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LA LETTERATURA

Italiano, la lingua degli angeli

Ho bisogno soltanto d’aprire la mia bocca


e involontariamente diventa il fonte
di tutta l’armonia di quest’idioma celeste.
Sì, caro signore, per me non c’è dubbio
che gli angeli nel cielo parlano italiano.

Thomas Mann, Confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull


INSEGNAMENTO DEL FARAONE KETHY
PER IL FIGLIO MERIKARA
2000 A.C.

«Sii un artista della parola, in modo da esser potente.


La lingua è la spada dell'uomo...
E più forte il discorso di ogni arma»
QUANDO SI PARLA DI
ITALIANO….
LINGUA e LETTERATURA ITALIANA

 LINGUA/GRAMMATICA
 ANALISI DEI TESTI

 LETTERATURA
A CHE COSA SERVE LA LETTERATURA?
 La letteratura va colta nella sua natura più profonda, come
«funzione esistenziale», come «ricerca di conoscenza»

 La letteratura, certo, non metterà mai veramente “in


ordine” il mondo, non riuscirà mai a realizzare un paese
migliore.
La letteratura si offre quale perfetto dispositivo di accoglienza, entro un sistema
coerente di significato, dell'infinita molteplicità di dettagli irrilevanti che si
disseminano nella “liquida” vita quotidiana. Essa riesce a dare parola al bisogno
di ordine nella visione della realtà proprio portando alla luce la grande
disarmonia che vi domina, offrendo una voce consistente, coerente,
all’incoerenza e al caos della vita, mostrando come cose infinitamente diverse
possono convivere ed entrare in contatto senza mai rinunciare alla propria
specificità, nella complessità del sistema.

La letteratura fa sì che due più due dia cinque, un passo più a nord del confine
della realtà che impone il quattro»
I. CALVINO
  «I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di
sé la traccia delle letture che ci hanno preceduto […] I
classici servono a capire chi siamo e dove siamo
arrivati»
DANTE, INFERNO, XXVI

"O frati", dissi "che per cento milia 


perigli siete giunti a l’occidente, 
a questa tanto picciola vigilia                                         114

d’i nostri sensi ch’è del rimanente, 


non vogliate negar l’esperienza, 
di retro al sol, del mondo sanza gente.                        117

Considerate la vostra semenza: 


fatti non foste a viver come bruti, 
ma per seguir virtute e canoscenza".                            120
"Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più
forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi, partecipo al
dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso
che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata
durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità".
“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è
superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere
macigni sul cuore".
"Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il
tempo per vivere".
"Non sempre le nuvole offuscano il cielo: a volte lo
illuminano".
"Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che
verranno. Ma quello che accadrà in tutti gli altri giorni
che verranno può dipendere da quello che farai oggi".
"Il più bello dei mari è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto. 
I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti. 
E quello che vorrei dirti di più bello non te l’ho ancora
detto".
 "Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.“

"Come lo sai che sono matta?", disse Alice.

"Altrimenti non saresti venuta qui", disse il Gatto.


"Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai
neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo.
Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero.
Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel
vento, non sarai lo stesso che vi è entrato".
"La bellezza
non è che una promessa di felicità"
"Ecco il mio segreto.
È molto semplice: si vede solo con il cuore. L'essenziale
è invisibile agli occhi“.
"Sono certo, certissimo, che una persona che legge
poesia si fa sconfiggere meno facilmente di una che non
la legge"
“Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da
noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di
conferma”
LA LETTERATURA
COME SPECCHIO DELL'ECONOMIA

 La frequenza delle parole che esprimono sentimenti di tristezza e infelicità


presenti nei libri riflette le condizioni economiche del decennio precedente
alla composizione del lavoro.

 I sentimenti di infelicità espressi nella letteratura di un periodo storico ne


riflettono il livello di malessere economico. 
INFINITO di G. LEOPARDI (da Canti)
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati


spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
La provocazione di Tristan Tzara
Si presenta brevemente di seguito il procedimento dadaista di creazione di una
poesia teorizzata nel primo manifesto dadaista da Tristan Tzara:

Per fare una poesia dadaista


Prendete un giornale.
Prendete un paio di forbici.
Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che voi desiderate dare alla
vostra poesia.
Ritagliate l’articolo.
Tagliare ancora con cura ogni parola che forma tale articolo e mettere tutte le
parole in un sacchetto.
Agitate dolcemente.
Tirate fuori le parole una dopo l’altra, disponendole nell’ordine con cui le estrarrete.
Copiatele coscienziosamente.
La poesia vi rassomiglierà.
Ed eccovi diventato uno scrittore infinitamente originale e fornito di una sensibilità
incantevole, benché, s’intende, incompresa dalla gente volgare.

Tratto da Mario De Micheli, Le Avanguardie artistiche del Novecento, Universale


Economica Feltrinelli
POESIA E MUSICA
LA POESIA NON SI SA COS’È, MA QUANDO LA
INCONTRI LA RICONOSCI
(Jean L’Anselme)

https://www.youtube.com/watch?v=XF55kpdPdh8
CLAUDE ROY
Il poeta non è colui che dice
Io non ci sono per nessuno
Il poeta dice io ci sono per tutto il mondo
Non bussate prima di entrare
Voi siete già là
Chi bussa a voi bussa a me
Ne vedo di tutti i colori
Io ci sono per tutto il mondo
 https://www.youtube.com/watch?v=IMHfKfzYtRg

 https://www.youtube.com/watch?v=JsANFC5uBOQ
HTTPS://WWW.YOUTUBE.COM/WATCH?V=22LISUXGSUW
In periferia fa molto caldo
Mamma stai tranquilla sto arrivando È difficile stare al mondo
Te la prenderai per un bugiardo
Quando perdi l'orgoglio
Ti sembrava amore ma era altro
Beve champagne sotto Ramadan Ho capito in un secondo che tu da me
Alla TV danno Jackie Chan Volevi solo soldi
Fuma narghilè mi chiede come va Come se avessi avuto soldi, soldi
Prima mi parlavi fino a tardi, tardi
Mi chiede come va, come va, come va Mi chiedevi come va, come va, come va
Sai già come va, come va, come va Adesso come va, come va, come va
Penso più veloce per capire se domani tu mi fregherai
Non ho tempo per chiarire perché solo ora so cosa sei Waladi waladi habibi ta3ala hina
È difficile stare al mondo quando perdi l'orgoglio
Mi dicevi giocando giocando con aria fiera
Lasci casa in un giorno
Waladi waladi habibi sembrava vera
La voglia, la voglia di tornare come prima
Tu dimmi se
Pensavi solo ai soldi, soldi
Come se avessi avuto soldi, soldi Io da te non ho voluto soldi
Dimmi se ti manco o te ne fotti, fotti È difficile stare al mondo
Mi chiedevi come va, come va, come va Quando perdi l'orgoglio
Adesso come va, come va, come va Lasci casa in un giorno

