Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
A
FONTI
Il principio di ragionevolezza, a lungo ritenuto prerogativa esclusiva del
giudice costituzionale nell’ambito del giudizio di legittimità di una
certa norma portata al suo vaglio, è strumento di portata generale
finalizzato a scongiurare le obsolescenze del sistema giuridico formale
attraverso un’analisi che tenga conto dei valori su cui fonda una certa
comunità da un lato, e quelli che l’ordinamento giuridico intende
presidiare, dall’altro; infatti esso non si limita ad superare le
diseguaglianze tra consociati ovvero tra norme, ma assurge a fonte da
cui attingere nella individuazione degli interessi che assumono rilievo
in un determinato contesto storico, in una logica di adesione e rispetto
delle istanze economiche e sociali che caratterizzano una collettività
senza legami rigidi col dato positivo .
Oltre ad arginare l’operatività della clausola di buona fede intesa come
parametro di valutazione della condotta o di imputazione della
responsabilità per l’inosservanza di doveri, la ragionevolezza ha svolto
ruolo di rilievo nel sindacato di legittimità delle condotte per
scongiurare eventuali manipolazioni esegetiche connesse alla
valorizzazione in chiave etica del principio di correttezza, infatti una
configurazione dai labili confini normativi avrebbe ingenerato non
pochi dubbi interpretativi e una generalizzata diffidenza circa il suo
utilizzo nella risoluzione delle controversie. Così in difetto di un preciso
significato precettivo si è ritenuto che quest’ultimo dovesse essere
inteso come sinonimo di ragionevolezza in un’accezione neutra e
tecnica dai contenuti ben delineati, scevro degli eccessi del
solidarismo.
Lo scrutinio di ragionevolezza è una delle più importanti tecniche interpretative
utilizzate non soltanto dalla Corte costituzionale italiana, ma anche dalle più
importanti Corti europee ed extraeuropee, con particolare riferimento alla Corte
suprema degli U.S.A. al Tribunale costituzionale federale tedesco.
[Quando mi sia fatto promettere con una stipulazione così: ‘<Prometti che mi> sia
dato a Efeso?’ è implicito un termine, ma si pone la questione a quale si debba far
riferimento. Ed è preferibile che tutta la faccenda sia rimessa ad un giudice, cioè
ad un uomo onesto, che valuti in quanto tempo un padre di famiglia diligente
possa fare ciò, che abbia promesso di fare. Così chi abbia promesso che avrebbe
dato ad Efeso non deve né essere costretto a percorrere il cammino viaggiando
giorno e notte con l’autorizzazione ad usare il servizio postale imperiale e
disprezzando ogni tempesta, né deve progredire così lentamente da apparire degno
di riprovazione, ma lo deve percorrere tenendo conto del tempo, dell’età, del sesso
e della salute, così da pervenire a tempo debito, cioè nello stesso tempo, in cui la
maggior parte di uomini della medesima condizione sono soliti pervenire ...].
D. 18, 1, 35, 4 (GAI. 10 AD ED PROV.):
Si res vendita per furtum perierit, prius animadvertendum erit, quid inter eos de custodia rei convenerat: si nihil appareat
convenisse, talis custodia desideranda est a venditore, qualem bonus pater familias suis rebus adhibet: quam si praestiterit et
tamen rem perdidit, securus esse debet, ut tamen scilicet vindicationem rei et condictionem exhibeat emptori
[Se una cosa venduta sia stata sottratta mediante un furto, si dovrà
dapprima vedere che cosa si sia convenuto tra i contraenti circa la sua
custodia; se risulta che non abbiano convenuto nulla, dal venditore si
deve esigere una custodia tale, quale quella che impiega un buon padre
di famiglia nelle proprie cose. Se <il venditore> l’abbia adottata e
tuttavia ha perduto la cosa <per furto>, deve essere sicuro, purché
naturalmente trasmetta al venditore l’azione di rivendica e di
restituzione della cosa <rubata da esperire contro il ladro>].
DIRITTO MEDIEVALE E
MODERNO ANTERIORE
ALLE CODIFICAZIONI
SUMMA THEOLOGICA DI SAN TOMMASO D’AQUINO
lex quaedam regula est et mensura actuum, secundum quam inducitur aliquis ad agendum, vel ab agendo retrahitur, dicitur enim
lex a ligando, quia obligat ad agendum. Regula autem et mensura humanorum actuum est ratio, quae est primum principium
actuum humanorum... In unoquoque autem genere id quod est principium, est mensura et regula illius generis... Unde relinquitur
quod lex sit aliquid pertinens ad rationem (II-I, qv. 90 art.1)
[la legge è una certa regola e misura degli atti, secondo la quale
qualcuno è indotto ad agire o è distolto dall’agire: infatti, si dice
legge da legare, perché obbliga ad agire. La regola poi e la
misura degli atti umani è la ragione, che è il principio primo degli
atti umani ... In ciascun genere ciò che è principio è misura e
regola di quel genere ... Da ciò discende che la legge è qualcosa
pertinente alla ragione].
