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ARTISTI DISSIDENTI
Definizione e caratteristiche
SCHIERATI ESPRESSIONI
REGIMI AUTORITARI POLITICAMENTE ARTISTICHE
PITTURA
PERSEGUITATI SCULTURA
BODY ART
PERFORMANCE
HAPPENING
• GRUPPO CORRENTE
• ARTE DEGENERATA
• GROSZ E HARTMANN
• DIEGO RIVERA
• BADIUCAO
• Shrin Neshat
• https://www.frammentirivista.it/shrin-
neshat-contrasti-di-potere/
LA NUOVA OGGETTIVITA’
Otto Dix e l’arte degenerata
• Otto Dix (Gera, 2 dicembre 1891 – Singen, 25 luglio 1969) è stato un pittore tedesco,
esponente di spicco della "Neue Sachlichkeit" (Nuova oggettività). A causa delle sue
tematiche spesso legate al tema della guerra, con l’avvento del nazismo Otto Dix
fu considerato un pittore “degenerato”. Le sue opere vennero considerate
offensive verso soldati e verso lo stato. Il regime nazista confiscò, durante la sua
ascesa, numerose opere ritenute offensive verso la Germania e verso il nuovo
regime, sottraendole ai musei nazionali. Dopo il sequestro di circa 5.238 opere in
sole due settimane, nel 1937 fu organizzata una mostra d’arte
degenerata presso l’Istituto di Archeologia nell’Hofgarten (Monaco di Baviera) con
l’obiettivo di mettere in risalto la decadenza e la pazzia dei pittori esposti
denigrandoli e deridendoli. La mostra ospitò circa 650 opere di pittori come: Paul
Klee, Pablo Picasso, Piet Mondrian, Vasilij Kandinskij, Marc Chagall e lo
stesso Otto Dix. Venne curata nei minimi particolari e le opere furono disposte in
diverse sale in un ordine ben preciso, opere offensive per la religione,, opere
dipinte da artisti ebrei, opere raffiguranti donne, soldati o contadini dipinti in una
maniera irrispettosa secondo i criteri del regime (in quest’ultima categoria erano
inserite anche le opere di Otto Dix). A fine esposizione la maggior parte dei dipinti
furono bruciati mentre la restante parte fu venduta per pochi soldi.
MOSTRA ARTE DEGENERATA 19 LUGLIO 1937
MOSTRA ARTE DEGENERATA 19 LUGLIO 1937
MOSTRA ARTE DEGENERATA 19 LUGLIO 1937
MOSTRA ARTE DEGENERATA 19 LUGLIO 1937
fra le prime tappe dell’esodo c’è Parigi, dove si trova Wassily Kandinsky, scappato dopo la
chiusura forzata del Bauhaus di Berlino, a Londra fuggono Piet Mondrian e Làszlò Moholy-Nagy,
a New York e Chicago troviamo Lyonel Feininger e Max Ernst. Un’altra ondata di esuli arriva in
America subito dopo la resa della Francia, nel 1940, tra cui André Breton, Fernand Léger e Marc
Chagall. L’intento dell’autrice è quello di esaminare le vicende di questo esodo considerando le
diverse esperienze che gli artisti sviluppano soprattutto dopo aver messo piede sul suolo
americano.
1933 LA CHIUSURA DEL BAUHAUS
La politica del nazionalsocialismo è decisa ad annientare tutto ciò che si affaccia sulla scena
artistica della Germania degli anni Trenta: in questi anni vengono licenziati 27 curatori di musei e
gallerie d’arte, sostituiti da esponenti di partito; vengono rimosse le opere d’arte delle
avanguardie europee e le squadre d’assalto fanno irruzione nella sede del Bauhaus di Berlino
prelevando i documenti, sgomberando l’edificio e mettendolo sotto sequestro.
