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LE 50 CANTINE TOP DELL'ANNO

È un panorama sempre più ricco e sfaccettato, quello enologico italiano. A guardarlo con la lente di ingrandimento si mettono a fuoco centinaia di vitigni, migliaia di terroir, un’infinità di storie e di filosofie produttive, anche diametralmente opposte. Del resto l’Italia è la terra della diversità e nella nostra ormai consueta selezione delle migliori 50 cantine dell’anno cerchiamo di evidenziare e celebrare questa straordinaria pluralità. Come abbiamo dunque scelto le aziende che troverete nelle prossime pagine? Senza pregiudizi di sorta né vincoli geografici o stilistici, innanzitutto. E poi tenendo conto di quattro criteri fondamentali: la capacità di fare innovazione senza tradire l’identità del territorio, di seguire buone pratiche agricole nel segno della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale, di esportare con successo le proprie bottiglie e valorizzare il Made in Italy nel mondo, di offrire un’esperienza enoturistica sempre più curata e sartoriale. C’è un quinto criterio che abbiamo adottato, che potremmo chiamare del coup de coeur, e che riguarda i vignaioli e le imprese che ci hanno emozionato, attraverso la bontà dei loro vini e il valore del loro percorso umano. Per ogni cantina abbiamo indicato anche un’etichetta, volutamente senza un’annata precisa. Sono quelle che idealmente sintetizzano al meglio il paradigma produttivo o – molto più semplicemente – che ci piacciono di più.

ALLEGRINI

ALOIS LAGEDER

ARNALDO CAPRAI

BELLAVISTA

BERTANI CA’ DEL BOSCO

CANTINA KURTATSCH

CANTINA TOLLO

CANTINE FERRARI

CANTINE FINA

CANTINE LUNAE

CASA SETARO

CASTELLO DI AMA

CERETTO CHIARA CONDELLO

CLAUDIO QUARTA

VIGNAIOLO

DAMIANO CIOLLI

FAMIGLIA COTARELLA

FATTORIA DEI BARBI

FATTORIA LE PUPILLE

FLORIO FORADORI

GRAVNER

GUIDO BERLUCCHI & C.

