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Converte l’energia termica in energia meccanica.

,
motore Aprilia RSV4
Ciclo Otto
Il ciclo Otto, o più correttamente ciclo Beau de Rochas, è un ciclo
termodinamico
impiegato nei motori alternativi a combustione interna
e in particolare nei motori a benzina, i quali sono alimentati da un impianto
d'alimentazione ed emettono i gas di scarico tramite un impianto di scarico.

Questo ciclo rimane ancora oggi il principio di funzionamento della quasi


totalità dei motori a benzina del mondo.

In fisica, si definisce ciclo termodinamico una successione finita di trasformazioni


termodinamiche (ad esempio isoterme, isocore, isobare o adiabatiche) al termine
delle quali il sistema torna al suo stato iniziale
Il funzionamento del motore

Per funzionare il motore aspira e comprime attraverso il pistone una miscela


di aria (comburente) e benzina (carburante), che viene successivamente
accesa dalla candela, indicativamente quando la fase di compressione ha
raggiunto il massimo.
Proprio l’accensione produce la combustione e una conseguente impennata
della pressione dei gas all’interno del motore, che quindi spingono forte
sul pistone, dando inizio alla fase di espansione e, successivamente, a quella
di scarico.

Quello che si genera nel motore è dunque un movimento alternato, che l’albero motore converte
in movimento rotatorio, quasi pronto a essere trasmesso alla ruota.

Un motore che funziona secondo questo ciclo di quattro fasi, che prende
il nome di 4 tempi.
Come si può intuire, ogni giro dell’albero motore si verificano 2 fasi,
quindi il ciclo completo richiede 2 giri dell’albero. Questo significa anche
che la fase utile, quella innescata dalla candela con l’accensione, si
verifica un giro si e uno no.
I QUATTRO TEMPI
La denominazione "a quattro tempi", deriva dalle fasi caratteristiche della combustione che sono, per l'appunto,
quattro: aspirazione, compressione, espansione e scarico. Vengono compiute in quattro corse del pistone, ovvero
due giri completi dell'albero a gomiti. Per corsa del pistone si intende il suo spostamento da un punto estremo all'altro,
cioè dove il pistone si ferma per un istante per invertire il suo movimento e sono chiamati "punti morti", inferiore e
superiore.
un’insieme di pezzi meccanici che permettono la trasformazione di ENERGIA

Watt

Se si conosce l'area A del pistone e la sua corsa C (in m), il


prodotto PmAC dà (in J) una stima del lavoro in una corsa,
1 Watt = 1 joule per secondo.
lavoro = 1 Newton per 1 metro (N*m) = 1 Joule

La lunghezza del movimento rettilineo C (vedi figura), ovvero la corsa del


pistone, è il doppio della lunghezza della manovella (raggio di rotazione) M.
Lavoro di Espansione o Compressione

Quando il lavoro è di espansione, allora questo è positivo.


Al contrario, invece, il lavoro di compressione è negativo.
Nel caso del lavoro di espansione fatto dal sistema contro una forza F per spostare un oggetto di una distanza Δx è definito
dalla relazione L = F· Δ x
Come esempio di sistema viene considerato un gas contenuto in un cilindro.
Se una parete del cilindro è un pistone di area A, di massa trascurabile e senza attrito, la pressione esterna P esercita sul gas
una forza F = P · A .
Il lavoro fatto dal gas contro questa forza per spostare il pistone di Δ x è dunque F · Δx = P · A · Δ x = P · ΔV

lavoro di espansione lavoro di compressione


positivo negativo
Come calcolare il lavoro di un sistema termodinamico
Un sistema può compiere lavoro sui corpi che lo circondano. Ad esempio, un gas, che si espande all’interno di un
cilindro dotato di pistone, spinge lo stantuffo, che fa girare una ruota.

Il sistema ha una pressione p, che è uniforme in ogni parte del sistema e, quindi, anche sulle pareti del cilindro.
Moltiplicando la pressione per la superficie A del pistone, si ottiene la forza esercitata dal gas sul pistone: F=pA.

Per ogni spostamento infinitesimo d h prodotto dalla forza sul pistone e parallelo alla direzione della forza F, si può
calcolare il lavoro infinitesimo compiuto dal sistema sul pistone:

Per una trasformazione che porta il sistema da uno


stato 1 a volume V1 ad uno stato 2 a volume V2, il lavoro è dato da:

Cioè dall’area sotto la curva che rappresenta la trasformazione


Trasformazione isobara Il lavoro è un’area Trasformazione qualsiasi

Lavoro in una macchina termica: espansione di un gas


Il lavoro in una trasformazione ciclica

Il lavoro compiuto dal sistema in un ciclo di funzionamento


del motore è uguale all’area del grafico pressione-volume
contenuta nella linea chiusa.
Il lavoro e la funzione della biella è quindi di trasmettere all’albero
a gomiti l’energia meccanica ceduta dai gas in espansione al
pistone; in questo modo, insieme alla manovella dell’albero,
trasformerà il moto rettilineo alternato in un moto di rotazione.
Unitamente all’albero a gomiti, la biella provvederà inoltre al far
muovere il pistone nelle così dette fasi passive del ciclo.
Definizione e formula del lavoro in Fisica

Data una forza costante esercitata su un corpo che effettua uno spostamento rettilineo ,
possiamo scrivere la formula del lavoro, che ne fornisce la definizione

riscritta in una forma equivalente:

dove con indichiamo il coseno dell'angolo compreso tra i vettori .


A parole il lavoro è il prodotto tra la forza e lo spostamento. Ok, ma dato che forza e spostamento sono grandezze vettoriali, il prodotto che
compare nella definizione di lavoro è un prodotto scalare. Ciò implica che il lavoro è una grandezza scalare, cioè un numero dotato di
un'unità di misura e non un vettore.

L'unità di misura del Sistema Internazionale per il lavoro è data dal prodotto dei newton (forza)
e dei metri (spostamento). Tale prodotto porta alla definizione di una nuova unità di misura: il joule (simbolo J).

Lavoro di una forza perpendicolare allo spostamento

Se camminiamo tenendo una borsa in mano, stiamo esercitando una forza sulla borsa diretta verso l'alto, ma lo spostamento della borsa
avviene in orizzontale. In un caso del genere forza e spostamento sono perpendicolari e l'angolo α vale 90°
e quindi il lavoro di una forza perpendicolare a uno spostamento è nullo,

Un altro esempio sul lavoro in cui forza e spostamento sono perpendicolari è rappresentato dal caso
della forza centripeta in un moto circolare uniforme: in ogni punto della circonferenza descritta dal
corpo che ruota, la forza è sempre perpendicolare allo spostamento, per cui il lavoro è nullo.
Perché il prodotto scalare nella definizione di lavoro in Fisica?