... lex est quoddam dictamen practicae rationis... ex praeceptis legis naturalis, quasi ex quibusdam principiis communibus et
indemonstrabilibus, necesse est quod ratio humana procedat ad aliqua magis particulariter disponenda. Et istae particulares
dispositiones adinventae secundum rationem humanam, dicuntur leges humanae, servatis aliis conditionibus quae pertinent ad
rationem legis, ut supra dictum est (II-I, qv. 91 art. 3 co.) ... Rationis autem prima regula est lex naturae, ut ex supradictis patet.
Unde omnis lex humanitus posita intantum habet de ratione legis, inquantum a lege naturae derivatur (II-I qv.95 art. 2 co.)
[... la legge è un certo dettame della ragione pratica ... è necessario che
dai precetti della legge naturale, come da certi principi comuni e
indimostrabili, la ragione umana proceda a predisporre precetti in modo
più dettagliato. E queste particolari disposizioni inventate secondo la
ragione umana si dicono leggi umane, conservando le altre condizioni
appartenenti alla ratio della legge <naturale>, come si è detto sopra ... La
prima regola della ragione è la legge di natura, come è evidente da
quanto detto sopra. Perciò ogni legge stabilita per gli uomini possiede la
ratio di legge nella misura in cui deriva dalla legge di natura].
In rebus autem humanis dicitur esse aliquid iustum ex eo quod est rectum secundum regulam rationis. Rationis autem prima
regula est lex naturae… Unde omnis lex humanitus posita in tantum habet de ratione legis, inquantum a lege naturae derivatur…
(I-II, q. 95, art. 2, ad 4) …Est enim …de ratione legis humanae quod sit derivata a lege naturae… ad ius gentium pertinent ea
quae derivantur a lege naturae sicut conclusiones ex principiis: ut iustae emptiones, venditiones, et alia huiusmodi, sine quibus
homines ad invicem convivere non possent…( art. 4, ad 4).
[Nelle cose umane poi si dice che qualcosa è giusto dal fatto che è retto
secondo la regola della ragione. La prima regola della ragione è poi la legge
della natura… Perciò ogni legge posta dagli uomini in tanto ha della
ragione di legge, in quanto deriva dalla legge della natura… (a. 4, ad 4) …
È infatti della ragione della legge umana il fatto che sia derivata dalla legge
della natura… riguardano il diritto delle genti le cose che sono derivate
dalla legge della natura così come le conclusioni dai principi: come, ad
esempio, le giuste compravendite ed altre cose di questo genere, senza le
quali gli uomini non potrebbero convivere reciprocamente …].
OLDRADI DE PONTE … CONSILIA, SEU RESPONSA, ET
QUAESTIONES AUREAE…, VENETIIS, 1570, CONSILIUM
CCXX, F. 95 RA, N. 1
Et ideo notavit Hostiensis in summa de consuetudine quid
sit consuetudo circa principium quod an sit rationabilis
vel non iudicis committitur arbitrio…
[E perciò ha annotato l’Ostiense <Enrico da Susa> nella
summa sulla consuetudine che cosa sia la consuetudine
intorno al principio che è affidato alla valutazione del
giudice che cosa sia ragionevole o no…];
BALDI UBALDI… CONSILIORUM, SIVE RESPONSORUM VOLUMEN
PRIMUM…, CIT., CONSILIUM CCCXLIII, F. 110 RB, N. 1
Examinanda sunt capitula istius ligae per singula, et aptanda est congruens interpretatio… nam
quod natura homo sit animal rationale… licet aliquando litera habere se possit ad plures
interpretantes formas, tamen illa est inspicienda, quae plurimum habet humanitatis et quam
discretio naturalis, quae est plus omnis virtutis, nobis insinuat…
[Si devono esaminare i capitoli di questa lega singolarmente e si
deve adattare <ad essi> una congruente interpretazione… infatti,
poiché per natura l’uomo è un animale razionale… benché la
lettera possa talvolta attenersi a più forme interpretative, tuttavia
si deve osservare quella che abbia più umanità e che il
discernimento naturale, che è più di ogni virtù, ci insinua…].
