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Collana diretta da
Paolo Fabbri e Gianfranco Marrone
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Jurij Michajlovic Lotman
Tesi per una semiotica
delle culture
a cura di Franciscu Sedda
MELTEMI
Indice
p. 7 Introduzione
Imperfette traduzioni
Franciscu Sedda
Prima parte
La semiotica fra scienza e arte
71 Ricerche semiotiche
Jurij M. Lotman, Boris A. Uspenskij
95 Che cosa d lapproccio semiotico?
Jurij M. Lotman
Seconda parte
Nascita della semiotica della cultura
103 Lunit della cultura
Jurij M. Lotman
107 Tesi per unanalisi semiotica delle culture
Vjac eslav V. Ivanov, Jurij M. Lotman, Aleksandr M.
Piatigorskij, Vladimir N. Toporov, Boris A. Uspenskij
149 Eterogeneit e omogeneit delle culture.
Postscriptum alle tesi collettive
Jurij M. Lotman, Boris A. Uspenskij
Terza parte
La semiotica e le poetiche della quotidianit
157 Il mondo del riso: oralit e comportamento quoti-
diano
Jurij M. Lotman, Boris A. Uspenskij
185 Il decabrista nella vita.
Il gesto, lazione, il comportamento come testo
Jurij M. Lotman
261 Lo stile, la parte, lintreccio.
La poetica del comportamento quotidiano nella
cultura russa del XVIII secolo
Jurij M. Lotman
297 Bibliografia
303 Bibliografia dei testi di Jurij M. Lotman pubblicati
in italiano
Introduzione
Imperfette traduzioni
Franciscu Sedda
Ma la cultura, fra laltro, esiste per
questo, per analizzare e disperdere
i timori.
Jurij M. Lotman
Per iniziare, con Lotman
Jurij Michajlovic Lotman come lo conosciamo e co-
me ce lo immaginiamo a partire dai suoi testi, da chi ne
ha scritto e chi ce ne ha parlato stato ed molte cose
1
.
stato certamente un corpo una certa accumulazio-
ne di casualit, per parafrasarlo , un corpo radicato in
uno spazio che divenuto il suo destino, Tartu (Lotman
1993b).
stato un corpo perch la sua scrittura, il suo sapere,
la sua intelligenza, trasuda passioni. In tal senso Lotman
ancora un corpo: i suoi testi, proprio come quelli a cui si
riferiva teorizzando, sono vivi. Sono generatori di nuovo
pensiero. Cos ogni lettura un dialogo e un corpo a cor-
po: anche nei passaggi pi tecnici i suoi ragionamenti con-
servano il sentire che li muove, lentusiasmo per la ricerca
e limpegno nello studio (e per linsegnamento) della cul-
tura. strano, Lotman nella sua sterminata produzione
non ha mai concentrato molta attenzione sul corpo, sulla
sua fenomenologia, ma pi si va avanti nella lettura della
sua opera, pi ci si spinge verso le sue ultime opere, pi
sembra che il suo corpo, con la sua fenomenologia, vi sia
inscritto dentro, nelle copiose metafore, nei ragionamenti
figurativi, illuminanti o opachi che siano.
Lotman stato un corpo perch ha giocato. Il suo
spirito ludico traspare da molti racconti e aneddoti. To
play: giocare e recitare al contempo. Capace di balzare
in piedi e mimare una resa a una purga staliniana davan-
ti ai vigili del fuoco di Milano venuti a verificare la tenu-
ta del pavimento di una sala troppo piena, pronta a scat-
tare per lui in un fragoroso applauso (Corti 1994). Bam-
bino e artista, poeta. Appassionato studioso di arte
non a caso diceva che gli unici che potevano divertirsi
nei musei, e capirli fino in fondo, erano i pi piccoli.
Curioso, geniale, autoironico. Alla raccolta di brutte co-
pie, annotazioni, abbozzi di articoli, progetti inutilizzati
aveva chiesto di dare questo nome: Dallarchivio di un
semiotico folle (Burini, Niero 2001).
Lotman stato un corpo per il suo coraggio, per la
sua capacit di prendere posizione in situazioni com-
plesse e delicate
2
, a partire dallesperienza della seconda
guerra mondiale (Lotman 1994b). Per la sua capacit di
soffrire e gioire in (e di) questo nostro mondo tremen-
do (Lotman, in Burini, Niero 2001, p. 121).
Jurij Lotman stato anche unintelligenza connettiva.
Capace di connettere saperi, andando continuamente
avanti nella sperimentazione del nuovo, tralasciando vo-
lutamente come ricorda il figlio Michail (Lotman
2002) qualsiasi sforzo di riassunto o sistematizzazione
del suo pensiero. Continuare a connettere e tradurre,
anche a rischio di non essere soddisfatto, anche a rischio
di contraddirsi.