Analizzando la definizione di lavoro vi siete per caso chiesti perché il lavoro venga definito come prodotto scalare e non come semplice
prodotto dei moduli dei due vettori? Per comprendere il motivo possiamo fare riferimento ad un opportuno esempio.

Pensiamo ad un bambino che tira con una corda un camioncino, il quale si sposta orizzontalmente sul pavimento. La forza del
bambino è inclinata di un angolo rispetto all'orizzontale.

Ciò che fa muovere il camioncino non è la forza , bensì la componente della forza lungo l'asse x.
I teoremi trigonometrici sui triangoli rettangoli ci rammentano che tale componente si calcola, in modulo, come:

La componente e lo spostamento sono paralleli e dunque il lavoro è dato da

Di fatto abbiamo ottenuto la formula del lavoro che avevamo già scritto
quando abbiamo esplicitato il prodotto scalare. Questo esempio fornisce una
giustificazione algebrica per la presenza del prodotto scalare nella
definizione del lavoro.

Chi è avvezzo allo studio dell'Algebra Lineare può giungere alla stessa
conclusione ricordando che il prodotto scalare permette di moltiplicare il
modulo di un vettore per il modulo della componente di un
secondo vettore scomposto lungo la direzione individuata dal primo.
Definizione e formula della potenza
La potenza in Fisica (simbolo P) è una grandezza legata al concetto di lavoro che fornisce una misura di quanto lavoro viene
compiuto in un'unità di tempo.
Formula della potenza

Come si vede dalla definizione stessa, la potenza è data dal rapporto tra il lavoro compiuto e il tempo impiegato per svolgerlo. Essa è
una grandezza scalare la cui unità di misura è il J/s (joule su secondi), unità che per comodità viene denominata watt (simbolo W).

Esempio sulla potenza


Consideriamo un montacarichi in grado di sollevare un mobile da terra fino a 12 metri di altezza, esercitando una forza costante di 800 newton
per 20 secondi.
Fissiamo quindi un sistema di riferimento unidimensionale con origine all'altezza del suolo e verso delle coordinate crescenti rivolto vero l'alto.
Nel calcolare il lavoro osserviamo che forza e spostamento sono paralleli e concordi

Abbiamo così ricavato il lavoro compiuto dal montacarichi, pari a 9,6 · 10 joule.
In accordo con la definizione, la potenza sviluppata è:

Se lo stesso montacarichi esercitasse una forza di 1000 N portando il mobile alla stessa altezza e nello stesso tempo, svilupperebbe
sicuramente una potenza maggiore perché, a parità di tempo, compierebbe un lavoro maggiore.

Se invece la forza di 800 N venisse esercitata in 15 secondi anziché in 20, anche in questo caso il montacarichi svilupperebbe una potenza
maggiore perché compierebbe lo stesso lavoro, ma in minor lasso di tempo.
Dall'esempio si deduce quindi che la potenza può essere incrementata aumentando il lavoro o diminuendo il tempo, o in entrambi i
modi.
Pressione e densità
La pressione in Fisica è una grandezza che misura l'azione della forza, esercitata su una superficie, rispetto all'unità di superficie su cui
viene esercitata, ed è data dal rapporto tra il modulo della forza agente perpendicolarmente su una superficie e l'area della superficie stessa.
L'unità di misura della pressione nel Sistema Internazionale è il newton al metro quadro (N/m ).
Tale unità di misura prende il nome di pascal e si indica con il simbolo

La densità si definisce come il rapporto tra la massa e il volume

L'unità di misura della densità nel Sistema Internazionale è il chilogrammo al metro cubo (kg/m ).
Nonostante ciò nelle applicazioni essa viene espressa frequentemente in grammi al centimetro cubo
(g/cm ) e a tal proposito la relazione di conversione che lega le due misure è
1) aspirazione
si apre la valvola di aspirazione, il pistone scende (passa dal punto morto superiore al punto morto inferiore) e, per
depressione, aspira aria con benzina nebulizzata (immaginate lo spruzzo di una bomboletta spray)
2) compressione
le valvole sono chiuse, il pistone sale comprimendo la miscela aria-benzina
3) scoppio-espansione
le valvole sono sempre chiuse, dalla candela scocca una scintilla che fa esplodere la miscela provocando una violenta
espansione che manda il pistone verso il basso
4) scarico
si apre la valvola di scarico, il pistone sale sfruttando l' inerzia del volano (massa pesante di forma cilindrica, come una
puleggia, che si trova sull' albero motore) e provoca l' espulsione dei gas di scarico
fase utile:
produce energia cinetica
Primo tempo: aspirazione
Secondo tempo: compressione
Terzo tempo: combustione-espansione
Quarto tempo: scarico
I QUATTRO TEMPI
Primo Tempo: Ammissione

Durante questa fase la valvola di Ammissione rimane


aperta mettendo in comunicazione la camera di
combustione con il collettore di aspirazione, dove si
trova la miscela aria-benzina (se motore convenzionale
a benzina, oppure solo aria se Diesel o uno dei
nuovissimi motori ad iniezione diretta di benzina tra cui
il primo di serie prodotto dalla casa Giapponese
Mitsubishi e seguito a ruota da altri costruttori
mondiali).

La valvola di Scarico rimane chiusa;


il pistone si muove dal P.M.S. al P.M.I.,
la discesa del pistone provoca una depressione nel
cilindro e, per conseguente, l'aspirazione della miscela;
quando il pistone arriva al P.M.I., la valvola di
Ammissione si chiude.
La valvola di Ammissione e aperta, quella di scarico è chiusa ed il
pistone si muove verso il P.M.I. aspirando così miscela aria-benzina
Secondo Tempo: Compressione

Il secondo tempo del ciclo e quello della Compressione,


durante il quale ambe due valvole Aspirazione e Scarico
restano chiuse, mentre il pistone passa dal P.M.I. al P.M.S.; la
manovella dell'albero motore su cui e connessa la biella
continua a girare (in senso orario), adesso la miscela viene
compressa tra il pistone e la testata.
Lo spazio compreso tra la testata e il cielo del pistone e
denominato Camera di combustione. Durante questa fase, la
miscela aria-carburante al essere fortemente compressa
innalza la sua temperatura come risultato dell'aumento della
pressione dentro al cilindro.

