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Corso di Organizzazione politica

Europea
Anno accademico2012-13
Lez. XV
Modelli esplicativi del processo di
integrazione Europea : le “grand
theories”
Approcci teorici
Teoria generale Teoria a medio raggio

Relazioni Internazionali Politica comparata e analisi delle politiche


pubbliche

Il processo di integrazione europea e la natura della Il processo politico europeo


 
polity europea

Funzionalista Realista Istituzionalista Multi-level Policy network


intergovernativista governance

Funzionali Neofunziona Realismo Intergover Feder Istituzi Multi level Policy network
smo di lismo classico nativismo alismo onalis governance
Mitrany liberale cooper mo
ativo storico
TEORIE FUNZIONALISTE
• Condividono la premessa   che la ragione principale
dell’integrazione regionale sta nella sua EFFICIENZA
FUNZIONALE
•  
• Per il funzionalismo (Mitrany) la scelta di un modello di
organizzazione politica dipende dall’accrescimento di benessere
che esso produce
•  
•  
• Per i neofunzionalisti le pressioni funzionali sono
necessarie ma non sufficienti ed identificano dei
processi intervenienti
Il funzionalismo di Mitrany

• Mitrany, vicino al fabianesimo e pacifista radicale, comincia a


elaborare un nuovo approccio alle relazioni internazionale negli
anni Trenta e Quaranta, nell’ottica di individuare le condizioni di
una pace duratura.
• . . Il suo punto di partenza sono “i bisogni umani” piuttosto che lo
stato, come è invece nella teoria realista. Sostiene che il quadro
dello stato nazionale territoriale sia inadeguato e che
organizzazioni transnazionali sarebbero più efficienti : proprio
per la loro oggettiva maggiore capacità di rispondere ai “bisogni
umani” ad esse sono destinate a trasferirsi le lealtà dei cittadini,
con una riduzione delle probabilità di guerra.
• La nozione chiave del funzionalismo di Mitrany è che la forma deriva dalle
funzioni .I lineamenti istituzionali di queste organizzazioni debbono essere
dettati dalle funzioni che debbono svolgere : la visione di Mitrany tende a
privilegiare istituzioni funzionalmente differenziate e sovrapponentesi, dotate
di grande flessibilità per adattarsi alla natura mutevole dei bisogni umani , e
rigetta qualsiasi riproposizione sotto nuove forme dello stato nazionale (anche
federale).
• . Per questa ragione vedrà con maggior favore la CECA e l'Euratom nelle
quali scorge una chiara logica funzionale piuttosto che la CEE che gli pare
troppo vicina al modello dello stato, anche se federale.
• Mitrany anzi ingaggiò una polemica con i federalisti e con i modelli di
integrazione continentale di cui contestava la tendenza a tracciare confini
territoriali ponendo limiti alla membership (“la fallacia regionale”) e la
dipendenza dal modello dello stato.
IMPORTANZA DI MITRANY

• -         è l’ispiratore della teoria neofunzionalista che sarà importante per la


costruzione delle Comunità (anche se Mitrany rifiuta radicalmente l’idea che
l’integrazione per settori funzionali possa essere la via per l’unione politica).
 
• l funzionalismo di Mitrany precorre alcuni dei filoni della teoria delle relazioni
internazionali contemporanee : la tesi che la crescente interdipendenza delle
società contemporanee richieda di essere governata da istituzioni
transnazionali;
 
• la visione di un insieme di organismi funzionalmente differenziati e tra loro
sovrapponentisi anticipa alcune interpretazioni recenti della polity europea .
 
Critiche al funzionalismo di
Mitrany
• -la nozione di “bisogni umani” siano oggettivamente
determinabili (i bisogni sono soggettivi)
•  
•   
• -l’idea , tipicamente funzionalista, che le persone e i
governi tendano a comportarsi razionalmente e a
scegliere gli assetti più efficienti.  
•   
• -si tratta di una teoria con forti elementi prescrittivi
NEO-FUNZIONALISMO

• E’ la teoria dominante sull’integrazione europea negli anni Sessanta e presenta forti


affinità con la strategia di integrazione per settori funzionali di Jean Monnet.
•  
• Quello che i neo-funzionalisti si propongono di spiegare è il PROCESSO DI
INTEGRAZIONE EUROPEA in sé, non l’esito di questo processo (la natura della polity
europea).