Lotman stato, ed ancora, unintelligenza connettiva
di corpi. Lo stato in quanto animatore e organizzatore
della Scuola di Tartu (o Tartu-Mosca, a seconda delle in-
terpretazioni). Lo stato con il suo carisma o, come diceva
con ammirazione Jakobson, con la sua mano di ferro (in
Uspenskij 1996). Comunque lo stato: ha creato un am-
biente e unatmosfera fatta di dialogo, informalit familia-
re, onest intellettuale, indipendenza (Torop 1995). E una
intelligenza connettiva lo ancora: basta vedere quante
persone, e in quante parti del mondo, ancora si richiama-
FRANCISCU SEDDA
no e portano avanti le sue ricerche, quanto il suo pensiero
mette in rete studiosi provenienti da tutto il pianeta e affe-
renti ad aree del sapere diverse: dalla semiotica, alla lette-
ratura, allarte, allantropologia, fino ad arrivare alla biolo-
gia, agli studi sullintelligenza artificiale e le reti neurali.
Articolazione nello spazio e degli spazi, dicevamo: da Tar-
tu, e dalla continua pubblicazione cartacea dei Trudy po
znakovym sistemam la storica rivista della scuola tar-
tuense alle costanti pubblicazioni on-line della rivista
Entretextos che raccoglie i lavori della scuola iberica e
centro-sudamericana che si rifanno alla sua eredit intel-
lettuale. Passando ovviamente per lEuropa, dove lItalia
ha sempre recepito con attenzione e interesse il suo lavoro.
Lotman dunque, anche, un nome collettivo, una
specie di simbolo, di slogan. E in questo libro ci va ri-
badito a maggior ragione. Si scrive Lotman ma in
realt, con lui, ci si trova insieme anche ad altri grandi
studiosi, a partire da Boris A. Uspenskij. Il percorso di
Lotman costellato di un lavoro, anche di scrittura, a
pi mani, a pi teste. Esemplare la collaborazione di
tanti anni con Uspenskij, che in questo libro ritroviamo
in pi saggi. Significativa la stesura delle Tesi per una-
nalisi semiotica delle culture che, oltre a quelle di Lot-
man e Uspenskij, reca le firme e lapporto di Ivanov,
Pjatigorskij e Toporov.
Jurij Michajlovic Lotman infine per me un deside-
rio irrealizzato: un maestro e unu homine con tutta la
forza, il valore e le sfumature che questo termine ha nel-
la cultura sarda , che il caso ha voluto che io non cono-
scessi direttamente.
Specchi nel tempo
I testi che qui presentiamo si possono attraversare in
molti modi. Visti dalla prospettiva della globale e
IMPERFETTE TRADUZIONI ,
sconfinata produzione di Lotman e della Scuola di
Tartu potrebbero pessimisticamente apparire come mu-
te tracce di un tortuoso cammino, o frammenti opachi
di unopera troppo complessa. E tuttavia linsegnamen-
to della semiotica della cultura ci dice proprio questo:
che ogni volta, e in ogni caso, dobbiamo prenderci la re-
sponsabilit di operare generalizzazioni a partire da
frammenti, che dobbiamo avere il coraggio di immagi-
nare la globalit (senza per staccare i piedi dalla loca-
lit che la ispira) e sentire fino in fondo il brivido che
necessariamente coglie chi azzarda la ricostruzione di un
sistema a partire da tracce minute. Unapparente inco-
scienza, o un atto di somma arroganza: e invece si pu
trattare di una responsabile e umile ambizione, per non
rimanere irretiti davanti alla durezza dei frammenti la-
sciati a se stessi (Fabbri 1998a). Abduzione e intuizione
dunque, ma soprattutto traduzione. Per andare avanti.
Perch se c un altro insegnamento semiotico che qui
va tenuto in considerazione che ogni ritorno su se stes-
si, ogni ripresa e riscoperta del passato inconsapevole
o programmaticamente mirata aprendo lo spazio del
presente ci riporta al futuro, e non in una qualche inat-
tingibile origine.
Il nostro specchio sono i nostri alunni. E se in que-
sto specchio io mi rifletto in qualche forma, allora, a di-
re la verit, non voglio chiedere niente di pi alla vita,
dir Lotman in una delle sue ultime interviste (Lotman
1993b).
Ecco cosa vorremmo essere, anche in queste poche
note introduttive, rispetto a Lotman e al suo sapere: uno
specchio nel tempo (ib.). Vorremmo guadagnarci la pos-
sibilit di essere almeno un po figli e alunni. Vor-
remmo rispondere al monito delle sue parole, ma am-
mettendo e assumendo fin dal principio tutte le nostre
responsabilit. Perch qui siamo pur sempre noi a sce-
gliere i nostri (molti) padri, la loro forma.
:c FRANCISCU SEDDA
Tradurre, articolare le trame del tempo, scegliere le
proprie eredit, le proprie appartenenze, i propri prede-
cessori, non significa negare il nostro essere segnati dal
tempo e dalla cultura ma avere coscienza del proprio si-
tuarsi in essi. Avere coscienza della limitatezza e della-
pertura, dei condizionamenti e delle possibilit. Signifi-
ca pagare il debito affermando che noi vogliamo farlo in
modo produttivo. Del resto se i padri sono tali bisogna
riprenderne il pensiero e farlo parlare allintelligenza
presente, ai nostri corpi e alla nostre coscienze odierne.
