. Tutto bene, risposi.

    Questa era stata facile. Confidavo nella sua compassione.

    "Mi hanno riferito che, quando ti hanno chiamato la prima volta, per il colloquio, hai dovuto aspettare un po’ nell’aeroporto di Milano?"

    Un tronco, era dir poco.

    Si muoveva quasi a scatti. Era divertente e mi inteneriva osservare come dava peso a ogni mia parola, annuendo leggermente. Sembrava quasi mi considerasse un pezzo grosso!

    Non ci ero abituata.

    Si, ho avuto qualche contrattempo. Dire contrattempo mi era sembrato un bel termine. Dava un po’ di donna d’affari. Forse era meglio fare la seria. Altrimenti in meno di due giorni (si, due giorni era più realistico di una settimana) sarei stata fuori dall’isola!

    In realtà la parola contrattempo era un eufemismo per descrivere quella che era stata una fetecchia di volo…

    A Malpensa atterrare era stata un’impresa: il pilota riusciva a malapena a scorgere la pista. Una quantità mai vista di neve occupava quasi tutta la visuale. E un attimo dopo le piste di atterraggio erano completamente imbiancate.

    Una tormenta di neve, come non se ne vedevano da anni, si era scatenata per mezz’ora, paralizzando per 12 ore l’avveniristico e nuovo di zecca aeroporto di Milano.

    Poi altre due ore di attesa all’interno dell’aereo e un dolorosissimo mal d’orecchi, la cui spaventosa intensità ancora ricordo.

    Bel contrattempo!

    "Ora devo andare."

    Disse ad un tratto il Capitano. Forse lo avevo già ammorbato di noia e cercava scampo in un improcrastinabile viaggio d’affari.

    "Comunque io, Angelo, Piero e Giulio siamo soliti incontrarci ogni sabato a casa mia per una cena fra italiani all’estero. Sei la benvenuta. T’aspetto per le 19. Il mio appartamento si trova al numero…"

    Non credo si aspettasse un ‘No!’, mentre mi consegnava il biglietto da visita con l’indirizzo: ‘Avondale House, 7’.

    Io non potevo credere alle mie orecchie; ero stata invitata ad una cena con questo manager, che avevo appena conosciuto, Giulio e Piero, unici responsabili supporto tecnico alle decine di superpetroliere Sherman solcanti tutti e 7 i mari del pianeta, che non conoscevo e Angelo, responsabile di tutto il personale navigante, ossia il mio diretto superiore, che conoscevo appena, ma che in poco tempo avrei desiderato non aver mai conosciuto.

    Naturalmente un impegno non lo potevo inventare, non conoscevo un cane su questa boa nel mar d’Irlanda.

    Vorrei sbagliarmi, ma credo che se la ridesse mentre imboccava la porta e ascendeva al suo ufficio.

    III

    La guerra con Angelo

    Ah, come me la ridevo!

    L’espressione disorientata, che di sfuggita avevo notato sulla faccia di Angelo, impegnato, come al solito, in una lunghissima telefonata, mi aveva ripagato della bella incacchiatura dell’ottobre scorso.

    "Eh caro Angelo, anche contro la tua volontà, ti faremo fare il lavoro per cui sei stato promosso!"

    Gli scalini di ferro dell’ufficio manx produssero quel rumore metallico, sotto il peso dei miei saltelli. Per un attimo mi sembrò ancora di governare una petroliera con tutto il suo equipaggio.

    Poi mentre ripensavo al meeting di ottobre i passi erano già diventati felpati sulla moquette sotto la mia scrivania.

    Angelo mi faceva incacchiare.

    E mi faceva incacchiare ancora di più il momento in cui, recuperata a fatica la calma, puntualmente arrivava la rivelazione: la constatazione del potere che lui aveva su di me.

    E in più, mi faceva incacchiare come pochi, anzi come lui solo mia figlia ci riusciva.