Dalla relazione numerica che esiste tra il volume della camera


di combustione e il volume totale del cilindro più quello della
stessa camera di scoppio si ottiene il rapporto di
compressione

Le valvole di ammissione e scarico sono chiuse ed il pistone si muove


verso il P.M.S. comprimendo così la miscela aria-combustibile.
Terzo Tempo: Espansione

Il terzo tempo e la fase della combustione e


dell'espansione; le valvole continuano ad essere chiuse;
nel momento in cui il pistone arriva al P.M.S. scocca la
scintilla elettrica dalla candela d 'accensione e in
pochissimi millesimi di secondo si crea un fronte di
fiamma che si propaga a una velocità molto elevata dal
punto di ubicazione della candela fino ad arrivare a
tutto il volume della camera di scoppio.

Le valvole di Ammissione e di scarico sono chiuse, la


scintilla prodotta dalla candela provoca l'accensione
della miscela aria-benzina che espandendosi aumenta
la pressione dentro la camera di combustione
spingendo cosi il pistone verso il P.M.I. con molta forza.
Quarto Tempo: Scarico
Il quarto tempo é lo scarico: la valvola di Scarico si
apre e mette in comunicazione la camera di
combustione con il collettore di scarico, mentre
quella di ammissione è ancora chiusa; il pistone si
muove dal P.M.I. al P.M.S. impulsando i gas combusti
verso la valvola di scarico aperta: quando arriva al
P.M.S. si chiude la valvola di scarico e si apre quella
d'ammissione incominciando cosi nuovamente il
ciclo.

Cosi facendo l'albero motore deve compiere due


giri per completare un ciclo da dove si deduce
anche che di questi giri solo mezzo produce
potenza (la fase di espansione).

La valvola di Ammissione è chiusa, quella di scarico aperta da dove


salgono i gas incandescenti residui della combustione, il pistone sale
verso il P.M.S. aiutando la loro espulsione.
Gli elementi caratteristici del motore

Iniziamo a parlare di potenza, vale a dire della capacità del motore di svolgere un lavoro in un’unità di
tempo.
La potenza è direttamente proporzionale alla PME, la Pressione Media Effettiva, vale a dire la
pressione media dei gas all’interno del motore. Tanto più è elevata, tanto maggiore sarà la potenza
erogata.
Ovviamente la potenza è anche funzione della cilindrata. Come è facilmente intuibile, tanto più un motore
è grande di cilindrata, quanto più potrà essere potente. Anche se al raddoppio della cilindrata, a parità di
rapporto fra alesaggio e corsa, la potenza non raddoppia, ma aumenta del 60% circa!

A noi però interessa particolarmente il rapporto alesaggio/corsa, che rende più conveniente, in termini di
guadagno di potenza, lavorare per aumentare l’alesaggio, piuttosto che la corsa

Al crescere dell’alesaggio ci sono infatti dei vantaggi importanti, come la possibilità di migliorare la
“respirazione” del motore impiegando più valvole di grandi dimensioni, o quella di ridurre la velocità con la
quale il pistone corre nel cilindro (per ridurre sollecitazioni e usure).
A parità di cilindrata, un alesaggio superiore significa maggiore rendimento meccanico (meno perdite per
attrito), minori forze centrifughe (manovelle dell’albero motore più corte e minori spinte laterali del mantello
del pistone sul cilindro.
Non mancano però gli svantaggi.
L’area di carburante da accendere, detta fronte di fiamma, è superiore, e la combustione risulta più lenta; ecco
perché alcuni motori adottano la doppia accensione.
Le masse in movimento alterno risultano più pesanti, perché i pistoni sono più larghi, e il raffreddamento è più
difficile. E poi, il tempo ridotto a disposizione per la fase di espansione, fa sì che sia difficile utilizzarla a pieno,
restringendo l’arco dei regimi d’utilizzazione del motore.
Per questo il progettista sceglie la tipologia del motore da realizzare in funzione del carattere che vuole dargli.

Si parte dal motore a corsa lunga, che ha “schiena”, coppia, ma anche meno potenza, soprattutto per la
minore propensione a raggiungere gli alti regimi; ma che è il motore con il miglior rendimento, infatti consuma
meno e inquina relativamente poco (Honda NC750).

Si passa poi per il motore quadro, come quello dell’Honda


CB500X/F/R (67×66,8) per arrivare a quello Superquadro,
che invece ha facilità di girare ad alti regimi, esprimendo
forti potenze; una tipologia di propulsore particolarmente
diffusa nelle competizioni e nei motori supersportivi.
RAPPORTO ALESAGGIO/CORSA

In base al valore del rapporto alesaggio corsa i motori vengono così denominati

Motore "quadro", nel caso le due misure siano uguali;


Motore "superquadro" o "a corsa corta", nel caso l'alesaggio sia superiore alla corsa;
Motore "sottoquadro" o "a corsa lunga", nel caso l'alesaggio sia inferiore alla corsa.

In un motore superquadro un alesaggio maggiore della corsa diminuisce la superficie di Ducati Superquadro, il motore della Ducati 1199 Panigale,
contatto tra pistone e cilindro. Il risultato è quello di una minore dispersione di energia a causa La cilindrata è di 1 198 cm³, fornita dai due cilindri, di
dell’attrito, e una corsa ridotta permette anche di sostenere regimi di rotazione più elevati alesaggio 112 mm e corsa 60,8 mm, un perfetto esempio di
e diminuire le vibrazioni. un motore superquadro.
In particolare, nei motori superquadro a 4 tempi si realizza un riempimento più efficace del
cilindro; sui modelli a 2 tempi, invece, i vantaggi portati da questo tipo di rapporto sono la
minore dispersione di carburante e un processo di raffreddamento più
efficace.

Non mancano, di contro, determinati svantaggi. Anzitutto, il sistema comporta il


coinvolgimento di forze più grandi: un cilindro con un alesaggio maggiore della corsa richiede
una forza più intensa alle componenti rotanti, e nello specifico alla biella e al pistone.

In aggiunta, aumentano i tempi di combustione e lo scampanamento (cioè l’oscillazione del


pistone), e non sono da non sottovalutare, infine, le maggiori sollecitazioni cui sono sottoposte
le fasce elastiche, ossia gli anelli metallici alloggiati sulla testa del pistone per far sì che essa
combaci perfettamente con la parte interna del cilindro.
ALESAGGIO: DEFINIZIONE, RAPPORTO CORSA

Come funziona l’alesaggio per i motori F1


I motori delle auto di Formula 1 sono progettati e costruiti per sviluppare la maggior potenza possibile; per questo, i valori
di alesaggio e corsa sono molto diversi da quelli che di norma caratterizzano i propulsori dei veicoli di serie in commercio.
Avendo finalità agonistiche, e dovendo fornire prestazioni di gran lunga superiori, i motori da F1 presentano misure di
alesaggio e corsa molto lontane da quelle delle normali vetture.
Per fare un esempio, l’ultimo dei modelli Ferrari da Formula 1, la SF70H, aveva un alesaggio di 80 mm e una corsa di 53
mm, con un rapporto di 1,5:1.
Il motivo di tale sostanziale e sensibile differenza sta nel fatto che i motori di F1 devono poter sostenere regimi di
rotazione altissimi, evitando al contempo che la velocità media del pistone sia troppo elevata.