Ma se i padri sono tali bisogna far parlare anche i loro li-
miti, le loro impasse, le loro contraddizioni, i loro ab-
bozzi, le loro intuizioni sospese o sepolte. Far germo-
gliare i loro semi, far deflagrare le loro mine intellettuali
ancora inesplose, come piaceva dire a Lotman. Insom-
ma, se la loro lezione profonda ci devono aver insegna-
to che noi abbiamo qualcosa da fare del loro pensiero
col loro pensiero che non sia semplicemente il ripeter-
lo. Se le loro idee e le loro ricerche ancora ci parlano, se
ancora ci toccano, noi non possiamo esimerci dal ripren-
derli e declinarli al presente. Restar loro fedeli realiz-
zandoli a modo nostro: pi che seguire noi seguitia-
mo, continuiamo con perseveranza ad avanzare lungo
una direzione indicata, in uno stretto passaggio fra la fe-
delt e il tradimento.
Questo libro
Cos dunque questo libro? Che percorso tratteggia?
Perch esce ora? Innanzitutto va detto che linteresse in-
torno a Lotman non mai scemato in ambito italiano, e
tuttavia molti dei suoi lavori, anche fra i pi importanti
o recenti, sono oggi introvabili. Dal canto nostro voleva-
mo rimettere in circolazione dei testi seminali, basila-
ri, che erano ormai irreperibili, sparsi ad esempio in
IMPERFETTE TRADUZIONI ::
vecchie raccolte collettanee, e che ci sembra invece pos-
sano dirci qualcosa sulla semiotica della cultura futura.
Le tre parti, che potremmo indicare con i tre seguenti
slogan ricerche semiotiche, semiotica delle culture, poeti-
che della quotidianit secondo noi riassumono bene, in
un passaggio senza soluzione di continuit, in uno strano
inscatolamento in cui ciascuna pu inglobare le altre, tre
zone di addensamento e focalizzazione della teoria e delle
pratiche della cultura. Dunque, presentazione delle basi
della semiotica della cultura, raccolta di saggi irreperibili,
spaccato del percorso intellettuale di Lotman e della sua
scuola, appassionata e rigorosa riflessione sulle culture.
Un libro per molti lettori e molte possibili letture.
Per scendere un po pi nello specifico possiamo dire
fin dora che la prima sezione situa le ricerche semiotiche
in un mondo in cui lincomprensione fra uomini e cultu-
re divenuta un problema centrale e il rapporto fra
scienza, tecnologia, arte e senso comune in costante
cambiamento. E invita a sperimentare il nuovo, la tradu-
zione dellintraducibile. La seconda, formata da testi
programmatici fondamentali (ad esempio le Tesi per
unanalisi semiotica delle culture), ci riporta agli inizi del-
la semiotica della cultura e dellavventura intellettuale
della Scuola di Tartu. Ci offre cos la fertilit di un
campo di studi appena aperto, denso di proposte da ri-
scoprire, e oggi pronto a riprendere il dialogo come
cercheremo di fare anche in questa nostra introduzione
con la teoria semiotica generale e con le altre discipli-
ne interessate alluomo e ai linguaggi: cultural studies,
antropologia del linguaggio, antropologia culturale. La
terza sezione, dedicata alle poetiche del quotidiano, ci
aiuta a penetrare lintimo rapporto fra rappresentazioni
e pratiche, fra i sistemi di credenze e il comportamento
di ogni giorno. Per capire come modelliamo e diamo
senso alle nostre esistenze; come la grande storia e la vi-
ta minuta, la globalit e la localit, si compenetrino e co-
:: FRANCISCU SEDDA
stituiscano a vicenda. Come nel saggio Il decabrista nella
vita, in cui le vicende della Russia e dei singoli personag-
gi si illuminano reciprocamente.
Questo il percorso che abbiamo cercato di traccia-
re, nel tentativo di raccordare questi studi passati al no-
stro presente.
Nella teoria generale
Il progetto di una teoria semiotica della cultura pu
vantare una relazione stretta, profonda, con la nascita
stessa della semiotica come metodo e disciplina. Si po-
trebbe dire, pi in generale, che esso sembra inscritto
come orizzonte allinterno dellopera dei grandi padri
della semiotica. Solo per fare pochi esempi si potrebbe
pensare a Ferdinand de Saussure (1922) quando propo-
neva di concepire la semiologia come una scienza che
studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale o ri-
cordare la proposta di una metasemiotica una se-
miotica che ha come suo contenuto delle semiotiche
che chiude I fondamenti della teoria del linguaggio di
Louis Hjelmslev (1961).
Non diversamente la tensione verso una semiotica
come studio delle forme e delle logiche della cultura si
ritrova nei maggiori protagonisti della ricerca moderna:
Barthes, Eco, Greimas, Fabbri. Giusto per fare qualche
esempio, vale la pena ricordare che lo studio della signi-
ficazione come studio del mondo delluomo e come
epistemologia delle scienze umane apre Semantica strut-
turale di Algirdas J. Greimas (1966) e ne accompagna
tutta lopera, fino allo studio delle passioni e delle forme
di vita; Umberto Eco che gi nella proto-semiotica
Opera aperta (1962) aveva puntualizzato di non essere
n critico n studioso destetica, quanto piuttosto uno
storico dei modelli di cultura nel 1969 faceva co-
IMPERFETTE TRADUZIONI :,
noscere in Italia, insieme a Remo Faccani, lo struttura-
lismo sovietico e lo studio dei sistemi di segni (cfr.