    Non avrei mai immaginato che si potesse arrivare fino a questo punto in soli due anni, esattamente dalla promozione di Sandra.

    Lei si che li gestiva i marittimi, certo avvantaggiava un po’ gli inglesi, ma con che classe.

    Un ammutinamento alla conferenza annuale degli ufficiali.

    Ecco invece cosa mi aveva procurato Angelo ad ottobre.

    Nonostante la sua malattia, che avrebbe dovuto costringerlo a capitolare, nonostante la forza di Tanya, suo braccio destro ormai da due anni, nonostante la professionalità di David, nonostante l’intero ufficio dell’isola di Man e soprattutto nonostante i miei ripetuti avvertimenti, aveva continuato a coltivare il suo orticello di ufficiali italiani che proteggeva, viziava, privilegiava e loro, certo, partivano anche con un preavviso inesistente, però solo se era lui e nessun altro ad alzare il telefono, ma proprio loro gli avrebbero voltato le spalle alla prima crisi.

    Crisi che si era ampliamente palesata al meeting di ottobre con Albert che ascoltava marittimi, mogli, madri e fidanzate lamentarsi di non riuscire a risolvere anche i problemi più futili, come dubbi sulle buste paga, rintracciare il marittimo in viaggio, eccetera per l’impossibilità di parlare in italiano.

    E lui vedeva questo come l’apice del suo potere. Dopo pochissimo e a nervi calmi io lo iniziai a vedere invece come una chance.

    Aveva creato il caos riuscendo a diventare indispensabile, senza accorgersi che, sostituendo Sandra, aveva già un posto rilevante e non solo limitato agli italiani, che rappresentavano certo la metà degli ufficiali, ma erano pur sempre e soltanto la metà, mentre lui avrebbe dovuto e potuto essere il referente per tutti, inglesi, croati, francesi, canadesi, russi, indiani, tutti.

    No, a lui questo non bastava.

    Preferiva un legame morboso con gli italiani, che avrebbero dovuto avere sempre bisogno di lui e fidarsi solo di lui.

    "Confido su di te Guido. Tienimi aggiornato." Prima di partire per San Ramon, Albert aveva voluto discutere con me il problema.

    Per la soluzione avevamo dovuto attendere pazientemente la tiepida primavera nordica e questa bruna giovane del sud.

    Non si poteva dire che era brutta, anzi mi aveva sorpreso. Ma il suo aspetto non l’avrebbe certo avvantaggiata nei rapporti interpersonali con il misogino Angelo.

    Una nuova gatta da pelare, come se già non gli bastavano le altre sei.

    IV

    Tutto in un anno

    Mi sarei preoccupata più tardi e con più calma della cena. Ora avevo un incontro al vertice.

    Un vortice di nomi mi affollarono per brevi attimi la testolina, mentre il mio team leader, David, l’altissimo, si prodigava nel farmi conoscere in mezz’ora i 64 dipendenti della Barney.

    C’era Donna, Eric, Stephanie, Nick, Thomas, Simon & Simon… La testa mi girava. Fortuna che avevano tutti nomi di Beautiful, così li avrei ricordati facilmente, anche se associarli alla persona giusta era un’altra cosa.

    Piacere Domizia! Lo proferii ben 64 volte in meno di 30 minuti, sempre con sfumature d’intonazione diversa, sorrisi più o meno accentuati e strette di mano più o meno forti, a seconda della persona che mi stava di fronte. Un record!

    Quanti volti sorridenti e quanto biondo e occhi chiari. Si respirava una tale serenità.

    Forse non c’era bisogno di lottare, ‘di sgomitare’ fra questi uffici solari ricavati da due casette dal tetto spiovente. Un vecchio mulino, mi avevano spiegato. E infatti era vicino ad un ruscello, fra alberi verde smeraldo, cespugli dai fiori giallo vivo, cigni e muretti a secco.

    Che meraviglia!

