

ttraverso i millenni, gli alpeggi hanno sempre conservato la loro funzione. L’uomo ha iniziato a salire sui pascoli di montagna con i suoi animali, più o meno 6.000 anni fa. Ha capito che in estate le erbe migliori, più fresche e ricche, si dovevano cercare in alto, lì dove la neve sciolta dell’inverno nutriva i prati d’altura. Millenni dopo, nel Medioevo, le genti della di legno. Il suono dei campanacci delle Valdostane ci fa da colonna sonora. È un uomo grande e grosso, sorridente e fiero, ma ancora capace di emozionarsi quando racconta la sua storia. «Anche mio papà veniva a lavorare in questi alpeggi ed è qui che ha incontrato la mamma. Io, fino all’età di 20 anni, sono stato qui, ad accudire gli animali. Si faceva una vita grama, e così, un giorno, ho detto a mio padre che andavo via. Ma lì, mio padre si è messo a piangere e così, non ce l’ho fatta. Sono rimasto. Ho cominciato a vendere formaggi, poi ho imparato a fare il casaro». Nel tempo Roberto è diventato un imprenditore agricolo, e qualche anno fa è riuscito ad acquistare gli alpeggi dove è cresciuto. Bellissima la cantina dove stagiona i suoi formaggi. Pietra, legno, una cascata d’acqua all’interno che mantiene costante la temperatura tutto l’anno. Romina, invece, si occupa della gestione della (nome con cui si indica il fabbricato dell’alpeggio nel dialetto valdostano ), un agriturismo a 2.000 metri dove assaggiare tanti prodotti locali. I ricordi, però, sono i veri protagonisti.