Esponenti principali della corrente neofunzionalista sono Ernst Haas (The Uniting of
Europe, 1958; Beyond the Nation State, 1964) e Lindberg (The Political Dynamics of
European Economic Integration, 1963)
•  

• Sebbene il “tempi d’oro” del neofunzionalismo finiscano con gli anni Settanta questo
paradigma ha mostrato una notevole vitalità e a questo filone, aggiornato, possono essere
ricondotto il lavoro di importanti autori contemporanei come Schmitter, Sandholtz e Stone
Sweet.
GLI ATTORI RILEVANTI NEL PROCESSO DI
INTEGRAZIONE SECONDO I NEOFUNZIONALISTI

• Il punto di partenza delle prime teorie neo-funzionaliste sono


degli attori che perseguono i propri interessi e le conseguenze
(anche non attese) delle loro azioni, piuttosto che la logica
tecnocratica del primo funzionalismo.
• Gli approcci neofunzioanlisti si distinguono nettamente dagli
approcci di matrice realista quanto agli attori considerati
rilevanti nel processo di integrazione europea . Mentre
nell’approccio realista i soli attori veramente rilevanti sono i
governi nazionali, nell’approccio neofunzionalista un ruolo
cruciale viene attribuito anche alle istituzioni sovranazionali
(soprattutto la Commissione ) e i gruppi di interesse.
• Quanto alle istituzioni sovranazionali , ad esse viene assegnato un
ruolo fondamentale quali agenti di integrazione, nel facilitare il
trasferimento di lealtà verso il livello europeo e nel facilitare la
mediazione tra gli interessi degli stati. La loro logica di azione è
quella di accrescere il proprio potere.
•  
• Il ruolo attribuito ai gruppi di interesse e alla tendenza di questi a
spostare le loro aspettative e le loro attività dal livello nazionale a
quello europeo è una delle caratteristiche centrali del
neofunzionalismo “classico” di Haas e Lindberg e dei più recenti
contributi che si ispirano a questo paradigma (Schmitter).
L’importanza assegnata alla politica dei gruppi di interesse rivela la
chiara affiliazione del neofunzionalismo dalla teoria pluralista in
scienza politica.
SPILL OVER FUNZIONALE e SPILL
OVER POLITICO
 
•  
•  
• Il concetto principale della teoria neo-funzionalista è
quello di spill-over che è usato per individuare il
meccanismo che guiderebbe il processo di integrazione.
I neofunzionalisti individuano due tipi di spill-over, lo
spill-over politico e quello funzionale In alcuni lavori di
Haas si trova anche la nozione di spill over geografico.
•  
SPILL OVER FUNZIONALE
• E’ il meccanismo che spiega per i neofunzionalisti come l’integrazione in un settore
economico crei pressioni per un’ulteriore integrazione in quel settore e in altri e per
maggiori risorse di autorità a livello europeo.
•  
• Lindberg lo descrive così : “una situazione in cui una determinata azione, in vista di uno
specifico obiettivo, crea una situazione in cui l’obiettivo originario può essere raggiunto
solo attraverso altre azioni , che a loro volta creano nuove condizioni e il bisogno di altre
azioni e così via”.
•  
• Per es.un obiettivo limitato come l’armonizzazione delle politiche nel settore del carbone
e dell’acciaio, renderebbe necessario svolgere in cooperazione altre attività, inizialmente
non previste, come quelle relative alle politiche dei trasporti. Negli stessi anni gli
economisti sostenevano che la realizzazione di un’area di libero scambio avrebbe
funzionato meglio attraverso un coordinamento della politica dei tassi di cambio e in
un’ultima analisi questa avrebbe portato a integrare le politiche monetarie, mettendo in
rilievo un meccanismo analogo allo “spill over” dei neofunzionalisti.
• Il meccanismo di spill over rende in un certo senso “auto-
propulsivo” il processo di integrazione , genera pressioni ad
estendere l’integrazione da un settore all’altro a causa dei legami
esistenti tra i diversi settori.
• L’interdipendenza funzionale costituisce il motore dell’integrazione,
ma non basta a spiegarla : essa deve essere tradotta in
espressioni di interesse, strategie di influenza, modi di presa di
decisone da parte degli attori politici.
•  
SPILL OVER POLITICO
• Consiste nella convergenza delle aspettative e degli interessi delle élites nazionali come
risposta alle attività delle istituzioni sovranazionali. Questo può a sua volta tradursi in un
trasferimento di lealtà verso il nuovo livello di governo europeo, o per lo meno una
trasformazione delle attività politica delle élites nazionali, per es.una crescita del lobbying
europeo.
 
