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Qual è il senso di un

discorso sulla fragilità?


 La vulnerabilità è coestensiva dell’umano o, meglio ancora,
dell’intera realtà creata. In quanto tali, ogni essere umano e
ogni realtà vivente non umana, pur se in modi e in gradi
diversi, sono vulnerabili e fragili; sono cioè esposti al rischio di
essere feriti e spezzati nella loro integrità, a causa dei più
svariati fattori esterni o interni.
 La vulnerabilità, in sé e per sé, non è una condizione
immediatamente qualificabile eticamente, né in positivo né
in negativo. Essere vulnerabile non equivale a essere né
buono né cattivo. Semmai, come diversi autori sottolineano
(Emmanuel Lévinas, Paul Ricoeur, Hans Jonas), l’essere
vivente, in quanto vulnerabile, è portatore di un appello alla
responsabilità e alla cura di sé e dell’altro.
 La vulnerabilità, in quanto coestensiva dell’umano, non è
una scoperta recente. L’essere umano è sempre stato
vulnerabile, fragile, e sempre lo sarà, «da capo a piedi, sino
alle midolla delle ossa», come scrive efficacemente Lévinas.
 Di vulnerabilità è intessuta la vita umana tutta. Eppure, in
modo equivocabile, sono alcune esperienze umane
fondamentali a rivelarne il vero volto: basti pensare ai
tempi del nascere, del morire e del patire in genere.
L’Esserci è sempre in uno stato emotivo.

Heidegger, 1927, p. 167


 il Pathos, come momento vissuto, affettivamente carico,
intenzionalmente diretto, semanticamente pregnante,
di dolore e di piacere, di disperazione e di gioia, è
indicativo della posizione fondamentale emotiva che
connota l’essere-nel-mondo di ognuno.
 La disvelata dimensione patica, muovendosi tra
coscienza e Sé, si rivela di grande rilevanza
epistemologica ed ermeneutica per ogni scienza che
ha come obiettivo comprendere e studiare la
condizione umana.
 Viktor Von Weiszaecker, medico e filosofo, propose il
passaggio dalla filo-sophia ad una patho-sophia, quindi
lo spostamento da un sapere razionale ad uno
emozionale, che verrà poi approfondito, articolato e
tematizzato con grande finezza da Aldo Masullo.
 Fragilità intesa non come negli slogan mondani
dominanti quale debolezza inutile, antiquata, debole e
malata, ma invece come condizione di sensibilità,
delicatezza, gentilezza, dignità e stato in cui è anche
possibile intuire l’indicibile e l’invisibile che sono nella
vita.
 Fragilità come stato d’animo nel quale possiamo
incontrare l’altro o scoprire modi di essere “altri da noi”.
 Fragilità come possibilità di riflettere sugli aspetti luminosi e
oscuri di una condizione umana che ha molti volti e, in
particolare, il volto della malattia fisica e psichica, della
condizione adolescenziale con le sue vertiginose ascese nei
cieli stellati della gioia e della speranza e con le sue discese
negli abissi dell’insicurezza e della disperazione, ma anche il
volto della condizione anziana lacerata dalla solitudine e
dalla noncuranza, dallo straniamento e dall’angoscia della
morte.
 La fragilità fa parte della vita, ne è una delle strutture
portanti, una delle radici ontologiche.
 Non bisogna cadere nella tentazione di considerare la
fragilità come espressione dissonante della malattia che
non può essere che curata, piuttosto che un’esperienza
dotata di senso.
 Cosa sarebbe la condition humaine stralciata dalla
fragilità e dalla sensibilità, dalla debolezza e dalla
instabilità, dalla vulnerabilità e dalla finitudine, e insieme
dalla nostalgia e dall’ansia di un infinito anelato e mai
raggiunto?
 La coscienza della nostra fragilità, della nostra
debolezza e della nostra vulnerabilità rende difficili e
talora impossibili le relazioni umane: siamo condizionati
dal timore di non essere accettati, e di non essere
riconosciuti nelle nostre insicurezze e nel nostro bisogno
di ascolto e di aiuto.
 E che dire della fragilità del silenzio. Quante volte in un
incontro terapeutico una paziente, o un paziente,
rimane chiuso in un silenzio che non bisogna
interrompere, e che è necessario ascoltare nei suoi
enigmatici significati; ed è importante distinguere il
silenzio che nasce dal desiderio di solitudine da quello
che nasce invece dalla profonda tristezza.
 E ancora, distinguere il silenzio che sgorga dalla nostra
incapacità di creare una relazione interpersonale
dotata di senso, da quello che ha in sé scintille, o
gocce, di speranza.
 Ma dovremmo sapere che nella vita non tutto è dicibile,
e non tutto è esprimibile; e non dovremmo illuderci di
potere spiegare i pensieri che abbiamo, e le emozioni
che proviamo, con le sole parole chiare e distinte. La
parola che tace è talora più importante della parola
che parla.
 Non mi fido delle parole perché nascondono molto e
rivelano poco di ciò che è realmente importante e
significativo.

Sigmund Freud

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