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Design: è troppo tardi per salvare il mondo?

Is it too late for design to save the world?

Se consideriamo che la pratica del design sia una costante lotta tra William Morris e Raymond Loewy, cioè tra il senso della funzione sociale e la creazione di forme sature di testosterone orientata al profitto, allora l’eredità di Morris oggi è in ascesa. È passato parecchio tempo da quando i designer pensavano che il loro lavoro consistesse nel persuaderci a comprare cose di cui non abbiamo veramente bisogno a un prezzo che non possiamo veramente permetterci, o per lo meno è passato parecchio tempo da quando ammettevano di farlo. Ma anche se i designer si impegnano a inventare veicoli elettrici autonomi, test per l’HIV autogestiti, plastiche a base vegetale e kit di gravidanza biodegradabili devono affrontare la crescente opinione che, nell’attuale clima di pessimismo sui destini dell’umanità, nemmeno le migliori intenzioni di ricerca siano sufficienti a giustificarli. I designer sono ottimisti per temperamento, con la commovente convinzione che il design possa davvero rendere il mondo un luogo migliore. È questo che ha reso tanto provocatoria la violenza con cui Victor J. Papanek li attaccava nel suo incendiario libro Progettare per il mondo reale (Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1973). I designer si consideravano parte della soluzione invece che parte del problema. Quando gli attivisti del movimento Extinction Rebellion cercano di chiudere la London Fashion Week perché pensano che, se vogliamo che i nostri nipoti sopravvivano, si debba smetterla di gettare in discarica vestiti da poco prezzo indossati una volta sola e di sprecare litri e litri d’acqua per produrre il cotone necessario a un unico paio di jeans, ci ritroviamo un po’ a corto di ottimismo. Il tentativo di andare avanti come al solito viene presentato come una negazione della realtà.

Non sono sicuro che a Papanek sarebbe piaciuta la copertina di Michael Bierut per la nuova edizione del suo libro. La versione originale del 1971, con la nota prefazione in cui si suggeriva che “ci sono professioni più pericolose del disegno industriale, ma non molte”, appariva accuratamente spoglia, in realtà quasi volutamente non progettata. Era come il visibile proclama

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