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I principali contributi della riflessione

filosofica pre-analitica sul linguaggio


a.a. 2020/2021

Elisabetta Sacchi
elisabetta.sacchi@unisr.it

1
Prima del VI sec. a.C
• Riferimenti: teogonie orientali, testi indiani, religione sumera,
egiziana
• non si distingueva tra linguaggio e realtà, tra nome e oggetto
designato
• il nome – inteso come “il vero nome” – era considerato un
elemento essenziale dell’oggetto, qualcosa capace di rivelarne
la natura
• Ex:
– processo di creazione avviene attraverso il proferimento di un nome
• vedi anche il testo della Genesi (“Dio disse ‘Sia la luce’: E la luce fu”)
– conoscere il nome di qualcuno è acquisire potere rispetto ad esso
Dal VI sec a.C.
• Principali temi su cui si concentra la riflessione

– Relazione tra nome e oggetto (e più in generale


tra linguaggio e realtà)
– Relazione tra linguaggio e pensiero
– Questione della portata conoscitiva del linguaggio
– Riflessione sulle funzioni del linguaggio
Questioni che la distinzione tra
linguaggio e realtà apre
• In seguito alla distinzione si pone il problema di dar conto della loro
relazione e in particolare di spiegare in virtù di che cosa un nome sta per
ciò per cui sta
– in virtù di una legge naturale: naturalismo
– o in virtù di una convenzione: convenzionalismo
• Il modo in cui questo tema viene trattato ha ripercussioni importanti sulla
questione della portata conoscitiva del linguaggio
– E’ il linguaggio una fonte di conoscenza della realtà e delle cose che la
costituiscono?
• A sua volta ciò si riverbera sulla questione della funzione del linguaggio:
funzione comunicativa, conoscitiva, espressiva, persuasiva
Sofisti
• V sec a.C. in Atene nell’età di Pericle
• Fiorisce la retorica
• L’attenzione sul linguaggio non si incentra sugli aspetti teorici
ma pragmatici. In che modo attraverso il linguaggio è
possibile la persuasione. Irrilevanza della verità per la
persuasione.
• Prevale l’atteggiamento convenzionalista. Il linguaggio
rimanda alla realtà ma non ne rivela la natura
• Principali protagonisti: Protagora, Gorgia (L’encomio di Elena)
Platone (428 o 427 a. C. - 348 o
347)
• Dialogo: Il Cratilo
• Protagonisti: Ermogene (paladino della posizione
convenzionalista), Cratilo (difensore del naturalismo), Socrate
(propone una “terza via”)
• Temi trattati
– correttezza dei nomi (accordo tra i contendenti ma per
ragioni diverse)
– fondamento della correttezza (disaccordo)
Posizione convenzionalista
• Non riesco a persuadermi che ci sia per i nomi altra norma
all’infuori del patto e del consenso. Infatti a me pare che
qualsiasi nome che uno ponga ad una cosa, questo sia il suo
nome giusto; e che se uno, daccapo, glielo muti in un altro e
non la chiami più con quello, il secondo non le si addica punto
meno del primo […]. Perché, credo, non c’è nessuna cosa che
abbia nessun nome da natura, ma dalla legge e dalla
consuetudine di coloro che, per essercisi assuefatti, la
chiamano a quel modo. (Cratilo, 384 c-e)
Critica al convenzionalismo
• Platone, attraverso Socrate, fa notare a Ermogene che in questo modo ne
risulterebbe una dottrina degli idioletti autonomi: il convenzionalismo
sfocerebbe in un relativismo totale che renderebbe impossibile la
conoscenza
• Teoria “Humpty Dumpty” del linguaggio

