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I derivati e la causa concreta:

una storia di successo ?


Torino, 1 luglio 2020
Il caso
Il Comune di Cattolica conclude una serie di derivati IRS con BNL tra il 2003 e il 2004. Nel
2010, avendo subito perdite, in termini di flussi scambiati, impugna i contratti davanti al
Tribunale di Bologna, chiedendo dichiararsi la nullità, l’annullamento o in ultimo
l’inefficacia sopravvenuta.
La domanda respinta dal Tribunale viene accolta dalla Corte d’appello che dichiara gli
swap nulli e annullabili. A parte alcune considerazioni, che riguardano la legislazione
sugli enti locali e le regole di contabilità pubblica, e che per la loro specificità non
esaminerò, l’Appello fa due considerazioni di carattere generale, i.e. apparentemente
applicabili a ogni IRS:
• I contratti di swap, pur avendo funzione di copertura del rischio di tassi su mutui, non
indicano specificamente i contratti in questione, con conseguente nullità del derivato,
in tesi «per carenza di causa e oggetto».
• I contratti di swap non indicano il «valore attuale del derivato al momento della
stipulazione», elemento che in tesi sarebbe previsto a pena di nullità.
Argomenti della Cassazione (1).
«lo swap è una scommessa ?». Il dilemma irrisolto
Questo punto attira l’attenzione delle SS UU e resta irrisolto
«Una giurisprudenza, con l'appoggio di parte della dottrina, tende a vedere nello swap la causa della scommessa. Ma è
difficile accogliere l'idea che un'operazione di interest rate swap, destinata a regolare una pluralità di rapporti per molti
anni, muovendo ingentissimi capitali su importanti mercati internazionali, sia da considerare come una qualsiasi lotteria,
apparendo palese come lo swap abbia ben poco in comune con lo schema della scommessa di cui agli artt. da 1933 a 1935
c.c.» (§ 5.1)
«Ciò che distingue l'IRS dalla comune scommessa è proprio la complessità della vicenda e la professionalità dei soggetti
coinvolti, sicché l'impostazione più attenta rinviene la causa dell'IRS nella negoziazione e nella monetizzazione di un
rischio» (§ 5.2).
In questo senso SS. UU. riprende senza citare Cass. 3773/09 che ha ricondotto l’inapplicabilità dell’eccezione di gioco
(1933 c.c., 23 co. 5 TUF) alla professionalità dei soggetti e alla regolazione pubblica dei mercati finanziari.
Poco dopo, però si legge che l’ordinamento «autorizza questo genere di "scommesse razionali" sul presupposto
dell'utilità sociale delle scommesse razionali, intese come specie evoluta delle antiche scommesse di pura abilità» (§ 6.2).
Dilemma irrisolto
• Negoziazione, gestione di un rischio finanziario (= malgrado l’aleatorietà dei risultati non è una scommessa)
• Oppure resta una scommessa, però qualificata (= «razionale»).
Negoziazione di un rischio, in mercato regolato
Professionalità degli intermediari e regolazione eteronoma focalizzano l’attenzione sui doveri di
comportamento dell’IF. come codificati nel TUF. Vedi art. 21 lett. a) «diligenza, correttezza e trasparenza per
servire al meglio l'interesse dei clienti e l'integrità del mercato». La norma (come art. 26 Reg. Int.) s’applica a
tutte le prestazioni di servizi di investimento, anche rivolte a «operatori qualificati» (cfr. art. 31 Reg. Int.) a cui
non s’applicavano artt. 27 ss. Reg. Int. ’98. Cfr. specificamente in giur. Cass. 10640/16 e 11903/17.
Diligenza/trasparenza devono essere valutati secondo standard professionali del settore nel momento in cui
l’operatività in derivati viene proposta/consigliata al cliente.
1) Assumono rilevanza come parametri valutativi usi di settore, best practice, raccomandazioni, ecc.
2) Questi usi, raccomandazioni ecc. sono connotati storicamente e possono variare.
Ad es. per venire al punto è noto che la Consob nel 2009 ha “suggerito” con propria raccomandazione agli IF di
rendere maggiormente comprensibili alla “clientela retail” determinati aspetti di formazione del prezzo ed
esposizione al rischio dei “prodotti illiquidi” (compresi i derivati OTC) per evitare «comportamenti
opportunistici da parte dei soggetti informati a scapito di quelli che soffrono di un gap informativo (clienti)».
