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IL CONSENSO

CHIARO E LIBERO: INFORMARE O COMUNICARE ?


Alfredo Anzani HSR,Milano 29 settembre 2007

con ordine, nascondendo al malato, durante il tuo intervento la maggior parte delle cose. D gli ordini opportuni con gentilezza e dolcezza, distrai la sua attenzione, a volte lo rimprovererai in modo conciso e severo, a volte gli farai coraggio con premura e amabilit, senza comunicargli nulla di ci che gli potr succedere o del suo stato attuale.

Il bene del paziente totalmente nelle mani del medico. Egli il tutore del bene globale del paziente.

opportuna che loro convenga, e li difender da ogni cosa ingiusta e dannosa. Tutto quello che durante la cura e anche allinfuori di essa avr visto e ascoltato sulla vita comune delle persone e che non dovr essere divulgato tacer come cosa

Lazione del medico un insieme di beneficit e di potere. Il medico ha un ruolo sacerdotale: conosce il bene e il male del paziente.

Thomas Percival, medico


inglese del primo 800, pone le basi del moderno principio di

Il lavoro pubblicato da Percival (1847) stata la base del primo codice di deontologia medica della American Medical Association. Si passa cos, dalla benevolent deception (inganno caritatevole) all informed consent (consenso informato).

Il medico il ministro, il servitore del malato. Latto terapeutico fatto in spirito di servizio al malato, al suo bene, ai suoi bisogni di salute.

La svolta radicale avvenuta allindomani del processo di Norimberga

Il consenso volontario del soggetto umano assolutamente essenziale. Ci significa che la persona in questione - deve avere capacit legale di dare il consenso, - deve essere in grado di esercitare il libero arbitrio senza lintervento di alcun elemento coercitivo, inganno, costrizione, falsit o altre forme

- deve avere sufficiente conoscenza e comprensione degli elementi della situazione in cui coinvolto, tali da metterlo in posizione di prendere una decisione cosciente e illuminata. (art. 1 Codice di Norimberga)

Giunti alla nostra epoca registriamo negli ultimi due decenni tre mutamenti nella struttura dell'etica medica:

1. il cambiamento della sede del processo decisionale

dal medico al paziente,


con la necessit di un consenso libero informato all'atto medico;

2. lo sviluppo della capacit tecnologica della medicina con l'aumento della complessit delle decisioni cliniche e con la difficolt di offrire una informazione corretta ed adeguata ai pazienti;

3. la sempre maggiore importanza che assume l'aspetto economico nell'ambito delle scelte della medicina.

Tali mutamenti si complicano con la crisi che investe il rapporto tra medico e paziente: le cure mediche, per varie ragioni, sono fornite sempre pi di frequente da uno sconosciuto.

Quindi ci troviamo in una

situazione precaria: * il medico ha perso gran parte di quella autorit morale che millenni di storia gli attribuiva;

* il paziente rivendica, giustamente, un ruolo di protagonista negli eventi che interessano la sua salute, il suo consenso all'atto medico: deve essere quindi libero e responsabile e quindi deve essere informato.

Il medico ha numerose proposte terapeutiche per lo stesso problema: deve informare il soggetto affinch possa acquistare una consapevolezza adeguata - sulla natura dell'azione terapeutica, - sulle conseguenze prevedibili, - sui risultati presunti.

Si deve distinguere con chiarezza tra l'atteggiamento paternalistico, da rifiutare, e il principio di beneficialit, da promuovere e perseguire.

Il medico non deve non procurare danni (primum non nocere) e deve favorire il bene del paziente. Tuttavia, oggi, il medico non pu pi ritenere di conoscere, in forza della sua competenza, quale sia la scelta migliore per quel singolo paziente le cui volont e preferenze dovranno essere tenute nella massima considerazione.

Il medico tenuto a rispettare il principio di autonomia del paziente. In questo senso importante il momento della informazione come passo necessario, anche se non sufficiente, per il consenso informato all'atto medico.

Linformazione non pu essere considerata come obbligo giuridico da assolvere per non incappare nelle maglie della legge. L'informazione non pu limitarsi, alla consegna di sterili fogli, ricchi di statistiche e di opzioni tecniche, che lasciano il paziente confuso e indeciso.

Questa visione difensivistica della informazione, come scudo per parare eventuali conflitti legali, esattamente l'opposto di quanto abbiamo proposto.

L'informazione uno strumento per conseguire l'alleanza terapeutica tra curante e paziente, quindi, deve essere inserita nel pi ampio processo di comunicazione tra medico e malato.

Non si tratta di una impresa facile:


il medico, che ha investito tante risorse nell'apprendere e nell'approfondire conoscenze volte a fare la scelta pi giusta, accetta con difficolt che la migliore decisione (quella dal punto di vista del paziente) possa non essere la giusta decisione (la migliore secondo la scienza) per quel paziente.

Questa la sfida che ci aspetta nei prossimi anni: trovare una via che armonizzi l'autonomia del paziente con le competenze e il ruolo del medico, partners uniti da un intento comune: contribuire, per quanto possibile, a liberare l'uomo dalla malattia e dalla sofferenza.

Quando unazione autonoma ?

da Beauchamp e Childress: 1. INTENZIONALITA Lazione realmente autonoma solo quando compiuta con una deliberata e specifica volont di eseguirla. Non deve essere solo desiderata ma voluta.

2. CONOSCENZA Non si pu volere ci che non si conosce. Tale conoscenza deve essere adeguata, cio inerente loggetto specifico che deve essere conosciuto.

3. ASSENZA DI CONTROLLO ESTERNO Se facile realizzarsi lassenza di una vera e propria coercizione, di difficile controllo il ruolo svolto dalla manipolazione o dalla persuasione di una persona influente. Responsabilit dei mass media, evidente.