• "ecco la tua gloria", H.D.,


"non so che cosa intendiate voi con 'gloria'" disse Alice,
"è naturale che tu non lo sappia... finchè non te lo dico io...", H.D.,
che continua, "quando io uso una parola, questa significa esattamente
ciò che io voglio che significhi... nè più, nè meno",
"bisogna vedere", disse Alice, "se voi potete dare alle parole molti
significati diversi","bisogna vedere", disse H.D. "chi è che comanda" (cap.
“Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”, Lewis Caroll)
Posizione naturalista
• Contrapposizione tra “veri nomi” e “nomi sbagliati”
• solo i primi forniscono conoscenza della cosa nominata in
quanto la “imitano” (iconismo/mimetismo assoluto)
• Critica di Socrate («argomento del doppio»)
• l’imitazione o è totale o è un nonsenso
• nel primo caso, la ricerca circa la natura della cosa (ex: che
cos’è la giustizia) finirebbe ancor prima di cominciare
• nel secondo caso la domanda non avrebbe senso e la
ricerca non potrebbe neppure prendere l’avvio
Centralità del tema gnoseologico
• Se il convenzionalista avesse ragione non sarebbe possibile
una conoscenza che si basa sul linguaggio
• Se il naturalista avesse ragione allora ai fini della conoscenza
risulterebbe del tutto irrilevante interrogare la realtà
• Entrambe le posizioni rendono impercorribile la “via della
dialettica” come mezzo per raggiungere la conoscenza
• Conclusione: contro il naturalista sostiene che il linguaggio
non è la fonte della conoscenza del reale e contro il
convenzionalista sostiene che il linguaggio è strumento di
conoscenza del reale
Funzione dei nomi
• il nome è uno strumento didascalico e sceverativo
dell’essenza
• Funzione dei nomi

• (i) operano una tassonomia della realtà. Separando gli


oggetti del reale in maniera tale da rispettare le loro nature
• (ii) permettono di comunicare questa tassonomia

• Dunque, la loro funzione è di far acquisire la conoscenza delle


cose e di comunicarla agli altri
Il nomoteta
• E’ necessario che chi denomina la realtà (“l’autorità linguistica
accettata”) ne possieda una conoscenza preliminare
• Per garantire la correttezza dei nomi il nomoteta guarda alla
forma ideale del nome
• I nomi delle diverse lingue differiscono per la materia ma non
per la forma
• Nomi, pur diversi nella materia gli uni dagli altri, sono corretti
nella misura in cui ritagliano la realtà secondo le “naturali”
giunture
• Solo il dialettico è in grado di valutare se il nomoteta ha fatto
bene il proprio lavoro (cruciale: essere partito da una corretta
tassonomia del continuum della realtà)
Teorie semantiche
• Sarebbero ravvisabili in Platone due teorie semantiche
• Per entrambe il nome rimanda alla cosa per il tramite di un
elemento intermedio che svolge il ruolo di significato.
• Per il linguaggio ideale
– Il significato è l’essenza della cosa e i nomi rispecchiano tale essenza
(nomi diversi quanto a materia possono rispecchiare la stessa
essenza). Il linguaggio, così inteso, è ciò che media tra il mondo delle
idee e il mondo sensibile
• Per il linguaggio ordinario
– Il significato è una rappresentazione soggettiva che rispecchia non la
struttura oggettiva del reale ma l’idea che del reale si è formato il
nomoteta (sulla base delle sensazioni, impressioni…).
Aristotele (384-322 a.C)
• De Interpretatione (significative riflessioni sul linguaggio
anche nella Metafisica, nella Retorica e nella Poetica)
• Elementi di novità
– natura simbolica dei segni linguistici
– distinzione tra significato e oggetto per cui il segno sta
– concezione triadica (vs. diadica) del rapporto tra nome e oggetto (il
rapporto è mediato da un elemento intermedio)
– i “portatori di verità” non sono le espressioni sotto-enunciative (il
nome ‘Aristotele’ non è né vero né falso; come pure un predicato
‘essere un filosofo’) ma gli enunciati (‘Aristotele è un filosofo’)
– Un enunciato è vero in quanto corrisponde alla realtà
• “i suoni della voce sono simboli delle affezioni che hanno
luogo nell’anima, e le lettere scritte sono simboli dei suoni
della voce. Allo stesso modo poi che le lettere non sono le
medesime per tutti, cosí neppure i suoni sono i medesimi;
tuttavia, suoni e lettere risultano segni, anzitutto, delle
affezioni dell’anima, che sono le medesime per tutti e
costituiscono le immagini di oggetti, già identici per tutti”
• “il nome è così suono della voce significativo per
convenzione… ‘per convenzione’ in quanto nessun nome è
tale per natura. Si ha un nome, piuttosto, quando un suono
della voce diventa simbolo, dal momento che qualcosa viene
altresì rivelato dai suoni inarticolati – ad esempio delle bestie
– nessuno dei quali costituisce un nome”
• (Aristotele, Organon, Laterza, Bari, 19842, vol. I, pag. 57-58).
Aspetti principali
• La relazione del segno con l’oggetto è il risultato di una
duplice relazione
– (i) quella del segno col significato e
– (ii) quella del significato con l’oggetto
• Diversa natura del rapporto tra le due coppie di termini che
costituiscono la triade
• Tra suoni e affezioni dell’anima c’è un rapporto
convenzionale. Lingue diverse usano espressioni diverse per
esprimere una certa affezione dell’animo. Tuttavia, tali
affezioni, così variamente espresse, sono le stesse per tutti gli
uomini
• Tra le affezioni dell’anima e gli oggetti c’è invece un rapporto
non convenzionale: i primi sono immagini dei secondi
Stoici
• In particolare Zenone di Cizio e Crisippo (info indirette tramite
Diogene Laerzio e Sesto Empirico)