Quali aspetti ? Quegli stessi – MTM, indicazione e scomposizione dei costi impliciti nella formazione del prezzo,
scenari probabilistici – che Cass. sez. un. e prima ancora App. Milano 18.9.2013 ritengono imprescindibili per la
razionalità della scommessa.
Racc. CONSOB 2 marzo 2009
Argomenti della Cassazione (2).
Lo swap come «scommessa razionale»
Cass. sez. un. non segue l’idea che il derivato sia affrancato dallo stigma del gioco/scommessa e continua, nel
punto centrale della motivazione, a qualificarlo come «scommessa razionale». Sennonché la motivazione non
ha un apprezzabile spessore e si limita a postulare, senza dimostrare e nemmeno argomentare.

«È necessario verificare - ai fini della liceità dei contratti - se si sia in presenza di un accordo tra intermediario
ed investitore sulla misura dell'alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente
condivisi, perché il legislatore autorizza questo genere di "scommesse razionali" sul presupposto dell'utilità
sociale delle scommesse razionali, intese come specie evoluta delle antiche scommesse di pura abilità. E tale
accordo non deve limitarsi al mark to market, ma investire, altresì, gli scenari probabilistici, poiché il primo è
semplicemente un numero che comunica poco in ordine alla consistenza dell'alea. Esso dovrebbe concernere
la misura qualitativa e quantitativa dell'alea e, dunque, la stessa misura dei costi pur se impliciti» (§ 6.2).
Un po’ di razionalità sulla
«scommessa razionale»
La Cassazione aderisce a una tesi dottrinale (soprattutto Maffeis): la causa del derivato consiste nella creazione di una «alea
bilaterale, reciproca e razionale». Nonostante l’art. 23 co. 5 TUF rimuova l’eccezione di gioco, il derivato resta una scommessa
razionale. Implicitamente si afferma che è una specie di contratto oneroso con un elemento «causale» più debole rispetto alla
norma.
Dove sta la «razionalità dell’alea» ? Il regolamento di interessi previsto nello swap potrebbe, nella sua obiettività, avere (o non
avere) connotazione di razionalità, misura e proporzionalità. Ma non è apparentemente un punto di vista oggettivo quello che
interessa questa teoria e la Cassazione. Nel senso che, se per un contratto è sufficiente il consenso, per una scommessa
razionale il nudo consenso non basta: il giocatore deve entrare in partita «razionalmente» e quindi esercitare un consenso
«razionale rispetto allo strumento».
In che cosa s’esprime il «consenso razionale» ? Nel possesso di informazioni sullo strumento. Tuttavia, il consenso razionale si
esercita diversamente secondo che consideriamo derivato negoziabile sui mercati finanziari (ad es. opzioni, future) oppure un
derivato OTC. Secondo la teoria dei mercati efficienti (Fama) il prezzo di mercato è un veicolo di informazioni, incorpora attese
aspettative (razionali) degli operatori. Se lo strumento non è quotato (OTC) il prezzo dello strumento che è fatto
unilateralmente da IF è di per sé opaco. Non soltanto non trasmette informazioni su attese/aspettative, ma potrebbe essere
sensibilmente disallineato.
Preso atto di questa strutturale asimmetria informativa, è però obiettivamente difficile stabilire quali siano i contenuti
informativi che danno al consenso del cliente carattere di «razionalità» perché nessuna fonte normativa definiva nel 2003-
2004 i caratteri della «scommessa razionale su derivati OTC».
Un possibile «Ritorno al futuro» ?
Un rischio implicito nell’applicazione di questa pronuncia, per il rispetto di cui le SS.UU. godono, è che quei
contenuti indicati molto sommariamente al § 6.2. – fair value, scenari probabilistici, costi impliciti – vengano
ipostatizzati ed elevati a carattere essenziale a priori di uno swap, indipendentemente dall’evoluzione dello
strumento e della stessa regolazione, scambiati per una sorta di contenuto necessario del contratto (scritto),
previsto sotto pena di nullità di qualsiasi derivato OTC.