L’alesaggio delle MotoGP


Per quanto concerne le moto il discorso è molto simile. In genere, le due ruote da competizione utilizzano motori
superquadro, ma la crescita delle prestazioni, soprattutto in termini di velocità massima, è stata rallentata dalle
disposizioni regolamentari.
Dal 2012, infatti, il valore dell’alesaggio non può superare gli 81 mm e i motori non possono avere un frazionamento
diverso dal 4 cilindri.
Una conformazione a 2 o 3 cilindri richiederebbe un alesaggio maggiore; dal momento che per ottenere più potenza (cioè
più cavalli) bisognerebbe portare più miscela di aria e benzina nelle camere di combustione, bisognerebbe allargare la
superficie del pistone e quindi l’alesaggio. Visto che come accennato le restrizioni regolamentari non lo consentono, i
progettisti si devono allora concentrare sul miglioramento della capacità di aspirazione e scarico del motore per poter
migliorarne ulteriormente le prestazioni.
Motore "superquadro" o "a corsa corta", - alesaggio superiore alla corsa (solo per i 4T)
Vantaggi
a parità di cilindrata:
•Minor superficie laterale, con un alesaggio maggiore ed una minore corsa si ha una superficie di contatto minore tra pistone e cilindro,
permettendo una minore dispersione d'energia per attrito, calcolabile con questa formula S = A × π × C, dove S sta per Superficie di
contatto, A per alesaggio e C per corsa del pistone.
•Regimi di rotazione più elevati, uno dei parametri caratteristici di un motore è la velocità media del pistone, che rappresenta le sollecitazioni
dovute alle forze d'inerzia del manovellismo. Riducendo la corsa del motore si possono raggiungere regimi di rotazione più elevati a parità di
velocità media del pistone.
•Vibrazioni minori, il pistone e la biella essendo sottoposti a una velocità minore (a parità di regime e motore) durante le rotazioni sviluppano
una minore inerzia e creano meno vibrazioni.
Miglior rendimento volumetrico, con queste misure si migliora il riempimento del cilindro, dato che si possono adoperare valvole a fungo più
grandi, grazie al maggior spazio disponibile sulla testata. Valvole più grandi fondamentali per la respirazione del motore agli alti regimi e
quindi assolutamente necessarie per ottenere la massima potenza ottenibile a parità di tutti gli altri fattori.

Svantaggi
•Minore tenuta delle fasce elastiche, la minore tenuta delle fasce elastiche e degli anelli raschiaolio, viene dal fatto che tali segmenti
sviluppano tutti la stessa forza (determinata dal tipo di materiale, forma e accorgimenti), ma viene sviluppata su una superficie maggiore,
creando quindi una pressione minore, riducendo la tenuta dei gas e nel caso dei motori a 4T anche dell'olio motore.
•Minor rendimento termico, questo è dato dalla camera di combustione più allargata, dato che per poter avere lo stesso rapporto di
compressione, oltre al fatto che deve essere più larga, deve anche essere più schiacciata, aumentando di fatto il tempo di combustione.
•Forze in gioco maggiori, a parità di cilindrata e di coppia motrice, un motore superquadro ha delle forze maggiori in fase di combustione ed
espansione, che devono essere supportate dai primi organi rotanti del motore, come biella e pistone.
•Scampanamento maggiore, favorendo la larghezza del pistone rispetto all'altezza del mantello, si favorisce l'oscillazione del pistone in
avanti e indietro accentuando questo fenomeno.
Rapporto corsa/alesaggio

A un aumento dell’alesaggio, ferma restando la cilindrata, corrisponde una diminuzione della corsa, e viceversa. Non si
deve però pensare che la relazione sia lineare.
A una data variazione di una di queste due misure non corrisponde un eguale cambiamento (in senso opposto) dell’altra!
Ecco un esempio che spiega come stanno le cose: consideriamo una cilindrata unitaria di 500 cm 3, ottenuta con misure
caratteristiche perfettamente “quadre”, ossia 86 x 86 mm. Se si aumenta di due millimetri l’alesaggio, portandolo a 88 mm,
per ottenere la stessa cilindrata occorre ridurre la corsa di quattro millimetri, portandola da 86 a 82 mm.
Viceversa, se si riduce di due millimetri l’alesaggio, portandolo a 84 mm, occorre adottare una corsa di 90 mm, cioè di 4 mm
superiore agli originali 86.
Questo, con i lievi arrotondamenti del caso. A rigore, 86 x 86 mm = 499,6 cm3; 88 x 82 mm = 498,7 cm3; 84 x 90 mm =
498,8 cm3.
Riducendo il rapporto C/D si ottengono vantaggi molto importanti, ai fini delle prestazioni ottenibili.
Ferma restando la cilindrata, al crescere dell’alesaggio diventa infatti possibile installare valvole di maggiori dimensioni,
cosa vantaggiosa per la respirazione agli alti regimi di rotazione (ovvero per il rendimento volumetrico); logicamente,
aumenta la superficie dei pistoni, e anche questo è positivo ai fini delle prestazioni.

Particolare scalpore ha fatto, al suo apparire, il radicale motore


Ford Anglia di 1,0 litri, che nel 1959 con un alesaggio di 81 mm
e una corsa di 48,4 mm aveva un C/D pari a 0,597 soltanto.
Rapporto corsa/alesaggio

Dato che la cilindrata non varia, a un aumento dell’alesaggio corrisponde una diminuzione della corsa; di
conseguenza, il motore può raggiungere regimi di rotazione più elevati, a pari velocità media del pistone (ossia con eguali
sollecitazioni meccaniche). Questo è fondamentale, quando l’obiettivo è l’ottenimento della massima potenza specifica.
Inoltre, grazie al maggiore “ricoprimento” tra i perni di banco e di biella, l’albero a gomiti può essere più rigido.

Ogni medaglia però ha il suo rovescio.


