Mistero Magazine

FIGHT CLUB 2, pugni e alienazione

scrittore, appassionato di fumetti e graphic novel

«Che volevi fare, sballato?», chiede Tyler accendendosi una sigaretta. L’uomo ansima, le nocche sporche di sangue e il sapore ferroso del suo stesso sangue in bocca. «Volevo distruggere qualcosa di bello», gli risponde. Ricordate questo scambio di battute? Se la risposta è no, dovreste correre a riguardare il film . Meglio sarebbe rileggere anche il libro di Chuck Palahniuk da cui è stato tratto. Perché proprio di questo si tratta: distruggere qualcosa di bello. È questo che lo stesso Palahniuk intende fare nella realizzazione di per cercare una seconda vita su un altro. È il caso questo di (edito per l’Italia dalla Bao nel 2015), controverso seguito del più popolare libro, prima ancora che film di successo con Brad Pitt e Edward Norton, dello scrittore Chuck Palahniuk.  . Il sequel si svolge diversi anni dopo gli eventi di . Il narratore senza nome del romanzo originale ora si fa chiamare Sebastian, ha sposato Marla Singer e insieme hanno un bambino che, se è vero com’è vero che la mela non casca troppo lontano dall’albero, costruisce bombe fatte in casa. Quando Marla comincia ad avere nostalgia di Tyler, decide di ritoccare i dosaggi dei suoi farmaci, e succede qualcosa di irreparabile. Una moglie, un figlio, tutti i disagi e gli orrori della periferia sono racchiusi dentro la storia. Quel «Dice di essere felice» che ci presenta il narratore cozza terribilmente con le raffigurazioni del suo quotidiano che ci mostrano tutt’altro. Sua moglie Marla è altrettanto danneggiata e sta sabotando sottilmente la sua vita, che è solo un’altra cosa che consente a quella metà oscura sopita che è Tyler di riemergere. Un ritorno che non potrà non essere distruttivo. Palahniuk, affiancato da Cameron Stewart, crea un mondo dove i personaggi sono ben distinti e non limitati da quella che potrebbe essere una facile caricatura. Per proseguire la storia e ricalcare quella visione di alienazione e consumismo già narrata e dipinta nel primo , l’autore sceglie di destrutturare la normale narrazione con giochi visivi che altro non sono se non la metafora di una mente confusa (quella del narratore stesso) e la parafrasi del disfacimento dell’esistenza (sempre quella del narratore, mica quella dell’ortolano all’angolo), dove le cose sostituiscono le persone («Le cose che possiedi alla fine ti possiedono», per dirla con Tyler Durden). I blocchi narrativi sono spesso oscurati da oggetti ricorrenti, come le pillole che bloccano i pensieri del narratore o come i petali dei fiori appassiti che nascondono le parole . L’etica di Tyler per cui il nuovo, il vero cambiamento può nascere solo attraverso la distruzione del vecchio, è sempre più viva, sempre più attuale. ». Chuck Palahniuk è un grande narratore. Uno stile unico, tanto distintivo quanto sconnesso, un flusso di coscienza che ben si presta alla cinematografia e, come diretta connessione, alla graphic novel. Non è una lettura sempre facile e, così come per il primo capitolo, potrebbero essere necessarie due o tre letture per capire davvero che cosa sta succedendo in ogni quadro narrativo e per assicurarsi di non aver perso qualcosa di importante. Una volta dentro la storia, però, la sensazione di nervosismo che l’autore vuole regalarci sarà evidente. Come è evidente l’unica e sola verità di tutta la storia: il narratore è pazzo, non importa quante pillole prenda o quante sedute con il suo terapista possa fare. E, forse, alla fine un po’ pazzo ci si sentirà anche chi legge questa storia. Tutto sommato, nonostante le critiche e le delusioni che un prodotto del genere ha potuto portare nei cuori dei fan della storia originale, è una continuazione sensata della storia, con molti tocchi poetici e giri di parole che sono ben abbinati a giuste metafore visive. Il dilemma esistenziale del narratore e di Tyler, ancora antagonista perfetto, è portato su un piano più elevato. La dimostrazione perfetta che di un buon cattivo non ci si libera mai del tutto. Certo, il lettore di quest’opera, ancora affezionato al carisma di Brad Pitt, difficilmente avrà simpatie per il Tyler qui confezionato dalla coppia Palahniuk-Stewart. In un momento storico in cui c’è ancora molto per cui essere arrabbiati con il mondo per il mondo che viviamo, un personaggio come Tyler Durden è più che mai necessario. È come se il personaggio si fosse nascosto nel nostro inconscio per anni per tornare di nuovo, più furioso che mai, in una nuova veste catartica e esplosiva. Tyler c’è. Tyler vive.

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