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L’idealismo - Fichte

Il Romanticismo e i fondatori dell’Idealismo


Il termine « Romanticismo» indica quel vasto movimento storico-culturale che, sorto negli
ultimi anni del Settecento in Germania, trova la massima espansione in tutta Europa nei primi
decenni dell’Ottocento. Esso affonda le proprie radici nella «reazione anti-illuministica», la
quale vede la sua più significativa espressione nella corrente dello Sturm und Drang
( Tempesta e impeto) e si sviluppa inizialmente nei circoli di Jena e di Berlino, con i grandi
scrittori Schiller e Goethe.
Il tema centrale del romanticismo è la ricerca dell’Infinito e dell’assoluto che l’individuo
può raggiungere solo superando il modello dell’ « intelletto astratto» tipico dell’illuminismo.
Le vie per accedere all’infinito sono il sentimento, l’arte, la fede, la natura, la storia e la
religione.
In particolare, il romanticismo, in opposizione all’illuminismo, afferma:
1. Il « primato» del sentimento e dell’intuizione rispetto alla ragione;
Il Romanticismo e i fondatori dell’Idealismo
1. La valutazione della soggettività nei suoi aspetti più reconditi e irrazionali;
2. Una visione tragica della vita contrapposta alla convinzione illuministica della realtà positiva;
3. Una concezione antimeccanicistica della natura che non è solo oggetto della ragione, ma anche della
fede;
4. Una rivalutazione dell’arte come « sapienza» del mondo, come «chiave di lettura» della realtà. Questa
valorizzazione dell’arte creativa implica il primato del linguaggio non soltanto poetico, ma anche
musicale. La musica diviene l’arte romantica per eccellenza, poiché fa vivere allo spettatore
l’esperienza stessa dell’infinito. Accanto all’arte un’altra esperienza decisiva è la religione vista come
via d’accesso privilegiata al reale e come forma di sapere immediato.
5. Un’attenzione specifica alla storia e ai suoi insegnamenti.
La massima incarnazione filosofica del Romanticismo è l’ idealismo, il cui fondatore è Fichte, altro
esponente di rilievo è Schelling ed Hegel. Hegel, propugna un idealismo non «soggettivo» (come Fichte) né
«oggettivo» come Shelling, ma assoluto.
Johann Fichte e l’idealismo soggettivo etico
Giovanni Amedeo Fichte nacque a Rammenau ( Lusazia) nel 1762, da un povero tessitore.
Studiò teologia (protestante) nell’università di jena.
Nel 1791, preso dal fascino delle dottrine Kantiane, specie di quelle della Critica della ragion
pratica, si recò personalmente da Kant e strinse con lui affettuosa familiarità.
Fu professore nell’Università di Jena, ove fu costretto a dimettersi per accusa di empietà e di
ateismo; nell’Università di Erlangen, e infine nell’Università di Berlino, di cui contribuì alla
fondazione.
Nel 1808, in seguito alle campagne napoleoniche che avevano smembrato la Prussia, tenne
all’Accademia di Berlino i suoi celebri Discorsi alla nazione tedesca, coi i quali si propose di
suscitare nell’animo dei giovani fieri sentimenti di nazionalità e di riscossa.
Nel 1813 la riscossa venne realmente con la battaglia di Lipsia, e Fichte chiese di unirsi ai
combattenti come oratore di Stato, in ambito sacerdotale, per benedire i fratelli nel nome di Dio.
Johann Fichte e l’idealismo soggettivo etico
La moglie intanto, per volere di lui, si prodigava a curare i feriti negli ospedali, ma contrasse
una febbre epidemica, che si trasmise al marito. Fichte muore l’anno seguente nel1814
Opere
Critica di ogni rivelazione (1792), opera pubblicata per interessamento di Kant, e attribuita
erroneamente a Kant medesimo; Fondamenti della dottrina della scienza (1794), l’opera
maggiore; Alcune lettere sulla missione del dotto(1794);Fondamenti del diritto naturale
(1796); Sistema di morale (1798); Il destino dell’uomo (1800); Discorsi alla nazione tedesca
(1808), ecc.
Johann Fichte e l’idealismo soggettivo etico
Pensiero
La filosofia di Fichte fu definita idealismo soggettivo ( o etico), perché elimina il noumeno,
affermando che tutta la realtà, in quanto conosciuta dal soggetto (Io), è rappresentazione o atto
del soggetto medesimo.
L’Io puro. Principio di ogni cosa è l’Io puro, cioè non l’io empirico ( io «divisibile»), proprio
di questo o quell’uomo, ma l’io nella sua universalità, come natura costitutiva di qualsiasi
uomo ( Io « indivisibile»). Esso è attività ( non sostanza) primordiale ed inconscia, (L’Io di
Fichte, come poi l’Assoluto di Schelling e l’idea di Hegel, è attività incondizionata) identità
indifferenziata di soggetto e di oggetto, di spirito e di natura.
Il processo dialettico. 1. L’Io puro ( che il Fichte chiama anche « immaginazione
produttiva»), si realizza attraverso un processo dialettico, che si compone di tre momenti non
cronologici, ma metafisici:
Johann Fichte e l’idealismo soggettivo etico
a) tesi, per cui l’Io puro pone sé stesso come io empirico, chiarendo come il concetto di Io in
generale si identifichi con quello di un’attività autocreatrice e infinita;
b) antitesi, per cui «l’Io puro pone il non-io», quindi stabilisce che l’Io non solo pone se