Ciò che devi dire non l'hai detto Tu dimmi se


Tradire è una pallottola nel petto Volevi solo soldi, soldi
Prendi tutta la tua carità Come se avessi avuto soldi, soldi
Menti a casa ma lo sai che lo sa
Lasci la città ma nessuno lo sa
Su una sedia lei mi chiederà
Ieri eri qua ora dove sei, papà
Mi chiedi come va, come va, come va
Mi chiede come va, come va, come va
Sai già come va, come va, come va
Sai già come va, come va, come va
Penso più veloce per capire se domani tu mi fregherai
Non ho tempo per chiarire perché solo ora so cosa sei
MAHMOOD
 Peudonimo di Alessandro Mahmoud. Nasce a Milano il 12
settembre 1992 da padre egiziano e madre italiana. Durante
la sua infanzia i genitori si separano e Mahmood cresce con
la madre mentre con il padre non ha più rapporti. Dopo la
maturità al liceo linguistico, studia musica al Centro
Professionale per la Musica di Milano. Nel 2012 partecipa
alla sesta edizione del talent show X Factor ma lo eliminano
quasi subito. Dopo questa esperienza televisiva comincia a
scrivere e produrre suoi brani. Nel 2015 partecipa al concorso
canoro Area Sanremo aggiudicandosi il primo posto e il
diritto di partecipare al Festival di Sanremo 2016 nella
sezione “Nuove Proposte”. Nel 2016, Partecipa a Sanremo e
si classifica al quarto posto con il brano Dimentica.
 la canzone Soldi è il brano con cui Mahmood vince il
Festival di Sanremo 2019 e rappresenterà l’Italia
all’Eurovision Song Contest 2019 a Tel Aviv, in Israele.
 Nel testo è presente una frase in arabo che l’artista ha
dichiarato essere uno dei pochi ricordi della sua infanzia
in questa lingua. La canzone fa parte di un “racconto” sul
tema dell’abbandono familiare, iniziato con il precedente
brano Gioventù bruciata.
SOLDI
 ESERCIZI
 https://www.youtube.com/watch?v=JTDT5UwcKss

Dicevi sempre: "Vattene via Che non mi importa più di te" Che te la scrivo a fare una
poesia Se brucerai le pagine Leggeri come elefanti In mezzo a dei cristalli Zingari come
diamanti Tra gang latine Morire, morire per te, eh Non serve a nulla perché, eh Lascerò
il mare alle spalle Cadendo su queste strade Ti chiamavo, mi dicevi Cercami nel barrio
Come se, come se fossimo al buio Nella notte vedo te Casa mia mi sembra bella Dici:
"Non fa per te" Però vieni nel quartiere Per ballare con me Tanto suona sempre il barrio
Tanto suona sempre il barrio Tanto suona sempre Guido veloce, cambio corsia Ma non
per arrivare a te Se devo scalare la tua gelosia Preferirei una piramide Bevevo acqua con
Oki Soltanto per calmarmi Giocavo coi videogiochi Per non uscire Morire, morire per te,
eh Non serve a nulla perché, eh Lascerò il mare alle spalle Cadendo su queste strade Ti
chiamavo, mi dicevi Cercami nel barrio Come se, come se fossimo al buio Nella notte
vedo te Casa mia mi sembra bella Dici: "Non fa per te" Però vieni nel quartiere Per
ballare con me Tanto suona sempre il barrio Tanto suona sempre il barrio Tanto suona
sempre Sai che l'ultimo bacio è più facile Poi cadiamo giù come Cartagine Mai, non
sparire mai come Iside Mai, mai Cercami nel barrio Come se, come se fossimo al buio
Nella notte vedo te Casa mia mi sembra bella Dici: "Non fa per te" Però vieni nel
quartiere Per ballare con me Tanto suona sempre il barrio Tanto suona sempre il barrio
Tanto suona sempre il barrio (Barrio)
BARRIO
 Estrapolata direttamente dal vocabolario spagnolo, il
‘barrio’ è la periferia, o più propriamente un quartiere
periferico, di quelli dalle condizioni abitative difficili.
Non a caso in alcune zone del Centro e Sud America con
questo vocabolo s’intendono quelle zone depresse delle
grandi città caratterizzate dalla quasi totale assenza di
servizi, le ‘favela’ o le baraccopoli.
LA RICCHEZZA DELLA LETTERATURA

IL TESTO NARRATIVO LETTERARIO


IL TESTO POETICO
IL TESTO TEATRALE
 Mito
 Epica
 Un mito (dal greco μύθος, mythos, pronuncia miutos) è una narrazione investita di
sacralità relativa alle origini del mondo o alle modalità con cui il mondo stesso e le
creature viventi hanno raggiunto la forma presente. Di solito i suoi protagonisti sono
dei ed eroi.

 Spesso le vicende narrate nel mito hanno luogo in un'epoca che precede la storia
scritta. Nel dire che il mito è una narrazione sacra s'intende che esso viene
considerato verità di fede e che gli viene attribuito un significato religioso o
spirituale. Ciò naturalmente non implica né che la narrazione sia vera, né che sia
falsa.

 Al tempo stesso il mito è la riduzione narrativa di momenti legati alla dimensione del
rito, insieme al quale costituisce un momento fondamentale dell'esperienza religiosa
volta a soddisfare il bisogno di fornire una spiegazione a fenomeni naturali o a
interrogativi sull'esistenza e sul cosmo.
EPICA
 Un poema epico è un componimento letterario che narra le gesta, storiche o
leggendarie, di un eroe o di un popolo, mediante le quali si conservava e tramandava
la memoria e l'identità di una civiltà o di una classe politica.
 Il termine "epica" deriva dal greco antico έπος (epos) che significa "parola", ed in
senso più ampio "racconto", "narrazione".
 L'epica narra in versi il mythos (mito), cioè il racconto di un passato glorioso di
guerre, e di avventure. L'epica è la prima forma di narrativa, ma non solo: costituisce
anche una sorta di enciclopedia del sapere religioso, politico ecc. Essa veniva
trasmessa oralmente con un accompagnamento musicale.
 I poemi epici di tutte le letterature attingono a un patrimonio di miti preesistente; i
più antichi poemi epici che si conoscono sono i mesopotamici Atrahasis e l'epopea
del re di Uruk, Gilgamesh,anche se i due poemi epici per eccellenza delle eccellenze
sono l'Iliade e l'Odissea.
ESEMPI
ODISSEA di Omero
ILIADE di Omero
Cantami, o Diva, del Pelìde Achille Musa, quell'uom di multiforme ingegno
l'ira funesta che infiniti addusse Dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra
lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco Gittate d'Ilïòn le sacre torri;
generose travolse alme d'eroi, Che città vide molte, e delle genti
e di cani e d'augelli orrido pasto L'indol conobbe; che sovr'esso il mare
lor salme abbandonò (così di Giove Molti dentro del cor sofferse affanni,
l'alto consiglio s'adempìa), da quando Mentre a guardar la cara vita intende,
primamente disgiunse aspra contesa E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
il re de' prodi Atride e il divo Achille. Ricondur desïava i suoi compagni,
Ché delle colpe lor tutti periro.
Orlando furioso di Ludovico Ariosto
 CANTO PRIMO

