Ungaretti
il poeta soldato
biografia
La biografia di Ungaretti si può considerare suddivisa in tre fasi fondamentali,
corrispondenti a tre periodi della sua vita strettamente legati alla sua attività poetica.
• Prima fase:
• Nasce nel 1888 ad Alessandria d'Egitto da genitori toscani, e lì, alla periferia della
città e ai margini del deserto, trascorre la sua giovinezza e frequenta la scuola
superiore. Nel 1912 parte per l'Italia, la terra dei suoi avi, e poi va a Parigi, segue i
corsi della Sorbona e del Collège de France e frequenta pittori (Picasso, Modigliani,
De Chirico) e scrittori (Apollinaire, Soffici, Palazzeschi) che rappresentano
l'avanguardia letteraria e artistica italiana e francese.
• Due anni dopo rientra in Italia e, come volontario, prende parte alla prima guerra
mondiale che gli ispira i «temi» della sua prima raccolta di poesie, L'Allegria,
pubblicata nel 1925 (in essa confluì, poi, anche la raccolta Il porto sepolto, 1917).
Sono composizioni talvolta brevissime che fissano frammenti della realtà e della sua
dolorosa esperienza di guerra.
Seconda fase:
Nel 1928, in seguito a una crisi religiosa, si avvicina alla fede cristiana. Nel 1933
esce Sentimento del tempo, una nuova raccolta di poesie. Nella prima parte canta
l'amore per il paesaggio laziale; nella seconda ritornano i temi riguardanti il
«destino» dell'uomo e la «civiltà» che si spegne. Sono liriche spesso complesse
in cui il poeta cerca, come egli dice, «il canto della lingua italiana nella sua
costanza attraverso il tempo... il battito del mio cuore che dovevo sentire in
armonia coi battito dei maggiori (Dante, Petrarca, Tasso...) di una terra
disperatamente amata». C'è una ripresa, infatti, dei metri della tradizione lirica
italiana (settenari, novenari, endecasillabi), e a questo mutamento formale
corrispondono contenuti molteplici e complessi, spesso difficili.
Terza fase:
Nel 1936 Ungaretti è invitato a insegnare letteratura italiana all'Università di San
Paolo in Brasile, dove tre anni dopo, a causa di un attacco di appendicite mai
curato, gli muore il figlio di nove anni, Antonietto. E' un grande dolore per il
poeta che ne rimarrà segnato per tutta la vita, manifestandolo in pagine di
profonda poesia. Nel 1942 ritorna in Italia, martoriata dai bombardamenti aerei, e
di nuovo, anche se più indirettamente, fa esperienza della guerra. Terminata la
seconda guerra mondiale, dà alle stampe una nuova raccolta di poesie Il Dolore,
da cui affiora l'angoscia della sua anima per la morte del figlio e per le sofferenze
causate dall'immane tragedia bellica. Sono liriche più aperte e semplici e quindi
di più facile interpretazione. Nel 1950 esce una nuova raccolta di poesie La terra
promessa e, nel 1960, un'altra ancora, Il taccuino del vecchio. Scrisse anche
volumi di prose e curò traduzioni dal francese, dallo spagnolo e dall'inglese. Morì
a Milano nel 1970 a 82 anni.
Tra innovazione e tradizione
Ungaretti vive in un periodo in cui le idee e gli obiettivi che gli uomini
avevano avuto sino ad allora vengono sconvolti e trasformati. Per esempio
l’ideale dell’amor di patria viene esasperato con il nazionalismo, che porta ai
conflitti tra le nazioni. C’è una grande voglia di cambiare, una rivolta contro
la tradizione e il passato. I futuristi si fanno portavoce di questi sentimenti,
esaltano la velocità, la forza, la violenza e la guerra. Anche nel campo della
letteratura i futuristi rompono con la tradizione. Ungaretti si stacca dal
futurismo, perché le poesie dei futuristi, come Marinetti, non hanno
significato, se non nello sconvolgimento della forma tradizionale. Invece per
Ungaretti lo sconvolgimento della forma non esprime una completa
ribellione alla tradizione, ma rappresenta la confusione e lo stato d’animo di
tutti gli uomini di quel periodo. Infatti Ungaretti si pone delle domande nelle
sue poesie, non è indifferente a questo disordine. Queste domande sono
quelle che nascono dal cuore di ogni uomo che non evita, ma incontra la
realtà.
