e le olimpiadi la
Disastri
del 36’ dodecafonia
Nucleari
Italia nella 2°
guerra
mondiale Hiroshima e
2° guerra
mondiale Nagasaki
Italo calvino
Il sentiero Albert
dei nidi di Einstein e la
ragno bomba
atomica
Premonicion
de guerra
civil Guernica
Futurismo
artistico
Futurismo
letterario
Nascita e
sviluppo del
fascismo
Tecnologie
Le sue spaziali
scoperte col
telescopio
Edwin
Hubble
10 giugno 1940 :l’Italia entra in guerra
Quando le truppe naziste varcarono il confine polacco, Mussolini
non fu nemmeno avvertito. Secondo quanto prevedeva il patto
d’ acciaio l’Italia sarebbe dovuta scendere in guerra al fianco
della Germania. Inizialmente l’Italia dichiarò uno stato di non
belligeranza, ossia che per il momento non partecipò alla guerra
pur rimanendo alleata della Germania.
Però dopo i rapidi successi riportati dall’ esercito nazista in
Polonia e in Francia Mussolini si convinse che sarebbe stata una
guerra rapida e vittoriosa, e che l’ Italia avrebbe dovuto
parteciparvi per poi beneficiare dei vantaggi dovuti alla vittoria
tedesca. Cosi l’ Italia entrò in guerra il 10 giugno 1940. La scelta
di Mussolini purtroppo fu un tragico errore, sottovalutò la
capacità di resistenza degli Inglesi e il fatto che potessero entrare
in guerra gli Stati uniti. I nostri soldati vennero mandati in guerra
con viveri, abiti, equipaggiamenti e armi insufficienti in una
guerra alla quale la maggior parte della popolazione era
contraria
Le truppe italiane in Russia
Il 22 giugno 1941 scattò l’operazione Barbarossa, l’attacco tedesco contro l’Urss. I vertici militari
sottovalutarono l’Armata Rossa ed erano convinti di sconfiggerla in cinque settimane, prima del rigido
inverno russo (che già era costato caro a Napoleone). I sovietici attuarono la tattica della terra bruciata,
indietreggiando verso l’interno, mentre Stalin si appellava al nazionalismo russo per spingere la
popolazione civile alla resistenza contro l’invasore e ad atti di sabotaggio nelle retrovie. Mussolini, che
era stato tenuto all'oscuro dei piani hitleriani, si associava e inviava un corpo di spedizione di circa
60.000 uomini, il Csir - Corpo di spedizione italiano in Russia - poi Armir - armata italiana in Russia,
composto dalle divisioni Pasubio, Torino e Celere, al comando del generale Giovanni Messe. Nell'estate
del '41, unito alla 11a armata tedesca, il Corpo di Spedizione Italiano, fu incaricato di forzare il fiume
Dnestr in più punti, dove i tedeschi avevano scarsi rinforzi, e tentare di chiudere in una sacca, tra il
Dnestr e il fiume Bug, alcuni contingenti sovietici. In agosto scoppiarono i primi veri e propri
combattimenti che impegnarono in particolar modo la divisione Pasubio che dette ottima prova di sé,
anche se il problema dell'impreparazione si manifestava in modo sempre più insistente. Il Csir dimostrò
immediatamente di non essere all'altezza della situazione sia come qualità che come quantità di
armamenti e mezzi trasporto: i carri armati erano inadeguati alle caratteristiche delle rotabili,
l'artiglieria, come riferisce la Storia Ufficiale del Corpo di spedizione, era preda bellica austro-ungarica e
i cannoni erano già veterani della guerra italo-turca e della prima guerra mondiale. A volte si arrivava a
livelli paradossali. A causa dello scarsissimo numero di autocarri infatti, le divisioni erano costrette a fare
a turno per utilizzarli, così che tra un reparto e l'altro si formavano centinaia di chilometri di distanza,
provocando il fenomeno della dispersione delle truppe e rendendo i collegamenti tra le stesse
estremamente difficoltosi. Nel primo mese, i tedeschi invasero e devastarono la Russia per una
profondità di 500 chilometri. Smolensk fu occupata dopo aspri combattimenti, nel corso dei quali i russi
avevano lanciato potenti contrattacchi. Fino a quando l'altrettanto impreparato esercito russo adottò la
tattica della difesa ad oltranza, le vittorie si susseguirono con relativa facilità ed in poche settimane
l'esercito tedesco insieme ai suoi alleati, attaccando sul Dnepr, obbligò alla resa la città di Kiev e fece
seicentomila prigionieri.