– Elaborazione di una articolata teoria del linguaggio


– Riflessione sui rapporti Linguaggio-Pensiero-Realtà
– Importanti i loro studi sull’etimo
– Fondamentale la loro dottrina del lektòn (esprimibile) che
rappresenta il loro contributo più originale alla filosofia del
linguaggio. E’ l’elemento intermedio tra nome e cosa. A
differenza di questi due che sono materiali il lektòn è
immateriale/incorporeo e mente-indipendente
Sesto Empirico , Contro i logici
• Alcuni hanno riposto il vero e il falso nella cosa “significata”,
altri nella voce, altri infine nel movimento del pensiero. Della
prima opinione sono stati i portabandiera gli stoici col
sostenere che sono tra loro congiunte tre cose, ossia la cosa
significata, quella significante, e quella-che-si-trova-ad-
esistere, e che, tra queste, la cosa significante è la voce (ad
esempio la parola “Dione”); quella significata è lo stesso
stato di cose indicato dalla voce pronunciata, che noi
percepiamo come coesistente con il nostro pensiero, mentre i
barbari, pur ascoltando la voce che lo indica, non lo
comprendono; infine, ciò-che-si-trova-ad-esistere è quello
che sta fuori di noi (ad esempio, Dione in persona). Di queste
cose due sono corpi, cioè la voce e ciò-che-si-trova-ad-
esistere, ed una è incorporea, cioè l’oggetto significato o detto
(lekton), e proprio quest’ultimo è vero o falso
il modello triadico di Aristotele e
quello degli stoici
• l’entità presa in considerazione da Aristotele si situa a livello
della mente dei locutori
• quella considerata dagli stoici si situa a livello del linguaggio (i
barbari pur udendo il suono della parola e pur vedendo
l’oggetto non comprendono il significato, non afferrano il
lekton ovvero “ciò che è detto” inteso come l’affermazione
che viene fatta intorno all’oggetto)
• Comparazione con la nozione di senso in Frege. Lekton come
il contenuto oggettivo di un atto di pensiero
AGOSTINO (1225-1274)
• De doctrina christiana
– Teoria generale dei segni (intesi come cose che significano altre cose)
– Distinzione tra segni naturali o involontari (ex. Fumo come segno del
fuoco) e segni volontari o dati
– Caratterizzazione del linguaggio come di un sistema di segni dati per
mezzo dei quali il parlante significa altre cose o propri pensieri e
emozioni
• De Magistro. Affronta due temi:
– (i) il rapporto tra i segni e i significati
– (ii) la natura dell’apprendere e dell’insegnare
– Ciò che li accomuna è la questione da chi e come si possa apprendere
la verità. La risposta sarà che il vero maestro è quello interiore (il logos
in noi): la verità è in noi ma come apertura a una realtà che ci
trascende
dialogo tra Agostino e il figlio
• Prima parte
Adeodato
– Si inizia discutendo le funzioni del linguaggio: insegnare e far ricordare. Il linguaggio può
svolgere tali funzioni solo se i segni rimandano a un significato. Si passa allora a riflettere
sul passaggio dal segno al significato. In proposito si osserva che nel tentativo di operare
questo passaggio si rimane sempre confinati in un mondo di segni (riferimenti: la semiosi
illimitata di Peirce). Stessa cosa avviene nel caso dell’uso dell’ostensione per indicare il
significato di una parola. Non si esce neppure in questo caso dall’universo dei segni
perché i gesti sono segni, come pure il dito che indica.
• Seconda parte
– si arriva alla conclusione che non sarebbe possibile alcun tipo di comprensione se non
fosse possibile acquisire conoscenza diretta delle cose significate (riferimento: Russell
«knowledge by acquaintance»)
• Terza parte
– si sviluppa questo punto. “E’ il segno ad essere imparato in seguito alla conoscenza
della cosa, anziché la cosa in seguito all’osservazione del segno”. Non impariamo dalle
parole dunque ma dai nostri sensi (per quanto riguarda le cose esteriori) e dalla nostra
interiorità (per quanto riguarda le cose interiori). Non impariamo dalle parole; le parole
servono solo a stimolarci nella ricerca: “per mezzo delle parole l’uomo è soltanto spinto
a imparare”
Wittgenstein, Ricerche filosofiche
a proposito della «teoria agostiniana»
• "Quando [gli adulti] nominavano qualche oggetto, e, proferendo quella
voce, facevano un gesto verso qualcosa, li osservavo, e ritenevo che la
cosa si chiamasse con il nome che proferivano quando volevano indicarla.
Che intendessero ciò era reso manifesto dai gesti del corpo, linguaggio
naturale di ogni gente: dall'espressione del volto e dal cenno degli occhi,
dalle movenze del corpo e dall'accento della voce, che indica emozioni che
proviamo quando ricerchiamo, possediamo, rigettiamo o fuggiamo le
cose. Così, udendo spesso le stesse parole ricorrere, al posto appropriato,
in proposizioni differenti, mi rendevo conto, poco a poco, di quali cose
esse fossero i segni, e, avendo insegnato alla lingua a pronunziarle,
esprimevo ormai con esse la mia volontà"
• “In queste parole troviamo, così mi sembra, una determinata immagine
della natura del linguaggio umano. E precisamente questa: Le parole del
linguaggio denominano oggetti - le proposizioni sono connessioni di tali
denominazioni. - In quest'immagine troviamo le radici dell'idea: Ogni
parola ha un significato. Questo significato è associato alla parola. E'
l'oggetto per il quale la parola sta”
MEDIOEVO

