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LA ‘BOLLA’ NBA E PERCHÉ NON È SCOPPIATA

ELLA SECONDA domenica di ottobre, dopo 12 mesi (un dato senza precedenti) dall’inizio delle partite di preseason che hanno preceduto la 74esima stagione del campionato NBA, la lega ha finalmente incoronato i suoi campioni: i Los Angeles Lakers. Una vittoria perfetta dal punto di vista della narrazione sportiva: LeBron James ha conquistato il suo quarto titolo, uno dei pochissimi a farlo con tre squadre diverse. Guidando i Lakers al trionfo contro i combattivi Miami Heat (la squadra con cui ha vinto i suoi primi due anelli) James ha completato la sua missione di riportare la franchigia alla gloria del passato. Inoltre, ha anche solidificato la sua posizione tra i giocatori più forti di tutti i tempi.

Ma quella notte c’è stato molto di più del trionfo di James e compagni. È stato il coronamento di un anno senza precedenti, che è passato da un doloroso battibecco con la Cina lo scorso autunno, dalla morte del l’ex Commissioner della lega David Stern il giorno di Capodanno, e dalla tragica scomparsa, poche settimane dopo, della leggenda dei Lakers, Kobe Bryant, deceduto nell’incidente che ha coinvolto il suo elicottero. Tutto questo è avvenuto prima che l’NBA fosse costretta a sospendere la stagione l’11 marzo, dopo che un giocatore degli Utah Jazz è risultato positivo al Coronavirus. Un evento che è stato uno spartiacque nei primi giorni della pandemia, e che ha rinforzato la percezione sulla serietà dell’emergenza sanitaria in atto. Il fatto stesso che James abbia potuto sollevare il ‘Larry O’Brien trophy’ è una testimonianza di come l’NBA abbia reagito nelle settimane e nei mesi successivi all’interruzione della stagione. La storia degli ultimi mesi è nota. Senza campionato già in primavera, e fino all’inizio dell’estate, l’NBA ha creato il piano della bolla di Orlando, ospitata dalla Disney,

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