Sei sulla pagina 1di 81

L'arte come mezzo contro l'autoritarismo

ARTISTI DISSIDENTI
Definizione e caratteristiche
SCHIERATI ESPRESSIONI
REGIMI AUTORITARI POLITICAMENTE ARTISTICHE

PITTURA
PERSEGUITATI SCULTURA

BODY ART
PERFORMANCE

HAPPENING
• GRUPPO CORRENTE
• ARTE DEGENERATA
• GROSZ E HARTMANN
• DIEGO RIVERA
• BADIUCAO
• Shrin Neshat
• https://www.frammentirivista.it/shrin-
neshat-contrasti-di-potere/
LA NUOVA OGGETTIVITA’
Otto Dix e l’arte degenerata
• Otto Dix (Gera, 2 dicembre 1891 – Singen, 25 luglio 1969) è stato un pittore tedesco,
esponente di spicco della "Neue Sachlichkeit" (Nuova oggettività). A causa delle sue
tematiche spesso legate al tema della guerra, con l’avvento del nazismo Otto Dix
fu considerato un pittore “degenerato”. Le sue opere vennero considerate
offensive verso soldati e verso lo stato. Il regime nazista confiscò, durante la sua
ascesa, numerose opere ritenute offensive verso la Germania e verso il nuovo
regime, sottraendole ai musei nazionali. Dopo il sequestro di circa 5.238 opere in
sole due settimane, nel 1937 fu organizzata una mostra d’arte
degenerata presso l’Istituto di Archeologia nell’Hofgarten (Monaco di Baviera) con
l’obiettivo di mettere in risalto la decadenza e la pazzia dei pittori esposti
denigrandoli e deridendoli. La mostra ospitò circa 650 opere di pittori come: Paul
Klee, Pablo Picasso, Piet Mondrian, Vasilij Kandinskij, Marc Chagall e lo
stesso Otto Dix. Venne curata nei minimi particolari e le opere furono disposte in
diverse sale in un ordine ben preciso, opere offensive per la religione,, opere
dipinte da artisti ebrei, opere raffiguranti donne, soldati o contadini dipinti in una
maniera irrispettosa secondo i criteri del regime (in quest’ultima categoria erano
inserite anche le opere di Otto Dix). A fine esposizione la maggior parte dei dipinti
furono bruciati mentre la restante parte fu venduta per pochi soldi.
MOSTRA ARTE DEGENERATA 19 LUGLIO 1937
MOSTRA ARTE DEGENERATA 19 LUGLIO 1937
MOSTRA ARTE DEGENERATA 19 LUGLIO 1937
MOSTRA ARTE DEGENERATA 19 LUGLIO 1937

LE DEVASTAZIONI DI DAESH IN IRAQ E SIRIA, E LA FURIA ICONOCLASTA DEI TALEBANI IN AFGHANISTAN


DIMOSTRANO CHE L’ARTE È ANCORA PERICOLOSA. Tutto era stato organizzato sin nei minimi dettagli,
l’ennesima coreografia voluta da Adolf Hitler (che dei pittori forse fu sempre invidioso data la modestia del suo
talento artistico); il giorno successivo all’apertura, a Monaco di Baviera, di una grande mostra sull’arte tedesca
“patriottica”,  un’altra se ne doveva inaugurare, con un perverso intento propagandistico. Il 19 luglio del 1937
aprì, infatti, i battenti Arte degenerata, per ufficializzare il rifiuto politico delle avanguardie. Circa 650 opere fra
dipinti, disegni e sculture erano state rapidamente confiscate da parte di un’apposita commissione in 32 musei di
tutto il Paese; fra quelle, opere di importanti maestri come Wassily Kandinsky, Emil Nolde, Lyonel
Feininger, Ernst Barlach o Ernst Ludwig Kirchner. Una fretta che aveva colto di sorpresa i direttori dei musei,
i quali però non poterono rifiutarsi di obbedire, e chi lo fece fu immediatamente rimosso dalla carica. Per ordine
diretto del Führer, le opere dovevano essere esposte nella mostra di Monaco, per questa ragione, nonostante il
titolo, quasi nessuno dei direttori museali comprese quello che stava per succedere. I nazisti, con sottile ipocrisia,
sottoscrissero persino polizze assicurative in favore delle opere “prestate”, in modo da dissipare i sospetti. Il 19
luglio, la mostra fu pomposamente inaugurata dal Ministro della Propaganda Joseph Goebbels; l’ingresso era
gratuito, per attrarre il maggior numero di persone possibile e “spiegare” loro l’inaccettabilità del Surrealismo, del
Cubismo, dell’Espressionismo e di tante altre correnti artistiche. Dopo Monaco, la mostra toccò altre undici città
della Germania fra cui Düsseldorf, Francoforte, Amburgo, e dell’Austria, fra cui Salisburgo e Vienna. La visitarono
circa due milioni di persone, a paradossalmente resta la mostra più vista della storia moderna. Finita la mostra, le
opere furono nascoste in un deposito di Berlino, da dove uscirono soltanto il 20 marzo 1939, per essere bruciate
assieme ad altre che nel frattempo erano state conquistate, in una piazza cittadina. Complessivamente, circa
1400 capolavori andarono perduti, sotto i colpi della follia nazista.
2012 LA STORIA SI RIPETE: DISTRUZIONE BUDDHA ESEGUITA DAI TALEBANI
ARTISTI IN FUGA

fra le prime tappe dell’esodo c’è Parigi, dove si trova Wassily Kandinsky, scappato dopo la
chiusura forzata del Bauhaus di Berlino, a Londra fuggono Piet Mondrian e Làszlò Moholy-Nagy,
a New York e Chicago troviamo Lyonel Feininger e Max Ernst. Un’altra ondata di esuli arriva in
America subito dopo la resa della Francia, nel 1940, tra cui André Breton, Fernand Léger e Marc
Chagall. L’intento dell’autrice è quello di esaminare le vicende di questo esodo considerando le
diverse esperienze che gli artisti sviluppano soprattutto dopo aver messo piede sul suolo
americano.
1933 LA CHIUSURA DEL BAUHAUS