 
 
• Il processo di trasferimento delle lealtà da parte delle élites e di gruppi nazionali rappresenta
un aspetto essenziale per i neofunzionalisti della costruzione di una nuova comunità.
 
 
• La formazione di gruppi di interesse transnazionale (COPA. UNICE) negli anni
immediatamente successivi la formazione delle Comunità è vista dai neo-funzionalisti come
una conferma del progressivo trasferimento dell’attività dei gruppi nazionali verso il “nuovo
centro” europeo.
 
 
SPILL OVER GEOGRAFICO

• E’ l’effetto per cui la cooperazione tra un gruppo di stati ha effetto


anche su quelli che non ne fanno parte, se non altro perché
altera i flussi commerciali
• Le prime iniziative dei governi inglesi per avere almeno una
“associazione qualificata” con la Comunità, pur restandone fuori,
è definita da Haas nel 1958 come prova di un effetto di “Spill
over geografico”. E’ il meno citato degli effetti di spill over
identificati dai primi neofunzionalisti, ma è rilevante per spiegare
l’attrazione esercitata dalla CE/UE sui paesi terzi.
LE CRITICHE ALL’APPROCCIO
NEOFUNZIONALISTA
• L’approccio neofunzionalista è stato largamente predominante negli anni Sessanta : gli
sviluppi del processo di integrazione europea a partire dalla formazione della prima
comunità del carbone e dell’acciaio, la forza con cui la Commissione Hallstein si
propose in quegli anni come “imprenditore politico “ di nuova integrazione, la nascita di
attività di lobbying a livello europeo, la capacità di attrazione su potenziali nuovi
membri, sembrano confermare le predizioni della teoria neofunzionalista.
• La capacità di De Gaulle di mettere in crisi ed arrestare lo sviluppo lineare delle
Comunità (crisi delle sedie vuote e compromesso di Lussemburgo) tuttavia mette in
discussione le predizioni del paradigma neofunzionalista e sembra dare ragione a
coloro che sostengono che gli stati nazionali non sono disposti a cedere sovranità.
•  
• Le critiche rivolte all’approccio neofunzionalista sono tanto di natura teorica che di
natura empirica.
•  
Le critiche all'approccio
neofunzionalista
• La principale critica di natura teorica riguarda la natura deterministica di questa teoria: il
meccanismo di spill over, specie lo spill over funzionale, designerebbe una specie di
“automatismo”
•  
• Inoltre il neofunzionalismo sarebbe una teoria ad hoc, modellata sul solo caso che
spiega, quello dell’integrazione europea.

•  
• La principale critica di natura empirica riguarda la scarsa capacità predittiva. Dalla metà
degli anni Sessanta gli sviluppi avrebbero contraddetto le aspettative della teoria.
•  
• In particolare la politicizzazione della questione dell’integrazione europea non l’ha
favorita, se mai l’ha ostacolata
•  
•  
REALISMO E INTERGOVERNATIVISMO

• Condividono alcuni presupposti teorici :

• -gli stati nazionali sono gli attori centrali del


processo
• -sono attori unitari
• -agiscono secondo una logica di razionalità
strumentale (mezzi-fini)
• -massimizzano i propri interessi definiti in termini di
sicurezza e potenza (prevalentemente interessi di
natura geopolitica)
• La tesi fondamentale degli
intergovernativisti è che l’integrazione
europea è guidata dagli interessi e dalle
azioni degli stati nazionali europei. Lo
scopo principale degli stati nazionali è
proteggere i loro interessi, in particolare
quelli di natura geopolitica, la sicurezza
nazionale e la sovranità.
• Il processo decisionale a livello europeo è
concepito dagli intergovernativisti come un
“gioco a somma 0” dove le perdite di un attore
in un settore non possono essere compensate
da guadagni in un altro settore .
Hoffmann

