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Oltre la colomba

Pasque d’Italia

sono i pani conditi: la (focaccia a base di uovo, olio e pecorino della tradizione valdostana e marchigiana), la umbra (molto simile ma con un mix di formaggi e dalla forma a panettone), il (ciambella salata insaporita da sugna, formaggio e salame e decorata con uova sode). In Liguria, la cui sfoglia – idealmente composta di trentatré strati, come gli anni di Cristo – racchiude una farcia a base di uova sode e biete. In Veneto non tragga in inganno il nome : è un ricco insieme di lattuga, asparagi, uova sode, gamberi, olive ed erbe aromatiche. Se in Emilia Romagna protagoniste sono le (con sfoglia agli spinaci e ragù alla bolognese) in Campania c’è ancora chi va in cerca di erbe selvatiche e si procura le nnoglie – o pezzentelle (salsicce di tagli suini di scarto) – per una . In Basilicata sono i cardi che finiscono nel brodo di agnello e ricorrente dal nord al sud è appunto la carne di o , altro simbolo cristiano: spesso arrostito, in Umbria viene profumato dal tartufo, nel Lazio è rigorosamente abbacchio (agnello lattante) accompagnato da coratella e carciofi, in Trentino si cucina in polpette. In Abruzzo è invece il fiero sapore della carne di capra a occupare la scena, preparata alla neretese (in umido con pomodori e peperoni). Capitolo dessert. Il comune denominatore zuccherino della pasqua italiana è la , soffice dolce lievitato: “invenzione” commerciale piuttosto recente – fu creata negli anni Trenta da Motta – avrebbe remote origini longobarde e un’antenata nelle palummedde siciliane, dolcetti di pastaforte. E poi triestina, toscana, napoletana (in alcune zone ne trovate una versione meno nota con tagliolini o capellini al posto del grano, uova, zucchero e spezie), (agnelli di marzapane) siciliani, sarde (cestini di sfoglia ripieni di ricotta profumata agli agrumi), (o nepitelle) calabresi: mezzelune di frolla farcite con confettura d’uva, cacao, frutta secca e un’erba locale che ricorda la menta.

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