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GIOVANNI

PASCOLI
VITA
OPERE E POETICA
MARE
Vita
Nasce 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna
A 12 anni perde il padre (assassinato) poi altri lutti
in famiglia, difficoltà economiche
Nel 1873 vinse una borsa di studio, così studia all’università
di Bologna dove ha come docente G. Carducci
Nel 1879 venne condannato a tre mesi di carcere a causa di una
manifestazione studentesca a fianco di gruppi socialisti

Laureatosi a ventisette anni, iniziò a insegnare nei licei, prima a Matera


e poi a Massa
Nel 1905 successe a Carducci nella cattedra di letteratura italiana
dell’università di Bologna
Il 6 aprile 1912, ammalatosi di tumore, si spense nella sua casa a
Bologna
Opere
Myricae ( 1891-1903): prima raccolta poetica,
incentrata argomenti umili e modesti ispirati alla vita
campestre . Il poeta non rappresenta la realtà secondo
schemi naturalistici, ma la carica di significati
misteriosi, ricorrendo a un linguaggio simbolico e
analogico.

Canti di Castelvecchio (1903): considerata una


continuazione di Myricae, la raccolta ne riprende alcuni
temi, come la natura, la vita campestre, l’amore per le
cose umili e quotidiane, il mistero e l’ignoto, la
rievocazione del ‘’nido’’ famigliare

Primi poemetti (1904, seguiti dai Nuovi poemetti, 1909)


Poemi conviviali (1904): poemi di ambientazioni classica
in cui il poeta affronta temi esistenziali

Il fanciullo ( 1891-1903): saggio in cui Pascoli paragona il


poeta a un fanciullo che osserva il mondo con stupore e
ingenuità, dando voce al « fanciullo» che è in ogni uomo e
giustificando cosi l’uso di un linguaggio simbolico,
metaforico e allusivo.
Poetica
Introduzione
La poesia Mare è un componimento parte di Myricae. E’ molto semplice e lineare e
presenta una descrizione naturalistica di un paesaggio marino, sembra che il poeta voglia
lentamente guidarci nella contemplazione della vastità del panorama, anche grazie alle
frequenti cesure; il tema dell’affacciarsi alla finestra è frequente in Pascoli, in quanto da
un lato si concilia bene con la figura del poeta-fanciullino che guarda ogni cosa con
interesse e stupore, come se la vedesse per la prima volta, dall’altro indica il distacco
sofferto di Pascoli dalla natura, alla cui bellezza non può partecipare appieno e i cui
significati nascosti sono insondabili per la mente umana. Alla fine, infatti, non resta altro
che una domanda angosciosa sul destino ultimo delle cose.
Inizialmente la scena è quieta e tranquilla, com’è tipico dell’ora serale; gli elementi
naturali sembrano rispondersi l’un l’altro in una superiore armonia, poi la tranquillità è
interrotta dall’immagine del ponte che si inserisce all’improvviso, spezza l’unità di cielo e
mare e suscita interrogativi, poiché non si sa né dove porti né per chi sia stato creato,
lasciando la conclusione della poesia avvolta nel mistero senza una chiave di lettura. Il
punto interrogativo finale delude l’attesa del lettore. Dunque il ponte esprime
implicitamente l’ansia del poeta nei confronti dell’ignoto
MARE
M'affaccio alla finestra, e
Come possiamo vedere la poesia è composta da due quartine, di versi
vedo il mare: sciolti. Nella prima quartina, in cui il poeta descrive ciò che vede alla
vanno le stelle, tremolano finestra le rime so alternate (ABAB). Nella seconda quartina, in cui il
poeta descrive ciò che la natura sembra mostragli, le rime sono
l'onde. baciate (CCBB).

Vedo stelle passare, onde Emergono le parole onomatopeiche nei versi 2 e 4.

passare: Nel 4 e 5 verso troviamo una personificazione.


un guizzo chiama, un palpito
Nei versi 4 e 5 sono presenti delle metafore
risponde.
Un’ultima figura retorica che possiamo trovare è
un’apostrofe nel verso 7.
Ecco sospira l'acqua, alita il Sono presenti le allitterazioni della L – F - R –T-S , che
vento: rendono la
poesia più comprensibile e molto musicale.
sul mare è apparso un bel

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