stesso, ma oppone anche a se stesso qualcosa che, in quanto gli è opposto, è un non-io
(oggetto, mondo, natura) cioè l’oggetto o contenuto del proprio pensiero, la realtà
esterna, la natura. Tale non-io è tuttavia posto dall’Io ed è quindi nell’Io.
c) sintesi, per cui l’Io puro - mentre pone l’io e il non-io – prende coscienza ( per via di
«riflessione conscia») della reciproca relazione dell’io e del non-io, che si limitano a
vicenda nel medesimo soggetto; ma nell’atto stesso in cui prende coscienza tale limite, lo
supera perpetuamente, in un processo infinito, ai fini del proprio progresso morale.
I tre principi sopra esposti rappresentano i capisaldi dell’intera dottrina di Fichte, perché
stabiliscono:
Johann Fichte e l’idealismo soggettivo etico
• L’esistenza di un Io infinito, attività autocreatrice e infinita;
• L’esistenza di un io finito (perché limitato dal non-io), cioè da un soggetto empirico (l’uomo come
intelligenza o ragione);
• La realtà di un non-io, cioè dell’oggetto (mondo o natura), che si oppone all’io finito, ma è ricompreso
nell’Io infinito, dal quale è posto.
2. Questo processo dialettico si può infatti considerare sotto il punto di vista del conoscere e dell’agire,
dell’attività teoretica e dell’attività pratica:
a) dal punto di vista dell’attività teoretica ( o dottrina della scienza), l’Io (« Io teoretico») conosce il non-io
come un limite che inizialmente gli appare come dato e lo articola in: sensazione, in cui l’io empirico avverte
fuori di sé l’oggetto, come un dato che gli si oppone; intuizione, in cui si ha la distinzione tra soggetto e oggetto
e il coordinamento del materiale sensibile tramite lo spazio e il tempo; giudizio, che fissa e articola a propria
volta la sintesi intellettiva; ragione, che essendo la facoltà di «astrarre da ogni oggetto in generale», rappresenta
il massimo livello conoscitivo raggiungibile dal soggetto. La conoscenza è quindi il processo di progressiva
interiorizzazione e riappropriazione dell’oggetto da parte del soggetto.
Johann Fichte e l’idealismo soggettivo etico
b) Dal punto di vista dell’attività pratica, l’Io ( « Io pratico») agisce sul non-io, superando
perpetuamente il limite, che esso gli oppone, e conquistando in tal modo gradatamente la propria
libertà morale.
Ne consegue che il Fichte intende la vita morale come sforzo, come faticosa conquista, in cui ogni
méta raggiunta vale solo quale punto di partenza verso una méta più alta, in un progresso infinito, che
mai riesce ad appagare le esigenze più profonde dello spirito umano.
Ne consegue pure che la legge morale è la seguente: «Non cedere mai all’istinto, ma darsi sempre una
legge». E poiché ciò che si deve fare, volta per volta, dipende solo dalle circostanze di fatto, sempre
imprevedibili, la legge morale si può esprimere anche in questo modo: « Agisci secondo la tua
coscienza».
Dobbiamo notare che l’attività teoretica, per quanto proceda idealmente l’attività pratica, le è di fatto
subordinata, poiché la ragione di questo perenne contendere si trova soltanto nella sfera della moralità
e nella natura del nostro compito morale.
Johann Fichte e l’idealismo soggettivo etico
E’ l’attività pratica che genera dal proprio seno la rappresentazione di un mondo oggettivo, per
potersi realizzare in un processo infinito.
Il pensiero politico
Sul pensiero politico di Fichte hanno influenza le vicende storiche contemporanee dalla
rivoluzione francese alle guerre napoleoniche, che stimolano lo sviluppo della filosofia in
senso nazionalistico.
Alla base del pensiero politico di Fichte c’è il progetto della costituzione di una « società
perfetta» di esseri liberi e ragionevoli. Il filosofo ha una visione contrattualistica e anti-
dispotica dello Stato: lo scopo del contratto sociale è l’educazione alla libertà e il diritto alla
rivoluzione. Se lo Stato non permette la libertà, chiunque ha il diritto di rompere il contratto
sociale e di promuoverne un altro. I diritti originari dell’uomo sono tre: libertà, proprietà e
conservazione e possono essere garantiti solo da una forza superiore, quindi dallo Stato.
Johann Fichte e l’idealismo soggettivo etico

Altro compito dello Stato è quello di rendere impossibile la povertà, garantendo a tutti i
cittadini lavoro e benessere. In conclusione Fichte propone uno statalismo socialistico,
( «Stato commerciale chiuso») perché basato su un regolamento sociale della vita pubblica; e
autarchico, perché autosufficiente sul piano economico. Non implica il comunismo: il diritto
alla proprietà nasce dal diritto al lavoro. Lo Stato deve sorvegliare la produzione e la
distribuzione del benessere e non deve avere contatti con l’esterno, perché problemi
commerciali ed economici possono portare guerre.
Nei Discorsi alla ragione tedesca, Fichte esalta il primato spirituale e culturale della
Germania, alla quale attribuisce la missione di diffondere la libertà e la ragione per il bene di
tutta l’umanità.

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