L autodeterminazione non , per, un principio assoluto.

La nostra vita, ricevuta da altri e non frutto di una decisione autonoma, fa emergere loriginaria passivit che la contraddistingue e che trova nella corporeit il suo primo radicamento.

(Cfr.: C. Casalone, Agg. Soc. AS 05, 2007)

Alla ricerca del nesso tra vita umana, coscienza, libert ci si imbatte in unaltra prospettiva. Noi, fin dallinizio, ci confrontiamo con lalterit e siamo inseriti in un contesto di relazioni che ci collega agli altri.

La nostra identit personale costitutivamente relazionale.


La nostra vita non , pertanto, riducibile solamente a oggetto di una decisione individuale e autoreferenziale poich ne siamo responsabili anche nei confronti degli altri.

La nostra libert sempre condizionata; in quanto preceduta da altri responsabile di fronte ad essi e chiamata a divenire capace di convivenza e di collaborazione.

Non si tratta di un ritorno al paternalismo medico, quanto di una pi convincente interpretazione dellautonomia, irrinunciabile s, ma non assoluta.

Questa prospettiva permette di evitare una riduzione della vita alla sua dimensione biologica e una concezione astratta del soggetto.

La coscienza etica diventa la capacit che caratterizza luomo di decidere per s in ordine alla realizzazione del bene, interpretato nella situazione specifica.

Oggi si afferma che luomo ha il

diritto di decidere personalmente.

Questo diritto viene sempre pi rivendicato. Ed giusto che sia cos. Infatti, un comportamento degno delluomo se sostenuto e retto dalla sua libera volont di azione. Tutti i codici deontologici riguardanti lattivit del medico sostengono questo principio.

Ci che da ritenersi bene per il malato non il medico, o il parente, a stabirlo, ma il malato stesso, ovviamente informato correttamente della reale situazione in cui venuto a trovarsi.

E il medico il competente che deve fornire al malato tutto ci che permette di decidere con razionalit e serenit. E il malato il gestore della propria malattia, perch ne il soggetto e non loggetto.

Proprio perch titolare di questo fondamentale diritto, il malato deve conoscere malattia, prognosi, terapia, alternativa terapeutica possibile. Solo allora, potr scegliere. Nellevento della morte luomo decide della totalit di s, nella sua libert personale.

Attenzione per:
La scelta del paziente inscritta in un processo decisionale che prevede diversi soggetti in relazione: malato, quipe medica, familiari, amici. Sono queste relazioni che impediscono allautonomia del malato di essere assoluta, rendendo il medico puro esecutore della sua volont.

Dal punto di vista giuridico,

ogni intervento medico pu essere rifiutato (art.32 Costituzione) dal paziente consapevole. Se lintervento proposto appare proporzionato, il medico deve convincere il malato senza per imporgli la terapia, potendo anche farsi sostituire da un collega.

Dal punto di vista morale, il rifiuto del paziente non sufficiente per dichiarare un mezzo sproporzionato. I fattori in gioco sono molteplici e in mancanza di ragioni peculiari una rinuncia pu configurare uneutanasia omissiva.

Il riconoscimento della competenza della coscienza personale lo ritroviamo nel testo, della Sacra Congregazione della Dottrina della Fede (5 maggio 1980): prendere

delle decisioni spetter in ultima analisi alla coscienza del malato o delle persone qualificate per parlare a nome suo, oppure anche dei medici, alla luce degli obblighi morali e dei diversi aspetti del caso.

Lart. 33 del Codice di Deontologia Medica (2006) recita:

Il medico deve fornire al paziente la pi idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate.

Il medico dovr comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacit di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e ladesione alle proposte diagnostico-terapeutiche.

riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di

La documentata volont della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto linformazione deve essere rispettata.

Lart. 33 obbliga il medico alla informazione pi ampia ed idonea. Larticolo, inoltre, riconferma il compito di assicurare linformazione facendo riferimento alle capacit di comprensione del cittadino.

Diversi saranno i criteri che il medico dovr seguire per adeguare linformazione allo status del soggetto che dovr ricevere tale informazione. Essa, infatti, dovr assumere connotazioni diverse; potr essere fornita, se necessario, con gradualit a seconda delle condizioni fisiche, psicologiche e socioculturali del malato.

Viene anche confermata la necessit di una particolare prudenza e luso di terminologie non traumatizzanti. Particolarmente importante la opportunit, in ogni caso, di non escludere la speranza per non lasciare

solo con la propria disperazione il cittadino

L'informazione il presupposto indefettibile per la espressione del consenso da parte del paziente.

Lart. 33 riconosce, come fondamentale, il diritto alla verit che implica una concezione dell'uomo come responsabile delle proprie azioni e che si configura come condizione essenziale per l'esercizio della

L'art. 33, in linea con le indicazioni del C.N.B del 20 giugno 1992 secondo cui l'informazione deve essere: a) adatta al singolo paziente, in relazione alla sua cultura e alla sua capacit di comprensione da un lato e al suo stato psichico dall'altro; b) corretta e completa circa la diagnosi, le terapie, il rischio, la prognosi.

Il problema pi rilevante riguarda la comunicazione di prognosi gravi o infauste nei confronti delle quali, al di l dei livelli culturali che contraddistinguono i singoli malati, si registrano spesso atteggiamenti di rifiuto, da parte degli interessati, a conoscere la verit.

Il medico deve compiere uno sforzo intellettivo per conoscere e valutare nel modo pi preciso la verit da comunicare ed i possibili livelli secondo cui ci pu avvenire; deve attentamente valutare le condizioni fisiche e psicologiche del paziente e le possibili conseguenze sul soggetto.

Tutto ci presuppone l'instaurazione di un forte e stabile rapporto medico-paziente fondato sulla fiducia reciproca.

