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1945 - Uomini e no di Elio Vittorini

Racconto d’inverno di Oreste Del Buono


Cristo s’è fermato ad Eboli di Carlo Levi
1946 Il cielo è rosso di Giuseppe Berto
Pane duro di Silvio Micheli
1947 Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino
Cronache di poveri amanti di Vasco Pratolini
La parte difficile di Del Buono
Il compagno di Cesare Pavese
La romana di Alberto Moravia
Se questo è un uomo di Primo Levi
1949 Le donne di Messina di Vittorini
L’Agnese va a morire (1949) di Renata Viganò
Giorgio Bàrberi Squarotti, i Dopo che è sorta l’alba, in Poesia
e narrativa del secondo Novecento, Milano, Mursia, 1961
(già in «Il Verri», febbraio 1960, 1) parla (per certi casi) di
«ricatto dei contenuti, ricerca di consenso a una cattiva
letteratura attraverso il consenso ai temi della Resistenza,
della lotta contro l’oppressione fascista, della miseria
italiana, delle rivendicazioni operaie e contadine».
Autori esordienti 1914-1926:
William Faulkner
Ernest Hemingway
Francis Scott Fitzgerald
Sherwood Anderson
John Dos Passos
Cesare Pavese, Ieri e oggi, L’Unità, 3 agosto 1947

«Verso il 1930, quando il fascismo cominciava a essere “la


speranza del mondo”, accadde ad alcuni giovani italiani di
scoprire nei suoi libri l’America, un’America pensosa e
barbarica, felice e rissosa, dissoluta, feconda, greve di tutto il
passato del mondo e insieme giovane, innocente».
COSTANTI FORMALI
• tentativi di riprodurre l’effetto parlato («Pierino era il suo genere spaventare la gente»: Pavese, 1941, p. 23)

• l’abuso del che multifunzionale («salii adagio le scale per non arrivare che lui ci pensasse ancora»: Pavese,
1947, p. 10)

• la preferenza accordata alla paratassi e alla sintassi nominale

• a tempi verbali come il presente e il passato prossimo e in parte anche ai costrutti iterativi.

• Ridotta psicologia e ridotto lirismo


• Tecniche cinematografiche – zoom in apertura del Sentiero di Calvino: «Per arrivare fino in fondo al vicolo, i
raggi del sole devono scendere diritti rasente la pareti fredde, tenute discoste a forza d’arcate che traversano
la strisca di cielo azzurro carico. Scendono diritti, i raggi del sole, giù per le finestre messe qua e là in
disordine sui muri […] fin giù al selciato…»
Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini
Sciuscià (1946) di Vittorio De Sica
Paisà (1946) di Rossellini
Caccia tragica (1947) di Giuseppe De Santis
Ladri di biciclette (1948) di De Sica
La terra trema (1948) di Luchino Visconti
Germania anno zero (1948) di Rossellini
Miracolo a Milano (1951) di De Sica
ANGELO GUGLIELMI, Le ragioni del Gruppo (come eravamo), in Il Gruppo 63 quarant’anni
dopo. Atti del Convegno di Bologna (8-11 maggio 2003), Bologna, Pendragon, 2005.

«una grande letteratura – basta ricordare Pavese e Vittorini, Fenoglio e Calvino


– [...] aveva restituito forza e concretezza alle parole spesso troppo
evanescenti (tra preziose e allusive) della letteratura degli anni precedenti
(degli anni Trenta), trascinandole a contatto con la ruvidezza della realtà
quotidiana. Ma poi la vena, aggredita da uno sfruttamento massiccio, si era via
via esaurita proponendo opere sempre meno convincenti o, cosa più grave,
asservite a interessi ideologici e opportunismi politici. E quanto più la
letteratura postguerresca era stata intensa e forte di parole, tanto più
l’esaurimento di quell’esperienza lasciava sul campo solo detriti e relitti. Relitti
e detriti di parole, il resto di un linguaggio già autorevole e solenne ora solo
enfatico e rumoroso che stendeva un velo di inattendibilità sulle cose che
nominava, compromettendone l’autenticità e falsificandone il senso».

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