• Grande attenzione allo studio delle parole ambigue, alle


parole sincategorematiche (come e, se, ma, ogni…) e al rilievo
che il contesto discorsivo svolge ai fini della disambiguazione
• Ciò confluisce nella teoria della suppositio
– Tra coloro che se ne sono occupati:
• Guglielmo di Ockham (1288-1349). Distingue la suppositio in materialis, quando un
termine si riferisce a se stesso come nome ad es: «’cane’ è un nome di due sillabe»
«’abbaiare’ è un verbo»; personalis, quando un termine riguarda una realtà
individuale («Un cane corre»); simplex, quando il termine indica un concetto
mentale universale «Cane è una specie».
• Giovanni Buridano (1290 ca.-1358 ca.)
•  Anticipazione dello studio delle espressioni contestualmente dipendenti
(indicali, dimostrativi) che sarà centrale nella pragmatica
• Dibattito sulle “categorie” e sulla loro capacità di riflettere la struttura del
reale
SCUOLA DI PORT ROYAL
• Arnauld e Lancelot Grammatica generale e
ragionata (1600)
– Anticipazione dell’idea di grammatica universale
(Chomsky)
• Introduzione della distinzione tra
estensione/comprensione di un termine
– riprese successive: Leibniz estensione/intensione;
Mill denotazione/connotazione; Frege
riferimento/senso; Carnap estensione/intensione
LOCKE (1632-1704)
• Locke tratta il tema del linguaggio e presenta la sua teoria nel III Libro del
Saggio sull’intelletto umano che precede il Libro IV in cui tratta del tema
della conoscenza per mezzo delle idee
• E’ in funzione del trattamento della questione gnoseologica che Locke
affronta il tema del linguaggio
• Locke afferma che vi è una “connessione così stretta tra le idee e le parole,
e che le nostre idee astratte e le nostre parole generali hanno un rapporto
così costante le une con le altre, che è impossibile parlare chiaramente e
distintamente della nostra conoscenza, la quale consiste tutta in
proposizioni, senza considerare prima la natura, l’uso e il significato del
linguaggio”
Funzione principale del linguaggio
• «Dio, avendo progettato l'uomo come una creatura socievole, lo creò non
soltanto con un'inclinazione e con la necessità di avere rapporti di
compagnia con quelli della sua specie, ma lo forní anche di linguaggio, che
doveva essere il maggiore strumento e il comune legame della società.
L'uso delle parole è quello di essere segni sensibili di idee, e le idee in
luogo delle quali le parole stanno sono il loro significato proprio e
immediato” (Saggio sull’intelletto umano, III libro, cap. 2)

• “Poiché non si possono avere i vantaggi e il conforto della società senza la


comunicazione dei pensieri, era necessario che l’uomo trovasse qualche
segno esterno sensibile, mediante il quale potessero essere rese note agli
altri le idee invisibili di cui i suoi pensieri sono composti” (p. 475)
Teoria ideazionale del significato
• Le parole sono segni convenzionali delle idee nel nostro
intelletto (significano le idee di chi parla) e le idee sono segni
naturali delle cose
• Le parole sono dunque segni convenzionali di segni naturali di
cose
• I significati sono entità mentali (la teoria ideazionale è una
teoria mentalista)
– In realtà, Locke distingue tra significati primari e secondari sostenendo