Si tratta, per il medico, di instaurare una comunicazione della verit nell'ambito della quale vengano interpretate e comprese le ansie del malato con atteggiamento di solidariet, al fine di far maturare nello stesso la consapevolezza e la conseguente accettazione del suo stato.

Attraverso la somministrazione delle informazioni si profila il

ritorno della funzione del medico come elemento decisivo per la condotta del malato; infatti nella
amministrazione delle informazioni il medico ha ampi spazi di intervento.

I comportamenti indicati dal codice sono cosa diversa dalla mera e neutra sottoposizione al paziente di tutta l'informazione disponibile, senza alcuna selezione o adattamento al caso specifico, come in alcuni Paesi (ad es. gli USA) pu accadere, ove risultino prevalenti preoccupazioni di natura contrattualistica.

Lart. 35 del Codice di deontologia medica stabilisce le linee di acquisizione del consenso. Cos sta scritto: Il medico non deve intraprendere attivit diagnostica e/o terapeutica senza lacquisizione del consenso esplicito e informato del paziente.

Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti [] integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui allart. 33. Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio [], devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessit e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso.

In presenza di documentato rifiuto di persona capace, il


medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volont della persona.

Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignit della persona e della qualit della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volont del paziente.

IL RAPPORTO MEDICO PAZIENTE

La corretta comunicazione passa attraverso un corretto rapporto medico-paziente. Una riflessione corretta e accurata su questo argomento non pu fare a meno di essere caratterizzata da una forte valenza etica.

Affronto il problema sotto il profilo della bioetica, riflessione scientifica e sapienziale che considera le pi diverse questioni della vita (bios) in riferimento ai valori e alle esigenze pi radicali dell'uomo nella sua specifica dignit di persona (ethos).

La mia vuole essere una riflessione razionale, aperta a tutti, che ha nell'intelligenza e nella ragione umana il suo criterio di lettura e di discernimento.

Quando ci si rif alla bioetica che definisce ci che l'uomo "deve" fare o non deve fare nellarea delle scienze che riguardano la vita,

non si pu non presupporre l'accettazione di valori oggettivi, universali, perenni, non dipendenti n dal soggettivismo n dal relativismo.

Nella mia riflessione far riferimento alla concezione dell'uomo inteso come "persona", parametro di valore, di misura, e di giudizio.

L'uomo come persona il criterio fondamentale di eticit.

Persona l'essere umano nella totalit unificata delle sue componenti e dimensioni, integrate indivisibilmente nell "io" personale.

Nella dignit dell'uomo inteso come "persona" sta il fondamentale criterio morale oggettivo, universale e perenne.

Letica entra di diritto in campo medico come interna consapevolezza del senso e dei fini della professione e dei suoi atti.

Nel suo procedere tecnico e scientifico, il medico, non tralasciando nulla che possa migliorare la diagnosi o la terapia per il paziente,

sa che lunico limite che incontra rappresentato dalluomo-persona, lunico vero valore da rispettare, sempre e comunque.

Oggi, di fronte ai progressi della biologia e della tecnologia biomedica necessario, il richiamo alla responsabilit.

Etica e scienza devono armonizzarsi. In questo sforzo, che necessariamente deve vedere uniti tutti, si gioca il futuro delluomo.

Nel contesto attuale riscontrabile in tanti un atteggiamento di rifiuto delletica, spesso per unerrata interpretazione negativa o proibizionista delletica stessa.

In altri troviamo una specie di allergia al discorso etico, come se questo costituisse una minaccia alla libert ed autonomia dellindividuo.

Si tratta di linee culturali che nascono e crescono per una interpretazione individualistica dei problemi della vita, come se il bene e il male fossero stabiliti dal singolo individuo a partire soltanto dalla sua opinione.

Dionigi Tettamanzi:

Letica non qualcosa di

frenante, bens qualcosa di liberante. Non qualcosa di estrinseco o di sovrapposto, bens qualcosa di intrinseco alla persona; non imposta dallesterno, ma stampata dentro la persona stessa.

Non sono gli altri ad imporre a noi le esigenze etiche, ma da noi stessi che provengono queste istanze: da noi stessi, ossia dal nostro stesso essere di persona, considerato nella sua struttura, nei suoi dinamismi e nelle sue finalit.

H. Jonas, Il principio responsabilit.

"Il Prometeo, irresistibilmente scatenato, al quale la scienza conferisce forze senza precedenti e l'economia imprime un impulso incessante, esige un'etica che mediante autorestrizioni impedisca alla sua potenza di diventare una sventura per l'uomo.

L.M.Verz:

Letica assonanza con me, con quello che mi al di dentro e che si esprime esteriormente come dilatazione del mio essere La libert scansa il libertinismo distruttivo quand accompagnata dalla consapevolezza della responsabilit.

L.M.Verz:

A costo di sembrar paradossale, mia convinzione che la moralit vera germina dalla volont di partecipare alla vita divina. Una morale non chiusa, ma, come pensa Henri Bergson, aperta allo slancio damore.

Applicando questi principi al campo medico-biologico risulta chiaro il comportamento pratico che deve essere seguito.

Tuttavia non appare semplice, nella prassi quotidiana, osservare questo. Non tutti hanno la medesima visione su chi sia luomo.

Allora il discorso sullethos non pu che ripartire dalla domanda

chi luomo?
e dalla risposta che si desidera dare ed accettare come propria.

Dire che l'uomo persona significa riconoscere l'uomo come - totalit unificata di corpo, psiche, spirito; - realt sociale; - realt giuridica; - realt etica e realt religiosa.

Proprio perch persona, luomo in s un valore oggettivo, trascendente e intangibile. Quindi normativo. Nessuno pu disconoscere alluomo tale sua dignit inalienabile.