 1
 Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori,
 le cortesie, l'audaci imprese io canto,
 che furo al tempo che passaro i Mori
 d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
 seguendo l'ire e i giovenil furori
 d'Agramante lor re, che si diè vanto
 di vendicar la morte di Troiano
 sopra re Carlo imperator romano.
 2
 Dirò d'Orlando in un medesmo tratto
 cosa non detta in prosa mai, né in rima:
 che per amor venne in furore e matto,
 d'uom che sì saggio era stimato prima;
 se da colei che tal quasi m'ha fatto,
 che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima,
 me ne sarà però tanto concesso,
 che mi basti a finir quanto ho promesso.
 3
 Piacciavi, generosa Erculea prole,
 ornamento e splendor del secol nostro,
 Ippolito, aggradir questo che vuole
 e darvi sol può l'umil servo vostro.
 Quel ch'io vi debbo, posso di parole
 pagare in parte e d'opera d'inchiostro;
 né che poco io vi dia da imputar sono,
 che quanto io posso dar, tutto vi dono.
GERUSALEMME LIBERATA
POEMA DEL SIGNOR TORQUATO TASSO AL SERENISSIMO SIGNORE IL SIGNOR DONNO ALFONSO II D'ESTE DUCA DI FERRARA
 CANTO PRIMO
 1 Canto l'arme pietose e 'l capitano
 che 'l gran sepolcro liberò di Cristo.
 Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
 molto soffrí nel glorioso acquisto;
 e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
 s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
 Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
 segni ridusse i suoi compagni erranti.
 2 O Musa, tu che di caduchi allori
 non circondi la fronte in Elicona,
 ma su nel cielo infra i beati cori
 hai di stelle immortali aurea corona,
 tu spira al petto mio celesti ardori,
 tu rischiara il mio canto, e tu perdona
 s'intesso fregi al ver, s'adorno in parte
 d'altri diletti, che de' tuoi, le carte.
 3 Sai che là corre il mondo ove piú versi
 di sue dolcezze il lusinghier Parnaso,
 e che 'l vero, condito in molli versi,
 i piú schivi allettando ha persuaso.
 Cosí a l'egro fanciul porgiamo aspersi
 di soavi licor gli orli del vaso:
 succhi amari ingannato intanto ei beve,
 e da l'inganno suo vita riceve.
 4 Tu, magnanimo Alfonso, il quale ritogli
 al furor di fortuna e guidi in porto
 me peregrino errante, e fra gli scogli
 e fra l'onde agitato e quasi absorto,
 queste mie carte in lieta fronte accogli,
 che quasi in voto a te sacrate i' porto.
 Forse un dí fia che la presaga penna
 osi scriver di te quel ch'or n'accenna.
TESTO NARRATIVO
 Racconti
 Romanzi
RACCONTO
 Il racconto è una narrazione in prosa di contenuto
fantastico o realistico di minore estensione rispetto al
romanzo.

 Novella
ROMANZO
è un genere della narrativa in prosa,
caratterizzato da un testo di una certa
estensione.
 La parola romanzo deriva dal termine francese
antico romanz o roman, che è una abbreviazione
della locuzione latina romanice loqui, cioè
"parlare in lingua romanza", vale a dire in
lingua di derivazione latina.
•ANALISI DI UN'OPERA NARRATIVA
 Informazioni sul testo
 autore
 titolo
 genere letterario
 epoca
 Sintesi del contenuto
 Livello delle azioni
 divisione in macro sequenze
 struttura del testo (esposizione; esordio; peripezie o mutamenti; momento culminante della vicenda; scioglimento)
 rapporto tra fabula e intreccio
 rapporto tra tempo della storia e tempo del racconto
 azioni di primo piano e azioni di sfondo (attraverso l'analisi dei tempi verbali)
 dimensione spaziale
 Livello dei personaggi
 presentazione
 caratterizzazione (fisica, psicologica, socio-culturale)
 attributi
 ruolo (protagonista, antagonista, oggetto, aiutante, avversario)
 sistema dei personaggi, l'insieme delle relazioni che intercorrono tra essi
 Livello del narratore
 narratore (di primo o di secondo grado; presente o assente dal testo)
 punto di vista o focalizzazione (narratore onniscente, narratore interno, narratore esterno)
 tecniche con le quali viene data la parola ai personaggi (discorso diretto, discorso indiretto, discorso indiretto libero, monologo
interiore, flusso di coscienza)
 Livello stilistico
 scelte lessicali
 scelte sintattiche
 aggettivazione
 figure retoriche
 suoni
 Temi trattati
 Contestualizzazione
 Conclusioni
 Titolo: indicazione del titolo preciso dell'opera
(se poi è all'interno di una raccolta di testi, se
l'hai letto in una edizione particolare,ecc...)
 Autore: le notizie essenziali sull'autore del testo,
se possibile con maggiore riferimento al periodo
e alle implicazioni relative all'opera che hai letto
RIASSUNTO
 una sintesi della vicenda narrata, che contenga tutti gli
avvenimenti principali che in essa sono raccontati, senza
soffermarsi troppo sui particolari
PERSONAGGI
 caratteristiche fisiche, psicologiche, cambiamenti,
evoluzioni ecc... dei personaggi principali ed un
eventuale accenno ai personaggi secondari
TEMPO
 Tempo. In quale periodo storico si inseriscono in fatti
narrati? In quale arco di tempo si svolge la vicenda (dieci
anni, due mesi, un giorno, ecc...)? Prevalgono i tempi
lenti (pause, riflessioni, ecc...) le scene, in cui l'azione
scorre sotto i nostri occhi con la stessa velocità con cui
stiamo leggendo il testo, oppure i fatti scorrono
rapidamente, con riassunti ed ellissi temporali? Vi è
corrispondenza tra fabula e intreccio? Ci sono analessi
(flashback, ricordi) o prolessi (anticipazioni)?
SPAZIO
 In quali luoghi si svolge la vicenda?  Sono
luoghi aperti o chiusi? Sono luoghi secondari,
che fanno da sfondo alle vicende dei personaggi,
o acquistano un ruolo fondamentale? Le
caratteristiche psicologiche dei personaggi sono
amplificate e proiettate nei luoghi descritti (es.
pioggia che purifica, notte che angoscia, lago
che riposa, ecc...)?
STILE
 Qual è il linguaggio adottato dall'autore? Ci sono
elementi dialettali o di lingue straniere? C'è una sintassi
particolare? Il registro è colloquiale, o tecnico-
scientifico? Lo stile è giornalistico? Qualche
personaggio si esprime in un modo diverso rispetto agli
altri?
TECNICHE DI PRESENTAZIONE DELLE
PAROLE E DEI PENSIERI DEI PERSONAGGI.
 Prevale il discorso diretto, o quello indiretto. È presente
il discorso indiretto libero? Ci sono monologhi interiori o
flussi di coscienza?
NARRATORE
 Il narratore è onnisciente o racconta i fatti come uno
spettatore esterno, oppure è un personaggio, se non
addirittura il protagonista della vicenda? Il narratore,
anche se non è interno, assume il punto di vista di uno o
più personaggi?
TEMATICHE
 Quali sono gli argomenti su cui fa riflettere il
testo. Su questi temi viene presa una sola
posizione, o sono presenti varie idee, a seconda
del pensiero dei vari personaggi? In che senso il
testo letto può risultare ancora attuale? Come,
invece, rappresenta la mentalità o il modo di
vedere le cose dell'epoca in cui è stato scritto?
COMMENTO
Perché questo libro ti è piaciuto, oppure no? Esprimi
liberamente un tuo giudizio, che non influirà nella
valutazione.
ANALISI DI UN TESTO POETICO