25 luglio 1943: cade Mussolini, Badoglio sale al
governo
Il 25 luglio 1943 il Gran consiglio del Fascismo, che riuniva i più influenti
gerarchi del regime, approvo a larga maggioranza un ordine del giorno
contrario a mussolini e invitò il re a riprendere i poteri dei quali il Duce si era
appropriato. Prontamente, Vittorio Emanuele III fece arrestare Mussolini e
formò un nuovo governo, presieduto dall’ anziano maresciallo Pietro
Badoglio, che soppresse il partito fascista e i tribunali speciali, rimise in libertà
coloro che erano stati arrestati o inviati al confino. A questo punto molti
speravano in una pace immediata, ma Badoglio, pur iniziando trattative
segrete con il comando angloamericano, dichiarò che la guerra al fianco della
Germania sarebbe continuata. Naturalmente i Tedeschi non si fidarono e
inviarono nuove truppe. Forse per accelerare le decisioni di Badoglio, gli
Alleati intensificarono gli attacchi aerei sulle città italiane. Nei mesi di luglio e
agosto Napoli, Milano; Torino e la stessa Roma subirono pesanti
bombardamenti, con gravi perdite tra la popolazione.
La Resistenza
Guernica
Caratteristiche: L’ uso della tecnica cubista per i corpi sofferenti e dilaniati rende ancora più
forte la loro espressività, il braccio spezzato è cavo come quello di una statua, l’ arte muore
insieme alle persone, vicino all’impugnatura della spada spunta n piccolo fiore come segno
di speranza , il pelo del cavallo è tratteggiato come se si trattasse di un collage di carta da
giornale, richiamando cosi una tecnica caratteristica del cubismo.
Guernica: La storia
Nel gennaio del 1937, durante la guerra civile spagnola, venne chiesto a Picasso di partecipare, con un dipinto
di grandi dimensioni, all’ allestimento del padiglione iberico per l’ Esposizione Internazionale di Parigi. Il 26
aprile 1937 gli aeroplani di unita aerea nazista, inviata da Hitler in supporto del generale Franco, bombardano
la città di Guernica, provocando oltre mille morti tra i civili. Picasso allora decide di dedicare il suo dipinto al
terribile evento. Lo strazio e la distruzione sono espressi attraverso l’ agonia e la morte di un cavallo, un toro, e
alcune persone sorprese nel bombardamento . L’ esperienza cubista gli permette di esprimere con grande
forza, deformando i volti e i corpi dei personaggi. La frammentazione delle forme richiama i collage tipici del
Cubismo Sintetico.
La scelta di tonalità brune e grigie, maturata dopo diversi bozzetti, risponde tanto a una volontà simbolica, cioè
al desiderio di esprimere il dolore e il lutto, quanto a una ricerca di realismo: infatti picasso, come moltissime
persone è venuto a sapere la notizia del terribile evento attraverso i giornali e i notiziari cinematografici in
bianco e nero.
Vita di Picasso
Pablo Picasso Nasce a Malaga, in Spagna, nel 1881.
A 15 anni si trasferisce con la famiglia a Barcellona dove resta fino all'età di 24 anni.
Dopo di che va a vivere in Francia, dove rimane fino alla morte avvenuta a Mougins nel 1973.
Età giovanile
Grande influenza sul giovane Pablo ebbe la professione del padre, professore di disegno alla scuola di
belle arti, che gli insegnò le nozioni tecniche fondamentali. Avendo raggiunto il massimo grado di
perfezione nella tecnica appresa dal padre, acquistò una grande fiducia in se stesso, al punto tale da
realizzare, non ancora quattordicenne, una mostra dei suoi lavori a La Coruña.
