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Un Tango per Te
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Un Tango per Te

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About this ebook

Nella Buenos Aires di inizio XX secolo un giovane europeo, nato e cresciuto in un ambiente tradizionalista, si trova suo malgrado a confrontarsi con un nuovo mondo ed una nuova vita, scoprendo la molteplicità dell’esistenza umana, anche della sua. E’ la nascita dei suoi grandi amori: una donna “difficile” ed il tango. Entrambi segneranno la sua esistenza in modo indelebile.

“Un tango per te” nasce, oltre che dalla passione per il tango dell’autore, dalla sua speranza di scrivere un piccolo libro di quella piccola storia costituita dalla vita del popolo, solitamente trascurata negli ambienti scolastici.

La Valle d’Aosta, terra di origine dello scrittore, é stata terra di emigrazione: Francia (soprattutto nella periferia di Parigi), Svizzera, Belgio, terre francofone come la Valle d’Aosta di un tempo. Poco o nulla si sa dell’emigrazione verso destinazioni extraeuropee che non siano gli Stati Uniti o l’Australia.

“Un tango per te”sorge da un tentativo di ricerca in questa direzione, tentativo che non ha un buon esito. Così l’autore ha deciso di romanzare ciò che sognava di scrivere, documenti alla mano. Il libro racconta la storia di un giovane valdostano che capita nella Buenos Aires del 1899-1900 con un balzo non solo geografico poiché si ritrova in una cultura completamente diversa.

Naturalmente non manca una storia d’amore contrastato e sofferto che si intreccia con un sottile erotismo d’altri tempi.

E poi c’é il tango che all’epoca della vicenda descritta nel breve romanzo, stava muovendo i primi passi nei quartieri popolari della capitale argentina. Sono le note dei primi tanghi a ritmare i momenti più forti nella vita dei protagonisti: in parte creati dall’autore e in parte presi dalla storia di questa danza che sovente non é storia ma leggenda.

LanguageItaliano
Release dateMay 30, 2014
ISBN9781312025561
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    Un Tango per Te - Maurizio Bergamini

    Maurizio Bergamini

    romanzo

    2014 Maurizio Bergamini


    Seconda Edizione ebook


    Massetti Publishing

    UN TANGO PER TE

    Maurizio Bergamini

    Copyright Maurizio Bergamini 2014

    Published by Enrico Massetti

    All Rights Reserved

    Libri, ebook, Video, CDs, MP3 di tango:

    http://tango-dancers.com

    La vicenda narrata in questo libro attinge liberamente dall’epistolario mai ritrovato del protagonista e dal suo ipotetico diario intimo. Tutto il resto è frutto dell’immaginazione dell’autore.

    1

    Posò la penna nell’apposito incavo del calamaio non senza una certa soddisfazione; guardò il foglio di carta azzurrina zeppo dei segni che aveva appena tracciato e si domandò se fosse il caso di fare qualcosa per accelerare l’asciugatura dell’inchiostro. Poi però restò lì, come incantato, ad ammirare la propria opera: aveva in mano la prima lettera dalla sua nuova vita, da un altro mondo, dall’America!

    Quanto tempo era passato da quel 27 novembre?

    Non aveva più importanza ormai, così come non interessava più a nessuno la morte di quell’uomo in una via qualsiasi di una città dell’Italia del nord: Torino, antica capitale ed ora da pochi decenni retrocessa a provincia decentrata, che solo grazie all’affetto del re manteneva una qualche rilevanza nelle cronache mondane. Quindi a chi poteva importare ormai la morte di un ufficiale certamente gradasso e spaccone?

    Molto di più lo tormentava il ricordo della signorina Clarissa, così giovane e per questo tanto ingenua da lasciarsi corteggiare da un simile esemplare in divisa da ufficiale del Regno. Del Regno d’Italia, poi!

    Eppure lei sapeva del suo amore; sapeva che quel giovane studente di giurisprudenza non aveva occhi che per lei. E lei lo incoraggiava ridendo delle sue maldestre uscite, accompagnate da quel buffo accento un po’ francese ma non proprio, che forse, altrove, magari in quel sud così sconosciuto e lontano, poteva suonare bello ed esotico, ma lì a Torino era indice inequivocabile di rozzezza montanara.

    Di dove poteva essere quello studentello? Dell’entroterra cuneese? Della misteriosa Val d’Austa? O magari un barbetto delle valli Chisone e Germanasca?

    Non aveva sbagliato, la Clarissa: evidentemente era una ragazza che la sapeva molto più lunga di molte altre donne, anche più vecchie di lei. Forse lo stare a bottega con i genitori le permetteva di raccogliere voci e pettegolezzi ed imparare così, un po’ per sentito dire, come funzionava il mondo al di là delle poche vie della vecchia Torino che le era permesso di frequentare sotto la vigile scorta della sua affezionata balia, Clementina, che ormai vigilava su di lei da ben sedici anni! E poi c’erano tutte quelle signore eleganti che passavano in negozio a provare i gioielli che suo padre faceva arrivare da Valenza, ma anche da più lontano: da Napoli o da Firenze, città famose, un po’ misteriose, che solo qualche decennio prima si trovavano all’estero.

    Ma in fondo che importava cosa pensava Clarissa?

    Con i suoi sedici anni poteva permettersi di civettare con chiunque le dimostrasse interesse. Non è così che fanno le giovani donne per mascherare i loro veri sentimenti e contemporaneamente mettere alla prova la costanza dei loro spasimanti?

    E lui c’era cascato.

    Magari avrebbe anche accettato di avere uno o più rivali. Fa parte delle schermaglie d’amore. Invece quella sera la seguiva a non troppa distanza, e come lui anche quell’ufficiale, che invece fu tanto intraprendente da abbordarla per strada, Clementina o non Clementina!

