Lo Yoga nelle Scuole Primarie Attraverso la Danza
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Nel luglio 2007, grazie al protocollo d’intesa tra il Ministero della Pubblica Istruzione e la Confederazione Nazionale Yoga, l’antica arte meditativa e ascetica basata sulla combinazione sequenziale di posizioni (ASANA) e di riflessione spirituale legata all’ascolto del proprio respiro e ad una maggiore coscienza del proprio esistere nel “qui ed ora” come corpo e anima, entra ufficialmente nelle scuole, determinando lo sviluppo di nuovi progetti pedagogici ed educativi in grado di aiutare bambini, ragazzi ma anche adulti a ritrovare se stessi attraverso lo yoga.
Una necessità tanto più impellente quanto più virtuale sta divenendo lo spazio in cui agiscono e vivono i nostri ragazzi (non solo loro ahimè...), una società protesa verso l’immagine che scorre, la sedimentazione incontrollata degli istanti che non ci accorgiamo di vivere, una società che presta poca attenzione ai bambini in quanto bambini ma come destinatari di beni di consumo il cui advertising bombarda le loro madri.
Ivana Brigliadori
Ivana Brigliadori si occupa di teatro danza e di discipline e arti orientali dal 1980. Ha conseguito il diploma “Il teatro danza visto da vicino” coordinato da Susanne Linke e Carolyn Carlson 2005; il diploma e master “Trasformational hata yoga” Y.A.I (Yoga Alliance International) Pisa 2010 - Pondicherry (India) 2013; il master “yogaeducational” (operatore yoga nelle scuole) Bologna 2011-2013; ha frequentato la scuola di formazione insegnanti Magnanelli.
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Book preview
Lo Yoga nelle Scuole Primarie Attraverso la Danza - Ivana Brigliadori
YOGA
nelle Scuole Primarie Attraverso la Danza
(dagli asini agli Asana)
Ivana Brigliadori
YOGA nelle Scuole Primarie Attraverso la Danza
Ivana Brigliadori
Copyright Ivana Brigliadori 2013
Published by Enrico Massetti at Smashwords
All Rights Reserved
Libri, ebook, DVD, CD-mp3 e Gioielli di tango
http://tango-dancers.com
http://tango-adornos.com
ISBN: 978-1-304-86100-9
Enrico Massetti Publisher
We don’t need no education we don’t need no thought control. No dark sarcasm in the classroom! Teachers leave them kids alone!
Pink Floyd, Another brick on the wall
A mia figlia Caterina
Prefazione
Nel luglio 2007, grazie al protocollo d’intesa tra il Ministero della Pubblica Istruzione e la Confederazione Nazionale Yoga, l’antica arte meditativa e ascetica basata sulla combinazione sequenziale di posizioni (ASANA) e di riflessione spirituale legata all’ascolto del proprio respiro e ad una maggiore coscienza del proprio esistere nel qui ed ora
come corpo e anima, entra ufficialmente nelle scuole, determinando lo sviluppo di nuovi progetti pedagogici ed educativi in grado di aiutare bambini, ragazzi ma anche adulti a ritrovare se stessi attraverso lo yoga.
Una necessità tanto più impellente quanto più virtuale sta divenendo lo spazio in cui agiscono e vivono i nostri ragazzi (non solo loro ahimè...), una società protesa verso l’immagine che scorre, la sedimentazione incontrollata degli istanti che non ci accorgiamo di vivere, una società che presta poca attenzione ai bambini in quanto bambini ma come destinatari di beni di consumo il cui advertising bombarda le loro madri.
La sempre più diffusa attività informatica e l’utilizzo di modernissime strumentazioni tecnologiche necessitano di nuove chiavi interpretative per una corretta prassi nel momento di apprendimento.
L’autrice enuclea in profondità il suo progetto di inserire lo yoga nelle scuole con esempi di esercizi e pratiche che riuniscono musica, movimento, parola, insegnamento, alla scoperta di un linguaggio alternativo che emerge anche dalle numerose citazioni letterarie che hanno per oggetto il bambino, il suo sviluppo, il rapporto con insegnanti e genitori, di cui l’autrice intesse il testo più propriamente discorsivo.
In ultimo, la parte più complessa e probabilmente più delicata da mettere in pratica per l’insegnante, il momento dell’improvvisazione, della creatività infantile.
Il saggio è quindi multifunzionale
e ricco di spunti anche per riflessioni intorno alle possibili declinazioni pedagogiche dello yoga.
L’autrice mette in luce i diversi nodi del binomio yoga-scuola analizzando casi concreti e progetti da realizzare in strutture educative, con alcuni semplici esercizi individuali e collettivi in grado di catturare l’attenzione dei ragazzi non verso oggetti esterni ma soprattutto verso la loro interiorità, vissuta in termini di espressione e libertà: lo yoga diviene strumento
, materia
, esperienza
ludica e autentica.