La politica del nazionalsocialismo è decisa ad annientare tutto ciò che si affaccia sulla scena
artistica della Germania degli anni Trenta: in questi anni vengono licenziati 27 curatori di musei e
gallerie d’arte, sostituiti da esponenti di partito; vengono rimosse le opere d’arte delle
avanguardie europee e le squadre d’assalto fanno irruzione nella sede del Bauhaus di Berlino
prelevando i documenti, sgomberando l’edificio e mettendolo sotto sequestro.
Otto Dix e la realtà tedesca post bellica
• Conosciuto soprattutto per certi temi che trattò nella sua arte, da alcuni considerati
scandalosi, come la prostituzione o la violenza della guerra, Otto Dix fu uno dei
pittori più influenti della Nuova Oggettività tedesca. In tutti i suoi quadri raffigurò
sempre la dura verità assumendo uno sguardo oggettivo e realista. I suoi dipinti
divennero così testimonianze di dolore e obiettività. Oltre alla denuncia verso gli orrori
della guerra fece trasparire anche la denuncia verso la società tedesca che visse la
guerra in modo passivo, al contrario di lui che rimase fortemente traumatizzato. In
questo periodo post-bellico dipinse alcune opere come Il venditore di
fiammiferi (1921) dove rappresentò un vecchio signore seduto su un marciapiede
della città di Dresda mentre le persone intorno, rappresentate in abiti tipicamente
borghesi, gli passano affianco evitandolo e non considerandolo. L’enfatizzazione
della sua denuncia sociale emerge anche dal dipinto Invalidi di guerra che giocano a
carte (1920) dove rappresentò tre uomini mutilati entusiasti e divertiti a mentre
giocano a carte davanti ad un tavolo da gioco. Le persone mutilate rappresentarono
nell’arte di Otto Dix il simbolo della crudeltà della guerra: furono i soggetti più
ricorrenti di tutta la sua pittura di quegli anni. Altri mutilati, infatti, vennero
rappresentati nel quadro Via Praga (1921) dove un ex soldato privo di arti,
somigliante ad un manichino per via delle due gambe e del braccio sinistro in legno,
viene tenuto alla larga dai passanti.
Otto Dix e il Trittico dell metropoli
• Nel Trittico della Metropoli (1927-28), come suo solito, Otto Dix attuò un’aspra critica verso i
costumi berlinesi del periodo della Repubblica di Weimar. Il quadro è un trittico dove si può
notare una certa ispirazione e un richiamo al mondo dell’arte medievale. Suddivise così il tre
pannelli: al centro posizionò il più grande dove raffigurò l’interno di un locale dove le persone
ballano e si divertono in abiti eccentrici di lusso; nel pannello di sinistra raffigurò uno scenario
povero e triste dove compaiono prostitute e due uomini di cui uno mutilato e uno ubriaco
sdraiato a terra; nel terzo e ultimo pannello, quello di destra, rappresentò infine una serie di
donne in abiti da sera di lusso che passano di fianco ad un mutilato sempre senza prestarci
l’attenzione. In tutti i pannelli i soggetti principali sono prevalentemente figure femminili che
in ogni sezione del dipinto ci dànno informazioni sui diversi status sociali rappresentati nel
trittico. Il livello sociale raggiunge il massimo grado nel pannello centrale dove sono presenti
sfarzo e lusso. Il pannello di destra rappresenta una classe medio-basse mentre il pannello di
sinistra ritrae uno status sociale bassissimo.
Otto Dix e i sette peccati capitali