• Il rischio del cortocircuito temporale. App. Milano 18.9.2013, seguito da App. Bologna, e poi SS.UU.
considerano le stesse caratteristiche prese in esame dalla Racc. CONSOB del 2009. E tuttavia le applicano a
derivati anteriori (qui del 2003). Tuttavia quella raccomandazione è una best practice, ma non è
(dichiaratamente) il consolidamento di pratiche esistenti. In effetti, come scrisse incisivamente l’arbitro
dissenziente in Lodo Milano 4.7.2013, la letteratura internazionale in tema di derivati «ignorava» all’epoca
la necessità di fornire al cliente MTM e scenari probabilistici. Queste pronunce non si presentano come, ma
in effetti rischiano di essere un’applicazione retroattiva di raccomandazioni posteriori.
«La notte in cui tutte le vacche sono nere»
• Non tutti i giocatori sono egualmente disinformati. Il cliente è operatore qualificato o è non qualificato ma assistito da
un consulente indipendente. A me pare che questo giocatore potrebbe essere in grado di entrare in partita
razionalmente senza che IF sia tenuto a comunicargli le informazioni che ritiene essenziali. Non è un caso che la Racc.
CONSOB 2009 riguardi l’offerta ai soli clienti retail
• Non tutte le scommesse sono egualmente irrazionali. Vero. Ma la Cassazione non considera la razionalità dell’alea,
come si esprime nel regolamento di interessi contrattuale (parametri, spread, finalità dello strumento), ma la razionalità
del consenso individualmente espresso, salvo poi esprimere questo difetto del consenso nei termini di una non
meritevolezza di tutela ex 1322 (§ 6.1) che invece riguarda proprio il tipo contrattuale (non normato) e il regolamento di
interessi. Con un paradosso: che la stessa identica scommessa a parità di condizioni potrebbe ritenersi meritevole per
alcuni e non per altri, secondo che IF abbia dato le informazioni che le Sezioni Unite prescrivono oppure no.
• «tutte le vacche sono nere». Il rischio ulteriore di introdurre a posteriori requisiti, tanto più se previsti in termini di
nullità, è di incentivare comportamenti opportunistici, questa volta dal lato del cliente rendendosi insensibili di fronte a
un dato lapalissiano: che se alcune «scommesse-IRS» erano costruite con «un’alea irrazionale» e quindi costruite «per
andare male», in danno del cliente, altre sono semplicemente «andate male» perché i mercati si sono girati in una
direzione diversa da quella attesa, incorporata nella curva dei tassi forward (ad es. Euribor a partire dall’inizio 2009).
Come ha detto più volte la giur. di merito, anche torinese, non è prova di irrazionalità dell’alea (o inidoneità funzionale)
dello strumento la circostanza che il derivato abbia prodotto perdite, flussi di pagamento negativi. Le Sezioni Unite invece
colpiscono tutta la distribuzione italiana di IRS, almeno fino al 2009, perché nessuno swap aveva quelle caratteristiche di
contenuto, senza riuscire a distinguere chi è entrato nella scommessa razionalmente e chi no, quale operazione aveva
un’alea razionale e quale no.
«Accordo sulla misura dell’alea» o informazioni ?
Sempre nel passaggio cit. (§ 6.2) la Cassazione accenna a un misterioso «accordo tra intermediario ed investitore
sulla misura dell'alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi».
È un’affermazione poco controllata parlare di «accordo» sulla misura dell’alea. Oggetto di accordo – e quindi
regolamento di interessi – sono il nozionale di riferimento, i parametri utilizzati per il calcolo dei flussi, spread,
eventuali opzioni ecc. Senonché queste componenti del derivato – su cui l’accordo non manca mai – non sono la
«misura dell’alea», ma semmai il punto di partenza per fare valutazioni probabilistiche (e quindi opinabili) sui
possibili pay-off e su come l’alea si distribuisca tra le parti.
A loro volta, queste «valutazioni probabilistiche» non sono tema possibile di un «accordo». 1) La curva dei tassi
forward è estranea alla sfera di controllo delle parti perché incorpora le attese della generalità degli operatori
sull’andamento futuro di un certo tasso/parametro. 2) Due operatori egualmente razionali possono entrare in una
«scommessa razionale» (IRS) senza essere affatto d’accordo sulle probabilità. Anzi normalmente saranno più o
meno in disaccordo, altrimenti non avrebbero accettato la scommessa. (Filmografia: «La grande scommessa»).