Parigi
Alla fine dell'estate del 1900, non sopportando più l'ambiente che lo circonda, decide di trasferirsi
a Parigi dove frequenta assiduamente i quartieri di Montmartre e Montparnasse e dove conosce molti
artisti allora attivi a Parigi.
Dal 1901 al 1904 Periodo Blu
Dipinti cupi, freddi, sui toni del blu e del turchese. I soggetti rappresentati in questo periodo
appartengono alle categorie degli emarginati, dei poveri, creature sole e senza speranza. Dal 1907 al
1909 Periodo Africano
In questo periodo sentì moltissimo l'influenza dell'arte africana, soprattutto della scultura e delle
maschere tribali. Les Demoiselles d'Avignon, che rappresenta 5 prostitute spagnole, è il quadro più
significativo di questo periodo.
1910-1912 Cubismo Analitico
In questo periodo il paesaggio ha un ruolo marginale nell'opera di Picasso. Dipinge
soprattutto nature morte, a cui si aggiungono volti e figure umane. Le figure e gli
oggetti vengono come “frantumati” in una miriade di punti di vista. L'uso del colore è
quasi abolito in favore di una pressoché totale monocromia. I quadri di questo periodo
si distinguono a fatica da quelli di Braque che con Picasso condivise la paternità del
movimento cubista.
1912-1914 Cubismo sintetico
Dopo il periodo analitico inizia quello “sintetico”: la sintesi viene realizzata con
l'introduzione nei quadri di lettere stampate, listelli di legno e altri oggetti in trompe
l'œil, attraverso collage e papiers collés, che vogliono rappresentare dei veri e propri
pezzi di realtà integrati nel quadro.
Gli ultimi lavori di Pablo Picasso miscelano tutti gli stili conosciuti e sperimentati
durante la sua vita. Lavorò incessantemente, producendo moltissimi quadri, fino al
giorno della sua morte, avvenuta a Mougins l'8 Aprile del 1973.
La vita di Albert Einstein
Albert Einstein nacque ad Ulma il 14 marzo del 1879 da una benestante
famiglia ebraica, figlio di Hermann Einstein, proprietario di una piccola azienda che
produceva macchinari elettrici, e di Pauline Koch. Frequentò una scuola
elementare cattolica e, su insistenza della madre, gli furono impartite lezioni di violino.
All'età di cinque anni il padre gli mostrò una bussola tascabile ed Einstein si rese conto
che qualcosa nello spazio "vuoto" agiva sull'ago spostandolo in direzione del nord;
descriverà in seguito quest'esperienza come una delle più rivelatrici della sua vita.
Einstein concluse gli studi al politecnico nel luglio del 1900, superando gli esami finali
del diploma con la votazione di 4,9/6 e classificandosi quarto su cinque promossi. Egli
fu l'unico dei diplomati a non ottenere un posto come assistente. Nel 1900 gli venne
garantito un diploma da insegnante e nel 1901 fu naturalizzato svizzero. In quel
periodo Einstein discuteva dei suoi interessi scientifici con un ristretto gruppo di amici.
Nel 1933, quando Hitler assunse il potere in Germania, Albert Einstein diede le
dimissioni dall’Accademia di Prussia e si stabilì a Princeton, nel New Jersey, a causa
dell’ondata antisemita.
Albert Einstein aveva già 60 anni quando nel 1939 scoppiò il secondo conflitto
mondiale ed è in quello stesso anno che il fisico Bohr, giunto in America, annunciava
che a Berlino gli scienziati Hahn e Strassman avevano scoperto la "scissione nucleare".
Einstein e la bomba atomica
Il fondamento teorico è il principio di equivalenza massa-energia, espresso dall'equazione E=mc² prevista nella teoria della
relatività ristretta di Albert Einstein. Questa equivalenza generica suggerisce in linea di principio la possibilità di trasformare
direttamente la materia in energia o viceversa. Einstein non vide applicazioni pratiche di questa scoperta. Intuì però che il
principio di equivalenza massa-energia poteva spiegare il fenomeno della radioattività, ovvero che certi elementi emettono
energia spontanea.