• Con la salita al potere del nazismo, Otto Dix


abbandonò la rappresentazione cruda e violenta
per passare ad un esilio interiore che portò la sua
pittura ad un cambiamento radicale. Tra gli ultimi
quadri provocatori vi furono I sette peccati
capitali (1933), dipinto che realizzò dopo esser
stato costretto a lasciare l’insegnamento
all’Accademia d’arte di Dresda, caricato da un
intenso simbolismo. In primo piano il pittore
raffigura una strega (avarizia) mentre porta in
braccio l’invidia che sembra assomigliare
a Hitler, alle sue spalle vi è uno scheletro che
tiene a se una falce rappresentando
simbolicamente l’accidia, dietro di se sta una
donna con il seno scoperto che rappresenta la
lussuria, a seguire vi è la gola data da un uomo
rappresentato con il viso dentro una pentola,
vicino a lui si trova la superbia data da una figura
che rimette escrementi, alla sua destra vi è
invece l’ira simboleggiata da una figura animale
piena d’odio.
Otto Dix e la guerra
• Allo scoppio della prima guerra mondiale,
Dix si arruolò entusiasticamente volontario
nell'esercito tedesco. In qualità di
sottufficiale combatté sia sul fronte
occidentale, contro l'esercito inglese e
francese, che sul Fronte Orientale, contro
l'esercito russo; nel corso della guerra fu
ferito e decorato più volte.
• L'esperienza della guerra scioccò
profondamente Dix, trasformandolo in un
convinto pacifista: una parte importante
dell'opera di Dix rifletterà proprio quel
tragico periodo. Solo dopo alcuni anni
arriverà a realizzare su quel tema la sua
opera più intensa e significativa. Si tratta del
polittico su legno intitolato "La guerra",
realizzato a Dresda nel 1932, dopo un lungo
periodo di incubazione, appena un anno
prima che Hitler ottenesse la carica di
cancelliere.
Otto Dix Il trittico della guerra
• Trittico della Guerra (1928) di Otto Dix (esponente della Nuova oggettività tedesca) è un’opera impostata
come una pala d’altare ma, al posto di figure di Madonna e Santi, ci sono crude scene della Grande
Guerra. Quest’ultima non ha più i connotati di una lotta cavalleresca, celebrata in lungo e in largo dai poemi
epici, ed esaltante la nobile figura dell’uomo forte e valoroso. Qui la guerra non fa distinzioni, non punisce i
cattivi e non esalta i buoni; al contrario coinvolge tutti e, grazie agli avanzati studi tecnologici portati avanti
all’inizio del Novecento, è in grado di rasare al suolo territori e annientare intere popolazioni.
• In questa maestosa e tragica rappresentazione del primo conflitto mondiale Dix denuncia la decadenza
morale della società di Berlino e l’estrema miseria che consegue alla guerra stessa. Lo stesso pittore ne
esce distrutto fisicamente e moralmente, ha provato sulla sua pelle gli orrori della vita in trincea, dove
l’incubo maggiore voleva dire un attacco con i gas. Come naturale conseguenza di questo stato di perenne
tensione e paura allucinante nasce l’opera in questione, tanto atroce quanto assurda; sono raffigurati i resti
di un devastante bombardamento che ha sparso cadaveri smembrati e corpi dilaniati intorno ad una trincea.
Il paesaggio è fangoso e desolato; la densissima nebbia, che caratterizza il riquadro di sinistra, rende grigio
l’ambiente, consentendo solo di intravedere le rovine sullo sfondo.
• Il quadro centrale meriterebbe la visione di quegli uomini che ancora oggi si ostinano a intraprendere azioni
belliche contro determinati paesi. Il motivo è tutto condensato nel contenuto dell’immagine: semplicemente
tutto ciò che una guerra può portare, ovvero morte e distruzione. La terribile percezione di una natura
bruciata e ormai inesistente è accompagnata da quella di corpi mutilati e di cadaveri in decomposizione. Al
centro del dipinto figura un soldato con la maschera antigas, che si erge come l’unico immortale, mentre
appeso, quasi crocifisso (sull’acciaio), c’è uno scheletro. Le maschere anti gas e gli elmetti in metallo del
trittico suggeriscono l’avversione di Dix per le armi di una guerra che ormai si avvia all’uso di nuove
tecnologie, volte alla distruzione
George Grosz e la guerra
• Il pittore tedesco George Grosz (1893 –
1959) visse a cavallo tra le due guerre mondiali
in prima persona, vivendo di persona questi
eventi traumatici. Inoltre la sua esperienza
diretta con l’ascesa al potere del nazismo e le
sue simpatie comuniste, fecero maturare in
questo artista uno stile caricaturista, in parte
grottesco, che da sempre ha caratterizzato i
suoi lavori. Lo stile di Grosz è infatti
caratterizzato da un’interpretazione
brutalmente distorta di soggetti che
rappresentavano la società civile dell’epoca,
descrivendo una realtà che lo circondava
sgradevole e discutibile. Per lui l’arte è lotta
politica e denuncia sociale.
• Nel 1914 Grosz si arruolò nell'esercito tedesco,
ma venne presto congedato per motivi di
salute; sembra però che il vero motivo del
congedo fosse uno shock psicologico per il
quale fu ricoverato in un ospedale militare.
George Grosz e Le colonne della società (1926)

• Il titolo intende essere sarcastico;