 Informazioni sul testo poetico


 Autore
 Titolo
 Opera dalla qual è tratto il testo
 epoca
 Parafrasi
 Individuazione dei temi e loro articolazione nel testo
 Livello metrico-ritmico
 Versi (contare il numero delle sillabe ed individuare gli accenti)
 Strofe (terzina, quartina, sestina, ottava)
 Enjambement
 Rime
 Figure retoriche del significante (figure fonetiche: allitterazione, assonanza, consonanza, onomatopea, paronomasia; figure dell'ordine:
anafora, epifora, antitesi, chiasmo, enumerazione, gradazione o climax, anastrofe, iperbato)
 Livello fonico
 Suoni predominanti
 Rapporto fra suono e senso
 Livello lessicale
 Parole-chiave
 Figure retoriche del significato (similitudine, metafora, analogia, metonimia, sineddoche, sinestesia, ossímoro, iperbole, litòte,
eufemismo, preterizione, ellissi)
 Impasto linguistico
 Livello sintattico
 Struttura dei periodi
 Figure retoriche dell'ordine
 Rapporto fra struttura sintattica e significato
 Rapporti extratestuali e intertestuali (contestualizzazione)
 Conclusioni
IL VERSO
 Il verso è l'unità metrica base per la poesia, sia sotto il
punto di vista ritmico che puramente visivo.
Tipograficamente è delimitato dalla discesa a capo.
 Nella metrica scolastica, consiste in una successione di
sillabe strutturata secondo certe regole (in base al loro
numero, alla dislocazione delle sillabe toniche e atone, e
alla posizione degli accenti).
 I versi possono essere raggruppati in strofe.
 La poesia italiana tradizionale si basa sui versi
che vanno dal quadrisillabo all'endecasillabo.
Molto raro è l'utilizzo di versi più brevi e più
lunghi.
 I più usati, nella poesia di stile elevato, sono
l'endecasillabo e il settenario, sovente abbinati
tra loro e al quinario.
ENDECASILLABO
 « Mi ritrovai per una selva oscura »
ENJAMBEMENT
 Forse perché della fatal quïete
Tu sei l'imago a me sì cara vieni
O sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,

 E quando dal nevoso aere inquïete


Tenebre e lunghe all'universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.

 Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme


che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

 Delle cure onde meco egli si strugge;


e mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
RIMA
è l'omofonia, ovvero l'identità dei suoni, tra due
o più parole a partire dall'ultima vocale
accentata, e si verifica per lo più tra le clausole
dei versi di un componimento (altrimenti, essa si
definisce rima interna).
 Nell'analisi metrica, i versi che rimano tra loro
sono indicati mediante la stessa lettera.
RIMA BACIATA
 Un verso rima con quello successivo. Schema
metrico AABB
 « Una donna s'alza e cànta
La segue il vento e l'incànta
Sulla terra la stènde

 ilsogno vero la prènde »(P. Ungaretti - Canto


beduino, vv. 1-4)
RIMA ALTERNATA
 Il primo verso rima con il terzo, e il secondo con il quarto. Schema
metrico ABAB, CDCD
 « Lo stagno risplende. Se tàce
la rana. Ma guizza un bagliore
d'acceso smeraldo, di bràce
azzurra: il martin pescatore.

 E non sono triste, ma sono


stupito se guardo il mio giardìno...
Stupito che? non mi sono
mai sentito tanto bambìno... »(G. Gozzano - L'assenza - vv. 21-28)
INCROCIATA
 Il primo verso rima con il quarto, il secondo con il terzo. Schema
metrico ABBA CDDC
 « Non pianger più. Torna il diletto fìglio
a la tua casa. È stanco di mentìre.
Vieni; usciamo. Tempo di rifiorìre.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un gìglio.

 Vieni; usciamo. Il giardino è abbandonàto


serva ancora per noi qualche sentièro
Ti dirò come sia dolce il mistèro
che vela certe cose del passàto. »(G. D'Annunzio - Consolazione -
vv. 1-8)
INCATENATA
 Il primo verso rima con il terzo della prima terzina, il secondo con il primo della
seconda terzina, il secondo di questa rima con il primo delle terza terzina, e così via.
Il più alto esito di tale schema di rime è la Divina Commedia, interamente strutturata
in questo modo. Questo è anche detto terza rima. Schema metrico ABA, BCB, CDC.
 « Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e'l modo ancora m'offende.

 Amor, ch'a nullo amato amar perdona,


mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense.
Queste parole da lor ci fuor porte. »(Dante - Commedia, If. V - vv. 100-108)
LE FIGURE RETORICHE
 Si indica col termine figura retorica qualsiasi artificio nel discorso, volto a
creare un particolare effetto.

 figure di dizione per le quali avviene una modifica nella forma delle
parole;
 figure di elocuzione che riguardano le parole più adatte;
 figure di ritmo che seguono gli effetti fonici ottenuti mediante la ripetizione
di fonemi, sillabe, parole;
 figure di costruzione o di posizione che si riferiscono all'ordine delle
parole nella frase;
 figure di significato o tropi che riguardano il cambiamento del significato
delle parole;
 figure di pensiero che concernono l'idea o l'immagine che appare in una
frase.
PASCOLI
 G. PASCOLI, IL LAMPO (1894; da Myricae)
E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;


il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.
Il lessico nella poesia e nella prosa
(una proposta di lettura "lessicale" da Petrarca a
Calvino)
 [...] Che lingua letteraria e lingua d'uso si scostino di qualche poco, e talora d'una pertica
buona, poco mi ci struggo: ma davvero e non sarà la fin del mondo. Anche le gonne
d'una marchesa diversificano a chiare note da quelle della Marianna, pur essendo
catalogabili entro i termini dell'idea "gonne" le une e le altre.
 [...] La lingua dell'uso piccolo-borghese, puntuale, miseramente apodittica, stenta,
scolorata, tetra, eguale, come piccoletto grembiule casalingo da rigovernare le stoviglie,
va bene, concedo, è lei pure una lingua: un "modo" dell'essere. Ma non può diventare la
legge, l'unica legge. Ripudio un tale obbligo e una siffatta legge, quando è dettata
dall'ortodossia degli inesperti o dei malati di pauperismo.
 Può darsi che la mania dell'ordine astringa taluni a potare la pianta di tutte le rame
capricciose della liberalità e del lusso. Dichiaro, per altro, di non appartenere ad alcuna
confraternita potativa. La mia penna è al servizio della mia anima, e non è fante o
domestica alla signora Cesira e al signor Zebedia, che vogliono suggere dal loro
breviario "la lingua dell'uso", del loro uso di pitta-unghie o di fabbricanti di bretelle.
 Le genti le dimandano con ogni ragione delle buone e intelligibili scritture: legittima
cosa, che il fratello attenda dal fratello una parola fraterna. Ma questa prepotenza del
voler canonizzare l'uso-Cesira scopre di troppo il desiderio, e quasi l'intento, della Cesira
medesima: il desiderio d'aver tutti inginocchiati al livello della sua zucca.

Carlo Emilio Gadda, Lingua letteraria e lingua dell'uso, in / viaggi la morte. Garzanti, Milano, 195S
LINGUA LETTERARIA
O
ESPRESSIONE LETTERARIA
LINGUAGGIO DELLA COMUNICAZIONE
LETTERARIA O COMUNICAZIONE DEL
LINGUAGGIO LETTERARIO?