Al crescere dell’alesaggio la conformazione della camera di
combustione diventa meno favorevole (fermi restando l’angolo
tra le valvole e il rapporto di compressione); in particolare,
aumenta il rapporto tra la superficie e il volume della camera, e
quindi diventano più grandi le perdite di calore, cosa
svantaggiosa ai fini del rendimento termico.

Aumenta il percorso che il fronte di fiamma deve compiere per


propagare la combustione attraverso tutta la camera.
Cresce l’interasse tra le canne dei cilindri e di conseguenza
aumenta la lunghezza del motore, ossia la distanza tra l’estremità
lato volano e quella opposta (ove di norma si trova il comando
della distribuzione). Il grafico mostra schematicamente come è diminuito il rapporto corsa/alesaggio
dei motori di Formula Uno nel corso degli anni. La progressione verso valori
sempre più bassi è stata inarrestabile
Il Rapporto Raggio di manovella/Lunghezza biella
Al di là della differenza fra un motore a corsa lunga o quadro, c’è un rapporto matematico che va tenuto in forte
considerazione. Quello fra il raggio di manovella e la lunghezza della biella.

Tanto è minore, vale a dire tanto è minore in proporzione la dimensione del raggio di manovella relativamente alla lunghezza
della biella, tanto più si riducono le spinte laterali del pistone sul cilindro. Che sono una maledizione, perché usurano questi due
componenti, assorbono energia per attrito, generano calore e costringono a realizzare pistoni con un mantello (la superficie
laterale) molto pronunciato.

Dunque, converrebbe ridurre la lunghezza della biella, ma in questo modo, aumenterebbe percentualmente la
parte di biella soggetta a muoversi da una parte all’altra nel seguire il movimento rotatorio della manovella. Cosa
che si tradurrebbe in energia persa e in vibrazioni.
E allora? Allora ecco un altro buon motivo per privilegiare i motori superquadri, che riducono l’esigenza di corsa
del pistone e che, quindi, sono compatibili con raggi di manovella ridotti.
Ovviamente, le spinte laterali del pistone sul cilindro aumentano anche al crescere della cilindrata unitaria.

Ecco perché si privilegiano i motori più frazionati (a parità di cilindrata). Garantiscono velocità medie del pistone
inferiori e regimi di rotazione più elevati, quindi più potenza. Il tutto con meno usura di pistoni e cilindri!

Lo svantaggio del frazionamento è l’ingombro superiore e la complessità meccanica, che si traduce anche in costi
superiori.
Il rapporto di compressione

Il rapporto di compressione, volgarmente espresso come la differenza di volume a disposizione dei gas quando
il pistone è al Punto Morto Inferiore e quando invece è al Punto Morto Superiore, influenza direttamente la PME.
Un alto rapporto di compressione la fa crescere, regalando maggiore potenza.
Ecco perché da ragazzi portavamo le testate dei motorini in rettifica per farle “abbassare”.

Ma non si può esagerare, altrimenti gli svantaggi superano i vantaggi

Al crescere del rapporto di compressione crescono infatti le perdite per depressione all’aspirazione. Perché
aumenta sì la depressione, ma diminuisce la densità della colonna gassosa che si muove nel condotto
d’aspirazione.
E al crescere della velocità di spostamento dei gas nei condotti, aumenta proporzionalmente lo spessore dei
filetti fluidi che aderiscono al condotto, riducendone di fatto la sezione.

Aumentando la compressione di un motore, si fa crescere anche la temperatura dei gas, aumentando la


tendenza all’autoaccensione quando ancora il pistone è nella fase della compressione.
Un fenomeno che si chiama detonazione, e che volgarmente viene definito come battito in testa.
Quello che succede è che i gas si accendono da soli troppo presto e contrastano in maniera violenta la corsa del
pistone verso l’alto, causando -alla lunga- gravi problemi meccanici al motore.
COPPIA MOTRICE E POTENZA

La coppia motrice è “la capacità del propulsore di compiere uno sforzo”, ossia il suo vigore.

Essa si calcola moltiplicando la forza che agisce sul pistone per la lunghezza del braccio della manovella
dell’albero a gomiti. Immaginiamo che la forza applicata sia pari a 100 Newton e che la lunghezza del
braccio sia pari ad 1 metro: in questo caso la coppia motrice sarebbe uguale a 100 Newtonmetri (Nm);
lo stesso risultato, ovviamente, si avrebbe se la forza fosse di 200 Newton e la lunghezza di 0,5 metri.

È bene ricordare che la forza che agisce sul pistone può essere espressa anche in Chilogrammi e che un
chilogrammo equivale a circa 10 Newton (9,807 per la precisione); pertanto affermare che un motore ha
una coppia di 100 Nm è lo stesso che dire che ne ha una di 10 Chilogrammetri (Kgm).

Detto anche momento torcente, l'esempio più


semplice è la pedalata della bicicletta.
Il piede fornisce la forza che darà una "coppia" in
funzione della leva del pedale.
Maggiore è la resistenza (tipo in salita) e
maggiore deve essere la coppia (la spinta del
piede) per muovere il veicolo.
COPPIA MOTRICE E POTENZA

La potenza è “la capacità del propulsore di compiere un lavoro diviso il tempo impiegato per compierlo”.
Essa si esprime in Kilowatt oppure in Cavalli (1 KW = 1,36 CV) e si calcola moltiplicando la coppia per il
numero di giri al quale essa si ottiene (dividendo il tutto per un numero fisso che consente di abbinare le
diverse grandezze). Immaginiamo che la coppia sia pari a 300 Nm e che venga sviluppata a 3000 giri: in
questo caso la potenza, espressa in Kw sarà uguale a (300*3000) : 9550, dove 9550 è il numero fisso di
cui prima dicevo; il risultato sarà che a 3000 g/m la potenza erogata da questo propulsore è di 94,24 Kw.
Ripetiamo l’esperimento utilizzando come unità di misura i Kgm e i Cv: (30,6*3000) : 716,2, dove 716,2 è
il numero fisso da utilizzare quando si vogliono calcolare i cavalli vapore; il risultato sarà che a 3000 g/m
la potenza erogata da questo propulsore è 128,17 CV.

La definizione di potenza è molto simile a quella di coppia, però vi si aggiunge un altro elemento, ossia il
tempo; infatti due motori potrebbero avere lo stesso valore di coppia, ma uno di essi potrebbe
raggiungerlo ad un numero di giri più elevato (quando cioè l’albero motore compiere un maggior
numero di rotazioni al minuto): in questo caso si direbbe che quest’ultimo motore ha una potenza
massima maggiore. In genere un motore dotato di grande coppia non raggiunge alti regimi di rotazione,
mentre uno più potente, pur non esprimendo lo stesso vigore, riesce a girare più velocemente e, quindi,
ad avere più Kw (o più cavalli).