J. HOFSTÄTTER

KELLEREI KALTERN

LA COLLINA DEI CILIEGI

LA STAFFA

LAMOLE DI LAMOLE

LE MACCHIOLE

LUNGAROTTI

MARCHESI DI BAROLO

MASCIARELLI

MASI

MICHELE CHIARLO

MORA&MEMO

MOSNEL

PICO MACCARIO

PIEROPAN

PIO CESARE

PLANETA

PODERE FORTE

QUINTODECIMO

RUGGERI

SALCHETO

SAN FELICE

SPECOGNA

TASCA D'ALMERITA

VENTURINI BALDINI

VIETTI

ALLEGRINI

FUMANE (VERONA)
allegrini.it

Già nel XVI secolo i documenti attestano il ruolo preminente della famiglia Allegrini nella comunità dell’area oggi identificata come Valpolicella e ne confermano le ampie proprietà terriere. L’uomo che ha impresso una svolta nel mondo del vino è Giovanni Allegrini, che ancora giovanissimo perfeziona l’arte della vinificazione agendo con rigore nella selezione delle uve e introducendo alcune importanti innovazioni in ambito vitivinicolo ed enologico, così da contribuire in modo significativo alla rinascita della zona. Quando le redini della cantina passano nelle mani di Walter, Marilisa e Franco, in poco tempo Allegrini raggiunge riconoscimenti internazionali e si afferma sui mercati di mezzo mondo, a partire dagli USA. La famiglia vive da generazioni nel borgo di Fumane, nella Valpolicella Classica, dove possiede circa 150 ettari di vigneti tra i comuni di Fumane, Marano, San Pietro in Cariano e Sant’Ambrogio di Valpolicella, tutti collocati in media e alta collina. A Giovanni Allegrini si deve il recupero del vigneto Palazzo della Torre — sui terreni che circondano la rinascimentale Villa della Torre, oggi un relais dalle atmosfere incantate — le cui uve dal 1978 vengono destinate alla produzione di un solo vino. Il Palazzo della Torre risulta dunque uno dei primi e più importanti cru della Valpolicella e d’Italia e nel 1990 conosce una rivoluzione firmata da Franco Allegrini, nota come “doppia fermentazione”. Giovanni firma anche l’acquisto e la completa ristrutturazione del vigneto La Grola, prestigiosa tenuta dalla quale oggi provengono due tra i vini migliori e più rappresentativi della filosofia Allegrini: La Grola e La Poja. A partire dagli anni Duemila, intuendo una tendenza oggi accelerata dal cambiamento climatico, l’azienda lavora per innalzare l’altitudine media dei terreni, dando vita ad ambiziosi progetti di impianti rinnovati: Fieramonte, a circa 430 metri sul livello del mare, e Villa Cavarena che, con i suoi 500 metri di altitudine, è uno dei vigneti più alti della Valpolicella Classica. Contestualmente sono stati vitati appezzamenti a Marezzane, all’Oasi di San Giacomo (dove si incrociano le Doc Soave e Valpolicella), a Monte dei Galli e all’Oasi Mantellina nell’area del Lugana. La sostenibilità è parte integrante della filosofia aziendale. Oltre ad aver adottato il metodo Simonit&Sirch per allungare la vita dei vigneti, dal 2017 Allegrini è riconosciuta Biodiversity Friend e dal 2019 ha ottenuto la certificazione Equalitas, che valuta l’impatto ambientale su tutta la filiera.

AMARONE DELLA VALPOLICELLA CLASSICO RISERVA DOCG FIERAMONTE

Per molto tempo vessillo enologico dell’azienda, ma anche archetipo della denominazione, questo Amarone valorizza le uve autoctone — corvina veronese, corvinone, rondinella e oseleta – e passa attraverso un lungo affinamento tra barrique, botte grande e poi bottiglia.

ALOIS LAGEDER

MAGRÈ SULLA STRADA DEL VINO (BOLZANO)
aloislageder.eu

Tutto è interconnesso. Muove da questa premessa l’approccio di Alois Lageder alla viticoltura e al vino. «Un microcosmo come un vigneto – spiegano dalla tenuta di Magrè – è soggetto a molti influssi: le proprietà del suolo, le persone che ci lavorano, ma anche l’andamento climatico del pianeta e i movimenti dei corpi celesti. Tutti questi elementi sono legati indissolubilmente fra loro e si esprimono nella qualità e nella peculiarità dei nostri vini». Lageder è stato tra gli alfieri della biodinamica in Alto Adige e la tenuta – fondata nel 1823 e oggi gestita dalla sesta generazione – si è distinta per un approccio trasversale e interdisciplinare basato sull’idea di creare un equilibrio tra vino e consapevolezza, tra natura e produzione. Helena e Alois Clemens Lageder hanno preso il timone della tenuta nel 2021 e pur lavorando in continuità con le linee tracciate dai loro antenati e mantenendo un focus sulla ricerca di un bilanciamento tra uomo e natura in ambito vitivinicolo, i due fratelli hanno impresso un’accelerazione alla progettualità interdisciplinare. La creazione di un istituto per la ricerca in materia di agricoltura biodinamica è una novità degli ultimi anni. E per entrambi, cresciuti a pane e olismo, la centralità della persona è la cifra di ogni nuovo progetto. Dopo aver convertito tutti i vigneti di proprietà della famiglia all’agricoltura biologico-dinamica, da diversi anni i Lageder si stanno adoperando per convincere anche i propri conferitori a fare altrettanto – ad oggi sono al 50% della superficie vitata in bio o in conversione. Un obiettivo importante ed espressamente dichiarato è anche la continua crescita qualitativa. «Siamo convinti – dicono – che anno dopo anno dovremo e vorremo migliorare la qualità dei nostri vini, magari riscoprendo alcune tecniche tradizionali come la macerazione sulle bucce o a grappolo intero nella produzione dei bianchi, e lavorando con vitigni antichi o atipici». L’azienda investe anche sulla sostenibilità dell’intero processo, dalla vigna al consumatore, e da due anni i vini sono confezionati con carta e sughero naturale senza capsula o tappo a vite, puntando a rinunciare completamente al metallo e ad altri materiali difficili da riciclare. Un approccio green che ha fatto un passo oltre con la nuova bottiglia (in stile Borgogna) alleggerita per arrivare a 450 grammi, con un consumo di vetro passato da 512 a 425 tonnellate. È stata battezzata Summa e non è stata brevettata proprio per motivare altri viticoltori ad adottarla.