che le parole hanno le idee come significato primario e le cose come
significato secondario. Una parola significa una cosa solo attraverso la
mediazione di un’idea
La nozione di idea
• «tutto ciò che si intende con immagine,
nozione, specie o quanto sia comunque
oggetto di attività conoscitive»
• «qualunque cosa sia oggetto dell’intelletto
quando un uomo pensa» (p. 65) (dunque non
necessariamente un’immagine concreta)
• Tipologie di idee
– Idee semplici e complesse
– particolari e generali (teoria dell’astrazione)
Natura del rimando
• Le idee rimandano alle cose per cui le parole stanno non in
quanto le raffigurano (non sono immagini delle cose, non
stanno con esse in una relazione di rassomiglianza);
• le idee rimandano alle cose in quanto sono segni naturali di
tali cose e il rimando alle cose si basa sull’esistenza di un
nesso di natura causale.
• Le idee sono segni del “linguaggio della mente”
– analogie e differenze con l’ipotesi fodoriana del linguaggio del
pensiero. Attenzione: Locke rifiuta la prospettiva innatista
Il ruolo del linguaggio nella
riflessione filosofica
• Per Locke il filosofo deve partire da una chiarificazione del
linguaggio in quanto le oscurità linguistiche sono fonte di
confusione teoretica
• “La stragrande maggioranza delle questioni e delle
controversie che rendono perplessa l’umanità dipende
dall’uso dubbio e incerto delle parole o, il che è lo stesso,
dalle idee indeterminate per cui si vogliono far stare”
– Anticipazione di un atteggiamento che sarà molto presente
all’interno della filosofia analitica del linguaggio dei padri
fondatori, in particolare in Wittgenstein
• Centralità del linguaggio anche per la questione della
conoscenza
LEIBNIZ (1646-1716)
• Lo studio del linguaggio diventa autonomo nei confronti della
logica
• In De arte combinatoria (1666) Progetto di ideazione di un
linguaggio formale e universale (Characteristica universalis)
in grado di esprimere tramite una serie di simboli concetti
matematici, scientifici e metafisici (i concetti complessi
dovevano essere ridotti a un numero finito di concetti semplici
ai quali veniva associato un segno)
• Tale linguaggio doveva servire da base per un’algebra logica
(calculus ratiocinator)
• Ripresa dell’idea di Hobbes del ragionamento come calcolo
Leibniz e Frege
• «Allora, non ci sarà più bisogno fra due filosofi
di discussioni più lunghe di quelle tra due
matematici, poiché basterà che essi prendano
le loro penne, che si siedano al loro tavolo
(riferendosi, se lo desiderano, a un amico) e
che entrambi dicano: "Calcoliamo" (De arte
characteristica)
• Anticipazione della Ideografia di Frege
("linguaggio in formule del pensiero puro a
imitazione di quello aritmetico")
estensione e intensione di un
termine
• Nuovi Saggi sull’intelletto umano
– “…quando dico Ogni uomo è un animale intendo dire che
tutti gli uomini sono inclusi fra tutti gli animali; al tempo
stesso, però, intendo che l’idea di animale è inclusa
nell’idea di uomo. ‘Animale’ comprende più individui di
‘uomo’, ma ‘uomo’ comprende più idee o più attributi:
l’uno ha più esempi, l’altro più gradi di realtà; uno ha
maggiore estensione, l’altro maggiore intensione»