È quindi plausibile che «l’accordo sulla misura dell’alea» sia il MTM alla data del contratto. Ma il MTM è «oggetto di
accordo» ? In realtà SS. UU. correttamente dice che «per MTM s'intende principalmente la stima del valore
effettivo del contratto ad una certa data», che «non esprime un valore concreto ed attuale, ma una proiezione
finanziaria» e che è «tecnicamente un valore e non un prezzo, una grandezza monetaria teorica calcolata per
l'ipotesi di cessazione del contratto prima del termine naturale» (§ 4.7.1.).
 MTM non è oggetto dello scambio
(Segue). Informazioni e obblighi
di correttezza e trasparenza ex art. 21 lett. a) TUF
Mentre un accordo avente a oggetto la «stima dell’alea» è di scarso significato, può essere invece rilevante, dall’angolo visuale del
cliente disinformato (retail, operatori poco qualificati ecc.), avere una proiezione circa il pay-off del derivato rebus sic stantibus:
• Scostamento significativo dalla parità
• A che cosa sia attribuibile (vedi Racc. CONSOB 2.3.2009 sulla scomposizione dei costi impliciti).
… ma questo non basta per dire che il MTM è oggetto di accordo, sotto pena di nullità, anziché di una informazione che IF deve
fornire al cliente e specificamente a quello «disinformato». Per essere davvero corretto, oltre che trasparente, IF non dovrebbe
limitarsi a calare dall’alto, en passant, la notizia del MTM al momento della sottoscrizione, ma dovrebbe darlo – se è tenuto a darlo –
già prima, durante la trattativa sul derivato. Con tutti gli aggiustamenti possibili, del caso, ove ci sia variazione dei tassi nell’intervallo.
Tendenza generale del diritto bancario-finanziario. Un ruolo crescente nella documentazione precontrattuale e contrattuale è
giocato dai contenuti informativi: prospetti (ad es. PIES della dir. mutui 2014), illustrazioni ed esempi, scenari (vedi II dir. 2008/48). Lo
stesso TAEG/ISC è un indice informativo e non un tasso operativo.
• Lo stato dell’arte circa gli obblighi informativi è definito da legislazione e amministrazioni indipendenti, spesso con un intervento
di fonti UE. Non dalla giurisprudenza ed è logico che sia così, perché la giurisprudenza arriva post factum e a distanza di anni e non
può essere un efficiente regolatore del mercato.
• Questa tendenza non dovrebbe far cadere quella differenza, di sistema, tra ciò che è «oggetto di accordo» (e quindi deve avere
requisiti 1346 c.c. a pena di nullità) e quello che invece è «oggetto di obbligo informativo» e che può avere – e normalmente ha –
trattamento diverso rispetto alla nullità.
«C’è un elefante in questa stanza ?»
Il confronto evitato con Sezioni Unite 26724/07
NB. «Elephant in the room». Dicesi di presenza ingombrante di cui i presenti però tacciono. Probabilmente con
un po’ di imbarazzo visto che l’animale non passa inosservato.
È noto che nel 2007 Cass. sez. un. 26724-26725 (est. Rordorf) stabilirono questi principi:
• Distinzione, all’interno delle norme imperative, tra regole di validità e regole di comportamento. Soltanto le
prime determinano la nullità (c.d. virtuale) del contratto ex art. 1418 comma 1. mentre quelle che
prevedono comportamenti delle parti, seppure imperative, possono essere soltanto fonte di responsabilità.
• [in motivazione, § 1.4] Art. 1418 comma 2 non esclude che la violazione di un obbligo di comportamento
possa determinare nullità del contratto per carenza di un requisito strutturale (ad es. oggetto, accordo delle
parti), ma «ove pure si voglia ammettere che nella fase prenegoziale la violazione dei doveri di
comportamento dell'intermediario sopra ricordati siano idonei ad influire sul consenso della controparte
contrattuale, inquinandolo, appare arduo sostenere che sol per questo il consenso manca del tutto; ed i vizi
del consenso - se pur di essi sì possa parlare - non determinano la nullità del contratto, bensì solo la sua
annullabilità, qualora ricorrano le condizioni previste dall’art. 1427 ss.».
(Segue).