l’anarchico Grosz prende di mira i suoi nemici,
contrassegnati emblematicamente dai simboli
delle loro attività. Ci sono soldati con spade
insanguinate, un giudice togato che gesticola, in
primo piano i vertici del
capitalismo che sottomettono il popolo con tre
strumenti, individuati come altrettante allegorie
del potere: uno ha la spada ( l'esercito ), l’altro
impugna un giornale ( l'informazione ), il terzo
una bandiera ( il nazionalismo ).
Come copricapo hanno un orinale, oggetto
dissacrante per eccellenza ad indicare le brutture
che nutrono nell'interno dei loro corpi e dei loro
cuori. Inoltre si rivela quello che hanno dentro la
testa: violenza e rifiuti organici. I loro elmi sono 
una statuetta puntuta, un mucchio di sterco
fumante.
La città in fiamme fa da sfondo come
simbolico ambiente di disordine morale e di
scollamento sociale, che provoca rovina e morte
a causa dell'opera devastante della classe politica
al potere.
George Grosz e Le colonne della società (1926)
George Grosz e Le colonne della società (1926)
George Grosz e Le colonne della società (1926)
• Nel 1914 Grosz si arruolò nell'esercito tedesco, ma venne presto
congedato per motivi di salute; sembra però che il vero motivo del
congedo fosse uno shock psicologico per il quale fu ricoverato in un
ospedale militare.
John Heartfield
• «John Heartfield è uno dei più
importanti artisti europei. Lavora in un
campo che lui stesso ha creato, quello
del fotomontaggio. Attraverso questa
nuova forma d'arte esercita una critica
sociale. Fermamente dalla parte della
classe operaia, smascherò le forze
della Repubblica di Weimar che
portavano alla guerra; una volta
costretto all'esilio combatté contro
Hitler. I lavori di questo grande artista,
che per la maggior parte compaiono
nella stampa dei lavoratori, sono
riconosciuti da molti -compreso il
sottoscritto- come dei classici.»
(Bertolt Brecht, 1949)
Cambiare il nome: un segno di dissenso
• Helmut Herzfelde/John Heartfield nasce a Berlino nel 1891. Nel 1915 Helmut viene arruolato
nella fanteria: risiede a Berlino come guardia, ma riuscirà pochi anni dopo ad eludere il servizio
militare per motivi di salute. 
• Tornato a Berlino nel 1917, Helmut conosce Georg Grosz e questo incontro sarà decisivo per gli
anni a venire. L'artista berlinese, infatti, è già da tempo impegnato in opere a carattere politico-
sociale. 
• Di lì a poco, in segno di risposta al patriottismo tedesco che avrebbe voluto il motto “Dio punisca
l’Inghilterra” come saluto nazionale, Helmut anglicizza il suo nome in John Heartfield.
Nonostante il nuovo nome non venga mai legittimato dalle autorità tedesche, le successive opere
saranno conosciute dal grande pubblico proprio con questo pseudonimo. Anche il fratello
Wieland (autore di numerose poesie) cambierà il cognome e in Herzfelde, mentre l’amico Gross
diventerà George Grosz.
• Nel 1918, sull’onda delle notizie riguardanti la rivoluzione d’ottobre, i due pittori si iscrivono
all’appena nato Partito Comunista Tedesco (KPD); da allora e fino alla repressione nazista
continueranno incessantemente a produrre scritti, disegni, poster e altro materiale per il partito.
John Heartfield e la rivista A-I-Z
• Heartfield inizia a lavorare per il periodico propagandistico A-I-Z (acronimo di Arbeiter-Illustrierte-
Zeitung : Giornale Illustrato dei Lavoratori). Tra il 1929 e il 1938 Heartfield produrrà
incessantemente materiale per la rivista.
• Nel 1933, poco dopo l’ascesa al cancellierato di Hitler, le SA occupano l’abitazione di Heartfield, il
quale è costretto a fuggire a Praga. Di lì a poco anche A-I-Z dovrà spostare la sua sede nella
capitale cecoslovacca; la propaganda e la repressione nazista limiteranno notevolmente la
diffusione del giornale, fino a quando nel 1939 l’occupazione tedesca della Cecoslovacchia
costringerà A-I-Z a chiudere.
• Nello stesso anno i nazisti chiedono l’estradizione in Germania di Heartfield. Egli trova rifugio a
Londra, dove (nonostante fosse sconosciuto ai più) collabora fin da subito con alcune importanti
riviste. Con l’entrata in guerra dell’Inghilterra, le autorità britanniche iniziano ad essere
sospettose di fronte ad alcune forme d’arte, specialmente quelle sperimentali di un rifugiato
tedesco. Per qualche mese verrà “ospitato” in alcuni campi di internamento assieme ad alcuni
amici rifugiati; avrà poi la fortuna di essere trasferito in ospedale e, dopo poche settimane, di
essere rilasciato.
Nel 1950, dopo venti anni di soggiorno in Inghilterra, torna nella Germania dell’Est, dove viene
celebrato e onorato
• Muore a Berlino nel 1968. 
la rivista A-I-Z
la rivista A-I-Z
la rivista A-I-Z
la rivista A-I-Z
la rivista A-I-Z
Hans Grundig
• Politicamente antifascista, si unì al Partito
Comunista Tedesco nel 1926 e fu
membro fondatore dell'organizzazione
artistica Assoziation revolutionärer
bildender Künstler a Dresda nel 1929.
• Dopo la caduta della Repubblica
di Weimar , Grundig è stato
dichiarato artista degenerato dai nazisti ,
che ha incluso le sue opere nella
diffamatoria mostra Degenerate Art a
Monaco nel 1937. Ha espresso il suo
antagonismo nei confronti del regime in
dipinti come The Thousand Year
Reich (1936 ). Successivamente gli fu
vietato di esercitare la sua professione e
fu arrestato due volte: brevemente nel
1936 e di nuovo nel 1938, dopodiché fu
internato nel campo di concentramento di
Sachsenhausen dal 1940 al 1944.
In Italia la principale esperienza organizzata di opposizione al regime fascista si ebbe con “Corrente
di vita giovanile”, un quindicinale fondato a Milano dal pittore Ernesto Treccani (allora
diciassettenne) e pubblicato dal 1938 al 1940 (quando fu soppresso). A “Corrente” parteciparono
artisti in cerca di un’alternativa all’estetica di Novecento, come Guttuso, Renato Birolli, Ennio
Morlotti, Emilio Vedova, Eligi Sassu, Giacomo Manzù, ma anche filosofi della scuola milanese
come Dino Formaggio e Luciano Anceschi, e scrittori come Carlo Bo e Mario Luzi. Ispirazione
comune ai pittori del gruppo furono la forza cromatica di Van Gogh, la visionarietà di Ensor, l’arbitrio
costruttivo dei Fauves.
LA BOTTEGA DI CORRENTE IN VIA DELLA SPIGA A MILANO