Faccani, Eco 1969), intitolava lintroduzione del suo
Trattato (1975) Verso una logica della cultura e ancora
nel 1990 introduceva la versione inglese di un impor-
tante volume di Lotman: Universe of the Mind. A Se-
miotic Theory of Culture (1990).
Non stupisce dunque che, passati gli anni utili e ne-
cessari dellaffinamento degli strumenti e della discesa
in apnea nelle singole analisi testuali, oggi la semiotica
della cultura (o delle culture) insieme alla sociosemio-
tica ritorni a costituire il campo dazione, o quanto-
meno lorizzonte auspicato, di grande parte della ricer-
ca. Il consenso traversale attorno a questa dicitura non
pu essere sottovalutato, anzi, va colto e fatto fruttare,
perch la semiotica ha necessit teorica e politica di
una sua identit. E la parola politica non usata a
caso: nel Trattato Umberto Eco definiva la soglia supe-
riore del campo semiotico con i suoi limiti politici
proprio nel punto di congiunzione fra tipologia delle
culture e antropologia. Ebbene, sembra che la se-
miotica abbia abbandonato quella frontiera forse per
falsa modestia o forse per distrazione e oggi si ritrovi
a pagarne il prezzo in termini di centralit, presenza,
visibilit, legittimazione peso, per tagliar corto
allinterno del dibattito sociale. Non un caso forse
che questo spazio sia oggi prevalentemente occupato
dallantropologia culturale e dai cultural studies e che
la semiotica che pure aveva svolto un ruolo seminale
e fecondante su temi quali i conflitti culturali, la co-
struzione delle identit, il senso delle storie, le tradu-
zioni fra sfere discorsive e linguaggi diversi non rie-
sca a valorizzare il suo stesso patrimonio e partecipare
con il suo bagaglio di categorie, concetti e modelli a un
dialogo disciplinare e politico-culturale decisivo per la
contemporaneit.
: FRANCISCU SEDDA
Il fatto che, come dicevamo, la semiotica della cultura
quantomeno come slogan stia implicitamente fa-
cendo da punto di incontro e di incrocio di molti degli
autori principali dellattuale panorama semiotico pen-
siamo alle conclusioni di Paolo Fabbri e Gianfranco
Marrone (2001) nel secondo volume di Semiotica in nu-
ce, ad alcune importanti note sul rapporto fra enciclope-
dia, senso comune e semiotica della cultura fatte da Pa-
trizia Violi (2000), alla semiotica delle culture proposta
da Franois Rastier (2003), o agli ultimi scritti di Jac-
ques Fontanille (2004a; 2006) che pongono anchessi lo
studio delle pratiche e del piano dellespressione sotto
legida della semiotica delle culture non pu passare
inosservato: dovrebbe, a nostro avviso, trovare un senso.
Non questo, ovviamente, il luogo per tentare sintesi
che giocoforza dovranno essere il prodotto di un lavoro
lungo e dialogico, ma sicuramente si pu provare a pro-
nosticare che rimettere in gioco il patrimonio lotmania-
no in vista di una sua piena e reale integrazione nella
teoria generale potrebbe dare una salutare scossa allin-
tero ambito semiotico.
Una semioticit doppiamente necessaria
proprio nel primo saggio che qui pubblichiamo,
quello sulle Ricerche semiotiche, che ci si trova davanti
a un tema di profondit e portata vertiginosa. Un tema
cos grande da rischiare, come vedremo con Greimas,
la caduta nella metafisica e forse proprio perci evi-
tato o ritenuto inutile. Un tema che tuttavia vale la pe-
na riprendere, non certo per risolverlo ma per inqua-
drare lo sfondo della riflessione semiotica sulla cultura.
Si tratta del rapporto fra la semiotica, la coscienza
umana e la vita sociale. O, detto in altri termini, la ne-
cessit o linerenza allessere umano e allumanit in
IMPERFETTE TRADUZIONI :,
quanto tali, di un punto di vista e di un modo di esse-
re semiotici.
un tema che sconfina facilmente in territorio filo-
sofico. Non a caso lo ritroviamo in un dialogo del 1984
fra Paul Ricur e Algirdas Greimas dedicato alla narra-
tivit in cui i due operano una serie di mosse e contro-
mosse discorsive nel tentativo di accerchiarsi vicende-
volmente, di inglobare il punto di vista dellaltro allin-
terno del proprio. In poche parole, Ricur cerca di mo-
strare la fondamentalit della nostra precomprensione,
della nostra capacit di seguire storie a prescindere da
una specifica competenza semiotica; Greimas, dal suo
canto, si appella allinevitabilit del ricorso a delle strut-
ture profonde del senso per cogliere la significazione di
quelle catene di figure che ordinano superficialmente
i nostri discorsi.