La poetica
Dalle dichiarazioni di Ungaretti intorno alla poesia e alla condizione
umana, possiamo ricavare alcuni punti fondamentali :
1. La poesia deve essere espressione di verità e di umanità piena.
Per questo c'è il rifiuto del dannunzianesimo, del futurismo.
2. Il poeta ha familiarità con il segreto che è annidato nel suo e nel
nostro essere ed è responsabile della comunicazione di questo
segreto agli uomini.
3. L'atto poetico, siccome ridà all'uomo la sua verità, la sua umanità,
è atto di liberazione, di libertà, di ricongiungimento con la purezza
originaria. Perciò è un atto che fa incontrare Dio.
4. La parola poetica è intuita più che capita, perché voce di un
segreto.
Se le poesie pubblicate su «Lacerba», nel 1915, hanno ancora cadenze discorsive e cronachistiche, le liriche
del Porto sepolto, uscite alla fine dell'anno successivo, assumono un andamento completamente diverso,
che elimina ogni residuo puramente descrittivo o realistico. E' questa la fase decisiva della ricerca poetica
ungarettiana, esemplificata dai testi che confluiranno poi nell'Allegria (1931); ricollegandosi alla lezione
del Simbolismo, Ungaretti porta alle estreme conseguenze il procedimento dell'analogia: ecco quanto
scriveva in proposito: «Se il carattere dell'800 era quello di stabilire legami a furia di rotaie e di ponti e di
pali e di carbone e di fumo - il poeta d'oggi cercherà di mettere a contatto immagini lontane, senza fili». La
poesia assume anche un valore metafisico e religioso, come afferma ancora Ungaretti: «Oggi il poeta sa e
risolutamente afferma che la poesia è testimonianza d'Iddio, anche quando è una bestemmia. Oggi il poeta
è tornato a sapere, ad avere gli occhi per vedere, e, deliberatamente, vede e vuole vedere l'invisibile nel
visibile».
Sul piano tecnico l'operazione consiste nella distruzione del verso tradizionale, che, con la sua sintassi
ancora naturalistica, è distratto dal vero obiettivo della ricerca poetica. La strada da percorrere era quella
additata da Mallarmé: è la direzione che attribuisce alla poesia un significato magico ed esoterico,
collocandola nell'oscura zona di confine che sta a ridosso dell'inconoscibile e dell'inesprimibile. Resta
fondamentale, in questo senso, il significato della «parola», che assume il valore di una improvvisa e
folgorante "illuminazione"; essa si identifica con l'« attimo» in cui, attraverso l'immediatezza del rapporto
analogico, la poesia sfiora la totalità e la pienezza dell'essere. La parola viene fatta risuonare nella sua
autonomia e nella sua purezza (o, se si vuole, nella sua «innocenza»), inserita, in versi brevi o addirittura
isolata fino a farla coincidere con la misura del verso, quasi per collocarla nel vuoto e nel silenzio, oltre
ogni rapporto contingente con la realtà.
In questo senso va inteso l'autobiografismo su cui lo stesso Ungaretti ha posto l'accento,
riscoprendo anche la dimensione della sua preistoria poetica: dall'infanzia e dalla
giovinezza trascorse ad Alessandria, con le impressioni di un paesaggio affidato poi alle
testimonianze della memoria, fino all'incontro con l'Italia, la «terra promessa» dei suoi
genitori. Da questi riscontri sono tratti i temi e i motivi dell'esordio poetico: il deserto, il
miraggio, le cantilene arabe, come ricordo degli anni egiziani; il mare, il porto, il viaggio,
legati alla vicenda dell'emigrante. Il discorso si approfondisce poi nel motivo dell'esilio e
dell'estraneità. Un temporaneo - seppure decisivo - momento di approdo è costituito
dall'esperienza del fronte, che offre a Ungaretti gli spunti per alcune delle sue liriche più
crude e sofferte, spoglie di ogni retorica. Ma la guerra gli consente anche di stabilire un
contatto con la propria gente e di raggiungere la coscienza di una rinnovata identità, che
ricongiunge al presente le esperienze vissute nel passato. La guerra, infine, costringe a
vivere nel precario confine fra la vita e la morte, dove ogni cosa può rovesciarsi nel suo
opposto e scomparire per sempre all'improvviso; essa traduce così in immagini concrete, in
cui ci si può imbattere in ogni momento, quella "poetica dell'attimo" che costituisce il
fondamento della prima ricerca di Ungaretti.