MESSAGGIO

Comunicazione

MITTENTE DESTINATARIO
RIFLESSIONI SULLA COMUNICAZIONE
POETICA
 E’ assoluta?
 Quale destinatario?
 Quale messaggio interpreta il destinatario?
 Il messaggio non è univoco
 L’opera letteraria vive proprio della sua ambiguità,
non vuole dimostrare
 Ambiguità del mittente: più lo scrittore costruisce
il suo discorso più si allontana dal testo (Bachtin –
exotopia) Es. Boccaccio, Manzoni, Svevo
COSA RESTA DELLA COMUNICAZIONE
LETTERARIA?
SOLO IL MESSAGGIO
CON QUALE LINGUAGGIO È SCRITTO?
 “Linguaggio letterario” si è codificato nel tempo, ma non
si è specializzato
 In realtà non esiste un ling. lett.
 Esiste Dante, Ariosto, Manzoni e ogni opera risponde ad
esigenze diverse
 E’ una convenzione coniata dall’uomo colto
 Unione di più linguaggi (cfr. Manzoni)
 Nella scrittura quotidiana non esiste un ling. lett.
 Un “linguaggio dei linguaggi”
 Es. Manzoni: primo capitolo – linguaggio geografico
INFUNZIONABILITA’, cioè
AUTOFUNZIONALE:

ROTTURA O DISTANZIAMENTO DA CERTE REGOLE GENERALI


CHE HANNO CONDIZONATO IL GENERE CUI CONVENIAMO CHE
UN’OPERA LETTERARIA APPARTIENE

CONTROCOMUNICAZONE
ROMAN OSIPOVIČ JAKOBSON
(MOSCA 1896 - BOSTON 1982)

Considera l'atto comunicativo composto da sei elementi principali:

 Emittente funzione espressiva, o emotiva


 Destinatario funzione conativa, o persuasiva
 Contesto funzione referenziale, detta anche denotativa o cognitiva
(gravita sul contenuto del messaggio e sul modo in cui viene
trasmesso, caratteristica di una comunicazione a scopo informativo, che non
esprime giudizi)
 Messaggio funzione poetica
 Canale funzione fàtica (tesa a verificare o affermare il
funzionamento, come è il caso dei messaggi diretti a comunicare
all'interlocutore che si è in ascolto ("sì... dimmi"))
 Codice funzione metalinguistica

Normalmente, però, un messaggio assolve a più di una funzione, e ciò che differenzia un
messaggio dall'altro è la prevalenza di una sulle altre.
 Il linguaggio letterario è espressione di se stesso; la
letteratura è già linguaggio.
 E’ autoreferenziale e quindi comunica solo se stessa

 Letteratura intesa come linguaggio dei linguaggi


UN ESEMPIO DI RAPPORTO FRA
COMUNICAZIONE E LETTERATURA:
G. CARDUCCI, PIANTO ANTICO
L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,  Poesia facile: rime cantabili,
il verde melograno contenuto banale, sentimenti
da’ bei vermigli fior, sorpassati
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora
 Lessico semplice
e giugno lo ristora
di luce e di calor.  Il testo non ha alcuna funzione
Tu fior della mia pianta conoscitiva, se non quella di far
percossa e inaridita, conoscere se stesso
tu de l’inutil vita (autoreferenziale); non ha
estremo unico fior, riferimenti logici (infunzionale)
sei nel la terra fredda,  Comunicazione è pari a zero?
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
 Si autocomunica al lettore
né ti risveglia amor.
attraverso i sensi
 Exotopia dell’autore
 Titolo
L’albero a cui tendevi  Prime immagini
la pargoletta mano,  Seconde immagini
il verde melograno  Considerazioni varie:
da’ bei vermigli fior, vita/morte; fioritura/sfioritura
nel muto orto solingo  Titolo: antico
rinverdì tutto or ora  Metafora della pianta
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
Tu fior della mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,
sei nel la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
Lettura del semiologo-strutturalista
L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano, • 4 quartine di settenari con
il verde melograno la rima baciata al 2° e 3°
da’ bei vermigli fior, verso di ciascuna, tronco,
nel muto orto solingo in rima con gli altri, schema
metrico dell’odicina
rinverdì tutto or ora
sopravvissuto al 700 e
e giugno lo ristora tornato in auge con C.
di luce e di calor. • Giugno 1871, 8 mesi dopo la
Tu fior della mia pianta morte del figlioletto
percossa e inaridita, Dante, quando conosce la
tu de l’inutil vita signora milanese Carolina
Cristofari Piva
estremo unico fior,
• Titolo del 1879
sei nel la terra fredda,
• Tre livelli di lettura:
sei ne la terra negra; contenuto, tematico
né il sol più ti rallegra simbolico, ideologico
né ti risveglia amor. • Presenza isotopie:
corrispondenze orizzontali
e verticali
L’albero a cui tendevi Livello del contenuto
la pargoletta mano, • Contrasto vita/morte: 2
il verde melograno microsequenze divise in 2
quartine: presenza dell’io
da’ bei vermigli fior, poetico
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora Livello simbolico
e giugno lo ristora • Ambiente botanico (orto,
di luce e di calor. pianta, melograno); identità
Tu fior della mia pianta silvana dell’io narrante
percossa e inaridita, (prima isotopia)
tu de l’inutil vita • Melograno/pianta (seconda
estremo unico fior,
isotopia)
• Tempo
sei nel la terra fredda,
• Altre isotopie
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
L’albero a cui tendevi Livello ideologico
la pargoletta mano, • Realtà lacerata, ma colta in
il verde melograno un momento non più
conflittuale: vita e morte
da’ bei vermigli fior, contemplate e ricomposte
nel muto orto solingo come parti di un tutto e
rinverdì tutto or ora necessarie ad esso per il
e giugno lo ristora recupero di un’unità
di luce e di calor.
dialettica tra e oltre
felicità e dolore
Tu fior della mia pianta • Rilettura del titolo
percossa e inaridita, • Il valore del melograno:
tu de l’inutil vita poesia che rigenera
estremo unico fior,
sei nel la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
L’albero a cui tendevi Livelli della forma
la pargoletta mano, • Sintassi: 2 periodi;
il verde melograno coordinate
• Livello morfolessicale:
da’ bei vermigli fior,
verbi (3 positivi + 3 negativi)
nel muto orto solingo nomi (8+8) e aggettivi
rinverdì tutto or ora • Livello fonico: mano,
e giugno lo ristora melograno, vermigli muto;
di luce e di calor. verde, vermigli, rinverdì;
Tu fior della mia pianta fior, orto, or ora, ristora,
percossa e inaridita, calor; fredda, negra,
rallegra, risveglia (l e r)
tu de l’inutil vita
Etc.
estremo unico fior,
sei nel la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
CONCLUSIONE
 Chiarezza di impianto a tutti i livelli
 Poeta si riappropria della vita

 Rileggere le opere letterarie con diversa disposizione


mentale e con più matura consapevolezza delle
problematicità dell’intera questione concernente il
rapporto fra letteratura e comunicazione
METAFORA DOPPIA: “FIOR DELLA MIA
PIANTA”
Poeta=pianta
Figlio=fior

Precedente letterario: “O cara piota mia che sì t’insusi” (Dante, Pd


XVII 13)
•Dante così si rivolge al trisavolo Cacciaguida: il primo termine è
umano, il secondo è la pianta
•“piota”: dizionario = pianta dei piedi; in senso traslato radice; in
senso proprio si veda If XIX 120: “forte spingava con ambo le piote”
(anime dei simoniaci, rappresentate a teste in giù)
•“s’insusi” “insusare” è un hapax dantesco: o cara pianta dei piedi
che stai così in alto (?)
•Radice di una stirpe; ma perché è in alto? COMUNICAZIONE
ADDIO!!!
•Altra metafora con le piante: Montale, I limoni
MONTALE, da I limoni

Ascoltami, i poeti laureati


si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti

ORTO di Montale è diverso dall’ORTO di Carducci (melograno)