Ecco spiegato perché, nell’affrontare una salita, alcuni motori, pur avendo tanti cavalli, richiedono la
scalata mentre altri, dotati di maggiore coppia, non necessitano del rapporto inferiore.
CHE COSA ESCE DAL TUBO DI SCARICO?
Il motore trasforma l’energia chimica contenuta nel combustibile (benzina) e nel comburente (ossigeno) in energia
termica, attraverso una reazione chimica detta di COMBUSTIONE.

Questa reazione avviene, e avviene con il massimo rendimento possibile, solo se vengono rispettate le giuste proporzioni
fra le varie sostanze che partecipano alla reazione stessa. In pratica è necessario che aria e benzina entrino nella camera
di scoppio in adeguate quantità l’una rispetto all’altra.

Questa giusta proporzione è definita “rapporto stechiometrico” o “rapporto lambda”.

La più immediata conseguenza dell'avvio del motore di ogni automobile (o motocicletta, o


camion) è la combustione del carburante con il quale, spesso a caro prezzo, abbiamo
riempito il serbatoio. Tale processo provoca l'emissione di una serie di gas che vengono
espulsi dal motore e immessi in atmosfera.

La combustione dei carburanti che alimentano i motori di tutti i veicoli circolanti comporta
l'emissione di gas di scarico, che finiscono nell'aria che respiriamo. Vediamo come è composta
la miscela che esce dalle nostre marmitte -
Poiché è piuttosto complicato misurare quello che entra nel motore, si preferisce, almeno a livello diagnostico di auto-
riparazione, misurare quello che ne esce dopo la combustione. Questo tipo di approccio ha il vantaggio di essere più
pratico e di fornire maggiori informazioni: - permette di conoscere che cosa è entrato nel motore per produrre la
combustione - consente anche di sapere quale è stata la qualità della combustione.

Che cosa entra nel motore.


Benzina: è costituita essenzialmente da idrocarburi (HC), cioè sostanze organiche composte da idrogeno (H) e carbonio
(C).
Aria: è composta da ossigeno (O) per circa il 21% e da azoto (N) per quasi tutto il restante 79%. Semplificando, possiamo
dire che gli elementi che entrano nel motore sono: H + C + O + N, in diverse concentrazioni.

Una corretta miscela aria/benzina deve essere composta da:


benzina = 1 grammo
aria = 14,7 grammi (11,6 grammi di azoto + 3,1 grammi di ossigeno)
totale = 15,7 grammi

OVVERO UN RAPPORTO ARIA/BENZINA DI 14,7 : 1

Questo significa che per ogni litro di benzina (circa 750 grammi) il nostro
motore si “beve” anche 11 Kg di aria, equivalenti a circa 9.000 (novemila!) litri.
Che cosa esce dal motore
Questo tipo di miscela dovrebbe produrre teoricamente una combustione che dà origine, come prodotto della
combustione stessa, ad un gas composto dal 15% di anidride carbonica /biossido di carbonio (CO2), un po’ di vapore
acqueo (H2O) e azoto (N), che entra ed esce in quantità identica, non avendo parte attiva nella reazione chimica di
combustione.

Nella realtà, a causa del breve tempo a disposizione per la combustione e delle alte temperature in gioco, le cose vanno in modo
leggermente diverso da quanto previsto dalla teoria. In particolare, non tutti gli idrocarburi si scindono in H e C, non tutto il carbonio si
combina con l’ossigeno per formare CO2 e non tutto l’ossigeno riesce a combinarsi con carbonio e idrogeno. Per conseguenza una parte
degli HC restano incombusti, una parte del carbonio si unisce all’ossigeno formando monossido di carbonio (CO), una piccola
parte di ossigeno non entra a far parte della reazione e un’altra piccola parte di ossigeno si unisce all’azoto formando ossido di
azoto in varie forme (NO + NO2 = NOx).

- Azoto N2 73% Gas inerte


- Ossigeno O2 1% Ovviamente non è preoccupante per la nostra salute
- Anidride carbonica CO2 14% Gas responsabile dell’effetto serra. Non tossico
- Vapore acqueo H2O 10% Acqua allo stato gassoso

- Monossido di carbonio CO 1% Gas tossico, letale oltre il 2% dell’aria respirata.


- Idrocarburi incombusti HC 0,03% (300 PPM) Gas irritanti e cancerogeni
- Ossidi di azoto Nox 1% Gas irritante, responsabile delle piogge acide
- Anidride solforosa
- Piombo
- Sostanze solide es. fuliggine
Che cosa entra nel motore.
Benzina: è costituita essenzialmente da idrocarburi (HC), cioè sostanze organiche composte da idrogeno (H) e carbonio (C).
Aria: è composta da ossigeno (O) per circa il 21% e da azoto (N) per quasi tutto il restante 79%. Semplificando, possiamo dire che gli elementi che
entrano nel motore sono: H + C + O + N, in diverse concentrazioni.

Che cosa esce dal motore

- Azoto N2 73%
- Ossigeno O2 1%
- Vapore acqueo H2O 10%
- Anidride carbonica CO2 14%

- Monossido di carbonio CO 1%.


- Idrocarburi incombusti HC 0,03%
- Ossidi di azoto NOx 1%
- Carbonio
- Anidride solforosa
- Monossido di azoto
- Biossido di azoto
- Piombo
- Sostanze solide es. fuliggine

x indica un numero variabile di atomi di ossigeno che si legano con uno di azoto
EFFECTS OF SMOG
La CO2 come ben si sa non è un inquinante, ma è un gas che produce effetto serra, perché produce uno scudo
che avvolge la terra e che nei confronti dei raggi solari si comporta in modo asimmetrico. L’energia solare, infatti,
riesce ad entrare perché ha una lunghezza d’onda differente, ma poi, una volta che si è riflessa sulla terra, torna
indietro con una lunghezza d’onda nel campo dell’infrarosso che non riesce a passare.
http://www.regione.vda.it/gestione/riviweb/templates/aspx/environnement.aspx?pkArt=378
Le sostanze nocive rappresentano una percentuale molto ridotta Anche nel motore diesel le sostanze nocive rappresentano una parte
rispetto al totale delle emissioni di un moderno motore a bendi un molto ridotta delle emissioni totali: solo lo 0,2%.
moderno motore a benzina: solo l'1,1%. La maggior parte del gas di scarico di questi motori è costituita da azoto,
La maggior parte del gas di scarico è costituita da azoto, acqua e acqua, ossigeno e anidride carbonica
anidride carbonica
Monossido di carbonio (CO)
Il monossido di carbonio (detto anche ossido di carbonio) è un gas incolore, inodore e insapore. Il legame tra carbonio
e ossigeno si forma per effetto della combustione incompleta del carbonio contenuto nel carburante ed è fortemente
tossico all'inalazione. Dopo essere stato inalato giunge nell'apparato circolatorio e impedisce all'ossigeno di legarsi ai
globuli rossi del sangue. A partire da una concentrazione di monossido di carbonio dell'1,28 % nell'aria, si verifica una
morte per soffocamento nell'arco di 1-2 minuti.
Una quantità ridottissima nell’aria (attorno allo 0,1%) è sufficiente a causare la morte