• Hoffmann(1964) spiega il ritorno del nazionalismo


con De Gaulle e l’impatto sul processo di
integrazione europea con la logica del sistema
internazionale e la sua tendenza a produrre la
persistenza della diversità e della separazione
piuttosto che l’integrazione sovranazionale.
• Gli stati nazionali non sono affatto “obsoleti” e
tendono a preservare la propria sovranità.
High and low politics

• Hoffmann traccia una chiara distinzione tra le aree di

• LOW POLITICS (politiche economiche) che non toccano i nodi centrali della
sovranità e in cui l’integrazione sovranazionale è possibile

• HIGH POLITICS (politiche connesse fortemente con la sovranità e l’identità)


sulle quali gli stati difendono la propria autonomia

• Hoffmann rifiuta la tesi neofunzionalista di un possibile spill over dalla


integrazione nei settori di low politics nei settori di high politics.
• La logica della High politics è radicalmente differente secondo Hoffmann da
quella della low politics
INTERGOVERNATIVISMO LIBERALE DI
MORAVSICK

• Cosa si propone di spiegare ?

• le grandi negoziazioni, quelle che portano alle scelte


costituenti, i Trattati o l’Unione Economica e Mone taria
Andrew Moravsick (The Choice for
Europe, 1993)
• Reagisce alla critica volta all’approccio realista di dare per
scontate una volta per tutte, di non problemetizzare le
preferenze degli stati (non spiegarne l’origine)

• costruisce una teoria a 2 livelli


• -una teoria liberale (pluralistica) della formazione delle
preferenze degli stati

• -una teoria intergovernativa della negoziazione strategica tra


gli stati
PRIMO STADIO-LA FORMAZIONE DELLA
PREFERENZE DEGLI STATI
• Livello della politica interna-(lato della domanda)-spiega la
 
formazione delle preferenze che gli stati, della “domanda di
integrazione” che questi portano nelle negoziazioni internazionali .
Le preferenze degli stati sono definite nella politica interna, dalle
interazioni tra stato e società. Qui la teoria adottata è una teoria di
matrice pluralista (liberale) della politica interna: gli attori della
politica interna hanno degli interessi , in particolare di natura
economica, e competono perché i governi se ne facciano promotori
nelle negoziazioni europee. L’esito di questa competizione pluralista
determina le preferenze (domanda) degli stati, che a differenza che
nella teoria realista, nono sono date una volta per tutte, e sono
prevalentemente di natura economica e non geopolitica.
•  
SECONDO STADIO-LE NEGOZIAZIONI EUROPEE
•  
• Livello delle negoziazioni europee-(lato dell’offerta) una
volta definiti gli interessi o le preferenze degli stati questi
guidano le negoziazioni strategiche degli stati. Gli stati
sono, come nell’approccio realista, considerati a questo
livello attori unitari, che agiscono secondo una logica di
razionalità strumentale (mezzi-fini). Alle istituzioni
sovranazionali è assegnato un ruolo di scarsa importanza
SECONDO STADIO-LE NEGOZIAZIONI EUROPEE

• Questa negoziazione ha tre caratteristiche:


• non è coercitiva (la regola è l’unanimità) ;
• è caratterizzata da alta informazione sia sulle regole che
sulle preferenze degli altri attori;
• è caratterizzata da bassi costi di transazione (molto tempo,
molte le possibilità di scambi e compensazioni
laterali:es.CIG).
• I governi hanno quindi un’elevata autonomia di negoziare in
seno al Consiglio
• Di conseguenza, al contrario di quanto sostiene la
teoria realista, tali negoziazioni possono dare luogo
anche a “giochi a somma positiva” (win-win
vantaggi per tutti, o quasi tutti)
• Le decisioni europee (the choice for Europe)
riflettono queste negoziazioni strategiche tra gli
stati.
CRITICHE ALL’INTERGOVERNATIVISMO
LIBERALE DI MORAVSICK

• -la sottovalutazione del ruolo delle istituzioni


sovranazionali che possono utilizzare le differenze
di preferenza tra gli stati e la propria maggiore
conoscenza per rafforzare il proprio potere e
realizzare le proprie preferenze.
•  
Critiche all’intergovernativismo
di Moravsick
• -il fatto che l’intergovernativismo liberale di
Moravsick è adeguato a spiegare le grandi
negoziazioni europee ma non le decisioni di entro i
singoli settori di policy.

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