Valenza Dal latino Hortus:


umile giardino ornamentale

TUTTO è una metafora: limoni


Altra cosa la comunicazione!!!
UN TOPOS RINOMATO E FAMOSO
PETRARCA, CANZONIERE, SONETTO 353 – LEOPARDI, IL PASSERO
SOLITARIO
 Da Petrarca a Leopardi
 Recupero di immagini e recupero di lessico; variazioni
 In P. manca notazione temporale (poesia del ricordo, della memoria)
 “cantando vai”; “augelletto” / “augellin”
 P. vv. 4-7: sensazioni che non hanno tempo;
 L. vv. 8-11: contesto ben preciso: echi, rumore, v. 1 Torre antica (Recanati), v. 3 tempo
sul far della sera
 V. 11 “festeggiando”: termine popolareggiante
 P. ha evitato termini simili
 In L. il linguaggio popolare è unito al linguaggio ricercato
 vv. 16-22: parallelismo L./passero (come in P.)
 P. v. 1: “vago” (carino, bello); L. v. 49: “vaghezza”, ripresa, ma scarto semantico:
VARIATIO
 La ricercatezza della sperimentazione petrarchesca continua ad alimentare la poesia nei
secoli fino a Leopardi, ma quest’ultimo si rivolge alla quotidianità (descrizione, uso di
termini “impoetici”: spassi, trapassi, vivace realismo sconosciuto alla cultura di P.)
 P. v. 10 “forse”; in L. assoluta certezza che la natura non ha la sensibilità degli uomini
 La linea petrarchesca continua in D’annunzio, con vario
esito.
 Un ulteriore esempio del riuso

 Ricercatezza termini raffinati

 Armonia tra messaggio e forma in cui è trasmesso

 In D’annunzio c’è tuttavia una esasperazione della


sonorità, un rumore di sottofondo
LINGUA POETICA DEL PRIMO NOVECENTO
 D’Annunzio, La pioggia nel pineto (orchestrazione musicale, atmosfera
rarefatta, densa di rumori e suoni)

Graduale sfaldamento dell’immagine del poeta :


viene meno anche l’idea della lingua poetica
(accostamento alla quotidianità)

 Palazzeschi, La fontana malata (tragica parodia della prima, nella sostituzione


dei colpi di tosse al sublime concerto silvano)
 Montale, Piove (una pioggia “in assenza in Ermione/se Dio vuole”, che cade
sulle “motorette”, sulla “cartella esattoriale”, sulla “Gazzetta Ufficiale”, sul
“Parlamento”, su “via Solferino”, sull’”assenza universale”)
La “favola bella /di lontane stagioni” è ormai remota, così
come è lontana la gioia di vivere, che nonostante tanti
turbamenti, caratterizza il canto spiegato di Carducci,
l’orgia musicale di D’Annunzio.
Lontano ormai anche il Pascoli, dopo che “la gente” –
scriveva il critico Renato Serra – aveva ritirato “dai
davanzali quelle tante gabbiette di uccellini” che in suo
onore “aveva esposto”.
 Non è un’analisi sulle motivazioni profonde – culturali,
civili, morali – che hanno influito sulla poesia e sulla
lingua della poesia.
 Interessano le conseguenze, prima fra tutte il disgusto per
il galateo tematico e formale della nostra tradizione
poetica, la reazione alla nostra pesante, “polisillabica”
lingua letteraria
CREPUSCOLARISMO, FUTURISMO, ERMETISMO

RIBELLIONE A UN ISTITUTO DELLA LINGUA POETICA CHE,


VISSUTA PER SECOLI SENZA IL CONTROCANTO DELLA
LINGUA COMUNE, APPARIVA INSOPPORTABILMENTE
RETORICA, MAGNILOQUENTE, PROFESSORALE
“Parco” dannunziano
vs
“giardinetti e orticelli” crepuscolari

Ermione vs Signorina Felicita

Superuomo vs marionetta, saltimbanco

Parco vs campi di battaglia, trincee

“Sublimi arredi” dannunziani vs “piccole cose di pessimo gusto”


 La lingua riceve un impiego casto, si riduce ad un
“quotidiano” particolarmente evidente nella scelta
delle parole, ma anche nella sintassi del verso, nei
ritmi, negli andamenti prosastici e dimessi:

Piove. E’ mercoledì. Sono a Cesena,


ospite della mia sorella sposa,
sposa da sei, da sette mesi appena (M. Moretti)
 I futuristi fecero invece esplodere fragorosamente il
vecchio edificio della lingua poetica.
Parco dannunziano vs stadio, aeroporto, campo di battaglia

Alle parole superliquefatte di D’Annunzio sostituirono


immagini e parole “semaforiche”, il “rumore”, le “parole
in libertà”.
Vollero “distruggere la sintassi”, abolire aggettivi e avverbi,
ridurre la coniugazione verbale ai soli infiniti, abolire
anche la punteggiatura, rinnovare il lessico, associando
coppie di parole analogiche: uomo-torpediniera, donna-
golfo, folla-risacca, piazza-imbuto
Furia affanno orecchie narici aperte! Attenti! Forza! Che
gioia vedere udire fiatare tutto tutto taratatatatatata delle
mitragliatrici strillare a perdifiato sotto morsi schiaffi trak
trak frustate pic-pac-pum-tumb-pic-pac-pum-tumb
bizzarrie salti (200 metri) della fucileria (F.T. Marinetti)
 La lingua di Gozzano “fa scoccare scintille”
(Montale) dall’accostamento ironico di parole
auliche, “gabrieldannunziane” e di parole comuni,
di tecnicismi, dialettismi.
 Rima: “cimitero pendulo fra i paschi”
“pianto sopra i baffi maschi”
“meriggiar sonnolento”
“cera da pavimento”
“sillaba sublimi”
“concimi”
“età passata”
“insalata”
 Ardengo Soffici, Arcobaleno

Inzuppa 7 pennelli nel tuo cuore di 36 anni finiti


ieri, 7 aprile/…/Ci srabbe da fare un
carnevale/Di tutti i dolori/Dimenticati con
l’ombrello, nei caffè d’Europa/…/Giovinezza, tu
passerai come tutto finisce al teatro./Tant pis! Mi
farò ancora un vestito favoloso di vecchie affiches
 Palazzeschi
Son dunque… che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia
RECUPERO DELLA “DECENZA” QUOTIDIANA
 Far recuperare alla poesia una parola moderna, meditata.
 Non più la “parola” poetica per definizione (speme, duolo,
fé, augel), ma le “parole di tutti”, quelle più semplici e
comuni (Saba) o quelle della scienza e della tecnica,
magari parole letterarie, ma riscattate dal loro torpore,
costrette a “dire qualcosa di più” di ciò che esse dicono
normalmente.
 Parole che figurano ormai sulle partecipazioni di nozze o
di lutto, sugli annunci pubblicitari, sui giornali, sulla
cartella delle tasse.
 Diverse risposte: vociani, Rèbora, Sbarbaro, Campana,
Ungaretti, Montale, Saba, Quasimodo, etc.
 Parola poetica meditata, libera da schemi e ipoteche del
passato, “moderna”, anche quando recuperava suggestioni
recenti (D’Annunzio, Pascoli) o meno recenti (Leopardi),
o remote (Petrarca, Tasso, Dante).
 Cardarelli sulla parola poetica:
“quella che abbiamo pensato e ripensato con
maggiore insistenza, tenendola tuttavia silenziosa
in noi, lasciandola riposare… finché un giorno, a
forza di durare, si finisce nel credere in lei con una
persuasione tale che, oltre a non aver bisogno di
fastidiose riprove critiche, serve, anzi,
meravigliosamente a prevenirle e, se mai, a
rassicurarle”
MONTALE
 Parole auliche (“i tartufi più puzzolenti e più rari”):
àlido, belletta, chiarìa, corimbi, falbo, cinigia, bruire,
estuare
 Parole tratte dal “grande semenzaio” della lingua
quotidiana: sciarpa, cappelliera, pentola, stuzzicadenti,
accappatoi, cocci di bottiglia, infilascarpe
 Parole della tecnica: mangianastri, telescrivente,
propellente, riflettore, megafoni, autocarri, tv, giraffa
(televisiva)
 La più stucchevole parola dannunziana perde il similoro,
nella scarna, scabra utilizzazione montaliana; il più banale
vocabolo della lingua di tutti i giorni (saltimbocca,
spazzatura, moquette) è riqualificato, rigenerato da un
Montale che riesce a valorizzare perfino lo squallido
prefisso mini- : “O grande angelo nero/fuligginoso…”
“grande angelo/di cenere e di fumo…/,
“miniangelo/spazzacamino).
 INFLUENZA della lingua di Montale, di Ungaretti, di
Quasimodo, sulla lingua italiana
 INFLUENZA della lingua usuale sulla lingua poetica
LA PROSA DEL 900
 Gozzano
 Pirandello
 Svevo
 Pavese: raccontare le cose reali come fossero incredibili e raccontare le cose incredibili come fossero reali
 Vittorini
 Calvino (linguaggio, lessico, sintassi semplici, registro colloquiale,
sapiente lentezza della narrazione – il vecchio Qfwfa delle
Cosmicomiche
DIALETTO