Successivamente, si avanzò l'ipotesi che alcune reazioni che implicano questo principio potevano effettivamente avvenire
all'interno dei nuclei atomici. Il "decadimento" dei nuclei provoca un rilascio di energia. L'idea che una reazione nucleare si
potesse anche produrre artificialmente e in misura massiccia, sotto forma cioè di reazione a catena, fu sviluppata nella seconda
metà degli anni trenta in seguito alla scoperta del neutrone. Alcune delle principali ricerche in questo campo furono condotte in
Italia da Enrico Fermi.
Un gruppo di scienziati europei rifugiatisi negli Stati Uniti d'America (Enrico Fermi, Leo Szilard, Edward Teller ed Eugene Wigner) si
preoccupò del possibile sviluppo militare del principio. Nel 1939, gli scienziati Fermi e Szilard, in base ai loro studi teorici,
persuasero Albert Einstein a scrivere una lettera al presidente Roosevelt per segnalare che c'era la possibilità ipotetica di costruire
una bomba utilizzando il principio della fissione ed era probabile che il governo tedesco avesse già disposto delle ricerche in
materia. Il governo statunitense cominciò così a interessarsi alle ricerche. Enrico Fermi proseguì negli Stati Uniti nuove ricerche
sulle proprietà di un isotopo raro dell'uranio, l'uranio 235, fino a ottenere la prima reazione artificiale di fissione a catena
autoalimentata: il 2 dicembre 1942, il gruppo diretto da Fermi assemblò a Chicago la prima "pila atomica" o "reattore nucleare a
fissione" che raggiunse la condizione di criticità, costituito da una massa di uranio naturale e grafite disposti in maniera
eterogenea.
Pochi mesi prima, nel giugno del 1942, in base ai calcoli fatti in una sessione estiva di fisica all'università della California guidata
da Robert Oppenheimer, si era giunti alla conclusione che era teoricamente possibile costruire una bomba che sfruttasse la
reazione di fissione a catena. La sua realizzazione tecnica richiedeva però enormi finanziamenti.
Gran parte dell'investimento sarebbe servito per produrre uranio sufficientemente "arricchito" del suo isotopo 235, o una
quantità sufficiente di plutonio 239. I calcoli indicavano infatti che per produrre una massa critica occorreva una percentuale di
arricchimento, cioè una concentrazione di isotopo fissile, molto più alta di quella necessaria per un reattore nucleare.
La prima bomba atomica fu realizzata con un progetto sviluppato segretamente dal governo degli Stati Uniti. Il programma
assunse scala industriale nel 1942 (cfr. Progetto Manhattan). Per produrre i materiali fissili, l'uranio 235 e il plutonio 239, furono
costruiti giganteschi impianti con una spesa complessiva di due miliardi di dollari dell'epoca. I materiali (escluso il plutonio
prodotto nei reattori dei laboratori di Hanford nello stato del Washington e l'uranio prodotto nei laboratori di Oak Ridge) e i
dispositivi tecnici, principalmente il detonatore a implosione, furono prodotti nei laboratori di Los Alamos, un centro creato
apposta nel deserto del Nuovo Messico. Il progetto era diretto da Robert Oppenheimer e includeva i maggiori fisici del mondo,
molti dei quali profughi dall'Europa.
La prima bomba al plutonio (nome in codice "The Gadget") fu fatta esplodere nel "Trinity test" il
16 luglio 1945 nel poligono di Alamogordo, in Nuovo Messico. La prima bomba, all'uranio, ("Little
Boy") fu sganciata sul centro della città di Hiroshima il 6 agosto 1945. La seconda bomba, al
plutonio, denominata in codice "Fat Man", fu sganciata invece su Nagasaki il 9 agosto 1945.
Questi sono stati gli unici casi d'impiego bellico di armi nucleari, nella forma del bombardamento
strategico.
Il principio della bomba atomica è la reazione a catena di fissione nucleare, il fenomeno fisico per
cui il nucleo atomico di certi elementi con massa atomica superiore a 230 si può dividere
(fissione) in due o più nuclei di elementi più leggeri quando viene colpito da un neutrone libero.