Largomentazione di Greimas tende dunque ad af-
fermare la fondamentalit della sua visione rimarcando
il valore di universali di tali strutture profonde
3
: a te-
stimonianza di ci il fatto che queste sono rintracciabili
al di sotto di proverbi, indovinelli e narrazioni prove-
nienti da migliaia di comunit linguistiche di ogni par-
te del mondo. Nondimeno evidente per lo studioso
lituano che ridiscendere dal senso verso la significazio-
ne un modo per dar senso al senso, per arricchire
la comprensione della superficie testuale. Dal suo can-
to Ricur avvalora la sua posizione proprio mentre
concede alla semiotica il ruolo di spiegazione allin-
terno della dialettica fra comprendere e spiegare. La
sua famosa formula, spiegare di pi per comprendere
meglio, mentre da un lato tenta una parziale (e nella
sua elegante semplicit, geniale) conciliazione, dallal-
tro riafferma comunque la secondariet della presa se-
miotica sul senso. Nessuno dei due lo dice, ma mentre
Greimas ha dovuto rischiosamente enfatizzare la na-
turalit della semiotica, Ricur ne ha fin troppo enfa-
:o FRANCISCU SEDDA
tizzato la storicit, intendendola semplicemente co-
me un sapere disciplinare.
Lotman e Uspenskij a loro modo si tengono in mezzo
a questo varco, cercando di annodare in pochi passi na-
turalit e culturalit, implicito ed esplicito, sapere quoti-
diano e sapere scientifico.
Per loro il punto di vista semiotico organicamente
intrinseco alla coscienza umana e in questo senso costi-
tuisce un fenomeno non solo vecchio, ma anche ben no-
to a tutti. Il punto che luomo, nella sua coscienza in-
genua, non lo sa e ha necessit di un sapere scientifico
per farlo emergere. Sembrer un ragionamento contrad-
dittorio, dato che gli studiosi russi hanno appena detto
che il punto di vista semiotico ben noto a tutti: la
cosa invece si spiega facilmente. Il sapere scientifico che
fa emergere la nostra intrinseca semioticit non sta, per
luditorio che ne deve sanzionare i risultati, nellordine
del Non ci avrei mai pensato come si portati a rea-
gire davanti alle teorie fisiche delle superstringhe, della
relativit, al principio di indeterminazione, oppure da-
vanti alla struttura del genoma e cos via ma piuttosto
si riassume nellaffermazione Lho sempre saputo, at-
testazione di una verit gi presente che attendeva di es-
sere riconosciuta. Attraverso larticolazione di questi
due semplici giochi linguistici
4
Lotman e Uspenskij, ci
pare, operano un doppio movimento che lega con evi-
dente vantaggio per la semiotica le posizioni di Grei-
mas e Ricur. Essi infatti, implicitamente, affermano
nientemeno che una doppia necessit della semiotica, po-
nendola a monte e a valle del nostro vivere nel senso.
Da un lato infatti, come ribadiscono, il punto di
vista semiotico sempre presente nelle azioni e nella
coscienza delluomo e dunque ci inerisce comunque e
a prescindere dalla nostra coscienza; sta a monte. Dal-
laltro lato, la semiotica in quanto disciplina scientifica
si inserisce a pieno titolo nella scienza del XX secolo, in
IMPERFETTE TRADUZIONI :;
particolare quella che cerca di penetrare ci che, pro-
prio in quanto semplice ed evidente (ib.), non era
mai stato analizzato. Affermazione non da poco non
solo per levidente connessione con lidea di Hjelmslev
di trattare il campo della scienza (la Cultura) come
linsieme dei testi inanalizzati (mossa che salva con-
temporaneamente la possibilit della scienza dei lin-
guaggi senza abrogare la sensatezza del nostro vivere
comune attraverso di essi) ma anche per i passaggi sto-
rico-antropologici che sottende e che vedremo
5
. Da ta-
le punto di vista dunque la semiotica si inserisce in un
movimento scientifico pi ampio di esplicitazione dei
meccanismi che reggono il nostro vivere in comune e
in quanto tale aspira non tanto a conoscere qualcosa
di nuovo quanto al contenuto, bens piuttosto ad am-
pliare la stessa conoscenza della conoscenza (in Ricer-
che semiotiche, infra, p. 75).
Insomma avevamo bisogno della semiotica come sa-
pere scientifico (come spiegazione) per capire la no-
stra intima semioticit (il nostro comprendere grazie a
strutture e a meccanismi semiotici che ci appartengono
e in parte ci agiscono ma ci sfuggono). Non male co-
me accerchiamento.
La conseguenza immediata di questa circolarit ap-
pena esposta la riaffermazione di unidea per la quale,
cos confessava Greimas, era stato lungamente preso in
giro (Greimas 1987b, p. 169). E c da sospettare che
di questa umiliazione abbiano pagato gli effetti tutti gli
studiosi di semiotica e di scienze umane.
Rispondendo a una domanda intorno alla sua opera
lo studioso lituano affermava infatti che la semiotica,
oltre a lavorare per arricchire la sua propria teoria e
per esplorare campi di esperienza e semantici differen-
ti, era essa stessa azione sulle cose, realizzazione
(ib.). In definitiva Greimas rivendicava di aver sempre
affermato che
: FRANCISCU SEDDA
cera una vocazione della semiotica, non soltanto per la co-
noscenza del fatto sociale o individuale, ma anche per la
trasformazione del sociale o dellindividuale: che la semio-
tica in ultima istanza poteva essere come una terapeutica
del sociale (ib.).