 Gadda (flusso di coscienza, ling. plurilinguistico, uso di pochi verbi,


molti sostantivi, sovrabbondanza di aggettivi qualificativi, una ricerca
di un groviglio per definire una realtà piccola e difficile da definire,
una realtà che sfugge
Riscrittura di Cappuccetto Rosso secondo lo stile di Gadda.
Il suo nome era Assunta, Assuntina o Tina, ma tutti oramai la chiamavano “er Cappuccio Rosso” per via d’una feltrinea cappa ormai desueta, non molto
lunga e smanicata ma equipaggiata di un ampio copricapo del color senatorio, indossata in occasione di un terribile fattaccio che l’ha consegnata
eternamente alla dea dalle tante bocche vocianti, nonché alla schiera delle imperiture “baby-vips”, prima ancora delle Heidi o Kandy Kandy.
Era la rugiadosa e conigliescamente saltellante puella della sora Agnese, quella vedova non più primizia ma ancora frutta di stagione: ‘na bella gnocca,
quella che ‘l marito gl’ era morto ott’ anni prima. Ma quale? Quella c’ abitava ar Divino Amore? Sì, sì, proprio quella, che c’aveva ‘na casuccia n’mezzo
ar bosco.
Delicatamente occultata da larici e folti salici, profumata dal leopardiano fiore, la domus in questione pareva abbandonarsi ad una natura seducente,
privata proprietà di Diana e ninfe connesse, sala da concerto di Dafni e Pan nonché sfondo pittorico di Tiziano. Il tetto verdognolo di tegole lucide a mo’
di pesce pronto a guizzare verso la calotta celeste, le pareti da poco imbellettate, le finestre infiorettate e non sguarnite delle vulgate tendine in macramé,
tutto questo decorava le giornate del purpureo Cappuccetto.
Che amore de regazza…! Tutta su’ madre. Sempre linda, accurata, docile, rispettosa, obbediente, un viso raffaellesco incastonato nell’aurea treccia, il
collo lungo e immacolato alla Parmigianino, dal quale veniva fuori una vocina che intonava dei sì, dei no, dei certamente con il timbro mieloso del flauto
o con l’acuta sottigliezza d’un violino. Ma questa montessoriana perfezione non era del tutto priva di una qualche imprevedibile monelleria attribuibile ad
una curiositas pruriginosa, nonché ad un’ingenuità da crisalide, che ebbe modo di manifestarsi in occasione der fattaccio, dell’evento propalatore in
oggetto.
Era in mezzo ar bosco, la poverina, per portacce da magnà alla nonna ammalata. Guarda de qua, odora de là, saltella su e giù, canticchia un pochetto e
incontra er lupo cattivo. Un canide macrocefalico e melanodermico, ma somatologicamente scarno, come sottoposto per più giorni a prescritto digiuno,
sguscia fuori da un frutice ed emette dei catarrosi gorgheggi, tra il parlato e l’abbaiato, sforzandosi di occultare il nativo ululato: «Ndo’ vai, bella
regazza?».
Sussulta, quasi barcolla, traccheggia la tremebonda pulzella a quel sembiante disgustoso e al suono cavernoso che sbuca fuori da quei denti un po’ cariati,
un po’ fratturati, un po’ assenti, lubrificati dal prodotto di chissà quali strabordanti ghiandole salivari, liquido gocciolante lungo la mandibola fino ad
alimentare un guazzo viscoso sul terreno.
«Dada la nonna cche sta male, per portarle cibo e medicine al di là del bosco» soffia senza grande spinta la pavida femminuccia, mentre il feed-back
metacognitivo già le instilla il pentimento.
Subito la bestia salivosa ritira la lingua ondulata arrotolandola su stessa, a mo’ di ponte levatoio in vista d’un assalto, mentre gli occhi si dilatano
all’appetitosa prefigurazione del fast-food. Con l’impulso di un turboreattore ed annesso liquido di raffreddamento, decolla dalla nipote ed atterra presso
l’invalida vecchietta.
«Chi è?» s’ode, tra il belato e il ragliato, al di là della porta, suono abituale d’ogni reclusa che i mesti lari non arrivino a proteggere. Il mostro ululante,
inclemente, fagocita la nonnina dal volto di stanca pervinca senza la minima masticazione: s‘a magna tutt’intera!
Si palpa il ventre compiaciuto, soddisfatto, ma semisazio, adatta alle membra pelose il vetusto vestimento e attende le rosate allettanti pinguizie della
tenera Alice. Sbiadisce il visetto della purpurea fanciulla alla vista degli imprevisti, macroscopici, sconcertanti effetti del decubito: du occhi come fanali,
du orecchie come sportelli e na bocca...da entrarci tutt’intera! E così se magna pure aa nipote, quer farabbutto. Le palpebre principiano a cadergli in avanti
come due tendine americane, nell’attitudine papaveracea delle grandi abbuffate, la digestione tumultuosa nello stomaco ribelle lo precipita in un ronfante
stato d’incoscienza.
Er sor Filippo, de mezza statura, scuro a soprabito, con la panza un po’ a pera, due baffoni a sipario semiaperto, appassionato cacciatore di selvaggina ma
non insensibile a prede d’altro genere, attratto dallo sconosciuto inquietante verso proveniente dalla nonnesca abitazione, decide di verificare
personalmente di che razza d’animale si tratti. Il legno della scala crocchia sotto il peso ascendente dell’omone sulle punte. Abbatte d’un sol colpo la porta
d’ingresso e scorge una strana creatura: una bestia scura, pelosa, bavosa e con la pancia a cammello.
 Lingua che scarsamente influenza gli istituti linguistici
non-letterari.
 E’ documento interessante di una raggiunta ricchezza,
flessibilità, onnipotenza dello strumento
 Lalingua letteraria è filtrata attraverso la lingua
delle canzonette, la lingua del giornalista
sportivo, la lingua della pubblicità