LÖWENGANG UVAGGIO STORICO

Neonato in casa Lageder, il Löwengang (dall’omonima tenuta) nasce da un uvaggio di carmenère, cabernet franc, cabernet sauvignon e petit verdot. Dopo la fermentazione spontanea con diverse percentuali di grappolo intero, matura in botti grandi e piccole, affinando poi in bottiglia. È un vino robusto dal bouquet intenso, che pur ammorbidito dal legno mantiene il vigore del frutto.

ARNALDO CAPRAI

MONTEFALCO (PERUGIA)
arnaldocaprai.it

Tutto si può dire, tranne che Marco Caprai non abbia fiuto e capacità di interpretare il futuro. Alla fine degli anni 80, giovanissimo, ha preso in mano l’azienda agraria di famiglia, lanciandola verso traguardi inimmaginabili. Risultati figli di una visione che oggi appare evidente, all’epoca capace di un salto temporale che ha letteralmente cambiato la storia di un territorio, oltre che della sua impresa. Al di là delle primogeniture sul Montefalco sagrantino “secco”, che in alcuni rari casi era sicuramente stato già prodotto, si deve a questa realtà l’operato per sdoganarlo sul panorama nazionale e internazionale. Attraverso un’intuizione, dicevamo, coltivata con impegno imprenditoriale, ricerca, sperimentazione e volontà di superare ogni limite. Dopo anni di attività, le sfide non sembrano ancora finite, in un moto perpetuo che alza di continuo l’asticella e fissa nuovi obiettivi. Da una parte c’è la convinzione di poter migliorare ancora il livello dei vini, a cominciare dal Sagrantino, attraverso un approccio tecnico che sta facendo evolvere lo stile della casa, nel segno di un equilibrio e di una finezza sempre maggiore. Dall’altra le attività, avviate in tempi non sospetti, rivolte alla sostenibilità sociale, economica e ambientale. Non semplici slogan ma metodi misurabili e dai risultati concreti, come dimostrano le numerose certificazioni, con un chiaro approccio scientifico di base. Da sottolineare l’annuale bilancio di sostenibilità, figlio di un lavoro iniziato da diversi anni, che garantisce pratiche agronomiche virtuose in grado di dare i loro frutti nel tempo. Il tutto senza dimenticare l’attenzione all’accoglienza, sempre più importante e premurosa, in un territorio ad alta vocazione turistica come l’Umbria, e la minuziosa dedizione ai mercati internazionali. Un obiettivo duplice che sottende le strategie di sempre: attrarre più e più visitatori, far crescere il brand e far viaggiare i propri vini in giro per il mondo.

MONTEFALCO ROSSO DOC VIGNA FLAMINIA MAREMMANA

Non solo sagrantino: Montefalco dimostra di avere diverse carte da giocare, a partire dal “Rosso”. Il Vigna Flaminia Maremmana, dal nome della parcella da cui provengono le uve, matura 14 mesi in barrique e dimostra grande equilibrio in tutte le sue componenti. Profuma di frutta rossa e i fiori abbracciano sensazioni speziate.

