
uando penso al silenzio, di solito, una delle immagini che più mi si affaccia nella memoria è quella di mio padre che, seduto in cucina dopo un litigio con mia madre, guarda lo schermo della televisione spenta. «Papà, che cosa fai?» gli chiedo io dal basso dei miei nove anni. «Guardo la tv», mi sorride sempre lui. La frase è così concettualmente esatta che non potrei mai ribattere. E io mi siedo lì con lui, a guardare la tele spenta in quel silenzio ovattato. Era in silenzio che si concludevano i litigi tra i (disponibile digitalmente dal 4 marzo). Come se ci si rivolgesse a un vecchio amico, uno di quelli pronti a supportarci e a tirarci su quando le cose non vanno come devono: è questo il Silenzio a cui scrivono gli Aerialis. Un silenzio che ricorda quello raccontato dai Depeche Mode più di trent’anni fa. Quel silenzio che, dopo tutta una serie di parole che fanno male, arriva a dare conforto. Perché il silenzio non è semplice assenza di suono, ma il ricordo e il rimbombare di suoni che non ci sono più. Così come il nero diventa un colore primario perché ottenuto dalla sintesi sottrattiva di tutti i colori dello spettro visibile, anche l’album degli Aerialis è la sintesi sottrattiva di ciò che ha fatto rumore nelle nostre anime negli ultimi anni. Perché prima di diventare amici con il Silenzio occorre venirci a patti e ascoltare tutto ciò che ha da raccontarci. Di ciò che ci circonda, di quello che succede, di noi stessi. È proprio questo che muove gli Aerialis. La band nasce appena due anni fa da un’idea di Fabio Tats, tatuatore e bassista già noto per aver militato in gruppi come i Lester Greenowski e Death-O-Matic Wall Of Palemhor. Ed è proprio con Fabio Tats che abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola per potergli rivolgere un poker di domande.