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Nell’uomo viene individuato un senso specifico che, distinto dai sensi esterni e chiamato
anche senso comune o sentimento interiore, permette di cogliere in modo spontaneo
l’armonia del tutto (uniformità nella varietà; universo come opera d’arte);
Armonia = bellezza; a un tempo immagine del vero e del bene; «Beauty and good are still
one and the same»
Il senso interno coglie il bello come si colgono le «idee» platoniche [il bello è oggettivo];
anticipa la ragione (non la contraddice)
Non c’è (ancora) l’individuazione di una facoltà mentale specifica e autonoma per il bello.
Anthony Ashley Cooper II
Senso interno, immediato, innato, prerazionale, comune a tutti gli uomini
«Lo spirito che contempla e ascolta altri spiriti non può essere privo d’occhio e
d’orecchio, sì da non discernere le proporzioni, distinguere i suoni, vagliare ogni
sentimento o pensiero che gli si presenti. Nulla esso lascia sfuggire al suo esame.
Sente negli affetti il soffice e il rude, il gradevole e lo sgradevole; trova l’uno turpe e
l’altro nobile, l’uno armonioso e l’altro stridente, allo stesso modo che le note
musicali e le forme esteriori e le rappresentazioni delle cose sensibili. Né può
trattenere la sua ammirazione estetica o la sua disdegnosa avversione verso gli uni o
gli altri di questi oggetti. Sicché negare il senso comune e naturale di ciò che nelle
cose è bello [...], apparirà, a chi consideri debitamente la cosa, una pura affettazione»
(Saggio sulla virtù e il merito, 1699)
Tesi approfondite nei Moralists: anima del mondo e artista (genio) come colui che,
nell’opera, allunga il potere formativo della natura
Il senso interno [gusto] come facoltà a sé
Francis Hutcheson (1694-1746)
Orientamento di carattere empirista; salda l’assiologia di Shaftesbury
con la gnoseologia di Locke [no innatismo; idee – coscienti / avere
idee = esserne coscienti – sensazione e riflessione; semplici e
complesse; conoscere = stabilire le relazioni di concordanza o
discordanza tra le idee]
Descrive senso interno (gusto) sul modello dei sensi esterni, come
specifica facoltà mentale, innata e indipendente dalla nostra volontà,
che coglie i valori estetici delle cose
Ricerca sull’origine delle nostre idee della bellezza e della virtù (1725)
Francis Hutcheson I
«Non sembra che ci sia alcun fondamento per pensare una diversità nelle
menti umane, tale che la stessa idea o percezione dia piacere ad uno e dolore
ad un altro, o alla stessa persona in tempi diversi, per non dire che sembra
una contraddizione che la stessa idea possa fare ciò» (Ricerca)
Quindi: se due persone affermano che lo stesso oggetto è per l’una piacevole
e per l’altra spiacevole, allora
O hanno ricevuto idee diverse di quell’oggetto per un’alterazione dei loro
organi di senso
Oppure le idee semplici sono identiche ma a esse hanno aggiunto idee
diverse (idee complesse).
Se non esistono altri impedimenti, la connessione tra un’idea semplice x e la
sensazione di piacere che ne deriva è costante e necessaria e vale per tutti
Francis Hutcheson II
Piaceri semplici / Piaceri complessi (superiori; es. singola nota / musica)
Il risultato è più della somma degli addendi: la bellezza (uniformità nella
varietà) è un piacere complesso
Il sentimento del bello (= uniformità nella varietà) non è riducibile alle
semplici percezioni rese possibili dai cinque sensi esterni
- presuppone l’esistenza di un senso interno in quanto capacità (power)
di cogliere la bellezza, cioè tutte le idee di quegli oggetti che hanno la
proprietà di suscitare il sentimento dell’uniformità nella varietà
definito da Hutcheson anche come genio (genius) o gusto (taste).
Tale sentimento di uniformità nella varietà (= senso del bello) non ha
nulla a che fare con la conoscenza e l’utile (= ci piacciono anche forme
animali di cui non sappiamo nulla)
Francis Hutcheson III
«Internal sense»: «il nostro potere di percepire la bellezza della regolarità,
dell’ordine, dell’armonia»
«Il senso interno è un potere passivo di ricevere idee di bellezza da tutti gli
oggetti in cui c’è uniformità nella varietà»: a differenza di Shaftesbury, non è
più l’organo attivo di principi innati, ma in analogia con in sensi esterni
diventa la facoltà di ricezione passiva di idee
Se la bellezza di un oggetto non può essere percepita, questo non può essere
chiamato bello, pur possedendo realmente uniformità nella varietà: il senso
del bello non è conoscenza (es. chiliagono)
Francis Hutcheson IV
«Si noti che per bellezza assoluta od originale non si intende alcuna
qualità supposta essere nell’oggetto che sarebbe in se stesso bello, senza
relazione con alcuna mente che lo percepisca.