Otto Dix e la realtà tedesca post bellica
• Conosciuto soprattutto per certi temi che trattò nella sua arte, da alcuni considerati
scandalosi, come la prostituzione o la violenza della guerra, Otto Dix fu uno dei
pittori più influenti della Nuova Oggettività tedesca. In tutti i suoi quadri raffigurò
sempre la dura verità assumendo uno sguardo oggettivo e realista. I suoi dipinti
divennero così testimonianze di dolore e obiettività. Oltre alla denuncia verso gli orrori
della guerra fece trasparire anche la denuncia verso la società tedesca che visse la
guerra in modo passivo, al contrario di lui che rimase fortemente traumatizzato. In
questo periodo post-bellico dipinse alcune opere come Il venditore di
fiammiferi (1921) dove rappresentò un vecchio signore seduto su un marciapiede
della città di Dresda mentre le persone intorno, rappresentate in abiti tipicamente
borghesi, gli passano affianco evitandolo e non considerandolo. L’enfatizzazione
della sua denuncia sociale emerge anche dal dipinto Invalidi di guerra che giocano a
carte (1920) dove rappresentò tre uomini mutilati entusiasti e divertiti a mentre
giocano a carte davanti ad un tavolo da gioco. Le persone mutilate rappresentarono
nell’arte di Otto Dix il simbolo della crudeltà della guerra: furono i soggetti più
ricorrenti di tutta la sua pittura di quegli anni. Altri mutilati, infatti, vennero
rappresentati nel quadro Via Praga (1921) dove un ex soldato privo di arti,
somigliante ad un manichino per via delle due gambe e del braccio sinistro in legno,
viene tenuto alla larga dai passanti.
Otto Dix e il Trittico dell metropoli
• Nel Trittico della Metropoli (1927-28), come suo solito, Otto Dix attuò un’aspra critica verso i
costumi berlinesi del periodo della Repubblica di Weimar. Il quadro è un trittico dove si può
notare una certa ispirazione e un richiamo al mondo dell’arte medievale. Suddivise così il tre
pannelli: al centro posizionò il più grande dove raffigurò l’interno di un locale dove le persone
ballano e si divertono in abiti eccentrici di lusso; nel pannello di sinistra raffigurò uno scenario
povero e triste dove compaiono prostitute e due uomini di cui uno mutilato e uno ubriaco
sdraiato a terra; nel terzo e ultimo pannello, quello di destra, rappresentò infine una serie di
donne in abiti da sera di lusso che passano di fianco ad un mutilato sempre senza prestarci
l’attenzione. In tutti i pannelli i soggetti principali sono prevalentemente figure femminili che
in ogni sezione del dipinto ci dànno informazioni sui diversi status sociali rappresentati nel
trittico. Il livello sociale raggiunge il massimo grado nel pannello centrale dove sono presenti
sfarzo e lusso. Il pannello di destra rappresenta una classe medio-basse mentre il pannello di
sinistra ritrae uno status sociale bassissimo.
Otto Dix e i sette peccati capitali
La Bottega di Corrente in Via della Spiga costituì il punto d’incontro e di dibattito degli artisti
del gruppo: qui esposero tutti gli aderenti al movimento.
Renato Guttuso, Crocifissione, 1941, Olio su tavola, Roma Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea
Renato Guttuso, Crocifissione, 1941, Olio su tavola, Roma Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea
UN DRAMMA MODERNO
MADDALENA NUDA
Ad una prima visione risaltano immediatamente alcuni elementi che esulano dalla tradizionale iconografia del
genere. In primo luogo la disposizione delle tre croci, non più allineate e frontali, ma disposte trasversalmente. Il
volto del Cristo non è visibile, ma coperto dalla croce antistante e riconoscibile dal drappo bianco e dalla corona di
spine che reca sul capo. Ai piedi della croce non più la Madonna e San Giovanni, ma la Maddalena, la quale,
completamente nuda, cinge il corpo esanime del Cristo.
Renato Guttuso, Crocifissione, 1941, Olio su tavola, Roma Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea
Il riferimento alla Guernica di Picasso è in linea con quanto affermato nel Manifesto del
gruppo Corrente in cui viene riprotato: “ Vogliamo impostare il discorso pittorico in funzione
rivoluzionaria; che tenda cioè all’agitazione degli uomini e a provocare dirette domande e
risposte […] Ci riconosciamo solo in amore e odio. Picasso con Guernica pone tale
questione. Noi si guarda a Picasso come al più autentico rappresentante di chi ha investito
in senso completo la vita.
Renato Guttuso, Crocifissione, 1941, Olio su tavola, Roma Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea
L’episodio evangelico viene trasposto nel presente ed universalizzato come dramma in perpetuo essere al quale
tuttavia Guttuso (fervido comunista) invita a non sottostare, ma a resistere: i pugni chiusi dei crocifissi ne sono
l’emblema e il messaggio più evidente. Il gesto della lotta, della resistenza, in un tempo oscuro (sono i difficili anni
della guerra) in cui la dignità e la fede sono calpestate e il male ha il sopravvento.