BELLAVISTA

ERBUSCO (BRESCIA)
bellavistawine.it

Un popolo di santi, poeti, navigatori: questi sono storicamente gli italiani ma, se pensiamo all’azienda Bellavista e al suo fondatore Vittorio Moretti, dovremmo aggiungere sicuramente che il nostro bel paese è terra anche di grandi imprenditori visionari, che in pochi anni riescono a trasformare in oro ciò che inizialmente era poco più di un hobby. La viticoltura e il vino di qualità erano sicuramente tra le sue passioni, tanto che agli inizi degli anni 70 cominciò ad acquistare terreni e vigne in Franciacorta nei pressi di Erbusco, località che conosceva bene perché là da bambino trascorreva i mesi estivi aiutando nei campi i nonni materni di origine contadina. Moretti in quel periodo era un importante imprenditore edile che, comprando dieci ettari sulla collina Bellavista — così chiamata per lo splendido panorama che dal lago d’Iseo arriva fino catena delle Alpi — aveva il solo obiettivo di produrre vino di pregio per gli amici e i clienti della società di costruzioni di Milano, città dove aveva vissuto nei vent’anni precedenti. Nel 1976 avviene la svolta: dopo una visita in Champagne, decide che la sua passione deve trasformarsi in altro e l’anno successivo fonda l’azienda Bellavista, proprio per produrre grandi spumanti Metodo Champenoise in grado di concorrere con gli Champagne che aveva assaggiato poco prima. Per centrare l’obiettivo si dota di un patrimonio tecnico e umano di alto livello, grazie alla consulenza prima dell’enologo francese Louis Chaumont, a cui seguì all’inizio degli anni 80 Mattia Vezzola, il cui contributo è stato determinante per la definizione dello stile della cantina.Oggi, grazie alla lungimiranza di Moretti, che anno dopo anno ha acquistato nuovi vigneti e costruito una cantina moderna in una vecchia fornace dismessa, l’azienda guidata da Francesca Moretti – che nel 2020 è diventata presidente di Terra Moretti Vino, lasciando il ruolo di amministratore delegato a Massimo Tuzzi – può contare su oltre 200 ettari di vigna: un mosaico composto da circa 107 appezzamenti distribuiti tra dieci comuni, capaci di regalare variazioni geologiche e climatiche a cui attingere in maniera sartoriale. Nelle tenute di proprietà, i tipi di suoli sono addirittura 64, in rappresentanza di tutte e sei le unità di paesaggio della Franciacorta. Un vero e proprio tesoro di biodiversità che ritroviamo in fase di creazione delle cuvée, dove l’azienda arriva a disporre di una rosa di circa cento vini base, ognuno espressivo di un particolare terroir, dai quali poi nascono i Franciacorta che per finezza, equilibrio ed eleganza forgiano da sempre l’inimitabile stile Bellavista.

FRANCIACORTA DOCG PAS OPERÉ

Questa cuvée non dosata, frutto di un blend di chardonnay e pinot nero provenienti da vigne di almeno 30 anni e da una scelta di 40 selezioni vendemmiali, rappresenta uno dei vini più iconici della cantina di Erbusco. Rigore, essenzialità e stile sono le parole d’ordine per un Franciacorta per molti ma non per tutti.

BERTANI

GREZZANA (VERONA)
bertani.net

C’è chi rimane con i piedi per terra e mantiene salda una visione lungimirante, chiara e testarda, anche quando le mode vanno e vengono e i mercati e i gusti cambiano. Una delle aziende che meglio rappresenta la classicità in questo senso, senza mai diventare noiosa, è sicuramente Bertani. La cantina nasce nel 1857 per mano dei fratelli Giovan Battista e Gaetano Bertani a Quinto di Valpantena, a nord di Verona, scrivendo da subito la storia dell’Amarone. Un vino che per molto tempo è rimasto una nicchia di eccellenza, anche se scarsamente considerato dal grande pubblico. Negli anni 90 arriva il successo e il riconoscimento e quella che era una punta di diamante conquista lustro internazionale.

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