La fissione si può innescare in forma massiccia, cioè come reazione a catena, se i nuclei fissili
sono tanto numerosi e vicini fra loro da rendere probabile l'ulteriore collisione dei neutroni
liberati con nuovi nuclei fissili. Gli isotopi che è possibile utilizzare nella pratica sono l'uranio 235
e il plutonio 239. Questi metalli pesanti sono i materiali fissili per eccellenza.
Quando un neutrone libero colpisce un nucleo di U235 o di Pu239, viene catturato dal nucleo per un
tempo brevissimo, rendendo il nucleo composto instabile: questo si spezza entro 10−12 secondi in
due o più nuclei di elementi più leggeri, liberando contestualmente da due a quattro neutroni.
Circa l'uno per cento della sua massa viene convertita in energia sotto forma principalmente
di fotoni ed energia cinetica dei nuclei leggeri residui e dei neutroni liberi, per un totale di circa
200 MeV.
I neutroni liberati dal processo possono urtare a loro volta altri nuclei fissili presenti nel sistema,
che quindi si fissionano liberando ulteriori neutroni e propagando la reazione a catena in tutta la
massa di materiale. Come già detto però la reazione a catena avviene se e solo se la probabilità di
cattura dei neutroni da parte dei nuclei fissili è sufficientemente alta, cioè se i nuclei sono
numerosi, molto vicini fra loro e le perdite per fuga dal sistema sono opportunamente ridotte.
Questo si ottiene, tipicamente, mettendo insieme in una geometria a basso rapporto
superficie/volume una certa quantità di uranio (o plutonio) metallico altamente "arricchito", in
cui cioè l'isotopo fissile è presente in concentrazione molto più alta di quella naturale, addirittura
superiore al 90% del totale, in quantità tale da superare la cosiddetta "massa critica".
Disastri Nucleari
Un incidente nucleare o incidente radiologico è un evento in cui si produce un'emissione di
materiale radioattivo o un livello di radioattività suscettibile di apportare pregiudizio alla salute
pubblica.
Può prodursi a vari livelli di gravità in una centrale elettronucleare o in un impianto nucleare
militare o civile, oppure anche in stabilimenti dove vi sia una qualsiasi attività legata alla
manipolazione di elementi radioattivi come impianti di produzione del combustibile nucleare o di
manipolazione delle scorie radioattive, laboratori di ricerca e reparti radiologici degli ospedali.
Sebbene le tipologie di guasto ad una centrale nucleare con i relativi effetti possano essere
molteplici, in generale gli aspetti più critici in termini di sicurezza del funzionamento di
un reattore nucleare a fissione, per i quali storicamente si sono verificati i due maggiori incidenti
nucleari della storia (disastro di Černobyl' e disastro di Fukushima Dai-ichi), sono quelli legati alla
gestione della grande energia termica prodotta dalla reazione di fissione.
Livello 0 (deviazione): evento senza rilevanza sulla sicurezza.
Livello 1 (anomalia): evento che si differenzia dal normale regime operativo, che non coinvolge
malfunzionamenti nei sistemi di sicurezza, né rilascio di contaminazione, né sovraesposizione degli
addetti.
Livello 2 (guasto): evento che riguardi malfunzionamento delle apparecchiature di sicurezza, ma che
lasci copertura di sicurezza sufficiente per malfunzionamenti successivi, o che risulti in esposizione di un
lavoratore a dosi eccedenti i limiti e/o che porti alla presenza di radionuclidi in aree interne non
progettate allo scopo, e che richieda azione correttiva.
– esempi: l'evento di Civaux, Francia (1998) e di Forsmark, Svezia (2006).
Livello 3 (guasto grave): un incidente sfiorato, in cui solo le difese più esterne sono rimaste operative,
e/o rilascio esteso di radionuclidi all'interno dell'area calda, oppure effetti verificabili sugli addetti, o
infine rilascio di radionuclidi tali che la dose critica cumulativa sia dell'ordine di decimi di mSv.
Livello 4 (incidente senza rischio esterno): evento causante danni gravi all'installazione (ad esempio
fusione parziale del nucleo) e/o sovraesposizione di uno o più addetti che risulti in elevata probabilità di
decesso, e/o rilascio di radionuclidi tali che la dose critica cumulativa sia dell'ordine di pochi mSv.