La Bottega di Corrente in Via della Spiga costituì il punto d’incontro e di dibattito degli artisti
del gruppo: qui esposero tutti gli aderenti al movimento.
Renato Guttuso, Crocifissione, 1941, Olio su tavola, Roma Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea
Renato Guttuso, Crocifissione, 1941, Olio su tavola, Roma Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea

RENATO GUTTUSO FU MEMBRO DEL


PARTITO COMUNISTA

LA ROTTURA DELLO SCHEMA


TRADIZIONALE DI UNA CROCIFISSIONE

UN DRAMMA MODERNO

LA DENUNCIA DEI DRAMMI DELL’UOMO

LINEE E COLORI ACCESI

MADDALENA NUDA

Ad una prima visione risaltano immediatamente alcuni elementi che esulano dalla tradizionale iconografia del
genere. In primo luogo la disposizione delle tre croci, non più allineate e frontali, ma disposte trasversalmente. Il
volto del Cristo non è visibile, ma coperto dalla croce antistante e riconoscibile dal drappo bianco e dalla corona di
spine che reca sul capo. Ai piedi della croce non più la Madonna e San Giovanni, ma la Maddalena, la quale,
completamente nuda, cinge il corpo esanime del Cristo.
Renato Guttuso, Crocifissione, 1941, Olio su tavola, Roma Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea

LA CITAZIONE ALLA GUERNICA DI PABLO PICASSO

Il riferimento alla Guernica di Picasso è in linea con quanto affermato nel Manifesto del
gruppo Corrente in cui viene riprotato: “ Vogliamo impostare il discorso pittorico in funzione
rivoluzionaria; che tenda cioè all’agitazione degli uomini e a provocare dirette domande e
risposte […] Ci riconosciamo solo in amore e odio. Picasso con Guernica pone tale
questione. Noi si guarda a Picasso come al più autentico rappresentante di chi ha investito
in senso completo la vita.
Renato Guttuso, Crocifissione, 1941, Olio su tavola, Roma Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea

UNA RAPPRESENTAZIONE TRA SOTTOMISSIONE E RESISTENZA

L’episodio evangelico viene trasposto nel presente ed universalizzato come dramma in perpetuo essere al quale
tuttavia Guttuso (fervido comunista) invita a non sottostare, ma a resistere: i pugni chiusi dei crocifissi ne sono
l’emblema e il messaggio più evidente. Il gesto della lotta, della resistenza, in un tempo oscuro (sono i difficili anni
della guerra) in cui la dignità e la fede sono calpestate e il male ha il sopravvento.
GIACOMO MANZU’
Raccontare il presente attraverso il sacro

DESCRIZIONE E RIFERIMENTO AL SACRO

RIFERIMENTO AL CONTEMPORANEO

Kapì: elmetto utilizzato dai soldati tedeschi


durante la Prima Guerra Mondiale
GIACOMO MANZU’
Raccontare il presente attraverso il sacro

Il crocifisso e il generale appartiene al ciclo


intitolato Variazioni sul tema. Cristo nella
nostra umanità, che comprende otto
bassorilievi in bronzo realizzati da Manzù fra il
1939 e il 1943. Rifacendosi alla tradizionale
iconografi a della Crocifissione e della
Deposizione di Cristo, in queste opere l’artista
affronta il tema della guerra e della violenza.
La scena è divisa in due parti dal montante
verticale della croce. A sinistra pende il corpo
senza vita della vittima, appeso alla croce per
il polso. A destra si erge la grossa fi gura del
generale carnefice, quasi completamente
nudo, rivestito solo di una spada e del
copricapo, l’elmetto chiodato usato
dall’esercito tedesco durante la Prima guerra
mondiale.

G. Manzù, Crocifissione di un soldato, 1942,


bronzo, h 70 cm, Roma, Galleria nazionale
d’arte moderna.
GIACOMO MANZU’
Raccontare il presente attraverso il sacro

Durante il militare a Verona Giacomo


Manzù studia i portali medievali e in
particolare il Portale della Chiesa di San
Zeno. A Padova potrà ammirare le opere
di Donatello e della tecnica dello stiacciato
che viene qui ripresa da una sottile linea
incisa.

G. Manzù, Crocifissione di un soldato, 1942,


bronzo, h 70 cm, Roma, Galleria nazionale
d’arte moderna.
GIACOMO MANZU’
Raccontare il presente attraverso il sacro

G. Manzù, Crocifissione di un
soldato, 1942, bronzo, h 70 cm, PORTALE DELLA CHIESA DI SAN ZENO A VERONA
Roma, Galleria nazionale d’arte
moderna.
G. Manzù, Monumento al Partigiano, bronzo,
1977, Bergamo
G. Manzù, Monumento al Partigiano, bronzo,
1977, Bergamo

Giacomo Manzoni, questo è il suo vero cognome,


nasce a Bergamo il 22 dicembre 1908. Alla sua città
volle far dono di un’opera che ricordasse la
Resistenza. È suo il Monumento al partigiano sito
a Bergamo, inaugurato nel 1977. Sempre a
Bergamo numerose sue opere sono raccolte alla
Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea.