Si sarebbe dovuto trattare dunque di una semiotica
che concepiva la realizzazione come atto somatico ()
che verte sulla materialit delle cose e che si sarebbe
dovuta preoccupare di indagare la superficialit dei
fenomeni per coglierli nel loro effetto sulla vita della
gente. Una semiotica, prima di tutto, come pratica di
analisi e trasformazione: una meta forse lontana da rag-
giungere, ma per Greimas di importanza capitale (ib.).
Insomma, la semiotica della cultura odierna vorreb-
be, senza perdere il suo statuto di scienza rigorosa, riaf-
fermare il suo statuto di arte di vivere, di poetica e poie-
tica della quotidianit, come si potrebbe dire richiaman-
do al contempo Lotman e de Certeau: evidente, facen-
do ci, ponendosi a pieno titolo nella vita in comune,
ponendo la semiotica fra scienza e arte, il semiotico riaf-
ferma se stesso come soggetto politico.
Configurazioni semiotiche
Questo vivere in modo (doppiamente) semiotico ci
consente e costringe a riandare ad alcuni altri temi fon-
damentali.
In primo luogo ci riporta a Peirce ed Eco, in partico-
lare allidea che la realt non un semplice Dato,
piuttosto un Risultato (Eco 1979, p. 43) che nasce dal
lavorio interpretativo di una Comunit
6
(Peirce 2003,
pp. 106, 109, 5.311 e 5.316; Eco 1997, p. 79) e che non
si fissa semplicemente in un sapere ma anche in abitudi-
ni, vale a dire regolarit di comportamento che fanno
dellagire stesso un segno (quantomeno potenziale).
IMPERFETTE TRADUZIONI :,
Non a caso Peirce dice che lidentit di un uomo consi-
ste nella coerenza tra ci che egli fa e ci che egli pensa
(p. 109, 5.315) e traduce questa articolazione nei termini
di un esprimere qualcosa che sia intelligibile, renden-
do insostenibile una netta distinzione fra il pensare, il di-
re e il fare. In definitiva riemerge qui, sotto altre forme,
un punto cardine della semiotica attuale: il carattere
performativo del linguaggio e il carattere linguistico delle
pratiche. Atti espressivi ed espressioni attive. Come a di-
re che lagire non muto, non pura opacit, e che i se-
gni oltre a o prima ancora di rappresentare qualcosa
si danno in quanto azioni sul mondo, in quanto tattiche
per la sua costituzione e modificazione (Fabbri 1998a),
sia che essi agiscano a livello propriamente cognitivo, op-
pure su quello pragmatico, patemico o estesico.
Non un dato da poco perch come si avr modo di
vedere nei saggi di Lotman sulle poetiche del comporta-
mento quotidiano proprio a questi giochi di concatena-
mento che la semiotica della cultura deve far riferimento
per ricostruire o penetrare lintelligibilit di configura-
zioni semiotiche complesse. Se volessimo riportare que-
sto gioco di correlazione a due serie minime ed elegges-
simo a tale ruolo il rapporto fra rappresentazioni e prati-
che (come del resto Lotman ci d modo di fare in pi
occasioni, e non solo in questi saggi) non ci troveremmo
granch distanti dalla rilettura deleuziana della teoria
della cultura di Foucault, laddove le formazioni che
costituiscono il sociale emergono dal concatenamento
fra pratiche discorsive e pratiche extradiscorsive (Deleu-
ze 1986). Tuttavia, per mantenerci pi vicini alleteroge-
neit del reale converr notare, leggendo i testi, tutti
quei punti in cui Lotman ricrea degli insiemi fatti di pa-
role, gesti, situazioni detichetta, brandelli di narrazioni
mitiche o romanzesche, riferimenti pittorici o teatrali e
cos via, riproducendo delle specie di anelli semiotici,
nel linguaggio di Deleuze e Guattari (1980), vale a dire
:c FRANCISCU SEDDA
delle formazioni culturali (che la semiotica definisce e
percepisce comunque come testi o testualit) che
possiamo immaginare come delle configurazioni signifi-
cative prodotte attraverso la compresenza di sostanze
espressive diverse. Come ad affermare fra laltro (e ci
torneremo) che niente significa in solitudine e nessun
linguaggio significa da solo.
Prensioni e traduzioni
Al di l delle aperture fra visioni diverse della cultura
(cosa che va fatta con pi cautela di quanto ci si possa
permettere in questa breve introduzione) emerge qui il
problema dei modi stessi di concatenamento. Problema
che fa il paio con lindividuazione dei modi di prensione
del senso da parte dei soggetti.