E pure per il laico non credente rimangono doverose la riflessione e la ricerca in campo bioetico.

Nulla contrassegna la volgarit del pensiero pi della concezione che oppone laicit ed atto di fede Laico ogni credente non superstizioso. Laico ogni non credente che sviluppi la propria ricerca senza mai assolutizzare o idolatrare il proprio relativo punto di vista, e insieme sappia ascoltare la profonda analogia che lo lega alla domanda del credente. Massimo Cacciari - Repubblica, 29 ottobre 2003

In un contesto sociale condizionato da mentalit tecnicistiche, si affaccia l'utopia di una medicina senza medico: oggi si possono ipotizzare diagnosi computerizzate seguite da prescrizioni automatiche.

La convinzione che la 'macchina' capisca di pi si cos diffusa nell'opinione pubblica che non v' paziente il quale non chieda di fare esami per vedere se qualcosa non va.

Di conseguenza, il medico, per individuare l'origine dei mali di un soggetto, quasi sempre trascura il 'dialogo' e anche l'esame diretto per privilegiare il laboratorio, lo strumento.

Il contatto umano tende sempre pi a ridursi e il paziente si ritrova a dialogare con quipes di medici specialisti; ci lo rende insicuro, incapace di ritrovare in se stesso e in tutto ci che lo circonda un'unit in grado di spiegargli ci che gli sta succedendo.

In realt il rapporto "umano" fra medico e paziente non pu essere sostituito da alcuna tecnologia. Nasce, come scrive Pedro Lain Entralgo, dal legame che si stabilisce tra di essi per il fatto di essersi incontrati, l'uno come malato, l'altro come medico; la natura propria di tale legame dipende anzitutto dallo stato di necessit dell'uno e dalla capacit di aiuto tecnico che possiede l'altro.

Il rapporto interpersonale una convivenza empatica mediante una sequenza di esperienze esistenziali e di atti. Si tratta, insomma, di un "incontro" fra due persone. Al medico, dunque, deve essere chiaro il significato del termine: che cosa vuol dire essere "persona.

Da alcune riflessioni di Massimo Cacciari

Il medico si rivolge al malato, ne ha cura, cosa cura? E chiamato a pensare a un tutto superiore alla parte e allinsieme della parti. E possibile curare senza pensare alla dimensione invisibile che supera la parte, linsieme delle parti?

Linsieme delle parti qualcosa che le uniforma tutte. Che cos? E soffio, vento, anima, psiche, respiro, non riducibile alla parte n alla somma delle parti. E possibile curare senza riferirsi a tale sovrasensibile? Non si d bellezza se non nella ricerca del sovrasensibile.

Dialogare col paziente da paziente. Insieme cercare la firmitas che ci manca. Bello e sano non sono stati, sono ricerca contro ogni dogmatismo del bello e del sano. Non si sani n belli. Si in cammino per raggiungere, conoscere il senso del bello e del sano. Occorre cogitare,agitarsi, altrimenti il medico solo un meccanico.

Curare lanima significa rispondere allinterrogativo: chi sono? E un compito che avviene nellangustia: devo aprirmi, ferendomi. Non si pu curare lanima senza ferirsi. Mi conosco se mi conosco nel volto dellaltro. Se non ho questo pathos non posso avere cura del pathos altrui. Se il vivente non sente il vivente come potr averne cura?

Bello e sano non sono stati ma dinamiche. E un impulso, una nostalgia di bellezza, di salute. Il medico deve tener viva questa nostalgia. Non si d cura se non si fa riferimento allanima: c un tutto superiore alle parti. Ci si imbatte in qualcosa di indefinibile e dobbiamo averne cura.

Aver cura significa aver misericordia e cio essere capaci di scardinarsi, di scardinare il proprio cuore di fronte allultimo. Fare fatica, avere angustia, angoscia nei confronti del prossimo. Cos il bello diventa sentire uno spasmo al cuore per il sovrasensibile.

Bello avere cura dellanima curando il corpo: la cosa pi difficile.

Il prossimo del medico il pi lontano. L, nel pi lontano urge avere il senso del bello, della salute che diventa ricerca. Chi ricerca se non il pi lontano? La lontananza quella del pi prossimo.

Da qui: ascoltare. La tecnica medica si accompagna allascolto, alla riflessione.

Dire la verit

Il problema del dire la verit al malato che versa in un grave stato di malattia, costituisce uno scoglio non indifferente. Infatti linformazione veritiera sullo stato della malattia comporta, a volte, il preannuncio dellesito infausto della stessa.

E in grado il paziente malato di tumore di accettare la propria malattia che, forse, potr sfociare nella morte ? Che cosa rappresenta la morte ? Come si muore ?

Interrogativi, questi, complessi e difficili che si vorrebbe facilmente rimuovere. Eppure, diventa fondamentale, nel contesto del problema dellinformazione, affrontare anche laspetto del saper morire.

Diversi sono i criteri etici che possono guidare lazione del medico, specialmente del chirurgo, a cui il malato si affida.

Il primo criterio etico il seguente: 1. il malato ha diritto a sapere la verit. La verit il principio della morale e il riconoscimento della verit il sommo genere dei doveri e latto proprio ed essenziale della moralit (Rosmini).

La verit un diritto-dovere del malato, perch in gioco la sua persona.


E il malato che si rivolge al medico - per conoscere se stesso attraverso la sua malattia (diagnosi) ; - per conoscere ci che il medico far su di lui (terapia) ; - per conoscere il suo futuro (prognosi).

Il paziente dovrebbe vivere la malattia come sua verit storica ; e, simmetricamente, per il medico che se ne prende cura (delluomo, non semplicemente del morbo), curare significa decifrare il senso (cio saper leggere in modo umano) di questa verit storica. Fino allestremo quesito: un assurdo? Ha uno sbocco? Quale?

Si dice comunemente che la medicina mira a liberare luomo dalla malattia. In realt il compito fondamentale, di fronte alla malattia, quello di liberare la malattia, di riconoscerla cio, e quindi assumerla, quale esperienza che provoca una determinazione della libert.

Se la verit il criterio fondamentale che indirizza il comportamento etico, occorrer 2. evitare la menzogna eretta a sistema. Essa non utile al paziente, e lede specificatamente le ragioni del suo diritto alla conoscenza. Ma, occorre non dimenticare che 3. il diritto alla comunicazione della verit non incondizionato.

Lo ricorda molto bene il Catechismo della Chiesa Cattolica:

La carit e il rispetto della verit devono suggerire la risposta ad ogni richiesta di informazione o di comunicazione. Il bene

e la sicurezza altrui, il rispetto della vita privata, il bene comune sono motivi sufficienti per tacere ci che opportuno non sia conosciuto, oppure
per usare un linguaggio discreto (...). Nessuno tenuto a palesare la verit a chi non ha il diritto di conoscerla. (n.2489)

La verit
la condizione necessaria perch il paziente, che va incontro allexitus, possa prepararsi a

morire con dignit, cio in modo umano.

Non pu essere accettato

un tecnicismo che rischi di divenire abusivo.


Occorre fare in modo che attorno al morente si realizzino quelle condizioni che gli permettano di vivere la propria morte, parte integrante della sua stessa vita, in serenit e dignit.

Occorre che lintera cura del morente sia totalmente umana: - alleviare le sofferenze - non abbandonare il malato.

Accanto alla persona che si dibatte tra la vita e la morte, occorre soprattutto una presenza amorevole.
Giovanni Paolo II

Lopzione per la verit apre, allora, lo spazio prezioso di intervento per umanizzare anche lultimo arco della vita. Senza verit impossibile percepire ci di cui ha bisogno il malato senza speranza.

Gli altri criteri etici sono:


a) la verit va offerta in un contesto di dialogo fiducioso; b) la comunicazione della verit deve essere progressiva e pedagogica; c) la verit di fronte alla morte imminente non va nascosta.

In materia di consenso informato


obbligo ricordare:

Il consenso informato rappresenta l'accettazione volontaria da parte di un paziente a sottoporsi ad un atto medico, essendo a conoscenza del tipo di trattamento proposto, dei benefici, dei rischi, complicanze ed esiti.

Il termine consenso informato deriva dallinglese informed consent. La dottrina del consenso informato ha iniziato a diffondersi con la Dichiarazione di Ginevra (1948) ed entr nel lessico legale solo nel 1957 negli Stati Uniti. Il termine "consenso informato" non ha significato univoco nelle diverse legislazioni internazionali e pu assumere (almeno ad oggi) connotazioni in parte diverse anche da Stato a Stato.

Aspetti fondamentali e passi obbligati del consenso informato sono in sequenza: a) la presenza di una informazione data dal medico; b) la consapevolezza da parte del paziente dei significati dellatto sanitario che sar compiuto; c) la restituzione del consenso, dal paziente al medico prima di intraprendere latto; d) la possibilit di revoca del

Per essere valido, il consenso per quanto possibile deve essere - personale, indica che non ammessa la rappresentanza di terzi (eccetto per i minori di 18 anni e soggetti interdetti); - libero e spontaneo, indica che deve essere frutto di una scelta non condizionata o vincolata, senza errori o inganni;

- consapevole, indica che devessere personalizzato, basato sulla valutazione dellinformazione, sulle possibili conseguenze di trattamento e di non trattamento e di alternative tra cure possibili; - attuale, richiede che il consenso va dato ogni volta, prestazione per prestazione, prima di essa;

- manifesto, indica che va acquisito con passi chiari e precisi e che non sufficiente lassenza di dissenso o la presenza di un consenso tacito n ritenuto implicito nel rapporto tra medico e paziente;

- richiesto da parte del medico il quale ha il dovere di fornire tutti gli elementi necessari perch le caratteristiche del consenso siano tutte rispettate, - recettizio (art. 1334 codice civile) perch ha effetto nel momento in cui il medico destinatario ne viene a conoscenza, - gratuito, riguarda i casi di sperimentazione e di trapianti dorgano.

In ambito di consenso informato si distinguono


- aspetti giuridici e medico-legali, per quanto riguarda i differenti aspetti normativi e legislativi, - aspetti deontologici, per quanto riguarda il codice di comportamento del medico, - aspetti riguardanti propriamente tecnica, modalit e partecipazione allinformazione e procedure formali attraverso cui si esplica e si attua il consenso in ambito sanitario.

Aspetti giuridici La Costituzione italiana, art. 32, stabilisce la "salute come fondamentale diritto dellindividuo e interesse della collettivit " (e che) "nessuno pu essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge". Un intervento senza il consenso dellavente diritto viola il principio della libert della persona, compresa la salvaguardia della propria integrit e salute psicofisica.

In questa prospettiva giuridica il consenso del paziente allatto medico , di regola, essenziale per la liceit dello stesso, e il paziente, pur avendo diritto alla salute, non obbligato a curarsi. Peraltro, quando egli sia stato affidato o si sia affidato alle cure del medico, questultimo viene a trovarsi in una posizione di garanzia nei confronti del paziente che obbliga il medico ad intervenire su di lui, anche prescindendo dalla sua volont, quando sia in gioco il bene della vita o un gravissimo rischio per la sua incolumit fisica.

Una prima importante conseguenza riguarda il rapporto tra validit del consenso e grado di autodeterminazione della persona. In particolare se essa non in grado di comprendere linformazione fornita e di prendere una decisione autonoma vi pu essere consenso viziato, ovvero non valido e pertanto assente, sicch un trattamento eseguito in un tale contesto potrebbe configurare il reato di violenza privata (art. 610 c. p.) oppure di stato di incapacit procurata mediante violenza (art. 613 c. p.).

Una seconda importante conseguenza riguarda la situazione in cui il paziente non capace o non pu esprimere la volont o sussistono particolari condizioni che non lo mettono in grado di essere al centro del processo decisionale (ad es. nel caso di minori, nel caso di soggetti interdetti, di incapaci naturali).

Altre condizioni particolari sono quelle del paziente incosciente o di impossibilit al momento di esprimere una volont contraria, in emergenze o stati di necessit, e in casi di malattia mentale che richiedono trattamento sanitario obbligatorio.

Nel caso della minore et (tra i 14 e i 18 anni) il consenso informato deve essere espresso dai genitori o in loro assenza dal tutore (ad eccezione della interruzione volontaria di gravidanza, su semplice autorizzazione del giudice tutelare). Linformazione deve essere data anche al minore, perch esprima un suo parere.

Per quanto riguarda gli interdetti linformazione e il consenso sono compiti del tutore che prender le decisioni a riguardo per la persona sotto tutela. Il paziente interdetto va comunque informato poich la sua partecipazione alle cure fondamentale. Gli incapaci naturali infine sono quei soggetti che, se pur non interdetti, si trovano per qualsiasi causa in condizioni tali da non essere in grado di dare un consenso o di esprimere un dissenso validi.

Sul consenso informato valgono le indicazioni delle G.C.P. (Paragrafo 4.8 dell'all. 1 al decreto ministeriale 15 luglio 1997). Devono essere rispettate quattro condizioni fondamentali che, come indicato dal Comitato nazionale di Bioetica, qualificano il consenso informato stesso: a) la qualit della comunicazione e dell'informazione; b) la comprensione dell'informazione; c) la libert decisionale del paziente; d) la capacit decisionale del paziente.

Devono essere usati


- termini chiari,
semplici e comprensibili, - va evitato il gergo medico, - occorre illustrare i termini tecnico- scientifici eventualmente utilizzati

in sintesi

Il Consenso Informato un momento imprescindibile dellattivita medica


Informazione, partecipazione, consapevolezza, liberta di scelta, autodeterminazione

ALLEANZA TERAPEUTICA

Un difficile cambiamento
Il CI viene percepito come
Un mero obbligo giuridico, deontologico e burocratico Una semplice firma o una difficile decisione?

Possibile elemento di conflittualit col paziente

La messa in discussione del proprio ruolo di medico

Cosa significa
Far assumere al paziente una posizione di scomoda responsabilita in quanto partecipe del processo decisionale Perseguire lobiettivo del beneficio pur rispettando la liberta dellindividuo di autodeterminarsi aiutandolo a prendere decisioni Significa dare valore non solo alla malattia, come espressione biologica, ma soprattutto alla persona con il suo vissuto, la sua cultura e la sua esperienza di sofferenza

Il medico ed il paziente giocano ruoli distinti Al medico spetta la priorit decisionale ovvero il primo a raccomandare una particolare azione. Si tratta di antecedenza, non di superiorit Al paziente adulto spetta lautorit decisionale finale poich destinatario delle conseguenze dellazione proposta

Le Fonti: la Costituzione
Art. 13 La liberta personale e inviolabile Art. 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dellindividuo e interesse della collettivita e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno puo essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di Legge. La Legge non puo in nessun caso violare I limiti imposti dal rispetto della persona umana

Le Fonti: il Codice Civile....

agli articoli n.1325 e n.1418 si sancisce lobbligo dellaccordo tra le parti per il perfezionamento del contratto, accordo la cui carenza d luogo a nullit del contratto stesso

Quando e obbligatorio:

Prelievo di rene da donatore vivente (L.458/1967) Interruzione volontaria della gravidanza (L.194/1978) Donazione di sangue (L.107/1990 e D.M.San.15.01.1991) Interventi per prevenzione e lotta allAIDS (L.135/1990) Terapia con emoderivati e plasma-derivati (D.M.San.15.01.1991 e D.M.San. 01.09.1995) Radioprotezione (D.Lgs. 230/1995) Sperimentazione clinica (D.M.San. 15.07.1997 e D.M.San. 01.04.1998) Donazione di fegato da donatore vivente (L.483/1999)

Eccezioni
Cure di routine non rischiose ed invasive; per trattamenti farmacologici riconosciuti dal Min. Salute Vaccinazioni obbligatorie stabilite nei programmi di salute pubblica Trattamenti sanitari obbligatori (TSO) in caso di particolari disturbi psichici Nel caso in cui sussistono i requisiti di cui allart.54 del c.p. ovvero lo stato di necessita` (le condizioni del paziente sono talmente gravi e pericolose per la sua vita da richiedere un intervento immediato indispensabile)

Problemi pratici
Usare linguaggio semplice e non scientifico Dare tutte le notizi utili per decidere limitando lunghezza e complessita` dellinformazione Considerare le capacita` di comprensione del paziente Lasciare tempo per decidere e consultarsi con altri Assicurare la disponibilita` di tempo del medico Gestire eventuali interferenze dei familiari Rispettare lautonomia del paziente

allora, informare o comunicare?

"In-formare" significa, letteralmente, "dare forma. "Informazione" la notizia, il dato che fornisce elementi di conoscenza, cio che informa su qualcosa.

"Comunicare" deriva dal latino: cum e munus ("incarico, compito"), per cui commune vuol dire letteralmente "che svolge il suo compito insieme con altri. In Italiano il termine "comune" significa quindi ci "che proprio di almeno due persone o cose".

Informare significa "dar forma" alla realt, al mondo. In questa accezione "dare forma" equivale a "dare ordine", sia nel senso letterale di eliminazione del disordine sia nel senso pi ampio di riduzione della complessit, cio di semplificazione.

Le informazioni sono fornite per facilitare il muoversi all'interno della realt dopo che essa stata "illuminata" dalle informazioni.

La radice di comunicare sta in quel termine "comune" che indica ci che proprio di due o pi persone comunit; nel comunicare, a differenza che nell'informare, fondamentale il rapporto fra i soggetti, piuttosto che non il rapporto fra questi e la realt che li circonda.

I soggetti che comunicano letteralmente "mettono in comune", cio condividono, partecipano l'un l'altro qualcosa.

La comunicazione per definizione soggettiva, nel duplice senso che il suo contenuto dipende dal punto di vista dei soggetti che comunicano e che essa essenzialmente un rapporto fra soggetti; l'informazione aspira invece ad essere oggettiva (come nel caso degli orari dei mezzi di trasporto), a dare cio al mondo una forma che possa essere accettata da tutti.

Il soggetto che informa deve farlo in modo tale che coloro che ricevono le informazioni possano utilizzarle per orientarsi nella realt che li circonda, fornendo quindi informazioni aggiornate, comprensibili, complete, tali da facilitare al massimo le attivit successive dei soggetti che le ricevono. Ma lo scopo di chi informa non quello di influire sulle attivit.

Chi comunica con un altro soggetto fornisce delle informazioni il cui scopo non quello di dare forma al mondo, bens di dare ad esso un significato, in modo che il destinatario della comunicazione si comporti diversamente da come avrebbe fatto prima della comunicazione.

Se la comunicazione ha successo, molti soggetti condividono la visione del mondo comunicata e, modificando di conseguenza i propri comportamenti, influiscono sul mondo nel senso desiderato dal soggetto fonte della comunicazione.

Il successo di un'azione di comunicazione non dato dal numero di soggetti raggiunti, ma dal numero di soggetti che in seguito alla comunicazione modificano il proprio comportamento.

Il successo di un'azione di informazione dato dal numero di soggetti cui sono state fornite informazioni aggiornate, comprensibili, complete, tali cio da facilitare al massimo il rapporto di questi ultimi con la realt che li circonda.

La differenza principale del comunicare rispetto all'informare consiste dunque nello scopo: - si comunica per dare un significato alla realt, - si informa per dare ad essa una struttura, una forma.

Nell'informare c' un soggetto attivo, cio la fonte delle informazioni ed uno o pi soggetti passivi, cio i destinatari delle informazioni; nell'informare si crea pertanto un rapporto unidirezionale.

Nel comunicare invece tutti i soggetti sono attivi, sia chi comunica sia chi riceve le informazioni che formano il contenuto della comunicazione.

I ruoli rispettivi di chi informa e di chi informato non sono destinati a mutare; nel caso della comunicazione il soggetto che comunica ad altri la propria visione deve accettare che questi ultimi possano non condividerla.

Nel comunicare il soggetto pu usare tutta la gamma di strumenti tipici della comunicazione (l'emotivit, la razionalit, le testimonianze di soggetti autorevoli), tutto fuorch il potere:

nel momento in cui per ottenere la condivisione della propria visione si utilizza una qualsiasi forma di coercizione, intesa in senso lato come potere, non si pi in presenza di un rapporto di comunicazione.

Comunicare comporta sempre una responsabilit; e poich, come s' detto, nella comunicazione tutti i soggetti coinvolti sono attivi e partecipi, tutti sono anche responsabili, sia pure in maniera diversa.

CHE LINGUA PARLANO I MEDICI?

I medici parlano medichese e i pazienti capiscono solo la met.


Il 'medichese troppo spesso misterioso e poco comprensibile ai pazienti. Tanto che i malati, appena usciti dall'ambulatorio, dimenticano la met delle parole dei camici bianchi e sono assaliti da mille dubbi e domande.

I medici devono sforzarsi di usare un linguaggio pi comprensibile, traducendo i termini tecnici. Il 'medichese trionfa anche nei foglietti illustrativi dei medicinali. I malati, poi, quando si trovano davanti al medico, sono riluttanti a fare domande e si vergognano di ammettere di non aver capito.

Comunicazione ermetica

Le comunicazioni vengono date in un contesto molto formale (il giro) ma ovvio che poi per il paziente pi difficile chiedere spiegazioni davanti a 10 medici piuttosto che davanti ad uno solo e poi si ha proprio limpressione che parlino per abbreviazioni, si dicono tra di loro gli esiti degli esami in modo cos stringato che si ha quasi limpressione che loro non vogliano comunicarli al paziente ma che sia pi che altro una loro informazione interna. A volte danno informazioni contraddittorie tra di loro a seconda del medico e questo peggiora la situazione...

Io una volta ho detto ad uno di loro che i loro 5 minuti di spiegazione al mattino vengono poi meditati, visto che noi pazienti abbiamo tantissimo tempo a disposizione, a volte per tutta la giornata cercando di interpretare quello che viene detto. Il medico mi ha risposto che a volte loro sono talmente presi da tutta una serie di questioni pratiche, di urgenze, che non valutano questo aspetto e che se non glielo si fa osservare magari in un secondo momento non si accorgono neanche dei danni che certe loro frasi possono causare sul paziente

Secondo me bisognerebbe creare una situazione di interazione pi semplice pi umana. Innanzitutto forse sarebbe necessario che ci fosse una stessa versione nel senso che a volte si vedono tre medici diversi e ognuno d una versione diversa dello stesso esame e questo non aiuta naturalmente. Poi a parte questa questione, la condizione in cui avvengono queste comunicazioni non di dialogo ma di lezione ex cattedra

E il pi delle volte non fatta come momento di comunicazione con il paziente ma come comunicazione tra addetti ai lavori in cui il paziente se capisce qualcosa e riesce ad afferrare qualcosa bene, altrimenti

L'educazione innanzitutto

Io ho fatto lesperienza del ricovero in reparti e piani diversi. Ci sono enormi differenze: in uno dei due casi nessun medico veniva; venivano lasciate un po le cose andare cos. Invece il fatto di venire e fermarsi un pochino a parlare con lammalato per me importantissimo, altrimenti una persona si sente un po abbandonata

io l, in quelli che dovevano essere tre giorni e poi stata una settimana. Ho visto solo una volta passare un medico, che era il primario, e il primario non rivolgeva il saluto, non chiedeva al paziente che cosa avesse, no. Chiedeva allo stuolo di praticanti, giovani dottori - che imparavano su di me ed ho sentito che una rispondeva : Ha avuto un problema, ma ora labbiamo risolto

Ma quale problema? Perch non mi ha chiesto che cosa avessi avuto? Io ero l per quellesperienza sbagliata Perch mi stato bucato un polmone.. Poi sono passati oltre, senza salutare, senza rivolgere lo sguardo. Questa mancanza di educazione, innanzitutto: e ho visto che lo facevano con tutti i sei letti della stanza. Questo sicuramente va migliorato

Eccesso di prudenza

Secondo me i medici si sbilanciano pochissimo su questa malattia. Anche quando ci sono degli esami decisamente positivi tendono a sminuire il valore positivo dell'esame, per una sorta di prudenza dal mio punto di vista. Infatti a me capitano purtroppo un mesetto fa di non voler pi continuare le cure perch mi era stato dato un esito negativo di un esame dopodich ho fatto un altro esame. Quest'altro esame stato molto positivo per due medici mi hanno dato due interpretazioni diverse dello stesso esame, uno annacquando la positivit dell'altro, l'altro evidenziandola...

Dopo risultato che effettivamente era molto positivo il risultato di quell'esame. In certi momenti il fatto di essere rassicurati, di sentirsi dire che quel trattamento ha un'altissima percentuale di successo e che nel 90% dei casi dopo 7-8 mesi si guariti, queste cose che non vengono dette e che invece i medici sanno e che vengono dette solo quando ci sono queste situazioni estreme in cui il paziente dice non voglio pi essere curato, brutto che non vengano invece utilizzate, senza illudere esageratamente il paziente...

Sincerit

Quando ho espresso i miei quesiti ai medici loro hanno risposto. Nel momento in cui si passa alla fase di spiegazione credo che i medici siano comunque sinceri che cercano di spiegare e chiarire i dubbi, con sincerit

La sincerit una cosa di cui ci si rende conto successivamente perch nel momento in cui si verifica che le cose dette dal medico sono realmente quelle, a posteriori si capisce la sincerit del medico. A priori ci vuole di pi che un atto di fiducia; per questo importante un rapporto empatico con il paziente...

conclusioni

Card. Dionigi Tettamanzi

Nella vita professionale del medico, la dimensione della comunione essere con gli altri realizzata attraverso lesperienza della

alleanza terapeutica.

Unespressione, questa, che fa riferimento implicito ma quanto mai suggestivo al prototipo di ogni autentica alleanza, quella stessa di Dio con luomo: Dio lEmmanuele, il Diocon-noi.

Ora, attraverso tale alleanza il bisogno di salute del malato e lofferta professionale di aiuto da parte del medico si incontrano nel comune riconoscimento che ci che unisce il paziente e il medico molto di pi di ci che li distingue,

la stessa immagine e somiglianza

con il Creatore
e la stessa salvezza sgorgata dalla Croce

di Cristo.

E cos una sola dignit, quella che cura e quella che viene curata, abbraccia lumanit di due persone cui la vita ha riservato un pezzo di strada da percorrere insieme, lottando contro la malattia nella certezza che Dio solo dona la salvezza.

Guidato dal desiderio di servire, il medico avr la consapevolezza di svolgere non un mestiere come tanti, ma unarte, la quale non pu essere guidata da interessi umani (guadagno, carriera, ecc.), bens dallautentico dono. Marco Doldi

Aiuter con pazienza e semplicit il paziente a comprendere il suo reale stato di salute, lo render partecipa del piano di cura presentandogli le varie alternative; lo metter in grado di esprimere un reale consenso informato.

E allora possibile passare dal paternalismo alla paternit, con precisi ed univoci atteggiamenti:

1. il medico nel momento in cui avvicina il paziente non lo identificher tout-court con un semplice caso clinico, con una cartella medica, con il numero del letto. Cercher, per quanto possibile,di avere con il malato un rapporto personale, cio degno della persona.

2. davanti ad una cultura che non difende la vita umana, il medico dir con coraggio il suo s alla vita, consapevole di esserne custode e servitore.

Dottore ci pensi lei. Il medico si schernisce quando si sente cos apostrofare dal suo malato e sente su di s tutta la preoccupazione che il peso, che gli tocca portare, comporta.

Non so se sia giusto e corretto questo comportamento; so che il paziente resta contento perch si fida, sa di non essere imbrogliato, sa che ci che il medico far come se lo facesse a se stesso.

Ci che conta che il malato ha parlato con il suo medico; si sono intesi. Sono diventati una sola cosa di fronte allineluttabilit dellevento ultimo che sta per arrivare. E una forma di paternalismo? E un estremo aiuto di un inconsapevole cireneo? E un ultimo, autentico, atto damore?

A questultima domanda dico di no, se il medico diventa usurpatore e manipolatore della verit ultima; dico di s, se il medico il compagno di viaggio che sostiene, scuote, avverte, corregge, guida.

Madre con bambino malato

Picasso, 1903

Non la scienza ma la carit ha trasformato il mondo.


San Giuseppe Moscati

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