Elisa Sighicelli nasce a Torino nel 1968, negli anni novanta
si trasferisce a Londra dove ha conseguito il BA in sculpture alla Kingston University e il master in fine art alla Slade School. Si è affermata proponendo una sua tecnica particolare di light box. Si tratta di fotografie applicate su lastre di plexiglass che vengono parzialmente illuminate dal retro con fondi di luce che mettono in rilievo alcuni particolari della scena. Si creano cosi visioni di diversa profondità spaziale, e al tempo stesso dense di suggestioni misteriose, ambienti in cui il tempo sembra essere sollecitato a fermarsi su un evento senza presenze umane, su loro possibili tracce e memorie, mentre intorno scorrono ombre di sera e di ignoto . • I soggetti dei miei lavori fotografici e video sono dei frammenti di realtà, ma il mio lavoro non è assolutamente realistico né oggettivo. Attraverso un processo di sottrazione, cerco di eliminare le caratteristiche che rendono questi frammenti immediatamente familiari. Questo processo spero contribuisca a rimuovere la percezione automatica del reale a cui siamo abituati. Dopo che l’oggetto trovato è stato fotografato, la foto viene manipolata con la parziale retro- illuminazione, così che alcune superfici rimangono mascherate. • La fotografia, per sua natura, fissa un momento nel tempo che automaticamente diventa passato. Le mie fotografie, parzialmente retro-illuminate, rendono, invece, questo momento continuamente presente e aperto. Amplificano il tempo dell’immagine in un presente esteso che si attualizza continuamente davanti all’osservatore. Ciò potrebbe dare l’impressione di un procedimento incompiuto, ma in realtà si tratta di un lavoro molto preciso e finito a cui non rimetterei più mano. “l’oggetto trovato”, il frammento di realtà, viene a far parte di un contesto estetico ma il mio scopo è quello di renderlo alieno, di accentuarne l’atmosfera sospesa e straniante, anche grazie alla parziale retro-illuminazione che spesso è antinaturalistica. La luce elettrica della light box, infatti, non illumina le parti più luminose della foto, come sarebbe logico, ma in molti casi crea un’aura luminosa intorno al soggetto, in modo che si stagli dallo sfondo e acquisti una presenza “metafisica”. • Credo che lo spettatore sia sempre al centro dei miei lavori. Le mie lightbox agiscono come dei set e lo spettatore ne è il soggetto e proietta se stesso nella fotografia. Nei miei video cerco di trasformare il reale in uno spettacolo ipnotico, che possa immergere lo spettatore in un tempo sospeso che induce a fantasticare. Alcune considerazioni su elisa Sighicelli e la critica italiana • Finalmente l’arte italiana riesce a varcare i confini del nostro stato , approdando nientemeno che nel dorato tempio dell’arte contemporanea, vale a dire New York City. Portabandiera della nostra creatività Elisa Sighicelli che ha inoltre partecipato al discusso padiglione Italia alla scorsa Biennale di Venezia. L’ artista in questi giorni è in mostra al Gagoison di Gallery di Madison Avenue con un progetto dal titolo THE PARTY IS OVER che consta di due video e nove fotografie montate su light boxes. Tra le opere presentate figura anche il video untitled ( the party is over), per intenderci quello con fuochi di artificio che vanno al contrario . È da sottolineare il fatto che la mostra Alla Gagoison sta raccogliendo numerose critiche positive tanto che il celebre magazine d’arte The Brooklyn Rail ha persino dedicato un ampia ed interessante intervista redatto dal noto critico JOHN Yau. The party is over Elisa Sighicelli alla GAM di Torino spazio alla giovane arte italiana La GAM, Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino, prosegue nella presentazione di mostre ad artisti di nuova generazione dedicando una personale a Elisa Sighicelli, una tra le figure più significative della giovane arte italiana. L’esposizione sarà allestita nello spazio della sala mostre al piano terra riservato all’arte di oggi e alla fotografia, e presenterà sei videoproiezioni e cinque fotografie parzialmente illuminate sui light boxes. Il percorso espositivo si dipana dunque fra immagine fotografica e video, tecniche con cui l’artista sviluppa una ricerca parallela, fino a confondere i risultati. Sono fotografie di interni, luoghi quotidiani in cui dello sguardo e l anonimato delle apparenze convivono. L’angolo di un tavolo, (horizontal blank 2002),una tenda (corner window, 2003), o una pianta ( plant, 2000) sono immagini svuotate dal contesto dei riferimenti personali, impregnate di un senso di assenza che determina un atmosfera definita dalla potenzialità narrativa piuttosto che dall’ esistenza di un significato determinato. I lightbox, parzialmente retroilluminati da luce elettrica, permettono inoltre a Elisa Sighicelli di creare una suggestione inarrivabile con la fotografia classica, che per sua natura fissa un momento nel tempo e lo trasforma automaticamente in passato: “ con l’uso della luce elettrica dietro certe aree delle foto, vorrei creare un momento che invece sia continuamente presente e quindi continuamente aperto. Le zone illuminate della fotografia ne contraddicono la natura bidimensionale, creando diversi piani spaziali e aumentandone la profondità”. Il valore che la luce e l’oscurità assumono nelle percezione dell’immagine ,oltre al senso di contemplazione ottenuto dall’esasperazione del vuoto e dalla rarefazione dell’atmosfera, sono trasmessi dai lavori video, in cui la Sighicelli trasforma la narrazione in pura meditazione, come in dance-bound, video inedito del 2007,abbiamo poi nocturne ( trajectories), simile a un disegno, nocturne red , e nocturne blue, nei quali un unici dettaglio è ripreso con camera fissa, quasi fosse una fotografia. NOCTURNE,2007 PLANT, 2000 PARLOUR, 2002 DO UT DO • La sua opera per do ut do • Nell’opera donata all’Hospice, una candela si consuma lentamente davanti ad una piccolissima finestra che sembra quella di una cella monacale, all’interno di un monastero dove regna il silenzio e dove si comunica per segni e simboli. Un dialogo muto con chi guarda, in cui la candela che prima o poi si spegnerà è in aperto contrasto con la fotografia che ritrae la candela stessa, poiché se la fotografia da una parte è segno di eternità – infatti si usa il verbo “immortalare” – dall’altro la candela è simbolo della caducità per eccellenza. HORIZONTAL BLACK, 2002 BLUE BED, 2001 Restituendo lo sguardo Lavoro fatto per “ un po’ d’arte “curato da Art AT Work. Ha utilizzato l’insegna abbandonata sul tetto delle partenze dell’ex-ovovia d’Italia 61 a Torino, in corso Unità d’Italia 89.