 Es.di uno slogan


Breco’s è quando
la fantasia si veste di rigore…
Ungaretti: Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
LO STUDIO DELLE VARIANTI
 L’esempio di Ungaretti
 Contini, Critica delle varianti
IL=VERSIONE APPARSA SU L’"ITALIA LETTERARIA”, GENNAIO 1931
P=L’ALLEGRIA, PREDA, LILANO 1931
M=L’ALLEGRIA, MONDADORI, MILANO 1942

vv.
M 10-12
IL – P emigranti soriani ballano
A poppa
A poppa emigranti soriani ballano
AAprua
pruas’appoggia
un giovanealla ringhiera un uomo
è solo
e pare un’ombra

vv.
P 6-9
IL
E il mare è cenerino
eEiltrema
mare dolce
è dolce
trema
Gonfiound’onda
po’ come gli inquieti piccioni
amorosa
èÈcenerino
inquietocome
comeilun
loro petto
piccione
gonfio d’onda amorosa

M
e il mare è
cenerino
trema dolce
inquieto
come un piccione
UNA RIFLESSIONE SULLE
FIGURE RETORICHE
 Non appartengono esclusivamente al dominio del
linguaggio poetico e letterario, o di quello oratorio, ma
sono presenti nella lingua della comunicazione
 Una proposta di lavoro:

accostamento della parola all’immagine


 La Metafora. È la figura retorica di tipo semantico più usata dai poeti; essa
consente nel trasferire un vocabolo, per ragioni di accentuazione espressiva, il
significato di un altro, in altre parole si tratta di una similitudine abbreviata.
Essa scocca quando due sfere di significato totalmente estraneo si trovano
fuse in una sola unità; ed è anzi sulla distanza di queste sfere di significato
totalmente estraneo che riposa l’effetto di sorpresa caratteristico della
metafora. Di solito la metafora favorisce la scoperta di una rassomiglianza fra
due cose; rassomiglianza esistente ma non ancora registrata. Es. «La lingua è
un pesce rosso nel vaso della tua voce» (Apollinaire); «Una colomba nera è la
notte» (Lasker- Schuler).
 La metafora abbellisce il discorso, purché si limiti a una semplice pennellata.

 Esempi iconografici
L’EUFEMISMO
 Figura retorica di pensiero che consiste nel sostituire, per
scrupoli religiosi o morali o per rispetto delle
convenienze sociali, a un termine o a un'espressione
appropriata, ma sentita come troppo cruda, un'altra di
significato attenuato
 L’uso che logora: il caso del cimitero
koimht»rion: luogo dove si va a dormire, da koim£w, io
faccio addormentare

 Es. iconografici
ESERCIZI
 Riscrivere una poesia di Montale senza la A
 Leggere l’esordio de I promessi sposi;
individuare lo stile; riscrivere la favola del Lupo
e dell’Agnello di Fedro, utilizzando lo stile
manzoniano
 Riscrivere la poesia La sera fiesolana di
D’Annunzio, utilizzando termini contrari.
RISCRIVERE LA FIABA DI CAPPUCCETTO ROSSO RIPRODUCENDO LO STILE
PIERVITTORIO TONDELLI.

Me ne vo’ sul calar del sole tra la natura coi pensieri che mi ronzano nella crapa, vorrei seguire l’odore della libertà e della gioventù.
Tirando per il folto bosco mi trovo faccia a faccia con un brutto lupo nero, tutto secco e allampanato per la fame lettori miei mica
peraltro! Ci ha la libertà lui! Sta li’ a guardarmi siccome immobile che sembra proprio mezzo fatto. Penso prima o poi mi frega se mi
muovo, lui in vece pensa c’ho le rotelle ammaccate che sono un povero diavolo se non scappo.
Strabuzzo gli occhi fingo meraviglia e dico be’? anche lui dice be’! Poi lui attacca bottone vuole che gli racconto la mia storia e io
chiedo ti fa piacere davvero? Dice di sì e allora spalanco la mia boccuccia e comincio a raccontare che mia madre lavora per
appuntamento di nascosto da mio padre che non vuole, dice le donne debbono stare a casa a pulire e cucinare. Ma che ci sta di male dico
io se quando lui lavora o va a caccia lei si da’ da fare? Quando mamma lavora però io devo andare da mia nonna che palle! mo’ per
portare il giornale, mo’ le sigarette, mo’ il gin, devo stare più di un ora senò mia madre s’incazza forte se torno quando lavora. Eppoi
mia nonna fa la pensionata sociale, fuma tutto quello che gli capita sigarette senza filtro, pipa, sigari, poi legge il giornale che ci sta in
giro, sempre lo stesso e beve un goccetto dalla bottiglia che porta sempre nel sinale, gnuc gnuc!! dice che è per la gola secca.
Primaoppoi ci rimane dico io.
Il lupo mi chiede dove vado e gli dico a casa di nonna perché mia madre sta lavorando co’ uno. Poi quello dice non posso fermarmi ho il
mio lavoro da finire non ci ho tempo da perdere cara mia!
Parte senza nemmeno salutare che sbalinato vero lettori miei? Prima mi fa le domande e poi se ne va cosi’! all’inferno! al diavolo! lupo
della malora!
Metto un piede dopo l’altro e vado avanti per la mia strada. Raggiungo la tana della vecchia che però non m’apre la porta forse sta
dormendo, tutta scorata entro e grido NONNA NONNAAAA! Dalle quiete stanze m’arriva un oé che ti urli ma sei proprio tonta stavo
dormendo!
Tutta imperplessita scopro lettori miei che il posto della nonna l’ha preso quel brutto muso nero del lupacchione che prima m’ ha
fregato! infatti s’è slurpato la vecchietta e mo’ vuole fare il bis con me. Tu sei scemo! t’ho capito l’inganno caro lupastro dei miei
stivali! grrrrrr!!!
A una più attenta analisi della situazione capisco il pericolo e cambio sonata. Scusa tanto ma davvero che mi dispiace che dormivi e t’ho
svegliata! mento, che quasi me la faccio sotto.
La bestia fa un ruttazzo che sembra arrivato un tornado gli alberi s’agitano gli uccelli scappano nello liber ciel, e dopo il rutto caccia
dalla gola un orrido uhuhuh! e io rispondo ahahah! e scappo. Siluro dalla finestra e fuori trovo mio padre col fucile da caccia, è venuto a
cercarmi dopo che ha trovato mamma nel paterno ostello a lavorare ma non a ciò che dice lui! mi figuro gli isterismi da sceneggiata
napoletana!Incazzato manco li cani e cornificato si sfoga sull’animale che lascia stramazzato a terra per le schioppettate. Che giornata
lettori cari. Sono salvo! tutto intero! ma con una famiglia sfasciata. meglio non lavorare!
DA ECO:
 Individuare le caratteristiche di un personaggio
famoso, utilizzando solo le parole inizianti con la
lettera con la quale inizia il nome del
personaggio stesso
 Immaginare come risponderebbero personaggi
famosi alla domanda “come va”?
 Anagrammare i nomi di 10 autori della
letteratura italiana
POESIA VISIVA

 Componi una poesia visiva incentrata su un tema


qualsiasi, sottolineando il contenuto che vuoi
esprimere, mediante disposizione, dimensione, stile e
corpo dei caratteri grafici.
LA SCRITTURA
E sulle A L I di
R
I
L
A
Scrivere è S
1 u o che vola….………………..
c l
c l
e

lontanooooo ……..

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