L’opera è costituita da una grande lastra di bronzo:


sul lato frontale sono rappresentati un giovane
appeso a testa in giù con accanto una donna,
moglie o madre sopravvissuta, che protende il
braccio in un atto di pietà; sul lato opposto è invece
inciso un testo poetico dello scultore ("Partigiano ti
ho visto appeso immobile. Solo i capelli si
muovevano leggermente sulla tua fronte. Era l’aria
della sera che sottilmente strisciava nel silenzio e ti
accarezzava, come avrei voluto fare io – Giacomo
Manzù, 25 aprile 1977").
Pericle Fazzini, Il Fucilato, bronzo, 1945-46

Sul tema della resistenza altri pittori del gruppo


Corrente come Pericle Fazzini decisero di realizzare
alcune opere. In particolare nell’opera Il Fucilato
l’artista raffigura l’ultimo istante di vita del
partigiano Giuseppe Gozzer, amico di Fazzini,
fucilato pochi mesi prima dai nazifascisti, da cui
venne imprigionato e torturato. Fazzini non partecipò
direttamente alla Resistenza, ma nei mesi terribili
dell’occupazione nazista di Roma, tra il 9 settembre
1943 e il 6 giugno ’44, nascose molti partigiani nella
sua casa di via Crispi, nei pressi della Scalinata di
Trinità dei Monti a Roma.
Pericle Fazzini, Il Fucilato, bronzo, 1945-46
Diego Rivera e il muralismo messicano

PORFIRIO DIAZ

Diego Rivera (Guanajuato, 1886 - Città del Messico, 1957)


oggi è ricordato non solo come uno dei principali esponenti
del muralismo messicano, ma anche per aver impresso
una matrice politica all’arte. Pittura e politica: due binomi
che nella produzione dell’artista sono strettamente legati. Le
opere di Rivera, infatti, ripercorrono gli anni della
movimentata lotta di classe che nel primo Novecento aveva
scosso il messico: da una parte, questa lotta intendeva
combattere la dittatura militare del generale Porfirio Díaz, e
dall’altra si faceva portavoce di un popolo che chiedeva
diritti e giustizia sociale.
FRIDA KAHLO E DIEVO RIVERA
DIEGO RIVERA - L'uomo controllore dell'universo - 1934
ANNI RUGGENTI STATI UNITI D’AMERICA

1. Gli anni venti negli Stati Uniti: ROCKFELLER CENTER

DIEGO RIVERA - L'uomo controllore dell'universo - 1934

Nei primi anni trenta Rivera realizzò numerose opere negli Stati Uniti ma le sue tematiche comuniste provocarono molte
polemiche sulla stampa. Ciò accadde in particolare con un murale del Rockefeller Center di New York. L'edificio, situato sulla
Quinta Avenue, una delle strade più famose, rappresentava uno degli emblemi più importanti del capitalismo.
In questa occasione, Diego Rivera, incominciò il murale denominato "El hombre in cruce de caminos" (L'uomo nel crocevia
dei cammini) o "El hombre controlador del universo" (L'uomo controllore dell'universo). Ma quando incluse un ritratto
di Lenin, le critiche non tardarono ad arrivare. Rockefeller vide il ritratto come un insulto personale ed ordinò di coprire
l'intero murale, arrivando al punto più tardi di chiederne la distruzione. Nel 1934 Rivera tornò in Messico, dove dipinse lo
stesso murale al secondo piano del Palacio de Bellas Artes di Città del Messico.
DIEGO RIVERA E IL MURALISMO MESSICANO

DIEGO RIVERA - L'uomo controllore dell'universo - 1934

Il contenuto del murale è apertamente politico. Al centro vi è un uomo idealizzato che controlla l'universo , posizionato al
crocevia di due ideologie contrapposte. Sulla parte sinistra: la critica del mondo capitalista esposto come una lotta di
classe in mezzo alla repressione e guerra, dove Charles Darwin rappresenta lo sviluppo della scienza e della tecnologia, e la
scultura greco-romana, la religione e il pensiero occidentale in contrasto con l'avanzar dei soldati della prima guerra
mondiale. La sezione di destra mostra una visione idealizzata del mondo socialista, con i lavoratori della Piazza Rossa,
guidati da Lenin, e con la presenza di Karl Marx, Friedrich Engels, Leon Trotsky e Bertram D. Wolfe. 
Artisti dissidenti in Russia: Pussy Riot

• Da anni in Russia, arte e creatività arrivano là dove la politica non riesce. Si insinuano nelle vene dell’opinione
pubblica e scorrono perdendosi in mille cunicoli. Per i controllori diventa assai difficile intervenire perché le
diramazioni sono infinite. In principio furono le Pussy Riot. Nate nel 2011, hanno organizzato vari show non
autorizzati in Piazza Rossa o nella Cattedrale di Cristo Salvatore, sempre a Mosca, poi divenuti cliccatissimi video
musicali. Con i temi che più di tutti fanno prudere le mani dalle parti del Cremlino: il femminismo, i diritti Lgbt+ e
l’opposizione alla politica oppressiva dello zar Vladimir. Nel 2012 due membri del gruppo, Nadezhda
Tolokonnikova e Maria Alyokhina, sono state condannate a due anni di carcere suscitando un forte clamore
internazionale. Oggi la band gira per il mondo, tiene concerti e ha aperto anche uno shopping online in cui vende
Artisti dissidenti in Russia: Olga Misik
Artisti dissidenti in Russia: Olga Misik