Aspetto singolare delle SS. UU. 2020 è che:
• il precedente del 2007 non è citato, neppure per essere utilizzato nella parte in cui apre alla possibile
rilevanza di una violazione di obbligo informativo che influisca direttamente su un requisito di struttura (1418
co. 2);
• i suoi antecedenti (Lodo Milano 4.7.2013; App. Milano 18.9.2013) entrambi hanno cercato il confronto con le
SS. UU. 2007, evidentemente perché il confronto era inevitabile e hanno argomentato l’inapplicabilità della
regola secondo cui le norme di comportamento non determinano nullità virtuali.
• Lodo Milano ‘13 argomenta la nullità per indeterminabilità dell’oggetto perché IF non ha indicato il MTM. Ma
quest’argomento non poteva essere speso perché SS.UU. riconoscono che MTM è una stima e non un prezzo
(= oggetto di accordo), anche se poi discutono di «accordo sulla misura dell’alea».
• App. Milano ’13 argomenta la mancanza di un consenso razionale alla scommessa e quindi mancanza di
causa (o di una causa meritevole), nullità quindi strutturale che ricadrebbe nel 1418 comma 2. Questo è però
un elegante gioco di parole visto che il «consenso razionale alla scommessa» manca perché IF ha violato un
obbligo informativo e perché la «razionalità della scommessa» è esaminata non in termini di oggettivo
regolamento di interessi e idoneità funzionale, ma proprio e soltanto dal punto di vista dell’informazione che
il cliente ha/non ha ricevuto.
Argomenti della Cassazione (3).
La causa in concreto dello swap
«Va escluso il rilievo, ai fini della individuazione della causa tipica, delle funzioni, di speculazione o di copertura,
dei derivati OTC perseguite dalle parti, anche se dà ad esse peso, ad esempio, per il giudizio di conformità
all'interesse ex art. 21 TUF e per quello di adeguatezza ed appropriatezza» (§ 6.6.1).
«Appare perciò utile considerare gli swap come negozi a causa variabile, perché suscettibili di rispondere ora ad
una finalità assicurativa ora di copertura di rischi sottostanti; così che la funzione che l'affare persegue va
individuata esaminando il caso concreto e che, perciò, in mancanza di una adeguata caratterizzazione causale, detto
affare sarà connotato da una irresolutezza di fondo che renderà nullo il relativo contratto perché non
caratterizzato da un profilo causale chiaro e definito (o definibile)» (§ 6.7)
Apparentemente, le Sezioni Unite potrebbero richiedere perfino qualcosa di più, come una sorta di expressio
causae, un’enunciazione del legame tra derivato e sottostante se si considera che App. Bologna ha contestato che

E questa impostazione ha resistito in Cassazione.


La «causa» variabile dello swap OTC. E tutti gli altri?
Queste affermazioni suonano poco controllate.
• La finalità del derivato non dipende da sue caratteristiche intrinseche, perché il funzionamento è del tutto identico,
ma da un elemento esterno. Il contraente ha un’esposizione al rischio che intende ridurre (vende il rischio, acquista il
rischio contrario) oppure non ha un’esposizione al rischio e intende assumerla (anche in tal caso vende il rischio).
• Questa valutazione è vera per entrambi i contraenti, salvo il fatto che IF normalmente copre l’operazione conclusa con
il cliente con una di segno contrario (se da un lato è venditore, dall’altro è compratore del medesimo rischio). È chiaro
quindi che il derivato può avere finalità diverse per le due parti: copertura-copertura, copertura-speculazione,
speculazione-speculazione. Questo non interessa perché la funzionalità è identica.
• Con quali finalità, per la sua economia individuale, il contraente stipuli il derivato è non soltanto indifferente al
funzionamento del contratto, ma addirittura ignoto se la contrattazione avviene in un mercato regolamentato (non
OTC). Ad es. compro un’opzione put su un’azione. Potrei indifferentemente avere l’azione in portafoglio (e allora mi
sto coprendo su un ribasso di breve periodo) oppure non averla (e allora sto acquistando l’opzione di vendere il titolo
allo scoperto). Quali siano le mie finalità, legittimamente la mia controparte le ignora. Evidente dunque che la finalità
sono qui semplici motivi.
Le Sez. un. in effetti non riescono, in più passaggi della decisione, a riconciliarsi con idea che derivati OTC sono parte
della famiglia degli strumenti finanziari derivati, e quindi finiscono a stabilire regole di struttura (scommessa razionale,
causa variabile) dei derivati OTC che sono improponibili per i derivati negoziabili.