– Anticipazione della coppia senso e


denotazione/riferimento/significato in Frege e della coppia
estensione e intensione in Carnap
MILL (1806-1873)
• System of logic (1843)
• Rapporto linguaggio-pensiero. Benché il linguaggio non sia essenziale al
pensiero, esso ne rappresenta uno strumento fondamentale
– confronto con Frege
• Centrale la distinzione tra denotazione e connotazione delle espressioni
linguistiche
– Le parole denotano gli oggetti di cui sono vere (Ex: ‘uomo’ denota tutti gli uomini, tutto
ciò di cui ‘uomo’ è vero) e connotano gli attributi in virtù dei quali le parole si applicano
a ciò a cui si applicano. La connotazione determina la denotazione: essa fissa le
condizioni necessarie e sufficienti che determinano se un determinato oggetto è
denotato dalla parola.
• Distingue le parole in singolari e generali (le prime si applicano a un solo
oggetto le seconde a molti oggetti)
• Mentre tutti i nomi generali concreti sono connotativi, i nomi singolari non
hanno per lo più una connotazione
Analisi delle proposizioni
• Proposizione (porzioni di discorso “in cui un predicato viene
affermato o negato di un soggetto”)
• S è P (dove ‘P’ è un termine connotativo) dice che l’oggetto
denotato da ‘S’ possiede l’attributo connotato da ‘P’. In questo
caso la proposizione asserisce un fatto riguardo al mondo
• S è P (dove ‘P’ è un termine non connotativo) dice che l’oggetto
denotato da ‘S’ è identico all’oggetto denotato da ‘P’. In questo
caso, la proposizione non asserisce un fatto riguardo al mondo, ma
riguardo alle convenzioni linguistiche della denominazione. Mill
chiama “verbali” queste proposizioni. Tali proposizioni non hanno
per Mill nessun valore informativo
• Raffronto con l’analisi di Frege degli asserti veri d’identità del tipo a=b
….
• BRENTANO (1838-1917)
• La riflessione sul linguaggio, sul significato,
procede lungo diverse direttrici, tra cui

– quella fenomenologica
– quella analitica

– A fare da spartiacque è la “svolta linguistica”

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