GIACOMO MANZU’
Raccontare il presente attraverso il sacro
RIFERIMENTO AL CONTEMPORANEO
G. Manzù, Crocifissione di un
soldato, 1942, bronzo, h 70 cm, PORTALE DELLA CHIESA DI SAN ZENO A VERONA
Roma, Galleria nazionale d’arte
moderna.
G. Manzù, Monumento al Partigiano, bronzo,
1977, Bergamo
G. Manzù, Monumento al Partigiano, bronzo,
1977, Bergamo
PORFIRIO DIAZ
Nei primi anni trenta Rivera realizzò numerose opere negli Stati Uniti ma le sue tematiche comuniste provocarono molte
polemiche sulla stampa. Ciò accadde in particolare con un murale del Rockefeller Center di New York. L'edificio, situato sulla
Quinta Avenue, una delle strade più famose, rappresentava uno degli emblemi più importanti del capitalismo.
In questa occasione, Diego Rivera, incominciò il murale denominato "El hombre in cruce de caminos" (L'uomo nel crocevia
dei cammini) o "El hombre controlador del universo" (L'uomo controllore dell'universo). Ma quando incluse un ritratto
di Lenin, le critiche non tardarono ad arrivare. Rockefeller vide il ritratto come un insulto personale ed ordinò di coprire
l'intero murale, arrivando al punto più tardi di chiederne la distruzione. Nel 1934 Rivera tornò in Messico, dove dipinse lo
stesso murale al secondo piano del Palacio de Bellas Artes di Città del Messico.
DIEGO RIVERA E IL MURALISMO MESSICANO
Il contenuto del murale è apertamente politico. Al centro vi è un uomo idealizzato che controlla l'universo , posizionato al
crocevia di due ideologie contrapposte. Sulla parte sinistra: la critica del mondo capitalista esposto come una lotta di
classe in mezzo alla repressione e guerra, dove Charles Darwin rappresenta lo sviluppo della scienza e della tecnologia, e la
scultura greco-romana, la religione e il pensiero occidentale in contrasto con l'avanzar dei soldati della prima guerra
mondiale. La sezione di destra mostra una visione idealizzata del mondo socialista, con i lavoratori della Piazza Rossa,
guidati da Lenin, e con la presenza di Karl Marx, Friedrich Engels, Leon Trotsky e Bertram D. Wolfe.
Artisti dissidenti in Russia: Pussy Riot
• Da anni in Russia, arte e creatività arrivano là dove la politica non riesce. Si insinuano nelle vene dell’opinione
pubblica e scorrono perdendosi in mille cunicoli. Per i controllori diventa assai difficile intervenire perché le
diramazioni sono infinite. In principio furono le Pussy Riot. Nate nel 2011, hanno organizzato vari show non
autorizzati in Piazza Rossa o nella Cattedrale di Cristo Salvatore, sempre a Mosca, poi divenuti cliccatissimi video
musicali. Con i temi che più di tutti fanno prudere le mani dalle parti del Cremlino: il femminismo, i diritti Lgbt+ e
l’opposizione alla politica oppressiva dello zar Vladimir. Nel 2012 due membri del gruppo, Nadezhda
Tolokonnikova e Maria Alyokhina, sono state condannate a due anni di carcere suscitando un forte clamore
internazionale. Oggi la band gira per il mondo, tiene concerti e ha aperto anche uno shopping online in cui vende
Artisti dissidenti in Russia: Olga Misik
Artisti dissidenti in Russia: Olga Misik
• Quello della Misik è solo l’ultimo di una lunga serie di proteste “creative” con cui i dissidenti russi manifestano
contro Putin e i suoi. Una delle più geniali si chiama Mostration ed è una sorta di performance artistica che ha
come intento quello di parodiare una dimostrazione seria. Una sorta di processione dell’assurdo in cui al posto
degli slogan contro il governo appaiono cartelli con frasi senza senso, disegni di galline, alieni verde smeraldo,
ippopotami, lettere che compongono parole prive di significato. I primi a scegliere questa forma di opposizione
furono i polacchi di Wrocław negli anni Ottanta per dire no al regime filosovietico. Ora, una volta tanto, qualcosa di
polacco ha invaso le più grandi città della Russia: da Kusk, dove il primo maggio di qualche anno fa una trentina di
persone marciò verso il centro urlando lo slogan «Per i diritti delle farfalle nello stomaco», fino alle ultime
manifestazioni di Novosibirsk e Mosca.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
• Ma la palma d’oro all’artista più controverso di tutti va per distacco a Pyotr Pavlensky. Volto scavato,