Non a caso la sua ispirazione si definisce proprio in questo periodo, saldando le ragioni
dell'autobiografismo esistenziale con la conquista (avvenuta molto rapidamente) della
nuova tecnica espressiva, capace di rendere l'assolutezza di una aspirazione metafisica. In
questo senso il poeta recupera anche, nell'edizione definitiva dell'Allegria, alcuni testi
precedenti (datati Milano 1914-1915), dove già si delineava l'oscillazione dialettica tra
essere e nulla, realtà e mistero, presenza e assenza, gesto e immobilità.
Quale significato hanno i titoli delle prime due raccolte di Ungaretti?
Il porto sepolto (1916) allude a «ciò che segreto rimane in noi, indecifrabile», ed ha una fonte
precisa nel racconto favoloso di due amici francesi: «Mi parlavano d'un porto, d'un porto
sommerso, che doveva precedere l'epoca tolemaica, provando che Alessandria era un porto già
prima d'Alessandro, che già prima d'Alessandro era una città. Non se ne sa nulla. Quella mia città
si consuma e s'annienta d'attimo in attimo. Come faremo a sapere delle sue origini se non persiste
più nulla nemmeno di quanto è successo un attimo fa? Non se ne sa nulla, non ne rimane altro
segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d'ogni era
d'Alessandria». Il «porto sepolto» equivale così al segreto della poesia, nascosto nel fondo di un
«abisso» nel quale deve immergersi il poeta. Per quanto riguarda Allegria di naufragi (1919), lo
stesso Ungaretti, in una nota, ha spiegato il carattere ossimorico del titolo, parlando dell'«
esultanza d'un attimo», di un'« allegria che, quale fonte, non avrà mai se non il sentimento della
presenza della morte da scongiurare». Una sorta di più pregnante spiegazione poetica è data dalla
lirica del 1917 dal titolo omonimo: «E subito riprende il viaggio / come dopo il naufragio / un
superstite lupo di mare». Non a caso il motivo del «naufragio» (che richiama subito quello dell'«
abisso») era stato sviluppato da Mallarmé nell'ultima parte di Un colpo di dadi; esso si collega
inoltre al motivo del «viaggio», come simbolo di una presenza della «morte» sempre latente.
Antologia
Veglia
Cima Quattro il 23 dicembre 1915
Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani (1)
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore La presenza del povero caduto è così atroce che gli dà l'impressione di essere vivo e morto ad
un tempo, e di scrivere quelle lettere con la bocca digrignata e con le mani dell'ucciso.
(Cibotto Maselli)
Non sono mai stato (1) Quelle mani congestionate frugano nel silenzio del vivo, quasi a trovare la sorgente della
tanto vita che protesta... il distico finale, non espressione di egoistico "attaccamento" alla vita, ma
reazione di un uomo per tutti gli uomini che hanno diritto a vivere.
attaccato alla vita (2) Le parole più laceranti... o legate a un impeto sentimentale più intenso (v.15) sono isolate...
come a mettere in rilievo l'elementarità primordiale dei sentimenti. E' lo stile di un'umanità...
che “si ricapitola” nell'istintiva ribellione alla vita.
(2) E' l'annuncio, in forte tensione, di quella che sarà la perenne vitalità del poeta, anche se
“uomo di pena”, votato ad una sofferenza ampia del mondo.
San Martino del Carso
Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto 1916
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E' il mio cuore
il paese più straziato
Allegria di naufragi
Versa il 14 febbraio 1917
E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare