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DIRITTO DEL LAVORO

Il recesso dal
contratto di lavoro
Le ipotesi “minori” di estinzione del rapporto
di lavoro

a) Risoluzione consensuale o per mutuo


consenso;
b) Maturazione del termine nei rapporti
a scadenza finale;
c) Impossibilità sopravvenuta della
prestazione
d) Morte del lavoratore
e) ….
Il recesso unilaterale
Si tratta della causa di estinzione del
rapporto di lavoro più rilevante dal
punto di vista normativo e sociale.
A seconda del contraente che pone in essere la
decisione “unilaterale” di recedere dal
rapporto, si distinguono:
1) Le dimissioni (da parte del lavoratore);
2) Il licenziamento (da parte del datore di
lavoro).
L’impostazione originaria, ancora in
parte presente nel codice civile
L’istituto giuridico del
recesso dal rapporto di
lavoro nella filosofia dei
codici liberali:
ognuna delle due parti può
liberamente recedere dal
rapporto di lavoro alle Il principio
medesime generale
condizioni
medesime condizioni = della
libera recedibilità
La libera recedibilità bilaterale nel
codice del 1865…

Ratio simile a
quella che
sorreggeva il
Considerata una conquista
divieto di
di civiltà giuridica per il
rapporti di lavoratore, elevato alla
lavoro a tempo condizione di libero
indeterminato contraente formalmente
posto su un piano di parità
negoziale
…e nel codice civile del 1942:
il recesso “ad nutum”
pari significato “Ciascuno deicontraenti
Ciascuno dei contraenti può
giuridico recedere dal contratto di
di dimissioni e lavoro a tempo
licenziamento indeterminato, dando il
preavviso nel termine e nei
modi stabiliti…”
(art. 2118 cod. civ.)
L’unico limite imposto alle parti:
IL PREAVVISO

sostitutiva
indennità
o la corrispondente
L’obbligo del preavviso incide sul
principio di libera recedibilità?
No, nella Rivela una considerazione
misura in cui è
della situazione di
posto a carico
di entrambe le
sostanziale disparità
parti negoziale tra le parti?

No, nella
misura in cui i
motivi della Consente un controllo
decisione giurisdizionale sulla
datoriale
rimangono decisione datoriale?
insindacabili
In alcuni casi viene meno anche il
limite del preavviso

La
“giusta
“…o senza preavviso qualora si
causa”
verifichi una causa che non
consenta la prosecuzione del
rapporto” (2119 c.c.)
La necessità di dimostrare la ricorrenza di
una giusta causa incide sul principio di libera
recedibilità?

Per recedere da un L’unica conseguenza che


rapporto di lavoro deriva dalla mancanza di
senza preavviso una giusta causa non è
occorre dimostrare l’invalidità del recesso,
ma la necessità di
la sussistenza di
concedere il preavviso (o,
una giusta causa meglio, la relativa
indennità)
Nel sistema del codice civile
la libertà di licenziare non viene intaccata…

NÉ DALLA PREVISIONE
DALL’OBBLIGO
DELLA GIUSTA CAUSA
DI PREAVVISO

Perché il Perché la mancanza di giusta


licenziamento con causa ex art. 2119, anche
preavviso ex art. ove accertata dal giudice,
lascia comunque libero il
2118 rimane
datore di licenziare, con
assolutamente l’unico limite della
insindacabile dal indennità sostitutiva del
giudice preavviso
Parità formale e diseguaglianza sostanziale
dei contraenti
Le dimissioni del
lavoratore creano al
datore di lavoro il
mero fastidio di una
sostituzione
Il licenziamento
comporta invece per
“Il contratto di lavoro il lavoratore la
perdita della fonte
riguarda l’avere per il datore del proprio
ma l’essere per il lavoratore” sostentamento
(F. Santoro Passarelli)
Dopo la Costituzione
La progressiva riduzione della
libera recedibilità da principio ad
eccezione residuale

qual è il compromesso più accettabile


per comporre il contrasto tra
libertà dell’iniziativa economica privata
(art. 41 Cost)
e diritto al lavoro
(art. 4 Cost)?
La tendenza evolutiva
dell’ordinamento italiano
 Il blocco dei DUE PRINCIPI
licenziamenti (1945 ) 1. Selezionare le ipotesi
 La successiva
di legittimo recesso
contrattazione
del rapporto
interconfederale
(1950) per iniziativa del datore
 La legge 604 del 2. Sottoporre il giudizio
1966 di legittimità del recesso
 L'art. 18 dello
al controllo
Statuto giurisdizionale
 La legge 108/1990
La giurisprudenza della Corte che precede
la riforme degli anni 60-70
 Il diritto al lavoro (art. 4) non è norma
precettiva per cui il recesso ad nutum è
legittimo

 “l'art. 4 della Costituzione, come non


garantisce a ciascun cittadino il diritto al
conseguimento di un'occupazione (…) così
non garantisce il diritto alla conservazione
del lavoro
15
continua

 Con ciò non si vuol dire che la disciplina


dei licenziamenti si muova su un piano
del tutto diverso da quello proprio
dell'art. 4 della Costituzione.
 occorre una legge…

16
continua
… il potere illimitato del datore di lavoro di
recedere dal rapporto a tempo indeterminato
non costituisce più un principio generale del
nostro ordinamento. Questi ultimi dimostrano
che le condizioni economico-sociali del Paese
consentono una nuova disciplina, verso la
quale l'evoluzione legislativa viene sollecitata
anche da raccomandazioni internazionali
17
La disciplina del licenziamento oggi:
due tipologie di normative
(I) I LIMITI (II) I RIMEDI

(quando si può (quali sono le


legittimamente conseguenze del
licenziare?) licenziamento
illegittimo?)
Giusta causa e Risarcimento o
giustificato reintegra nel
motivo
posto di lavoro
(I) I LIMITI SOSTANZIALI
La “correzione” del libero recesso (l. 604/1966)

LA GIUSTA CAUSA
CAMBIA FUNZIONE
Non più finalizzata al
mero riconoscimento del
preavviso
Ma elevata ad
Il licenziamento
elemento di legittimità come recesso
del licenziamento “vincolato”
Il principio di causalità del licenziamento come
principio costituzionale in ambito europeo

Articolo 30 Carta di Nizza:


Ogni lavoratore ha il diritto alla
tutela contro ogni licenziamento
ingiustificato, conformemente al
diritto comunitario e alle
legislazioni e prassi nazionali
Il principio della causalità del recesso

GIUSTIFICATO
MOTIVO
(l. 604/1966)


NotevoleSoggettivo
inadempimento
degli obblighi contrattuali
GIUSTA CAUSA
(2119 c.c.) • Oggettivo
ragioni attinenti alla
Gravissimo attività produttiva,
inadempimento all’organizzazione del lavoro
delle e al regolare
obbligazioni funzionamento di essa
contrattuali
L’interpretazione delle
clausole generali di giusta
causa e di giustificato
motivo da parte della
giurisprudenza
LA NOZIONE DI
GIUSTA CAUSA

 gravissimo inadempimento
contrattuale
 o anche circostanze esterne al
sinallagma contrattuale?
Un’ipotesi classica di licenziamento come
sanzione dell’inadempimento
Sussiste la giusta causa di licenziamento nel
caso in cui il lavoratore abbia trascorso il
tempo destinato al lavoro, e come tale
retribuito, a collegarsi per scopi personali ad
Internet ed a consultare i documenti scaricati,
con la rete telefonica pagata dall'azienda,
integrando tale comportamento una grave
violazione degli obblighi contrattuali
(Corte d'appello Ancona 1/8/2003)
Fatti esterni comunque riconducibili alla
nozione di inadempimento
Vincenzo C., dipendente con mansioni di operaio, si è assentato per
malattia, essendo stato colpito da lombosciatalgia acuta. Durante
l’assenza ha lavorato nell’esercizio commerciale della moglie. L’azienda
lo ha licenziato.
Il Pretore ha nominato un consulente tecnico, dalla cui relazione  è risultato
che la collaborazione alla conduzione dell’esercizio commerciale s’era
svolta con modalità richiedenti movimenti in iperestensione
(spostamento e sistemazione della merce) e flessione del tronco (apertura
e chiusura dei locali), tali da produrre un effetto ritardante del pieno
recupero fisico
La Suprema Corte ha confermato la validità del licenziamento rilevando
che il dipendente aveva dimostrato piena indifferenza per il nocumento
che arrecava all’organizzazione aziendale: “Non si vede come il datore di
lavoro possa continuare a fare affidamento sulla leale e corretta
collaborazione di un dipendente che si sottragga al dovere primario di
rendere possibile la prestazione ritardando il recupero della capacità a
svolgere mansioni contrattualmente dovute”
(Cassazione  n. 2378 del 17 febbraio 2003)
Un caso recente
(e significativo di come l’interpretazione delle
norme influisca sul giudizio di validità del
licenziamento)

 Cassazione Civile - Sez. Lavoro - Sentenza  16 giugno


2008 , n. 16207
 IL FATTO. Un lavoratore in stato di
astensione facoltativa dal lavoro ex Legge
n.53/2000 (congedo parentale), svolge attività
lavorativa presso la pizzeria della moglie e,
conseguentemente a tale condotta, viene
licenziato per giusta causa dal datore di lavoro
GIUDICE DI PRIMO GRADO
Impugnato il licenziamento dal
lavoratore, il giudice di primo grado
rigetta la domanda dello stesso in
quanto ritiene che l’utilizzo del
congedo parentale per finalità
diverse dalla cura della prole vale a
configurare la giusta causa di
licenziamento
GIUDICE D’APPELLO
Secondo il giudice del gravame occorre
considerare la diversità della situazione in esame
rispetto a quella del lavoratore assente per
malattia che presti attività lavorativa a favore di
terzi.
Nel caso de quo l’attività svolta dal lavoratore era
finalizzata a soddisfare una esigenza della famiglia
e quindi rappresenta un legittimo esercizio del
congedo pertanto il licenziamento è privo di giusta
causa e meritevole di essere annullato
LA CASSAZIONE
La Corte richiama alcune sentenze della Consulta con
le quali i giudici costituzionali hanno ribadito come “
la tutela della paternità si risolva in misure volte a
garantire il rapporto del padre con la prole in modo da
soddisfare i bisogni affettivi e relazionali dei bambino
al fine dell'armonico e sereno sviluppo della sua
personalità;
esigenza che, richiedendo la presenza del padre
accanto al bambino, è impedita dallo svolgimento
dell'attività lavorativa e impone pertanto la
sospensione di questa, affinché il padre dedichi alla
cura del figlio il tempo che avrebbe invece dovuto
LE CONCLUSIONI

non può condividersi la tesi della realizzazione


delle esigenze della figlia minorenne attraverso
lo svolgimento di attività lavorativa, da parte del
padre in congedo, nella pizzeria della moglie: il
legittimo esercizio del congedo parentale postula
la presenza del padre accanto alla propria
bambina
pertanto, ove si accerti che il periodo di
congedo viene invece utilizzato per svolgere
una diversa attività, si configura un abuso per
sviamento dalla funzione propria del diritto,
idoneo ad essere valutato dal giudice ai fini
della sussistenza di una giusta causa di
licenziamento, non assumendo rilievo che lo
svolgimento di tale attività (nella specie,
presso una pizzeria di proprietà della moglie)
contribuisca ad una migliore organizzazione
della famiglia
2) Fatti inerenti alla
vita privata del
lavoratore
Al ritorno da un volo internazionale, un assistente di volo è stato
trovato in possesso di modica quantità di stupefacente. La sentenza
di merito, che ha ritenuto non sussistere una giusta causa, va
cassata perché non ha tenuto conto:
 della delicatezza delle funzioni affidate al soggetto;
 dei profili di grave pericolo per la incolumità dei passeggeri;
 dell'esigenza di continua attenzione da prestarsi nell'esercizio
delle mansioni;
 della responsabilità aggravata dell'azienda per eventuali
accadimenti negativi conseguenti a tale situazione;
 della immanente lesività dell'immagine della società
 del danno concreto alla stessa cagionato, posto che al
dipendente, in conseguenza del fatto, fu ritirato il tesserino di
accesso ai locali doganali ed aeroportuali;
 della strumentalizzazione del rapporto di dipendenza e del
servizio per l'approvvigionamento della droga
Il principio generale
La condotta inerente alla vita privata del
lavoratore, di norma irrilevante ai fini della
lesione del rapporto fiduciario tra dipendente e
datore di lavoro, può integrare giusta causa di
licenziamento qualora fatti
fatti ee comportamenti
comportamenti
estranei alla sfera del contratto siano tali da far
veniremeno
far venire menoquella
quellafiducia
fiducia che integra
presupposto essenziale della collaborazione
tra datore e prestatore di lavoro.
Cass. civ., sez. lav., 22 agosto 1997, n. 7884
…segue: la valutazione “in concreto”
del vincolo fiduciario
Nel caso di giusta causa di licenziamento, i fatti addebitati
devono rivestire il carattere di grave negazione
dell'elemento della fiducia;
la valutazione relativa deve essere operata con
riferimento non già ai fatti astrattamente considerati,
bensì agli aspetti concreti afferenti
afferentialla
allanatura
naturaed
edalla
alla
qualitàdel
qualità delsingolo
singolorapporto
rapporto, al grado di affidamento
richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, alle
circostanze del suo verificarsi e ad ogni altro aspetto
correlato alla specifica connotazione del rapporto
(Cass. civ., sez. lav., 27 marzo 1998, n. 3270)
3) L’entità del pregiudizio
patrimoniale
Un dirigente di una filiale di una
catena di grandi magazzini, è
sorpreso in un'altra filiale sita in E’ UNA GIUSTA
una città diversa, ad occultare CAUSA DI
LICENZIAMENTO?
sulla propria persona alcuni
oggetti di modestissimo valore
economico, quali una
confezione di chiavi tubolari e
un paio di solette da scarpe
(Cass. civ., sez. lav., 18 giugno 1998, n. 6100)
SI
Nel caso di licenziamento per giusta causa,
viene in considerazione non l'assenza o la
speciale tenuità del danno patrimoniale
(rilevanti in sede penale), ma la
ripercussione sul rapporto di una condotta
suscettibile di porre in dubbio la futura
correttezza dell'adempimento - in quanto
sintomatica di un certo atteggiarsi del
lavoratore rispetto agli obblighi assunti
Un altro caso

In ipotesi di licenziamento per giusta causa


(comminato a dipendente di impresa operante nel
settore della grande distribuzione per avere
consumato in due mattinate successive alcuni
pasticcini), la complessiva valutazione della
gravità dell’infrazione, è da condurre sulla base
dei seguenti criteri: esistenza o meno di precedenti
disciplinari, posizione del dipendente all’interno
dell’organizzazione aziendale, modalità della
commissione del fatto, entità del danno provocato
all’impresa;

ove, in applicazione di tali criteri, risultino
l’inesistenza di precedenti disciplinari, lo
svolgimento di mansioni non implicanti particolari
responsabilità, modalità di commissione del fatto
implicanti indici minimali di intensità dolosa,
nonché la particolare tenuità del danno provocato, il
licenziamento deve considerarsi illegittimo,
trattandosi di infrazione inidonea a minare
irreparabilmente l’elemento fiduciario (Pret. Varese
9/5/97)
Le possibili conseguenze paradossali del rilievo attribuito alla
sussistenza del vincolo fiduciario
Comportamento veniale del Notevole inadempimento degli
lavoratore obblighi contrattuali

Se viene meno
la fiducia
GIUSTIFICATO
MOTIVO
GIUSTA CAUSA SOGGETTIVO
Licenziamento Licenziamento
in tronco con preavviso
4) I rapporti tra giudizio penale e
giudizio civile nel caso del recesso
per giusta causa

Il proscioglimento esclude sempre la


sussistenza di una giusta causa di
licenziamento ?
e la condanna la implica
necessariamente?
Assolto ma licenziato
Il Tribunale ha riconosciuto la legittimità del
licenziamento per giusta causa intimato
ad un dipendente che aveva tentato, in
concorso con altri, di sottrarre denaro dai
conti correnti dei clienti della banca e che,
chiamato a rispondere del reato di
associazione a delinquere, era stato assolto
dal giudice penale per essere rimasta
l'intenzione criminosa alla fase, penalmente
non rilevante, degli atti preparatori
Trib. Roma, 30 settembre 1997
Enrico G., dipendente della S.p.A. Terminal Contenitori
Porto di Genova, è stato licenziato con l’addebito di aver
fatto inviare al direttore generale vari quantitativi di merce
mediante l’apposizione della firma contraffatta dal
medesimo.
Pretore e Tribunale hanno invalidato il licenziamento,
affermando che il fatto attribuito al lavoratore, integrante
il reato contravvenzionale di molestie, poteva definirsi
uno scherzo di pessimo gusto, una condotta fastidiosa, ma
inidonea ad interferire sulla comunità di lavoro.
L’azienda ha proposto ricorso per cassazione sostenendo che
la motivazione data dal Tribunale per la sua decisione
doveva ritenersi gravemente illogica in quanto, pur dando
atto che il lavoratore aveva commesso un reato nei
confronti del direttore generale, aveva escluso la
sanzionabilità di questa illecita condotta con il
licenziamento
Condannato ma reintegrato
La Suprema Corte ha confermato la
sentenza del Tribunale rilevando che la
condotta tenuta dal lavoratore, pur
costituendo un reato, non aveva una
portata violenta, intimidatrice ovvero
ingiuriosa e quindi era inidonea a influire
sull’attività lavorativa del direttore e a
ripercuotersi sulla comunità di lavoro
aziendale.
(Cassazione Sezione Lavoro n. 18282 del 23
dicembre 2002)
Il rilievo del giudicato penale DOPO il
licenziamento considerato valido per
g.m.o. in caso di applicazione di misure
restrittive della libertà personale (rinvio)
GIUSTA CAUSA (2119 c.c.)
Rilievo di fatti estranei al rapporto…
…se, con riferimento alla specifica prestazione,
sono in grado di alterare il vincolo fiduciario…
…senza considerare l’entità
del danno patrimoniale…
…e a prescindere da ogni rilievo
del parallelo giudizio penale
La nozione di giustificato
motivo:
Oggettivo: ragioni inerenti Soggettivo: notevole
all’attività produttiva, inadempimento degli
all’organizzazione del obblighi contrattuali
lavoro e al regolare
 I rapporti con la
funzionamento di essa
nozione di giusta
causa
Insindacabilità delle scelte datoriali, mitigata solo da:
 C.d. obbligo di repechage
 Verifica del nesso di causalità
La valutazione giudiziale dell’esigenza
organizzativa
Il titolare della ditta Star Ricambi, ha licenziato un’impiegata, con
motivazione riferita alla necessità di dare un lavoro a suo figlio, che
aveva appena assolto agli obblighi di leva.
“La interpretazione del termine "giustificato" di cui all'art. 3 della legge
n. 604 del 1966 che il ricorrente implicitamente prospetta è esclusa
dalla lettera del medesimo articolo che precisa il significato del
termine alternativamente come notevole inadempimento degli
obblighi contrattuali del prestatore di lavoro (giustificato motivo
soggettivo) ovvero ragioni inerenti all'attività produttiva,
all'organizzazione del lavoro, al regolare funzionamento di essa
(giustificato motivo oggettivo).
È evidente che l'esigenza di dare lavoro ad un figlio nella azienda, anche
allo scopo di addestrarlo alla conduzione di essa in vista della
successione, non rientra tra le ragioni che integrano il giustificato
motivo oggettivo”
(Cassazione Sezione Lavoro n. 10371 del 30 luglio 2001)
Il G.m.o. riconducibile a fatti interenti alla
persona del lavoratore
“in caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore,
l’impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato
motivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro
subordinato non è ravvisabile per effetto della sola
ineseguibilità dell’attività attualmente svolta dal lavoratore,
perché può essere esclusa dalla possibilità di adibire il
lavoratore ad una diversa attività, che sia riconducibile – alla
stregua di una interpretazione del contratto secondo buona
fede – alle mansioni attualmente assegnate o a quelle
equivalenti (art. 2103 codice civile) o, se ciò è impossibile, a
mansioni inferiori, purché tale diversa attività sia utilizzabile
nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo
Fattispecie di licenziamento invalido, diverse
dalla annullabilità
(mancanza di giusta causa o giustificato motivo)
 Il licenziamento  Il licenziamento
nullo inefficace
 Discriminatorio,  Privo delle forme
 Intimato durante il prescritte
periodo di malattia o
maternità
 In occasione di modificazione dei motivi)
matrimonio della 4) Altre “irritualità” (non immediatezza,
lavoratrice
3) Obbligo di rispondere entro 7 giorni
2) Possibilità di richiedere i motivi entro 15 giorni
1) Comunicazione per iscritto
Un caso particolare di licenziamento
soggetto a specifiche “forme” procedurali

Il licenziamento
disciplinare
Il problema del licenziamento
disciplinare
L’art. 7 dello Statuto
 Le norme disciplinari relative alle
infrazioni e alle relative sanzioni Queste disposizioni
devono essere portate a si applicano al
conoscenza dei lavoratori licenziamento
mediante affissione in luogo disciplinare?
accessibile a tutti
 Il datore non può irrogare
sanzioni senza aver ovvero
preventivamente contestato Il licenziamento
l’addebito al lavoratore e averlo è una
sentito a sua difesa sanzione disciplinare?
 Il lavoratore può farsi assistere da
un rappresentante sindacale
La fonte del problema
“Non possono essere disposte sanzioni
disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro” (art. 7, c. 4
Statuto)

E il
licenziamento?
Le diverse conseguenze pratiche
Se il licenziamento è Se il licenziamento non è
qualificato come qualificato come
sanzione disciplinare sanzione disciplinare

Si applica la disciplina
Si applica l’art. 7 Statuto
ordinaria (L. 604/66/

 Contestazione  Comunicazione per iscritto


dell’addebito del recesso
 Difesa del lavoratore  Possibilità di richiedere i
assistito, se vuole, dal motivi entro 15 giorni
sindacato
La soluzione giurisprudenziale
IL LICENZIAMENTO COME
SANZIONE
ONTOLOGICAMENTE
DISCIPLINARE
(l’area della giusta causa è pressoché
interamente coperta da licenziamenti
disciplinari)
L’impugnativa del licenziamento
Art. 6, l. 604/1966:
Il licenziamento deve essere impugnato
a pena di decadenza entro 60 giorni
dalla ricezione della sua
comunicazione
ovvero della comunicazione dei
motivi ove questa non sia
contestuale a quella del
licenziamento
L’impugnativa può essere:

GIUDIZIALE STRAGIUDIZIALE

impedisce, qualsiasi atto scritto idoneo a


in ogni rendere nota la volontà del
caso, lavoratore (art. 6, l. 604/1966)
la decadenza
(II)
I RIMEDI
(quali sono le conseguenze del
licenziamento illegittimo perché privo di
giusta causa o giustificato motivo?)

Tutela Tutela
obbligatoria reale

RISARCIMENTO
o
EFFETTIVA REINTEGRA
nel posto di lavoro
COSA SI INTENDE PER
“TUTELA OBBLIGATORIA”
(art. 8 l. 604/1966)

Quando risulti …o, in mancanza, a


accertato che non risarcire il
ricorrono gli danno
estremi del versandogli
licenziamento per un’indennità di
giusta causa o per importo compreso
giustificato tra un minimo di
motivo, il datore 2,5 ed un
di lavoro è tenuto massimo di 6
a riassumere il mensilità
prestatore di dell’ultima
lavoro retribuzione
globale di fatto
Una norma
pragmatica… …e un po’ ipocrita

Nell’ambito della tutela La finta alternativa


obbligatoria, il tra riassunzione e
licenziamento privo di
giustificazione è pagamento
illegittimo, ma è dell’indennità
ugualmente idoneo a La monetizzazione
produrre i suoi effetti
(Mancini) di fatto del
licenziamento
COSA SI INTENDE PER
“TUTELA REALE”
(art. 18 l. 300/1970)
il giudice con la sentenza con cui
dichiara inefficace il
licenziamento o annulla
annulla il
licenziamento intimato senza
giusta causa o giustificato motivo,
ovvero ne dichiara la nullità,
nullità
ordina al datore di lavoro di
reintegrare il lavoratore nel posto
reintegrare
di lavoro.
COSA SI INTENDE PER
“TUTELA REALE” (art. 18 l. 300/1970)

Il giudice con la sentenza di cui al primo comma


condanna il datore di lavoro al risarcimento del
danno subito dal lavoratore stabilendo
un'indennità commisurata alla retribuzione
dal giorno
globale di fatto dal giorno del
del licenziamento
licenziamento
sino
sinoaaquello
quellodell'effettiva
dell'effettivareintegrazione
reintegrazionee al
versamento dei relativi contributi assistenziali
e previdenziali; in ogni caso la misura del
risarcimento non potrà essere inferiore a
cinque mensilità di retribuzione globale di fatto
LA DIFFERENZA DI FONDO
RISPETTO
ALLA TUTELA OBBLIGATORIA:
QUI UN ATTO INVALIDO
NON È IDONEO
A PRODURRE GLI EFFETTI PER I
QUALI ESSO E’ STATO ADOTTATO
Alcuni nodi applicativi problematici

 L’esecuzione dell’ordine di reintegra


 La detraibilità dell’aliunde perceptum
 La detraibilità dell’aliunde
percipiendum
Una rilevante questioni processuale
La riforma in appello della sentenza di primo grado
che era stata favorevole al lavoratore:
Le somme corrisposte in esecuzione della sentenza che
ordina la reintegra nel posto di lavoro costituiscono
risarcimento del danno ingiusto subito dal lavoratore per
l’illegittimo licenziamento, di modo che con la riforma
della sentenza che dichiara la legittimità dell’impugnato
licenziamento viene a cadere l’illecito civile ascritto al
datore di lavoro e non sussiste più l’obbligo del
risarcimento a suo carico. Pertanto, le somme percepite
dal lavoratore perdono il loro titolo legittimante e devono
essere, conseguentemente, restituite al datore di lavoro
Un correttivo
Le somme corrisposte dal datore di lavoro in
esecuzione della sentenza che ordina la reintegrazione
nel posto di lavoro costituiscono risarcimento del
danno; in caso di riforma della sentenza che dichiara
l'illegittimità del licenziamento, pertanto, venendo
conseguentemente meno l'obbligo di risarcimento a
suo carico, esse devono essere restituite fin dal
momento della riforma della sentenza. Solo quando
all'ordine di di reintegrazione abbia fatto seguito
l'effettiva ripresa dell'attività lavorativa resta preclusa,
a norma dell'art. 2126 c.c., la ripetibilità delle somme
versate al lavoratore a titolo di retribuzione per
La reintegra nel posto di lavoro in funzione
non sanzionatoria (l. 322/1995)
Il nuovo art. 102 bis disp. att. c.p.p

Chiunque sia stato licenziato perché


sottoposto alla misura della custodia
cautelare in carcere ovvero degli arresti
domiciliari ha diritto di essere reintegrato
nel posto di lavoro in caso di sentenza di
assoluzione, di proscioglimento o di non
luogo a procedere ovvero di
Le modifiche del 1990
L’indennità sostitutiva della
reintegra

“Il lavoratore ha la facoltà di


chiedere al datore di lavoro, in
sostituzione della Una
reintegrazione nel posto di giuridificazione
lavoro, un’indennità pari a delle prassi
quindici mensilità di transattive
retribuzione globale di fatto”
Area in cui si applica ancora il
principio della libera recedibilità

I lavoratori domestici
 I lavoratori ultrasessantenni in
possesso dei requisiti per la
pensione, salvo che non
abbiano optato per la
prosecuzione del rapporto
 I lavoratori in prova
 I dirigenti
COME CONVIVONO
LE TRE DISCIPLINE DEL
LICENZIAMENTO?

Le discipline successive non sostituiscono


quella precedenti. Tutte continuano a
trovare applicazione

1. Artt. 2118 e 2119 c.c. (recesso ad nutum)


2. Art. 8 l. 604/1966 (tutela obbligatoria)
3. Art. 18 Statuto dei lavoratori (tutela reale)
Il problema del computo dei dipendenti

L’intensità della
tutela dipende
Unità
Unità dalle dimensioni con più
produttive
fino a dell’unità di 15 o datori
con più di 60
15 dipendenti
produttiva ove dipendenti
avviene il recesso
Area della stabilità Area della stabilità
obbligatoria: reale:
alternativa rimessa al ordine giudiziale di
datore di lavoro reintegra
Oltre il “velo” della personalità giuridica?
Recenti orientamenti giurisprudenziali
Pur non essendo consentito attribuire all’attività di
gruppo, di per sé, un valore giuridicamente
unificante, è tuttavia sempre possibile, in presenza
di determinate caratteristiche organizzative e
strutturali, ravvisare, in caso di collegamento
societario, un unico centro di imputazione del
rapporto di lavoro.
Tale situazione è ravvisabile ogni volta che vi sia una
simulazione o una preordinazione in frode alla legge
del frazionamento di un’unica attività fra i vari
soggetti del collegamento economico e ciò venga
accertato in modo adeguato
(Cass. n. 4274 del 24 marzo 2003)
A MENO CHE…
Lavoratore domestico
Dirigente
Più di 65 anni
Lavoratore in prova
AREA DEL LICENZIAMENTO AD NUTUM

LA REGOLA GENERALE PUO’ ESSERE I


NELLA TUTELA OBBLIGATORIA

A MENO CHE…
più di 15 dipendenti nell’unità produttiva
più di 60 nel complesso
AREA DELLA TUTELA REALE
Due eccezioni importanti
PRIMA ECCEZIONE SECONDA ECCEZIONE
Casi in cui, anche nelle piccole Casi in cui, anche nelle
imprese, e anche nell’area del grandi imprese, si applica la
licenziamento ad nutum, si tutela obbligatoria
applica la tutela reale

IL LICENZIAMENTO LE ORGANIZZAZIONI
DISCRIMINATORIO DI TENDENZA
Definizione di “organizzazione di tendenza”
“datori di lavoro non imprenditori che svolgono
senza fini di lucro attività di natura politica,
sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione
o di culto”

Problemi applicativi:
a) l’ambito di estensione della disciplina, con riferimento
alle istituzioni scolastiche laiche o confessionali (ambito
oggettivo di applicazione);
b) l’ambito di estensione della disciplina con riferimento al
personale che non è ideologicamente legato
all’organizzazione (ambito soggettivo di applicazione)
Alcune indicazioni di
prospettiva

L’ART. 18 DELLO STATUTO:


una norma perennemente al centro
dei dibattiti sulla “modernizzazione”
del diritto del lavoro
Sgombrare il campo dalle false
rappresentazioni del problema
Da un articolo del senatore
Debenedetti (PD) sul Sole 24 ore
di qualche anno fa:
 “Occorre introdurre norme che
rendano possibile il Il senatore
licenziamento per giustificato Debenedetti
motivo economico“ bocciato
 “Per la nostra legge, non spetta
all’esame di
all'azienda, ma al giudice,
decidere se può o no mantenere
diritto del
quel lavoratore in quel posto” lavoro
 La flessibilità non comporta soltanto una maggiore
libertà per le imprese di assumere o licenziare e non
implica che i contratti a tempo indeterminato siano
un fenomeno obsoleto. La flessibilità significa
assicurare ai lavoratori posti di lavoro migliori, la
"mobilità ascendente", lo sviluppo dei talenti.
 La sicurezza, d'altro canto, è qualcosa di più che la
semplice sicurezza di mantenere il proprio posto di
lavoro: essa significa dotare le persone delle
competenze che consentano loro di progredire
durante la loro vita lavorativa e le aiutino a trovare
un nuovo posto di lavoro. Essa ha anche a che fare
con adeguate indennità di disoccupazione per
agevolare le transizioni
Le ricadute nel dibattito interno

Verso il superamento
dell’art. 18
nell’ordinamento
italiano?
L’obbligo giudiziale di reintegra, questione
fondamentale nell’ordinamento italiano

È VERO O NON È VERO CHE SI


TRATTA DI UN UNICUM NORMATIVO?
Molti sistemi nazionali consentono al
giudice di non ordinare la reintegra – cosa
che pure potrebbe fare – e di optare per un
rimedio risarcitorio, quando risulti provato
che “è impossibile ripristinare un’ulteriore
proficua collaborazione fra le parti”
 L’uso corretto della comparazione implica
una contestualizzazione degli istituti
 Il caso tedesco
 Il ruolo sindacale
 Il caso olandese
Il ruolo amministrativo
 Il caso spagnolo
 Il licenziamento “abaratado”
Una prima conclusione:
due possibili modelli di gestione del
licenziamento

Modello di gestione Modello di gestione


“preventiva”, del “successiva”, che
licenziamento, che rinvia la definizione
trova i suoi elementi della vicenda ad un
costitutivi in una momento
proceduralizzazione cronologicamente
dei poteri datoriali posteriore all’atto di
recesso
IL MODELLO
ITALIANO: TUTTO IL
PESO SCARICATO
SUL MOMENTO
L’ORIGINE DEI
GIUDIZIALE A VALLE PROBLEMI
DEL RECESSO INTERNI
La reintegra e i suoi
possibili effetti
distorsivi in un
sistema giudiziale non
perfettamente
A differenza del
principio di causalità
del recesso, la
reintegra non è una
nozione I POSSIBILI INTERVENTI
costituzionalmente CORRETTIVI RISPETTO AD
vincolata ALCUNE UTILIZZAZIONI DISTORTE
DELLA NORMA:
La Corte costituzionale (sent. n.
46/2000) ha escluso che la tutela  Gli interventi sul processo (e la
reale rappresenti “l’unico possibile sua durata)
paradigma attuativo” dei principi di  La possibile diversificazione
cui agli artt. 4 e 35 della
Costituzione nella tutela fondata sulle diverse
cause di invalidità del recesso
IL SUPERAMENTO
DELL’ART. 18 NEGLI
ANNI 2000
Tentativi falliti e proposte in
atto
L’accantonamento dell’art. 18 nelle proposte di
riforma dei primi anni 2000

 La reintegra non avrebbe più


trovato applicazione ai
lavoratori:
 “Emersi” dal sommerso
 La cui assunzione avrebbe fatto
scattare la soglia dimensionale
 Il cui contratto a tempo
indeterminato fosse frutto di una
conversione di un originario
contratto a termine
L’insostenibilità dei “doppi regimi” di
recesso rispetto all’art. 3 Cost
 Tra lavoratori Vecchi e nuovi assunti
con contratto a termine
“stabilizzato”

Secondo alcuni emendamenti


 Tra territori introdotti in sede parlamentare,
la misura sulla stabilizzazione
avrebbe riguardato solo il Sud
Lo “stralcio” della norma dalla legge
delega (il “Patto per l’Italia”)

Tutti i rapporti di lavoro instaurati nell'arco


di tre anni dalla data di entrata in vigore
del relativo provvedimento, non
saranno computati nel numero dei
dipendenti ai fini dell'individuazione del
campo di applicazione dell'art. 18 l. n.
300 del 1970
Il problema di “doppio regime”
residuo”
Due imprese di 20
lavoratori, a seconda
 Tra imprese della data di assunzione
degli ultimi 5, sarebbero
state sottoposte a due
diversi regimi di recesso
L’accantonamento delle proposte
(sostanziale superamento
del problema attraverso
la moltiplicazione delle forme
di flessibilità in entrata?)
Il dibattito in corso:
una riforma bi-partisan?
Disposizioni per il superamento del dualismo del
mercato del lavoro, la promozione del lavoro
stabile in strutture produttive flessibili e la
garanzia di pari opportunità nel lavoro per le
nuove generazioni

La c.d. proposta Ichino (raccoglie


consensi e dissensi trasversali da
entrambi gli schieramenti
LO SCAMBIO PROSPETTATO:
meno flessibilità in entrata
contro più flessibilità in uscita
(ovvero: “Il Contratto
unico a stabilità
crescente” ) ?
Chi riguarderebbe

Secondo la Relazione di
presentazione, le imprese
che assumono sarebbero
Tranne pochi casi in cui molto più disposte a farlo a
continuerebbe ad essere tempo indeterminato se si
ammesso il contratto a offre loro la possibilità di
termine, i new entrants applicare ai nuovi assunti il
sono tutti assunti a tempo nuovo regime, piuttosto che
indeterminato, con se le si costringe a operare
periodo di prova di sei nel vecchio
Le novità per i licenziamenti
“soggettivi”
“controllo giudiziale e art. 18 In realtà ciò
per il licenziamento equivarrebbe,
disciplinare e quello malgrado
l’enunciazione,
discriminatorio, salva la ad un
possibilità per il giudice, abbandono
considerate le circostanze, di dell’art. 18, con
la sua piena
condannare l’imprenditore
applicazione
anche solo al risarcimento (o, lasciata alla
in altri casi, solo alla discrezionalità
reintegrazione senza del giudice
Le novità per i licenziamenti “oggettivi”: il
cuore della proposta
Le esigenze economiche od organizzative
che motivano il licenziamento non sono
soggette a sindacato giudiziale, salvo il
controllo, quando il lavoratore ne faccia
denuncia, circa la sussistenza di motivi
discriminatori determinanti, o motivi di
mero capriccio, intentendosi per tali
motivi futili totalmente estranei alle
esigenze organizzative o produttive
aziendali.
Quando il lavoratore abbia maturato venti
anni di anzianità, il licenziamento motivato
con esigenze economiche od organizzative si
presume dettato da intendimento di
discriminazione in ragione dell’età, con
conseguente applicazione dell’articolo 18
della legge 20 maggio 1970 n. 300,
salva prova del giustificato motivo economico,
tecnico od organizzativo, della quale il
Le (nuove) tutele per il lavoratore
licenziato per motivi oggettivi
 All’atto della cessazione del rapporto conseguente a
licenziamento non disciplinare, al prestatore è dovuta
dal datore di lavoro un’indennità pari a tanti dodicesimi
della retribuzione lorda complessivamente goduta
nell’ultimo anno di lavoro, quanti sono gli anni
compiuti di anzianità di servizio in azienda, diminuita
della retribuzione corrispondente al preavviso spettante
al prestatore stesso.
 Il prestatore stesso ha inoltre diritto alla stipulazione del
contratto di ricollocazione di cui all’articolo 3.
Articolo 3 ‑ Contratto di ricollocazione al
lavoro
Al lavoratore al quale si applichi il nuovo
sistema di protezione, quando abbia perso il
posto in conseguenza di un licenziamento non
disciplinare o di un licenziamento disciplinare
dichiarato illegittimo in sede giudiziale, l’ente
bilaterale è obbligato a offrire la stipulazione
di un contratto di ricollocazione al lavoro che
preveda:
Una sorta di “modello danese”?
a) l’erogazione di una indennità di entità pari al 90% dell’ultima
retribuzione per il primo anno, all’80% per il secondo, al 70%
per il terzo e al 60% per il quarto; la durata minima del
trattamento di disoccupazione è pari alla durata del rapporto di
lavoro che lo ha preceduto, con il limite di quattro anni;
   b) l’erogazione di assistenza intensiva nella ricerca della nuova
occupazione
   c) la predisposizione di iniziative di formazione o riqualificazione
professionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti
   d) l’impegno del lavoratore a porsi a disposizione dell’ente per le
iniziative di cui alle lettere b e c secondo un orario settimanale
corrispondente all’orario di lavoro praticato in precedenza;
   e) l’assoggettamento dell’attività svolta dal lavoratore nella ricerca
della nuova occupazione al potere e di controllo dell’ente, il quale lo
esercita di regola attraverso un tutor cui il lavoratore viene affidato.
Maggiori informazioni ed
interventi (compresi quelli
critici) sul sito
www.pietroichino.it

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