    Sembrava possibile, anzi più che umano, lavorare qui.

    E poi si passò alle cose serie: ‘l’Induction for Personnel Officers’. Così almeno diceva il fascicolo rosso consegnatomi dalla segretaria di David.

    Si era avvicinata al tavolo delle riunioni di David: Ecco il file che mi avevi chiesto David. Nora era immediatamente uscita dall’ufficio non senza prima sorridermi come a dire: Puoi respirare. Qui è permesso. Rilassati.

    E subito ci furono le navi, piccole, medie, grandi e super; il carico piccolo, medio, grande e super; le bandiere di là e di qua e il perché era più conveniente che fossero di là e non di qua; il capitano con tutti gli ufficiali sotto e sopra la coperta e dalla nazionalità di su e di giù e il perché era più conveniente che fossero di giù invece che su e bla, bla, bla … dy bla.

    Doveva essere sconsolante per il povero David istruirmi.

    Più non capivo e più forte annuivo.

    Fargli sprecare così l’intera mattinata! Con sicuramente decine di questioni importantissime da affrontare e urgentissime decisioni che solo lui poteva prendere.

    Ero seduta al grande tavolo tondo che mi aveva già visto vittoriosa contro un incomprensibile colloquio di lavoro in lingua Manx, erroneamente da me affrontato con l’aiuto di Miss Kelly insegnante d’inglese, si, originaria di Blackpool, cittadina, si, di fronte all’isola di Man, ma non sufficientemente vicina da farmi capire la voce da paperino di Chris che mi chiedeva conferma a tutta velocità:

    So you come from Italy,

    E io: Sorry?

    Al terzo tentativo, con qualche imbarazzo, l’allora sconosciuto David mi aveva spiegato che Chris era un Manx!

    Se parlano velocemente è difficile anche per un inglese comprenderli.

    Così avevo ripreso col mio discorso imparato a memoria, discorso in cui mi proclamavo: ‘Self-motivated; Enjoys a new challenge; soprattutto Bilingual; with Good time management and Sense of humor’.

    Nonostante il primo intoppo superai brillantemente l’interview, anche perché non c’erano altri concorrenti.

    ’The Head office’ è a San Ramon - Intanto David continuava la sua lezione - Seguono Manila, Mumbai e Man; tutti ‘manning offices’. Cioè ci occupiamo solo di persone, ufficiali della marina mercantile, per l’esattezza. Per la verità curiamo anche i cadetti…

    David! Povero David. Preda di un branco scatenato di sole donne, con esigenze diverse… da quelle che dichiaravano, complicate come una mandria di gatte, a volte isteriche, naturalmente, pettegole sempre, romantiche con un chilo di cioccolata sullo stomaco, ma tanto materne, quando non erano pronte a prenderlo alla gola a forza di unghiate.

    E a riempire la pentola ora c’ero io: furba come una coccinella!

    Eppure leggevo nei suoi occhi una grande fiducia nelle mie capacità di apprendimento. Fiducia che sarebbe stata scalfita se solo avesse intuito dove andavano a finire tutte le sue belle nozioni: giù, giù in un pozzo, in cui, a mala pena si sentiva il flop del suo sassolino di informazione, lanciato con tanta delicatezza e amore.

    Che fare allora?

    Studiare, era la cosa migliore da fare.

    A poco a poco qualcosa avrebbe rosicchiato la corteccia cranica e si sarebbe depositato nel mio cervello vergine, generando inizi di vita intelligente. (Proposito preso con tanto di colonna sonora de ‘Il Pianeta delle Scimmie’).

    L’ombra rossa amorevole e possessiva dell’altissimo e magrissimo team leader era Nora, un’irlandese dalla riccioluta chioma tizianesca con dei vivacissimi occhi verdi. Una bambolina, mai ferma, sempre ottimista, linguacciuta e divertente da morire. Aveva tre amori nella vita: il marito, la casa e David.