Perché bellezza, come gli altri nomi di idee sensibili, denota
propriamente la percezione di qualche mente; così freddo, caldo, dolce,
amaro, denotano le sensazioni nelle nostre menti, di cui forse non c’è
somiglianza (resemblance) negli oggetti che producono queste idee in
noi, per quanto generalmente si immagini che c’è qualcosa negli oggetti
esattamente simile (like) alle nostre percezioni» (Hutcheson, Inquiry, I,
16)
È soggettiva ma si radica nella struttura formale uni-varia dell’oggetto
Il «decennio» del gusto
1755: la Edinburgh Society bandisce un concorso per il migliore saggio
sull’argomento «taste» e il premio è assegnato ad Alexander Gerard
con Essay on Taste
1755: escono le Letters Concerning Taste di John Gilbert Cooper
1757: esce Of the Standard of Taste di David Hume
1759: seconda edizione della Enquiry di Burke, introduzione intitolata
On Taste
1762: escono gli Elements of Criticisms di Henry Home
David Hume (1711-1776)
3. Pratica «Ma, benché vi sia per natura una grande differenza fra una
persona e l’altra riguardo alla delicatezza, nulla può accrescere e
perfezionare questo talento più della pratica in un’arte particolare e la
frequente osservazione e contemplazione di una specie particolare di
bellezza» [dall’oscuro e confuso al chiaro e distinto]
Le regole III
PRATICA COMPARATIVA: «è impossibile avere un’assidua dimestichezza
con la contemplazione di qualche tipo di bellezza senza esser spesso
costretti a fare confronti tra le diverse specie e i diversi gradi di bellezza
e stimarne la relativa proporzione. Per questo un uomo che non abbia
avuto l’opportunità di confrontare i diversi generi di bellezza è del tutto
inadatto a esprimere un giudizio rispetto a qualsiasi oggetto gli si
presenti.
Soltanto con il confronto noi fissiamo gli attributi della stima e del
biasimo e impariamo come assegnarli nella misura dovuta» (RG, 22)
Le regole IV
4. Assenza di pregiudizio
«Ma affinché un critico possa adempiere a questo compito nel modo più
pieno, è necessario che tenga la sua mente libera da ogni pregiudizio, e che
eviti di prendere in considerazione qualcosa di estraneo all’oggetto stesso che
è sottoposto al suo esame»
a. Porsi dal pdv che in cui l’autore ha operato e che l’opera richiede
(pubblico)
b. Fine o scopo per il quale l’opera è stata creata
c. Identificarsi con quel pubblico prescindendo da ogni nostro
condizionamento ideologico o di costume
[buon senso e intelletto]
Il vero giudice del gusto è assai raro
«Sebbene i principi del gusto siano universali e all’incirca, anche se non del
tutto, gli stessi in tutti gli uomini, pochi sono qualificati a pronunciare un
giudizio su qualsiasi opera d’arte o a far valere il loro sentimento personale
come regola della bellezza» (RG, 25)
[U]n vero giudice delle arti più belle è figura molto rara, anche nelle
epoche di maggiore civiltà. Soltanto un forte buon senso, unito a un
sentimento squisito, accresciuto dalla pratica, perfezionato
dall’abitudine ai confronti e liberato da tutti i pregiudizi, può conferire
ai critici questa preziosa qualità; e la sentenza concorde di questi,
ovunque si trovino, è la vera regola del gusto e della bellezza» (RG, 26)
Ma come riconoscere questi pochi? Per quali segni? Come riconoscerli da
coloro che pretendono di essere veri critici e non lo sono? «Solidità del loro
intelletto», «superiorità delle loro facoltà», «ascendente»
Due fonti di diversità
- Diversi umori dei singoli individui
- Particolari costumi e particolari opinioni del nostro tempo e del nostro
paese
«I principi generali del gusto sono uniformi nella natura umana […] Ma
quando nella struttura interna o nella situazione esterna vi è una tale
diversità che nessuno dei due gusti presta il fianco alla riprovazione, né si
può dar la preferenza all’uno piuttosto che all’altro, in tal caso è
inevitabile un certo grado di differenza di giudizio, e noi cercheremmo
invano una regola con cui conciliare i sentimenti contrari» (RG, 28)
[es. età; disposizioni e inclinazioni personali, che tuttavia non sono gusto]
Le regole V
«Una persona colta e riflessiva può tenere nel debito conto
queste particolarità dei costumi, ma un pubblico comune non
può mai spogliarsi delle sue idee e dei suoi sentimenti abituali
sino al punto di apprezzare descrizioni che non riflettono in
nulla il suo ambiente» (RG, 30)