Una foto alla volta
One photo at a time
che il principio per cui “la forma segue la funzione” è alla base dell’architettura moderna, allora, seppur con raccapriccio, bisognerà anche ammettere che i campi di concentramento nazisti sono stati uno dei luoghi, l’esemplare ricerca fotografica del polacco Tomasz Lewandowski che, accostando a Louis Sullivan il rigore visivo di Bernd e Hilla Becher e le indicazioni teoriche di Susan Sontag e Zygmut Bauman, indaga quell’estetica dell’efficienza racchiusa nel funzionalismo dei mezzi di sterminio. Una sorta di “design dell’Olocausto”, analizzato, come in un manuale, nei suoi elementi costituenti, dove il bianco e nero da un lato rende più astratta una realtà di fatto terribile e dall’altro esalta le linee e i dettagli di una tecnologia insovvertibile, il cui fascino esercita una seduzione di pericolosa attualità. Trentacinque immagini della serie saranno visibili fino al 21 marzo a Parma (capitale della cultura 2020) presso Blank/Design nella prima di quattro mostre curate da Ettore Moni e Michele Morelli.
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