Questo gas si forma quando a causa di una insufficiente quantità di ossigeno nella miscela, un'ossidazione completa del
carbonio in biossido di carbonio risulta impossibile.
Poiché agisce in concentrazioni bassissime sui componenti del sangue, si combina con i globuli rossi riducendo la loro
capacità di assorbimento dell’ossigeno). Il monossido di carbonio è stata la prima sostanza nociva a essere presa di
mira dal legislatore.
II monossido di carbonio è quindi il componente dei gas di scarico per eccellenza, il primo a essere considerato a ogni
controllo dei veicolo.
Il CO raggiunge la sua massima concentrazione nei cilindri durante la combustione: nell’atmosfera si ossida abbastanza
velocemente formando il biossido di carbonio, non tossico.
Idrocarburi incombusti (HC)
Gli idrocarburi incombusti sono composti chimici costituiti da carbonio (C) e idrogeno (H). Sono presenti nel petrolio,
nel gas metano e nel carbone, in grandi quantità . Hanno - questo il loro "segreto" - la funzione di veri e propri
"contenitori di energia", quella che si sprigiona quando i combustibili vengono bruciati.
Il problema più grave sta nel fatto che alcuni composti a base di idrocarburi sono cancerogeni.

Gli idrocarburi incombusti dalla tossicità più elevata appartengono in maggioranza alla famiglia degli "aromatici", come il
benzene. Si tratta di una sostanza che viene assorbita nel sangue attraverso la respirazione e che, come confermano
studi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha elevate proprietà cancerogene e favorisce l'insorgere di malattie
ematologiche gravi, come la leucemia.
Anche altri tipi di "aromatici", i policiclici o IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), hanno proprietà cancerogene. Tra questi il
più tossico, dannoso anche a concentrazioni modeste, risulta il benzopirene, peraltro presente anche nel fumo delle
sigarette. –

Come per il monossido di carbonio la carenza d'aria provoca una combustione incompleta e quindi, un'emissione di idrocarburi
parzialmente o totalmente incombusti. Nei gas di scarico non si trovano quindi idrocarburi, bensì composti di idrocarburi nelle forme
più diverse, come ad esempio idrocarburi aromatici con un odore forte di cui alcuni (ad es benzopirene) sono considerati cancerogeni
oppure gli idrocarburi insaturi che, per effetto dei raggi solari, si combinano con gli ossidi di azoto e formano lo smog. Gli idrocarburi
saturi sono quasi inodori, hanno pero un efletto narcotizzante e provocano lievi irritazioni delle mucose.
Concentrazioni elevale di idrocarburi incombusti possono risulte quindi dannose per la salute: sono responsabili inoltre della
distruzione degli alberi.
Ossidi di azoto (NOx)
Sono molecole composte da Azoto (N) e Ossigeno (O). Sono considerati sostanze inquinanti dell'atmosfera e la loro
emissione produce nell’uomo affezioni dell’apparato respiratorio aggravando significativamente le condizioni delle persone
affette da asma. L’esposizione, anche per soli per 15 minuti, a concentrazioni di NOx maggiori di 5 ppm determina tosse
persistente e irritazione delle mucose delle vie aeree.

Insieme all'acqua (anche sotto forma di nebbia) formano acidi che irritano le mucose e possono causare danni ai polmoni.
L'unica eccezione è il protossido di azoto (N2O), noto anche come "gas esilarante"; si tratta comunque di un gas serra
che danneggia lo strato protettivo di ozono negli strati più alti dell'atmosfera.

Ossidi di zolfo (SOx)


Il biossido (SO2) e il triossido di zolfo (SO3) sono i principali inquinanti atmosferici a base di zolfo. La principale fonte di
inquinamento è costituita dalla combustione di combustibili fossili (carbone e derivati del petrolio) nei quali lo zolfo è
presente come impurità. Il biossido di zolfo irrita le vie respiratorie; un’esposizione prolungata a concentrazioni anche
minime può comportare faringiti, affaticamento e disturbi a carico dell'apparato sensoriale.
Aggravante. È inoltre accertata una sinergia dannosa in caso di esposizione combinata con il particolato. Oltre a
produrre gas Ozono, tale combinazione è in grado di trasportare il biossido di zolfo nelle parti più profonde del polmone,
aumentando di conseguenza il danno anche in presenza di concentrazioni più ridotte di anidride solforosa.
Particolato (pm)
Con i termini: "particolato", "polveri sottili", "polveri totali sospese (PTS)", si indica l'insieme di particelle solide e liquide
generate nel processo di combustione e portate in sospensione nell'aria dai gas di scarico. Diverso il livello di pericolosità
per la salute umana, che dipende dal diametro medio delle particelle.
Tre le classi principali:

1) diametro > 10μm: le particelle vengono filtrate dall’apparato respiratorio;

2) diametro 0,5μm-10μm: particelle con velocità di sedimentazione tale da favorire la loro deposizione sulle pareti degli
alveoli polmonari;

3) diametro < 0.5μm: particelle che possono diffondere attraverso le pareti alveolari ed essere rimosse dai polmoni.
Le particelle più pericolose per la salute umana sono quelle comprese fra 0.5 e 10 μm di diametro (corrispondenti alla
cosiddetta frazione respirabile del PM10), che determinano patologie acute e croniche a carico dell'apparato respiratorio
(asma, bronchiti, allergia, tumori) e cardio-circolatorio (aggravamento dei sintomi cardiaci nei soggetti predisposti).
Six major air pollutants

Le sostanze nocive rappresentano una percentuale


• Carbon monoxide (CO)
molto ridotta rispetto al totale delle emissioni di un
motore moderno: solo lo 0,2%. • Ozone (O3)
La maggior parte del gas di scarico è costituita da
azoto (73,8%), acqua (9 %), ossigeno (9%) e anidride
carbonica (8%). • Nitrogen dioxide (NO2)
Anche nel motore diesel le sostanze nocive
rappresentano una parte molto ridotta delle
emissioni totali: solo lo 0,2%.
• Sulfur oxides (SOx)
• Carbon dioxide (CO2 )
• Lead (Pb)
Il rapporto Lambda
Si è parlato finora di ripartizione aria / benzina in termini di rapporto
fra le due quantità: 14,7 parti di aria per 1 di benzina rappresentano,
come visto, la corretta miscela.