BALDUS DE UBALDIS, COMMENTARIA IN CORPUS IURIS CIVILIS,
VENETIIS, LUCAS ANTONIUS GIUNTA1577 AD D. 1, 1, 1 PR. N. 5
... nam quaedam iura non sunt equa, sed rigorosa. Est autem rigor generalis ordinatio, habens eandem vim in differentibus in
ratione ... Item quedam sunt equa in quibus destruuntur regula et principia sic non sunt bona ... Est autem equitas applicatio
animi seu iudicium in quo circumscripta iuris regula aliquid de mente singulari ex propria ratione statuitur loquor de equitate in
specie. Sed equitas in genere est applicatio animi ad directum iudicium intellectu non errante in susbtantia nec in circumstantiis
facti
[... infatti alcune norme non sono eque, ma rigorose. Ed il rigore è una disposizione
generale, che ha la medesima efficacia in situazioni che sono differenti nella loro
ratio ... parimenti, sono eque alcune disposizioni nelle quali si distruggono la regola
ed i principi, se non sono buoni ... Ed è l’equità un’applicazione dell’animo ossia un
giudizio in cui, circoscritta la regola di diritto, si statuisce qualcosa con la mente del
singolo in base alla propria ragione: parlo <allora> dell’equità specifica. Ma l’equità
generica è l’applicazione dell’animo ad un giudizio diretto, senza errori
dell’intelletto nella sostanza e nelle circostanze di un fatto].
BARTOLO DA SASSOFERRATO AL TESTO DI CELSO 11
DIG. IN D. 16, 3, 32 (LEX QUOD NERVA)
Sexto principaliter quaero quod est levis culpa. Diversi diversa loquuntur ... Mihi videtur quod levis culpa veniat tripliciter
consideranda. Nam levis culpa assumitur aliter in rebus prorsus alienis: aliter sumitur in rebus communibus incidenter: aliter in
rebus communis ex conventione. Et sic triplicem diffinitionem requirit. Ad primum dico quod levis culpa in rebus alienis est
deviatio incircunspecta ab ea diligentia, quam adhibent homines diligentes eiusdem conditionis et professionis ... (BARTOLI
Commentaria in secundam Digesti Veteris partem ..., Lugduni, 1555, f. 118 v. n. 26)
[Per sesta cosa principalmente pongo la questione su che cosa sia la colpa lieve.
Diversi autori dicono cose diverse ... a me sembra che la colpa lieve venga in
considerazione in un triplice modo. Infatti, la colpa lieve si assume in un certo
modo con riguardo agli affari solamente altrui, si assume in un modo diverso per le
cose incidentalmente comuni e in un modo diverso ancora per le cose comuni a
seguito di una convenzione. Circa il primo significato dico che la colpa lieve nelle
cose altrui è la deviazione constatata da quella diligenza, che adibiscono gli uomini
diligenti della stessa condizione e professione ...].
J.DONELLI COMMENTARIORUM DE IURE CIVILI LIBER DECIMUS
SEXTUS, CAP. VII N. 11, ED. FLORENTIAE, 1842, P. 671 E SS.
Licet etiam levem culpam cum veteribus definire hoc modo: ut sit levis culpa, cum a debitore id factum non est, quod diligens
paterfamilias in rebus suis faceret, et ea re in damnum incidit; si modo et debitor in suis rebus eadem negligentia utatur. Vel hoc
modo: ut sit culpa levis, cum quod a diligente provideri potuit, per imprudentiam non est provisum et hinc damnum datum est
[Opponiamo la colpa lieve alla diligenza media, in modo che si intenda essere
l’omissione di quella diligenza, che richiede la natura degli uomini, cioè
mediocre, e che comunemente gli uomini prudenti sono soliti adibire nelle
proprie cose ... infatti, ciò si considera più in astratto che in concreto, avendo
riguardo ad una diligenza tale, quale comunemente un padre di famiglia buono
e diligente è solito prestare nelle proprie cose, non quella <che presta> uno tra
molti, ma quella <che presta> la maggior parte dei padri di famiglia].
POTHIER, TRAITÉ DES OBLIGATIONS, I, PARTIE 1ÈRE, CAP. II,
ART. 1, N. 142, IN OEUVRES COMPLÈTES, PARIS, 1821, P. 121
Si le contrat concerne l’utilité commune des deux contractants, le
débiteur est tenu d’apporter à la conservation de la chose qu’il doit, le
soin ordinaire que le personnes prudentes apportent à leurs affaires, et il
est tenu en conséquence de la faute légère
[Se il contratto concerne l’utilità comune dei due
contraenti, il debitore è tenuto a prestare, nella
conservazione della cosa che deve, la cura ordinaria che le
persone prudenti prestano nei loro affari ed è tenuto di
conseguenza per colpa lieve].
GLI ORDINAMENTI
EUROPEI MODERNI
CODICE NAPOLEONICO-CODE CIVIL