Questo accoppiamento fra concatenamenti e pren-
sioni lo si vede in controluce nel dibattito fra Ricur e
Greimas, laddove per il primo la comprensione ha a
che fare con i segni e la loro com-posizione, potremmo
dire, lineare, nel tempo, mentre per il secondo il senso e
la sua presa reale sono debitori di strutture soggiacenti,
astratte, che definiscono dei sistemi di posizioni rispet-
to a cui ci che sta sulla superficie del racconto acquista
il suo valore. Come se in gioco fosse la dis-posizione di-
namica (definizione e trasformazione) dei significati in
uno spazio.
evidente che se volessimo mantenere salde le diffe-
renze potremmo sottolineare che allopposizione fra
Ricur e Greimas si pu sostituire o affiancare quella
fra Eco e Lotman, laddove il primo ha evidenziato il gio-
co di continuo rinvio fra segni per tentare una presa
quantomeno asintotica del significato (Eco 1984) e il
secondo ha invece costantemente valorizzato lo spazio
non solo come metalinguaggio descrittivo ma perfino,
IMPERFETTE TRADUZIONI ::
sul finire del suo percorso teorico, come sistema mo-
dellizzante primario al pari del linguaggio naturale, at-
tribuendogli dunque un ruolo profondissimo nella strut-
turazione del senso (Lotman 1992a).
Queste due logiche sono state colte anche da Jacques
Geninasca (1997) laddove, partendo dallo studio dei te-
sti letterari, ha definito una prensione molare, basata sul
segno-rinvio e sul senso comune, e una prensione seman-
tica, basata su di una spazialit astratta che articola la si-
gnificazione in profondit, una prensione legata a quello
che potremmo definire un senso non-comune, bens
scientifico-analitico.
Arrivati a questo punto ci sembra utile richiamare al-
cuni passaggi apparentemente minori in cui queste logi-
che differenti paiono trovare un elemento comune che
potrebbe in futuro aiutarci a correlarle. Questo tratto
comune il processo cardine, secondo Lotman, della
generazione della significazione: la traduzione.
Il ruolo fondamentale della traduzione
7
si ritrova
praticamente in tutta lopera lotmaniana e nel suo ulti-
mo libro, La cultura e lesplosione (1993), assume con-
torni generali dalle complesse, e qui non analizzabili,
implicazioni
8
. Gi in precedenza tuttavia, analizzando
la struttura del testo poetico, Lotman aveva elaborato
una tipologia di modi di formazione del significato ba-
sati sulla traduzione (o, con termine del tempo, tran-
scodifica). La distinzione base era quella fra una tradu-
zione interna, vale a dire il rinvio fra segni appartenen-
ti allo stesso sistema, e una traduzione esterna, in cui
sempre in gioco la creazione di unequivalenza conven-
zionale fra due sistemi. Una distinzione base che peral-
tro si apriva internamente a pi complesse sfumature,
utili a mostrare le due logiche del senso fin qui indivi-
duate non come entit opposte frontalmente quanto
piuttosto come elementi di un unico continuum (Lot-
man 1970, pp. 48-49).
:: FRANCISCU SEDDA
Del resto, oltre a ricordare la sua centralit in Jakob-
son (1963) (sebbene con il linguaggio verbale preso pur
sempre come punto archimedeo), vale la pena eviden-
ziare che la stessa impostazione centrata sulla traduzione
si ritrova in alcuni passaggi generalmente meno ricordati
di Greimas e in diverse definizioni del significato date
da Peirce e riprese da Eco.
NellIntroduzione a Del senso Greimas (1970, p. 13)
postulava che la significazione () non altro che que-
sta trasposizione dun piano di linguaggio in un altro, di
un linguaggio in un linguaggio diverso, mentre il senso
semplicemente questa possibilit di transcodifica e pi
avanti distingueva una transcodifica orizzontale, di carat-
tere principalmente processuale, da una verticale, di tipo
metalinguistico, fondamentalmente equiparabili a quelle
individuate da Lotman. Nondimeno in Peirce si ritrova-
no due definizioni del significato apparentemente ricon-
ducibili a queste due logiche. Al primo caso pare corri-
spondere lidea che il significato di un segno il segno
in cui esso deve venir tradotto (Peirce, in Eco 1979, p.
33), lasciando aperta la possibilit che in questo passag-
gio rimanga condiviso il linguaggio, il sistema di virtua-
lit, che regge questa concatenazione espressiva. Al se-
condo caso corrisponde lidea che il significato , nella
sua accezione primaria, la traduzione di un segno in un
altro sistema di segni (ib.), lasciando intendere che qui a
essere in rapporto, per il tramite di una realizzazione se-
gnica, siano due sistemi di significazione diversi.
Ritmi, strutturazioni, memorie
Arrivati a questo punto vale la pena reintrodurre il
terzo tipo di prensione individuato da Geninasca, la
prensione ritmica, e intenderla sia come unulteriore lo-
gica, sia come il cuore e il motore delle altre due.
