Mistero Magazine

I colossi del FÜHRER

Nel momento in cui il desiderio di potere abbraccia il sadismo, in cui si ritorna allo sfruttamento del puro cervello rettiliano perché la propria vita è in continuo pericolo – nel momento della guerra, insomma – viene elevato alla massima potenza l’omicidio di massa legalizzato che ci fa contare i cadaveri non più a partire da 1, 10 o 100, bensì da 1000, 10 mila o 100 mila. In alcuni casi, poi, gli aggressori non si accontentano più di scontri locali all’interno di un continente, e così la guerra diventa mondiale.

Come vedremo in seguito, nel caso in esame più che in molti altri lo stesso principio di gigantismo va applicato anche ad attività come il furto: per i soldati agli ordini degli alti comandi non si tratta più di trafugare piccole opere, per quanto preziose, ma intere gallerie d’arte, e all’interno di esse imponenti dipinti, bronzi o marmi che in tempo di pace la mente del ladro di mestiere non sfiorerebbe neppure nelle sue fantasticherie più megalomani. Allo stesso modo, quando la follia programmata sale al potere con i totalitarismi, si possono vedere profumatamente finanziate le ricerche più pazze e figlie d’una mania di grandezza illimitata, come per esempio quelle che il nazismo affidò all’Ahnenerbe a proposito delle presunte origini ariane dei tedeschi.

In tempi appena successivi, dopo il crollo delle dittature di estrema destra in Germania e in Italia, infine, si potrà andare alla ricerca dei tesori prodotti a loro volta da quegli stessi regimi che reggono il confronto quanto a monumentalità e leggenda, per esempio con i cherubini di cinque metri che sarebbero stati collocati (almeno) nel Tempio di Salomone a protezione dell’Arca dell’Alleanza. Uno di questi tesori è rappresentato dai cavalli scolpiti da Josef Thorak nella Germania hitleriana: anche letteralmente, come si capirà meglio dalla loro descrizione, essi possono fronteggiare persino i minacciosi tori mesopotamici di pietra esposti al Louvre. Si tratta infatti di due bronzi che misurano ciascuno oltre tre metri d’altezza, verosimili fin nel più piccolo muscolo e nel più minuto dettaglio, precisati con maniacalità tutta nazista tenendo sott’occhio la prosa del libro di anatomia equina più che la poesia della stilizzazione artistica. La loro scala sovradimensionata ossequia le smisurate statue immaginate (ma non realizzate) da Hitler e Speer: «(A. Speer, ). Si cercherebbe invano nei cavalli, oppure nelle altre statue antropomorfe degli scultori del nazismo, anche solo qualche tratto che ricordi, sia pure alla lontana, le avanguardie novecentesche: semmai quel che sgomenta in esse è esattamente il contrario, la mancanza di espressione, il “bell’anonimato” mastodontico che ritraggono. Proprio quanto piace così tanto al popolo più analfabeta in fatto d’arte: la maestria tecnica al servizio del nulla estetico, che comunque – parliamoci chiaro – ha un suo fascino nascosto e inconfessato anche per gli intellettuali.

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