C’è un modo diverso per esprimere questa relazione, tenendo conto


della sola aria o, più esattamente, dell’ossigeno.

Se consideriamo uguale a 1 la quantità di ossigeno necessaria in teoria


per la corretta miscela, la quantità di ossigeno realmente utilizzata sarà il
“rapporto lambda”.

In pratica, il rapporto lambda è il rapporto fra ossigeno reale e ossigeno


teorico.
Il rapporto Lambda
Facciamo un altro esempio più chiaro: Si è visto che per 1 grammo di benzina sono necessari 14,7 grammi di aria.
Ovvero l’ossigeno teorico è uguale a 14,7. Nell’esempio che segue, il nostro motore è ben “carburato”, quindi
consuma effettivamente 14,7 grammi di ossigeno per ogni grammo di benzina. Per conseguenza:

Nel caso seguente il motore è “grasso”, cioè


troppa benzina e poca aria:

In quest’ultimo caso il motore è “magro”, cioè


troppa aria e poca benzina:

Il rapporto lambda deve essere normalmente compreso fra 0,97 e 1,03, che significa un rapporto aria/benzina compreso
fra 14,26 e 15,14. Come si vede la tolleranza è piuttosto stretta. Al di fuori di queste tolleranze il rendimento della
combustione diminuisce e l’inquinamento aumenta.
Un lambda superiore a 1,3 o inferiore a 0,7 renderà impossibile la combustione.
COMPORTAMENTO DEI VARI GAS IN FUNZIONE DEL RAPPORTO ARIA/BENZINA.

L’esempio si riferisce alla misura dei gas al collettore di scarico, quindi a monte di un eventuale catalizzatore.
Si precisa che i valori misurati al collettore sono praticamente identici indipendentemente dal fatto che si tratti o no di
un motore catalizzato.
E’ importante notare come nel punto di corretta miscela (14,7 : 1) i valori di CO e di Ossigeno si equivalgono, e che la
somma dei valori di CO (1%) + CO2 (14%) è di 15%. Spostandosi verso sinistra (miscela ricca) il CO2 diminuisce e il
CO aumenta. La loro somma resta sostanzialmente costante intorno al 15%.
Gli idrocarburi incombusti
Gli idrocarburi sono presenti in seno ai gas di scarico quando nella miscela presente nella camera non c’è aria a sufficienza per ottenere una
combustione completa. In altre parole, la miscela è ricca e l’ossigeno è in difetto rispetto al carburante. Una parte di quest’ultimo, quindi, non brucia ed
esce successivamente dallo scarico così come era entrata nel cilindro. I

l grafico mostra come varia la quantità dei tre inquinanti classici (ossido di carbonio, idrocarburi e ossidi di azoto) in funzione della dosatura della miscela
aria-carburante. Con la lettera lambda viene indicato il coefficiente di aria in eccesso. Se è maggiore di uno la miscela è magra, e viceversa
Quando la miscela è ricca (carburante in eccesso rispetto all’aria), non è
possibile che ogni atomo di carbonio presente nella camera di combustione si
combini con due atomi di ossigeno, in modo da dare origine alla anidride
carbonica (CO2). Si forma invece l’ossido di carbonio (CO), nella cui molecola
è presente un solo atomo di ossigeno.

Occorre tener presente che, anche se complessivamente la miscela ha una


dosatura corretta, non è detto che il carburante sia distribuito uniformemente
in seno alla massa gassosa. Possono esserci delle zone nelle quali l’ossigeno è in
difetto, ossia la dosatura è localmente ricca.

Occorre inoltre osservare che, anche se la dosatura della miscela è


corretta, non tutto il carburante fornito riesce a bruciare.

Ci sono delle zone nelle quali il fronte di fiamma, originatasi in corrispondenza


della candela, non riesce a penetrare (o comunque la combustione non ha
luogo in quanto la fiamma letteralmente si spegne). Si tratta dei “volumi
interstiziali”, come quello tra il primo colletto del pistone e la canna del cilindro
e quello in corrispondenza del bordo della guarnizione della testa.
I motori Diesel
Nei motori diesel non c’è un fronte di fiamma che avanza durante la combustione e le
modalità con le quali quest’ultima si svolge sono ben diverse, rispetto a quelle che si hanno
nei motori a ciclo Otto.

Anche per loro valgono comunque considerazioni analoghe. È vero che la dosatura è
sempre magra, con aria notevolmente in eccesso, ma è anche vero che non tutto il
carburante emesso dall’iniettore riesce a bruciare.
La dosatura può essere notevolmente diversa da zona a zona della camera; in certi punti è
molto ricca e in altri assai magra.
Non tutto il gasolio riesce quindi a combinarsi con l’aria.
Nei motori a benzina l’adozione della iniezione diretta è vantaggiosa in termini di riduzione
dei consumi e di emissioni di idrocarburi. Gli ossidi di azoto però in genere tendono ad
aumentare

I motori a benzina
Tornando ai motori a ciclo Otto (ossia ad accensione per scintilla), c’è anche da tenere presente che durante l’incrocio sono
leggermente aperte sia le valvole di aspirazione (che hanno iniziato il loro sollevamento dalle sedi) sia quelle di scarico (che stanno per
chiudersi) e che a certi regimi di rotazione, se l’alimentazione è a iniezione indiretta, inevitabilmente una certa quantità di carburante
passi direttamente nello scarico.

Questa perdita di benzina può essere ridotta notevolmente adottando un sistema di distribuzione a fasatura variabile.
E può essere eliminata completamente se si passa alla iniezione diretta.
Gli ossidi di azoto
L’azoto dovrebbe comportarsi come un gas inerte ma in
presenza di temperature molto elevate una certa parte di
quello presente nella camera di combustione reagisce con
l’ossigeno (se questo è presente in quantità adeguata)
formando degli ossidi.

Questi inquinanti, che tra l’altro sono tra i maggiori


responsabili delle cosiddette “piogge acide”, si formano
dunque con miscele magre (specialmente) o a dosatura
stechiometrica.

La fasatura di accensione ha una notevole influenza sulle


emissioni di scarico.
Qui viene mostrato come cambia, in funzione della dosatura,
la produzione di ossidi di azoto con quattro diversi anticipi

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