Livello 5 (incidente con rischio esterno): Evento causante danni gravi all'installazione e/o rilascio di
radionuclidi con attività dell'ordine di centinaia di migliaia di TBq come 131I, e che possa sfociare
nell'impiego di contromisure previste dai piani di emergenza.
– esempi: l'incidente di Three Mile Island, USA (1979), l'incidente di Windscale, Gran Bretagna (1957) e
l'incidente di Goiânia, Brasile (1987).
Livello 6 (incidente grave): evento causante un significativo rilascio di radionuclidi e che potrebbe
richiedere l'impiego di contromisure.
– esempi: l'Incidente di Kyštym, URSS (1957).
Livello 7 (incidente molto grave): evento causante rilascio importante di radionuclidi, con estesi effetti
sulla salute e sul territorio.
– esempi: L'incidente di Černobyl', URSS (1986) e l'incidente di Fukushima, Giappone (2011).
Disastro di Černobyl
Il disastro avvenne il 26 aprile 1986 alle ore 1.23 circa, presso la centrale nucleare V.I. Lenin, situata
in Ucraina settentrionale (all'epoca parte dell'URSS), a 3 km dalla città di Pryp'jat' e 18 km da quella di Černobyl', 16 km
a sud del confine con la Bielorussia. Le cause furono indicate variamente in gravi mancanze da parte del personale, sia
tecnico sia dirigente, in problemi relativi alla struttura e alla progettazione dell'impianto stesso e nella sua errata
gestione economica e amministrativa. Nel corso di un test definito "di sicurezza" (già eseguito senza problemi di sorta
sul reattore n. 3), il personale si rese responsabile della violazione di svariate norme di sicurezza e di buon senso,
portando a un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore n. 4
della centrale: si determinò la scissione dell'acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno a così elevate pressioni da
provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell'idrogeno e
della grafite incandescente delle barre di controllo con l'aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione, che
provocò lo scoperchiamento del reattore e di conseguenza causò un vasto incendio.
Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole
pesantemente e rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi
radioattive raggiunsero anche l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via
minori, toccando anche l'Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa
orientale del Nord America.
Un rapporto del Chernobyl Forum redatto da agenzie dell'ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre), conta 65 morti accertati
e più di 4.000 casi di tumore della tiroide fra quelli che avevano fra 0 e 18 anni al tempo del disastro, larga parte dei
quali probabilmente attribuibili alle radiazioni. La maggior parte di questi casi sono stati trattati con prognosi favorevoli.
Al 2002 si erano contati 15 morti.[2]
I dati ufficiali sono contestati da associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace, che presenta una
stima di fino a 6.000.000 di decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al
disastro secondo il modello specifico adottato nell'analisi. Il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, pur concordando
con il rapporto ufficiale ONU per quanto riguarda il numero dei morti accertati, se ne differenzia e lo contesta sulle
morti presunte, che stima piuttosto in 30 000-60 000.
Alle ore 1:23:54 (ora locale) del 26 aprile 1986, il reattore numero 4 esplose. Si trattò
di una liberazione di vapore surriscaldato ad altissima pressione che sparò in aria il
pesante disco di copertura – oltre 1.000 tonnellate – che chiudeva il cilindro ermetico
contenente il nocciolo del reattore. All'esplosione del contenitore seguì il violento
incendio della grafite contenuta nel nocciolo, incendio che in alcune ore disperse
nell'atmosfera una enorme quantità di isotopi radioattivi, i prodotti di reazione fissili
contenuti all'interno. Fu il primo incidente nucleare a essere stato classificato come
livello 7, il massimo livello della scala INES degli incidenti nucleari; il secondo caso a
essere classificato come livello 7 è quello della centrale nucleare di
Fukushima in Giappone, avvenuto l'11 marzo 2011.
