

La lira fu strumento prediletto dal solare dio greco Apollo, che però torna anche nel mito cupo di Orfeo, che con il suo canto ammansisce le belve e commuove le divinità degli Inferi.
«Dal tamburo mangiai, dal cembalo bevvi…». È un passo tratto da L’errore delle religioni pagane del polemista cristiano Giulio Firmico Materno (IV secolo), celebre nell’età tardoimperiale romana. Il testo era una dura condanna dei culti sacrificali pagani che alimentavano superstizioni e idolatrie, mentre il solo cibo capace di donare vita, salute e di rendere immortali non poteva essere che il corpo di Cristo, assunto nell’Eucaristia. Quel passo è anche il titolo di una raccolta di scritti di Elémire Zolla, figura complessa di studioso e saggista di fama internazionale, che fra i molti interessi non trascurò il tema dei rapporti fra musica e spiritualità. La formula evoca un rito misterico in cui si mescolano elementi materiali – per il nutrimento del corpo – e altri di carattere spirituale. Come notava Zolla:
«Tamburo e cembalo sono pelli di animali sacrificati la cui voce vibrante si trasforma in alimento quindi in forza procreatrice. La vita spirituale è infatti l’opposto dell’istinto di conservazione, che esige il cibo come necessità primaria»
Il suono, nelle sue molte manifestazioni, terrificanti o salvifiche, è da sempre connesso all’atto creativo, in ogni mito di creazione, persino nella versione scientifica del Big Bang, che forse non a caso è “bang” e non “flash”. In principio fu soffio e verbo divino ma anche battito del cuore,