magro scheletrico, espressione perennemente sofferente. Per lui l’arte ha solo uno scopo:
denunciare. E l’obbiettivo va perseguito con ogni mezzo. Anche il più estremo. Anche se c’è da
infierire sul proprio corpo. Ecco perché le sue performance sono solo ed esclusivamente per
stomaci forti. Come quando si è inchiodato i testicoli alla pavimentazione della Piazza Rossa o ha
dato fuoco alla porta di un edificio dei servizi segreti a Mosca o si è cucito le labbra con del filo
rosso o si è arrampicato sul tetto della clinica psichiatrica Serbsky e, avvolto in un lungo filo spinato,
si reciso di netto il lobo dell’orecchio o ha incendiato una filiale della Banca di Francia a Parigi.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
Nel Maggio 2013, si fa portare, avvolto in un rotolo di filo spinato, all’ingresso principale
dell’Assemblea Legislativa di San Pietroburgo e rimane nudo per terra fino a che le forze
dell’ordine non intervengono e lo liberano. In seguito spiegherà l’atto come protesta contro le
misure repressive approvate dal governo atte a limitare la libertà individuale delle persone, ad
egemonizzare il possesso dei mass-media, ad intimidire la popolazione con mezzi considerati
illeciti in altri posti da parte dello stesso stato, all’introduzione del reato di blasfemia e la
persecuzione degli omosessuali. La sua performance che chiama “Carcass” (carcassa) è un atto
di ribellione contro quell’insieme di leggi volte alla repressione non di crimini e criminali ma di idee
e possibilità di attivismo civile del popolo stesso, leggi che generano un numero crescente di
prigionieri politici.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
Tutta questa creatività dissidente ha un unico comune denominatore: l’ex banchiere Igor Tsukanov.
Moscovita, classe 1962, oggi vive a Londra e ha un hobby piuttosto coraggioso: collezionare solo ed
esclusivamente arte che si oppone al regime. Proprio nella capitale inglese, e più precisamente alla Saatchi
Gallery, la scorsa stagione ha allestito la mostra Art Riot: Post-Sovietic Actionism in cui erano raccolti proprio i
lavori delle Pussy Riot, di Pavlensky e di Kulik. Ora Tsukanov vuole esportare questa esibizione in ogni
angolo del pianeta. Nel 2016 il Financial Time lo ha definito il magnate che preferisce comprarsi un museo
piuttosto che un mega yacht. Lui conferma: «Mi sono ritirato dagli affari nel 2012 a 50 anni. Ho scelto di
dedicare la terza parte della mia vita (nella prima sono stato studioso di macroeconomia, nella seconda
banchiere) alla filantropia. In particolare volevo collezionare arte russa dagli anni 50 ai 90 per raccoglierla
all’interno di una istituzione privata. Una volta iniziata quest’avventura non ho avuto più tempo di pensare agli
yacht».
Artisti dissidenti in Russia: Igor Tsukanov
• Un’avventura che forse riuscirà a coinvolgere i musei di tutto il mondo ma sarà difficile possa realizzarsi
all’interno dei confini russi. «Lo so – spiega – ma voglio far conoscere gli artisti del movimento Art Riot
ovunque, compresa l’Italia. Ho già iniziato trattative con un paio di musei». E in madrepatria? L’80%
della popolazione appoggia l’attuale governo. «Vero, ma il restante 20% rappresenta quasi 20 milioni di
persone. Ed è proprio questo il pubblico che è attratto dai lavori degli artisti dissidenti. Non è poco…».
• Tsukanov è’ schierato contro l’ex dirigente del Kgb e non arretra di un passo. Anzi, se possibile corre in
avanti e rincara la dose. Come quando ha detto senza troppi giri di parole: «Se vuoi distruggere un
Paese, nomina un presidente come Putin». Possibile che non abbia paura? L’ultimo in ordine di tempo
che si è schierato contro il Cremlino, è stato Alexei Navalny, ed è finito prima nella cella di un carcere
dove sta scontando 30 giorni di detenzione per i suoi appelli a manifestazioni non autorizzate e poi nel
letto di un ospedale per sospetto avvelenamento. «Dico sempre quello che penso veramente,
indipendentemente da chi potrebbe rimanerne deluso, comprese le autorità russe – dice Tsukanov –
Nessuno deve avere paura di dire la verità». Sipario. Applausi.
Artisti dissidenti in Cina
AI WEIWEI BADIUCAO