Le esplosioni non furono di tipo nucleare – non si trattò di una reazione a
catena incontrollata di fissione nucleare come avviene nelle bombe atomiche – bensì
ebbero una causa chimica. Il surriscaldamento del nocciolo dovuto all'improvvisa
perdita di controllo sulla reazione nucleare portò al raggiungimento di elevatissime
temperature che fecero arrivare la pressione del vapore dell'impianto di
raffreddamento a un livello esplosivo. Si innescarono inoltre reazioni fra le sostanze
chimiche contenute (acqua e metalli), inclusa la scissione dell'acqua in ossigeno e
idrogeno per effetto delle temperature raggiunte, che contribuirono a sviluppare
grandi volumi di gas.
L'istituzione delle Nazioni Unite chiamata UNSCEAR (United Nations Scientific
Committee on the Effects of Atomic Radiation, Comitato scientifico delle Nazioni Unite
per lo studio degli effetti delle radiazioni ionizzanti) ha condotto 20 anni di dettagliata
ricerca scientifica ed epidemiologica sugli effetti del disastro. A parte i 57 decessi
direttamente ascrivibili all'incidente, l'UNSCEAR ha originariamente predetto fino a
4.000 casi di tumori da attribuire all'incidente.[
Jesse Owens e le olimpiadi del 36’
James Cleveland Owens è un ragazzo nero che viene dall’Alabama. Appartiene
ad una famiglia poverissima. Poverissima perché del sud e in un periodo
storico in cui gli Stati Uniti stanno vivendo la grande depressione e
poverissima perché di colore.
Il nome Jesse glielo appioppano quando si sposta con la famiglia a Cleveland e
ad una maestra che gli chiede il suo nome James risponde J.C., le sue iniziali,
ma con il forte accento del sud che si ritrova la maestra non lo capisce bene
ed ecco che, per lei e per tutti, diventa Jesse.
Jesse è il settimo di una famiglia di dieci figli ma ha una caratteristica che
nessun altro possiede. È un atleta formidabile. Corre velocissimo ed è un
portento anche nel salto in lungo. Viene notato dall’università dell’Ohio che lo
prende con se ad allenarsi. Nel 1935, in una sola gara, Owens stabilisce 3
record del mondo e ne eguaglia un quarto (che comunque già gli
apparteneva).
L’anno successivo ci sarebbero le olimpiadi, il regime nazista non lascia gli
Stati Uniti tranquilli tanto che vorrebbero pure boicottare i giochi ma alla fine
decidono di partecipare. Ed è così che nell’agosto del 1936 Owens vola a
Berlino per prendere parte agli undicesimi giochi dell’olimpiade moderna.
Le olimpiadi di Berlino, si aprono il primo Agosto del 1936. Per la prima volta
nella storia i giochi vengono inaugurati da un tedoforo che entra nello stadio
con la fiamma olimpica ed accende il bracere (da li in poi si farà sempre) e per
la prima volta nella storia i giochi vengono ripresi dalla televisione. Tutto è
organizzato alla grande, il regime nazista si è impegnato a fondo per mostrare
al mondo la potenza della Germania e la superiorità della razza ariana.
A scombinare i piani di Hitler e dei suoi ecco però che arriva un ragazzo
dell’Alabama, americano e di colore. È Jesse Owens e diverrà il protagonista
assoluto di quei giochi olimpici.
Owens conquista tutte le principali competizioni di atletica. Vince 4 medaglie
d’oro conquistando i 100 e i 200 metri, la staffetta 4X100 e il salto in lungo.
Nel salto in lungo, in particolare, Owens si scontra proprio con un atleta
ariano, Luz Long il quale aveva l’onere di portare a casa la medaglia d’oro in
quella disciplina essendo stato appunto selezionato dal regime. Ma non c’è
niente da fare, Owens è il più forte, l’oro è suo e a Long non rimane che
accontentarsi del secondo posto.
La leggenda vuole che, dopo la vittoria di Owens su Long, Hitler si sia alzato
lasciando lo stadio per non dover stringere la mano al ragazzo nero. In realtà
ciò non accadde. Dopo essere sceso dal podio Owens passò davanti alla
tribuna d’onore e ricevette il saluto di Hitler che, da lontano, agitò la mano in
direzione di Jesse. Lo stesso “Omaggio” non gli venne reso in patria da
Roosevelt, il quale, impegnato nella campagna presidenziale, preferì non
incontrare l’atleta di colore per evitare di perdere i voti dei conservatori.