• L’immagine di Olga Misik, la 17enne che nei giorni scorsi si è seduta


davanti alle truppe anti-sommossa di Vladimir Putin leggendo loro la
Costituzione, è uno dei momenti clou nella lotta per libertà di
espressione nella Russia di oggi. Faccia da brava ragazza, capelli castani
che le scendono sulle spalle, gambe incrociate sull’asfalto, la giovane ha
letto in faccia ai soldati una sfilza di articoli a mo’ di cantilena. Quasi una
nenia: il 31 garantisce la libertà di assemblea, il 29 tutela la libertà di
parola, l’articolo 3 definisce il popolo la principale fonte del potere. A
scatenare la protesta pacifica, poi replicata il 3 agosto sempre a Mosca, è
stata l’esclusione dei candidati indipendenti dalle elezioni municipali che
si terranno nella capitale il prossimo 8 settembre. Alla fine Olga è stata
arrestata, e con lei altre 1600 persone. Ma il suo volto ha fatto il giro dei
giornali e delle homepage di mezzo mondo.
Artisti dissidenti in Russia: Mostration
Artisti dissidenti in Russia: Mostration

• Quello della Misik è solo l’ultimo di una lunga serie di proteste “creative” con cui i dissidenti russi manifestano
contro Putin e i suoi. Una delle più geniali si chiama Mostration ed è una sorta di performance artistica che ha
come intento quello di parodiare una dimostrazione seria. Una sorta di processione dell’assurdo in cui al posto
degli slogan contro il governo appaiono cartelli con frasi senza senso, disegni di galline, alieni verde smeraldo,
ippopotami, lettere che compongono parole prive di significato. I primi a scegliere questa forma di opposizione
furono i polacchi di Wrocław negli anni Ottanta per dire no al regime filosovietico. Ora, una volta tanto, qualcosa di
polacco ha invaso le più grandi città della Russia: da Kusk, dove il primo maggio di qualche anno fa una trentina di
persone marciò verso il centro urlando lo slogan «Per i diritti delle farfalle nello stomaco», fino alle ultime
manifestazioni di Novosibirsk e Mosca.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky

• Ma la palma d’oro all’artista più controverso di tutti va per distacco a Pyotr Pavlensky. Volto scavato,
magro scheletrico, espressione perennemente sofferente. Per lui l’arte ha solo uno scopo:
denunciare. E l’obbiettivo va perseguito con ogni mezzo. Anche il più estremo. Anche se c’è da
infierire sul proprio corpo. Ecco perché le sue performance sono solo ed esclusivamente per
stomaci forti. Come quando si è inchiodato i testicoli alla pavimentazione della Piazza Rossa o ha
dato fuoco alla porta di un edificio dei servizi segreti a Mosca o si è cucito le labbra con del filo
rosso o si è arrampicato sul tetto della clinica psichiatrica Serbsky e, avvolto in un lungo filo spinato,
si reciso di netto il lobo dell’orecchio o ha incendiato una filiale della Banca di Francia a Parigi.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky

Nel Maggio 2013, si fa portare, avvolto in un rotolo di filo spinato, all’ingresso principale
dell’Assemblea Legislativa di San Pietroburgo e rimane nudo per terra fino a che le forze
dell’ordine non intervengono e lo liberano. In seguito spiegherà l’atto come protesta contro le
misure repressive approvate dal governo atte a limitare la libertà individuale delle persone, ad
egemonizzare il possesso dei mass-media, ad intimidire la popolazione con mezzi considerati
illeciti in altri posti da parte dello stesso stato, all’introduzione del reato di blasfemia e la
persecuzione degli omosessuali. La sua performance che chiama “Carcass” (carcassa) è un atto
di ribellione contro quell’insieme di leggi volte alla repressione non di crimini e criminali ma di idee
e possibilità di attivismo civile del popolo stesso, leggi che generano un numero crescente di
prigionieri politici.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky

Nell’Ottobre del 2014 anno, Pavlensky nudo,


seduto sul tetto del centro Serbsky, si taglia il
lobo di un orecchio con un grosso coltello per
protesta contro l’abuso politico della
psichiatria in Russia, spesso usata per togliere
di mezzo i dissidenti.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
Nel Novembre 2013, nel giorno dedicato alla
Polizia Russa, Pavlensky si propone in una protesta
scioccante. Davanti al Mausoleo di Lenin, sulla
Piazza Rossa, si inchioda a martellate, lo scroto alla
pavimentazione. Rimane così, nudo fino a quando
la polizia non lo copre e lo arresta. Questo è il suo
modo di protestare contro le forze dell’ordine
russe che giudica corrotte e ipocrite.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky

Nel 2014 Pavlensky organizza l’azione “Maidan” in favore del sostegno alla rivoluzione in