    Un’uscita a due è ciò che ci vuole Domizia! mi aveva detto un anno dopo. Su due piedi decidemmo di prenderci una serata tutta per noi e così nella sua coupé nera fiammante e molto aggressiva scorazzammo per l’isola un po’ brille di limoncello e con sullo stomaco una squisita spaghettata allo scoglio del buon ristorante italiano dall’aria di baita su a Onchan.

    Poi c’erano Amy e Liz della contabilità. Due sagome come nessuno, solo i due vecchietti del loggione nei Muppet riuscivano a stare loro dietro per umorismo.

    Amy era una bruna, dolcissima ingenua, romanticona e golosa Manx purosangue, con una bella famiglia e un nuovo compagno che le dava un po’ di pensieri. Una mamma moderna, buffa e amica. Un’amica sensibile e un’ottima ascoltatrice con una vocina da ‘Betty Boop’.

    Liz era l’esatto contrario, alta e longilinea, un tipo deciso e di poche parole. Con le figlie sistemate e il marito di una vita. Ma, oltre questa scorza dura, c’era una burlona con un bagaglio di battute da bar del porto.

    Che cosa avrà tanto da sorridere?

    Le due megere, dopo un anno, ebbero il coraggio di confidarmi che si chiesero seriamente perché me la ridessi così tanto il primo giorno e, via, via, tutti quelli successivi. Alla fine conclusero che comunque e in breve mi sarei fatta passare il disturbo, ma solo su questo si sbagliarono.

    Marianne invece era una danese, quasi tedesca per ordine e rigore. Eravamo convinte che mettesse un capello attaccato fra cassetto e scrivania così da accorgersi che qualcuno aveva ficcato il naso nelle sue cose, se non l’avesse ritrovato più il giorno dopo. Lavorava infatti part-time, per via dei due bambini, era un po’ tirchia… parsimoniosa (meglio parsimoniosa, così punterà solo alle gambe se un giorno mi rivedrà) e quando s’infuriava, masticava improperi con accento durissimo. Credo che David la temesse e un po’ tutte le davamo ragione… in sua presenza.

    Quando il suo compagno ebbe un brutto incidente con la moto, lei, che lo seguiva in sella ad un altro bolide, il giorno dopo, ci raccontò orgogliosa: sono scesa di corsa dalla mia e gli ho dato il resto.

    Mi ci vollero dodici mesi e un paio di cene rilassanti per capire che in realtà aveva solo bisogno di un uomo alla Rhett Butler, in grado di prenderla fra le sue forti braccia e stringerla, soprattutto quando era più rabbiosa.

    June, all’altro capo dell’ufficio, era la figlia del capitano Cook, marina mercantile inglese, nonché padrona di una femminilità procace e pericolosa per il misogino Angelo. Ma, ironia della sorte, erano capitati vicini di scrivania e June si divertiva a stuzzicare il nostro ascetico senior, chiedendogli con voce mielata se gradiva un tè, sussurrandogli poi, per favore, di prestarle alcuni marittimi per i suoi corsi di aggiornamento.

    Angelo, per piacere, dammi Tomsovic, solo per la durata del corso, poi te lo restituisco, come nuovo. Angelo protestava e imprecava in italiano, da bravo codardo, ma sornione se la rideva quando, superato lo zenit, il sole la imporporava mentre scalza attraversava con sinuosa traiettoria il suo campo visivo. Per mia fortuna, in meno di un anno, finimmo col diventare vicine di casa.

    Angelo mi ricordava un gattone grigio, dal pelo lungo e arruffato, raggomitolato sulla sedia della sua enorme e disordinata scrivania, dove ogni documento si perdeva per sempre. Amava solo suo figlio, che sentiva ogni giorno e gli ufficiali italiani che difendeva e proteggeva, anche quando combinavano qualche magagnetta. Spostava marittimi da un capo all’altro del mondo come Winston Churchill movimentava i suoi eserciti e

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