    La ragazza sembrava nervosa e guardava in giro in cerca di comprensione, come dire: «Non è colpa mia! Non l’ho incoraggiato io... Che posso fare?».

    Jean-François, studente in giurisprudenza, valdostano timido e riservato colse quello sguardo e cercò disperatamente una scusa per irrompere in quella conversazione e dare modo alle due donne di allontanarsi indisturbate. Fatica inutile. Non ci fu bisogno di nessuna scusa: il soldato le prese un braccio. Lei si ritrasse prontamente, a testimonianza che un simile atteggiamento non poteva essere accettato da una signorina perbene come lei. Ma tanto bastò a fare scattare il giovane a soccorso dell’onorabilità dell’amata.

    Poi parole in libertà. E quell’idiota (perché anche i militari sanno esserlo) che mise mano al fianco, pronto ad estrarre la sua sciabola d’ordinanza. Il montanaro era sì un aspirante giurista, ma le mani erano quelle della sua razza, le braccia potenti.

    E quando si colpisce per far male non si bada a spese.

    2

    La lama restò nel fodero. A ben vedere, tutto del militare restò composto, salvo alcuni lembi di pelle bluastra in un paio di punti del volto e quel collo piegato in maniera così poco naturale, frutto del contraccolpo ricevuto dal profilo di un gradino di pietra, così poco gentile da trovarsi proprio in direzione delle vertebre del malcapitato che stava cadendo al suolo, già privato dei sensi da un paio di sonori e popolari cazzotti. Un filo di sangue rosso scuro uscì dal naso dell’ufficiale a conferma che le sue pretese di vita nobile e brillante stavano definitivamente colando via.

    Il buio dei vicoli non era mai stato così invocato ed un largo giro per la vecchia Torino non poteva che risultare rassicurante: nessuno era stato così malevolo nei suoi confronti da rincorrerlo o anche solo seguirlo. Ma fino a quando poteva garantirsi l’anonimato? Clarissa avrebbe certo confessato tutto al primo interrogatorio; e se non lei, l’avrebbe fatto Clementina. Glielo si sarebbe letto in faccia, che sapevano qualcosa di quel morto! Forse non sarebbero andate a denunciarlo di loro iniziativa per paura dello scandalo che ciò avrebbe comportato, ma di certo se il più stupido investigatore avesse incrociato il loro sguardo avrebbe letto sui loro volti il panico di chi sa tutto e non vuole essere compromesso. Come dire: il terrore di chi sa di dover confessare di lì a poco.

    Jean-François non voleva ammetterlo neanche a se stesso: era perduto. Poteva solo attendere che i gendarmi raccogliessero un paio di testimonianze e lo venissero ad arrestare. La vittima era di certo di famiglia sufficientemente influente da indurre il tribunale a calcare la mano nei suoi confronti: nella migliore delle ipotesi avrebbe dovuto rallegrarsi se riusciva a scansare la forca. Qualche idea su come funzionavano certe cose se l’era fatta nei corridoi della facoltà.

    Il pensiero corse ovviamente alle sue montagne natie, ma certo quello era il primo posto dove la polizia avrebbe cercato di inseguirlo. Serviva un altro piano, ed anche in quello che escogitò in tutta fretta i monti erano l’unica speranza. Bisognava arrivarci, però.

    Per questo non perse tempo: un montanaro che si rispetti ha sempre il proprio zaino a portata di mano e questa volta andava riempito per bene. Un po’ di cibo, il vestito buono (quello per recarsi a lezione), una coperta, il coltello a serramanico, un pentolino di rame stagnato, tabacco, zolfanelli, i soldi affidatigli dal padre e gelosamente conservati in un barattolo con la scritta caffè. Poi via in strada prima che potesse arrivare l’alba.

    I suoi passi lo portarono in vista della chiesa della Gran Madre. Sarà stato per essersi raccomandato a lei o per la sua prudenza nel non viaggiare se non di notte, ma in pochi giorni fu a Bellino, tra le Alpi cuneesi.

    Là viveva Anièce, la sua vecchia balia, maritata con un ex sergente degli alpini, che con il matrimonio l’aveva portata al suo paese natio, strappandola alla sua Valle d’Aosta. Erano diversi anni che le loro vite si erano separate, ma la corrispondenza non era mai cessata e la famiglia del notaio di Châtillon aveva sempre aiutato quella della buona balia del loro primogenito: qualche soldo, perché in montagna non gira moneta, un pacco a Natale ed a Pasqua con i vestiti ed i giochi smessi dai figli ed infine, per Jean- Paul il quasi coetaneo di Jean-François, la lettera di raccomandazione per essere assunto come garzone nella bottega di certi parenti a Nizza.

    Chi mai l’avrebbe cercato proprio lassù? Era sicuramente un buon posto per far sparire le proprie tracce. Poi avrebbe escogitato un nuovo piano.

    3

    Buenos Aires 15 septembre 1899

    Mon cher père, ma chère maman, mes frères et soeurs,

    J’imagine la peine que je vous ai donné.

    Vos journée auront été bien tristes et angoissées. Les miennes l’étaient autant. Je me trouve en bonne santé et, après ces mois de silence, j’espère que vous aussi vous vous portez tous bien. J’ai beaucoup prié le Bon Dieu qui vous puisse aider dans cette épreuve et aussi Notre-Dame de Guérison, souveraine de notre village, pour que la santé et le courage vous soutiennent.

    A présent vous connaissez le malheur qui m’a frappé par mon insouciance. Anièce vous a certainement mis au

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