Le finalità dello swap OTC.
Tra obblighi di diligenza, causa e motivi.
Anche in tal caso non si può affermare che «c’è una funzione che l’affare persegue», perché le finalità sono
individualmente di ciascun contraente e lo swap funziona allo stesso modo che si tratti di hedging o speculazione. Però è
innegabile che ci sono elementi che distinguono gli OTC, ma questi si riconducono al fatto che IF, che è controparte del
cliente, fa al cliente anche una prestazione consulenziale ed è rispetto a questa tenuto a osservare l’art. 21 lett. a) TUF.
Cfr. ad es. CGUE 30.5.13 (c-604/11, Genil 48) a proposito della direttiva MIFID dove leggiamo che «la proposta di un
contratto di swap a un cliente, al fine di coprire il rischio di variazione del tasso di interesse di un prodotto finanziario
sottoscritto dal medesimo cliente, costituisce un servizio di consulenza in materia di investimenti nel senso definito da
tale disposizione a condizione che la raccomandazione di sottoscrivere un siffatto contratto di scambio sia rivolta a tale
cliente nella sua qualità di investitore, sia presentata come adatta a tale cliente o basata sulla considerazione delle
caratteristiche di quest’ultimo, e non sia diffusa esclusivamente tramite canali di distribuzione o destinata al pubblico».
• Ricognizione e condivisione delle finalità del cliente (spesso già note a IF che è parte anche dell’op. collegata)
• Ingegnerizzazione o adattamento dello swap per rispondere in modo idoneo alle finalità del cliente
• Valutazione di un giusto trade-off tra costi e benefici dello swap (es. in termini di contenimento del rischio)
Sulla premessa del dovere di comportamento, IF deve rispondere dell’inesatto adempimento e del danno
eventualmente arrecato, se lo swap non serve le finalità del cliente, porta un’esposizione al rischio ingiustificata ecc.
Senza necessità di immaginare che la «finalità» sia qui funzione nel senso di causa del contratto.
(Segue). La finalità di copertura
e la causa in concreto
Il concetto di copertura è stato chiarito limpidamente da un comunicato CONSOB 26.2.1999, come «riduzione della rischiosità di
altre posizioni detenute dal cliente». Sussiste tale finalità quando il contratto: a) sia esplicitamente fatto a tale fine; b) sia elevata la
correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie (scadenza, tasso d'interesse, tipologia etc.) dell'oggetto della copertura e dello
strumento finanziario utilizzato a tal fine; c) siano adottate procedure e misure di controllo interno idonee ad assicurare che le
condizioni di cui sopra ricorrano effettivamente.
• Elevata correlazione non esclude la possibilità di una correlazione intenzionalmente parziale, perché la funzione di copertura sta
nella riduzione del rischio (e non nella sua pura e semplice elisione). Ad es. ho un mutuo TV a 20 anni e anziché coprire il 100% del
capitale o l’intera durata del contratto, copro tramite uno swap o un’opzione CAP soltanto una frazione di quest’esposizione.
Questa scelta, che equivale a una franchigia assicurativa, può avere una razionalità in termini di costi/benefici.
• Anche quando vi sia non uno specifico finanziamento, ma un insieme di finanziamenti o linee di credito, sia possibile una
copertura dell’indebitamento complessivo, ma la verifica dell’elevata correlazione potrebbe essere più complessa, soprattutto se
queste linee di credito hanno caratteristiche tecnico-finanziarie diverse (cfr. Cass. 11903/17 che peraltro s’esprime in termini di
meritevolezza e causa in concreto).
• Copertura e rinegoziazioni. Quando il primo derivato chiude con perdite (MTM negativo) questo debito anziché essere liquidato è
rinegoziato come up front di uno swap successivo che ha, inter partes, la finalità (indiretta) di consentire al cliente di spalmare nel
tempo il pagamento e che, tuttavia, comporta alterazione dei parametri (nozionale tassi spread ecc.) di modo che viene perduta
l’elevata correlazione e per contro il cliente viene spesso assoggettato a un’esposizione al rischio imprevista e non necessaria né
utile. Nihil novi ma la questione può essere accostata dal punto di vista degli obblighi di consulenza o della causa in concreto.
Grazie per l’attenzione

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