I parallelismi tra le sequenze di ASANA e le figure di una coreografia divengono, a questo punto, necessari: una danza comporta il movimento, la coordinazione di tutto il gruppo per eseguire delle composizioni e delle immagini con il corpo e talvolta le parole. In questo senso, si esplica anche la funzione degli ASANA come strumenti direttamente collegati alla fisiologia indiana: attraverso l’assunzione di diverse posizioni del corpo (pensiamo ad esempio al Saluto al sole, il SUrYA NAMASKArA) – su sottofondo musicale e con modalità di volta in volta consigliate dall’autrice – il bambino diviene in grado di purificare i canali energetici (NADI) e di incanalare l’energia verso specifici punti del corpo ed ottenere così un notevole beneficio psicofisico. Gli ASANA sono inoltre arricchiti con MUDrA (gesti simbolici delle mani), PrANAYAMA (tecniche respiratorie) e MANTrA (suoni), allo scopo di modificarne o potenziarne gli effetti.
Un saggio utile ed esauriente per coloro che intendono avvicinare i propri bambini o allievi allo yoga e che vogliono scoprire le mille possibilità di una proposta culturale fortemente legata al corpo e alla mente del bambino.
Valentina Corsino
L’educazione e il bambino oggi
Oggi i meriti o le colpe nel mondo dell’educazione vengono imputati alla tecnica e il bambino è al centro della discussione in ambito educativo tra sostenitori e detrattori dei nuovi strumenti a base digitale, è al centro di una descrizione fenomenologica delle potenzialità offerte dai nuovi mezzi, operata secondo chiavi di lettura che sembrano imputare tutti i pregi e tutti i limiti alle macchine stesse, come se esse si muovessero nel vuoto, come se non avessero padri e figli, produttori e utilizzatori.
A ben vedere, questo stesso atteggiamento diventa teoria e pratica di deresponsabilizzazione.
Si prevedono catastrofi, per prevenire le quali non ci si sforza comunque di individuare terapie.
Per esse, in sintesi, i computer uccidono i libri, meccanizzano la creatività, banalizzano l’intelligenza; ma si potrebbe rispondere che il disamore per la lettura e il fallimento della scuola nella promozione presso tutti gli allievi di strumenti adeguati di criticità culturale e di originalità espressiva sono fenomeni che hanno preceduto di gran lunga il computer.
Le colpe sono state addossate di volta in volta allo sport, ai fumetti, alla televisione, alla troppa bambagia per i bambini del benessere, ma sembra anche che chi usa il computer legga sempre più libri e chi non l’ha o non l’usa, legga meno.
Sono finiti i tempi del libro da prendere in prestito in biblioteca e aspettare con ansia che venga restituito al più presto possibile il libro del cuore, per poterlo avere finalmente per un mese nelle proprie mani e magari fargli la copertina con la carta da giornale.
Si profetizzano anche paradisi formativi nei quali le nuove macchine rendano possibile al singolo individuo accedere facilmente a modalità di informazione e comunicazione di potenza formidabile, ma si può anche controbattere che non basta poter navigare, occorre anche averne motivazione e competenza, non basta poter comunicare, occorre anche aver qualcosa da dire.
Inoltre, quanto più diventa vero che il medium è il messaggio, tanto più la cultura e il potere si accentrano nelle mani dei veri padroni del medium, che non sono mai, nonostante le apparenze, i semplici utilizzatori.
Meno discusso appare il tema fondamentale del trattamento dei contenuti, come se il problema non esistesse.
Il risultato rischia di essere quello di riproporre, sostenuti da uno splendido e profondamente innovativo apparato tecnico, i peggiori modelli didattici della scuola tradizionale: quelli più nozionistici e meno partecipativi, quelli più selettivi nelle procedure e meno convincenti sul piano delle competenze perseguite.
Complessivamente, si tratta di rivendicare la superiorità del modello educativo rispetto al modello tecnologico, il secondo dovrebbe essere ricondotto al servizio del primo attraverso la riaffermazione della necessaria subalternità dei mezzi rispetto ai fini.
occorre, in altri termini, rimpadronirsi del modello interpretativo che viene inconsapevolmente acquistato assieme a macchine e a programmi che non a caso oggi definiamo tecnologie, mentre dovrebbero essere solo strumenti e tecniche.
È probabilmente un disegno ingenuo, come quello della formica che sulla testa dell’elefante pretende di guidarlo; d’altra parte, l’idea stessa di educazione è inevitabilmente ingenua e trova in questo la sua vera forza positivamente rivoluzionaria.
A Dream!
There should be somewhere upon earth a place that children would be able to grow and develop integrally without losing contact with their souls. Education would be given, not with the view to passing examinations and getting certificates and posts, but for enriching the existing faculties and bringing forth new ones. Education will be based on what we hope to receive from the future, not, on what we know about the past. What we want to teach is not only a mental idea, it is a new idea of life and a realization of consciousness.
(The Mother)1
Un sogno, una scuola dove i bambini non sono costretti a stare seduti cinque o sei ore al giorno su sedie che non rispettano l’anatomia del loro corpo, schiene che per sopravvivere sbandano da tutte le parti: chi sta di traverso, chi appoggiato su un gomito, chi sull’intero braccio, chi su un solo gluteo, con lo sguardo rivolto all’orologio o alla porta o alla finestra a significare il desiderio di fuggire.
Corpo pranico ed emozionale soppresso, come se fosse un tentativo (ma da parte di chi?) di bloccare il mondo immaginativo, psichico e fisico del bambino a favore di una educazione forse un po’ desueta: troppe informazioni, troppe nozioni.
Un sogno, una scuola dove la tecnica non uccida il