Ucraina. Erige una barriera di pneumatici ed altro materiale di scarto su un ponte di San
Pietroburgo a cui lui e i suoi collaboratori danno fuoco fino a che la polizia non interviene e li
arresta con l’accusa di vandalismo.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
Il 9 Novembredel 2015, Pavlensky cosparge di benzina e dà
fuoco alle porte della Lubjanka, sede del Servizio di
Sicurezza Federale Russo. Arrestato immediatamente,
processato per vandalismo, Pavlensky ha dichiarato di voler
essere processato per terrorismo ed essere dichiarato
terrorista in contrapposizione allo stato Russo. Pochi minuti
dopo l’atto incendiario, un video dell’azione girava già sul
web. Il simbolismo riscontrabile in questa sua nuova ed al
momento ultima azione distruttrice, sembra voler indicare, nella
porta della sede del servizio di sicurezza, l’entrata dell’inferno,
l’opposto della salvaguardia del cittadino ma anzi luogo di sua
sopraffazione da parte dello stato.
Artisti dissidenti in Russia: Pyotr Pavlensky
L’investigatore Yasman, incaricato di seguire il caso di
vandalismo sul ponte di San Pietroburgo, si è poco a poco
mostrato solidale con Pavlensky fino a rassegnare le sue
dimissioni e ad entrare nel gruppo di protesta “Voina” di
cui Pavlensky fa parte. L’avvocato difensore del gruppo,
Dmitry Dinze, ha di recente rilasciato una intervista dove
non trova strano questo comportamento, visto che anche
lui era un investigatore della polizia russa e che anche lui si
è dimesso quando vollero costringerlo ad accusare di
omicidio un innocente. Pavlensky asserisce che molti
poliziotti e membri dell’amministrazione statale si sentono
stritolati in un sistema corrotto, marcio e sono molti quelli
che non ne vorrebbero più fare parte.
Pavlensky durante l’arresto, ha avuto uno scambi di
opinioni anche con Irina Klementyeva, l’investigatrice
assegnata per sostituire Yasman. Ma dopo aver assistito
alla performance in cui Pavlensky si tagliava parte di un
orecchio, anche l’investigatrice ha lasciato il caso. Le
testimonianze di solidarietà sembrano giungere copiose
a Pavlensky, sia dai cittadini che dai facenti parte delle forze
dell’ordine. Pavlensky nelle sue dichiarazioni resta conscio
del fatto che le sue azioni possono aiutare a cambiare il
modo di pensare della gente, ma che la possibilità che
questo avvenga sarà dovuta in grossa parte ai funzionari del
governo e ai mass-media.
Artisti dissidenti in Russia: Igor Tsukanov

Tutta questa creatività dissidente ha un unico comune denominatore: l’ex banchiere Igor Tsukanov.
Moscovita, classe 1962, oggi vive a Londra e ha un hobby piuttosto coraggioso: collezionare solo ed
esclusivamente arte che si oppone al regime. Proprio nella capitale inglese, e più precisamente alla Saatchi
Gallery, la scorsa stagione ha allestito la mostra Art Riot: Post-Sovietic Actionism in cui erano raccolti proprio i
lavori delle Pussy Riot, di Pavlensky e di Kulik. Ora Tsukanov vuole esportare questa esibizione in ogni
angolo del pianeta. Nel 2016 il Financial Time lo ha definito il magnate che preferisce comprarsi un museo
piuttosto che un mega yacht. Lui conferma: «Mi sono ritirato dagli affari nel 2012 a 50 anni. Ho scelto di
dedicare la terza parte della mia vita (nella prima sono stato studioso di macroeconomia, nella seconda
banchiere) alla filantropia. In particolare volevo collezionare arte russa dagli anni 50 ai 90 per raccoglierla
all’interno di una istituzione privata. Una volta iniziata quest’avventura non ho avuto più tempo di pensare agli
yacht».
Artisti dissidenti in Russia: Igor Tsukanov

• Un’avventura che forse riuscirà a coinvolgere i musei di tutto il mondo ma sarà difficile possa realizzarsi
all’interno dei confini russi. «Lo so – spiega – ma voglio far conoscere gli artisti del movimento Art Riot
ovunque, compresa l’Italia. Ho già iniziato trattative con un paio di musei». E in madrepatria? L’80%
della popolazione appoggia l’attuale governo. «Vero, ma il restante 20% rappresenta quasi 20 milioni di
persone. Ed è proprio questo il pubblico che è attratto dai lavori degli artisti dissidenti. Non è poco…».
• Tsukanov è’ schierato contro l’ex dirigente del Kgb e non arretra di un passo. Anzi, se possibile corre in
avanti e rincara la dose. Come quando ha detto senza troppi giri di parole: «Se vuoi distruggere un
Paese, nomina un presidente come Putin». Possibile che non abbia paura? L’ultimo in ordine di tempo
che si è schierato contro il Cremlino, è stato Alexei Navalny, ed è finito prima nella cella di un carcere
dove sta scontando 30 giorni di detenzione per i suoi appelli a manifestazioni non autorizzate e poi nel 
letto di un ospedale per sospetto avvelenamento. «Dico sempre quello che penso veramente,
indipendentemente da chi potrebbe rimanerne deluso, comprese le autorità russe – dice Tsukanov –
Nessuno deve avere paura di dire la verità». Sipario. Applausi.
Artisti dissidenti in Cina

AI WEIWEI BADIUCAO

Potrebbero piacerti anche