IMPERFETTE TRADUZIONI :,
Lemersione e la costituzione del senso e dei suoi og-
getti fatta di ritmi che si correlano: a partire da quanto
Lotman scriveva ne La struttura del testo poetico (1970,
p. 47), fino ad arrivare a Geninasca (1997), Landowski
(1997; 2003), Marrone (2001; 2005) e Fontanille
(2004b) e lattuale rivalutazione del ruolo della timia,
dellestesia, del corpo e dei corpi allinterno del campo
semiotico, evidente che fin dentro la funzione segni-
ca, in qualsiasi momento in cui vediamo baluginare
qualcosa che significa, che si d nellordine semiotico
della testualit, noi abbiamo a che fare con almeno due
ritmi (Lotman le chiamava catene-strutture), uno in
funzione di piano del contenuto e laltro dellespressio-
ne, che si saldano o, verrebbe da dire a noi ma senza po-
ter ulteriormente argomentare, si co-selezionano e co-
emergono.
Il ritmo qui va inteso come forma dinamica (Benve-
niste 1966), la forma nel suo aspetto di apertura e pro-
cessualit. Ogni testo, anche quello apparentemente
pi chiuso, attraversato da ritmi molteplici che dina-
mizzandolo e sfrangiandolo dallinterno si danno come
virtualit di senso, come possibilit di correlazioni fu-
ture. per questo che, a dispetto di quanto si crede o
fa comodo pensare, la semiosfera come descritta da
Lotman non fatta di spazi circoscritti ma intessuta
di flussi di testi che ne sono le correnti non a caso
tornano spesso la metafora dei dislivelli energetici, del-
le differenze di potenziale, di processi di attrazione e
repulsione pronte a entrare in relazione con altri flus-
si e altri panorami inizialmente imprevedibili, generan-
do dialoghi, intersezioni, ondate, effetti a valanga,
esplosioni
9
:
the circulation of texts moves ceaselessly in all directions,
large and small currents intersect and leaves their traces.
At the same time texts are relayed not by one but by many
centres of the semiosphere, and the actual semiosphere is
: FRANCISCU SEDDA
mobile within its boundaries [and] these same processes
occur at different levels () (Lotman 1990, p. 150).
La semiosfera, dice poco dopo Lotman per rendere
pi vivida limmagine, ribolle come il sole.
Riandare ai micro o macro ritmi che a ogni livello co-
stituiscono il mondo del senso nel suo precario equilibrio
(o nel suo costante disequilibrio) ci sembra necessario.
Ma sullonda dellentusiasmo per questa salutare fluidit
non ci si pu scordare la presenza di strutture che garan-
tiscono la tenuta locale dei ritmi, o il formarsi di vere e
proprie concrezioni segniche, anche grazie al decisivo
ruolo della memoria culturale. E nel ripercorrere tutti
questi livelli apertura, strutturazione, fissaggio nem-
meno bisogna credere che ci sia un valore dato, per cui
una dimensione sarebbe consustanzialmente progressiva
e unaltra rigidamente regressiva o conservatrice, rica-
dendo in una visione miope che impedisce di vedere co-
me ogni dimensione vive delle altre. La memoria, lorga-
nizzazione del sapere, ha i suoi ritmi e le sue strutture
non a caso parliamo della superficie segnica anche in ter-
mini di enciclopedie rizomatiche (Eco 1984) , le struttu-
re si fissano fino a diventare dispositivi (Greimas, Fonta-
nille 1991), i ritmi nel momento in cui emergono tradi-
scono una certa strutturalit o percolano essi stessi nel-
la memoria della cultura, fino a diventare come degli
standard musicali, riconoscibili seppur sotto fogge diffe-
renti. Capaci comunque di toccarci e farci ondeggiare,
battere il tempo, fino al punto in cui non possiamo far a
meno che alzarci e reiniziare a ballare.
Riconquistare una presa su di una quotidianit sem-
pre pi complessa e sfuggente riuscire a coglierne il
canto violento (de Certeau 1974) significa secondo
noi, se ben stiamo traducendo leredit di Lotman, for-
nirsi di strumenti per comprenderne contemporanea-
mente strutturazioni e destrutturazioni, processualit e
IMPERFETTE TRADUZIONI :,
sistematizzazioni, flussi e panorami, stabilit e dinami-
smi, ritmi e memorie. Significa cogliere la vita nella sua
generale poeticit e poieticit: senza aver paura di rico-
noscerne le formalit che continuamente vi depositiamo
grazie al lavorio della cultura, dei corpi, dellimmagina-
zione e al contempo la consustanziale imprevedibilit
che questo intreccio di relazioni plurali, molteplici, opa-
che nel loro eccesso, necessariamente riproduce. Noi
dobbiamo guardare al tessuto e alla tessitura, nella loro
imperfezione e incompiutezza, certo, ma nondimeno
nella loro irriducibile presenza. Dobbiamo cogliere le
molteplici rime (semantiche, plastiche, figurative) che
tessono e disfano come Penelope, ma nello stesso
identico momento la trama del reale; cos come dob-
biamo cogliere le copiose rimotivazioni dellarbitrario
(Fabbri 2000), le continue generazioni di essenze fattic-
ce attraverso sciami di metafore (Merleau-Ponty 1964;
Nietzsche 1991) che ci fanno sembrare, una volta scor-
dati i nostri stessi gesti creativi, tutto cos reale, cos
vero, cos solido e costrittivo. E tuttavia, pur sempre
stranamente fragile e congiunturale.
Definizioni dimenticate, confini attraversati
Se ci siamo dilungati in questo percorso stato anche
per rendere pi vivida la necessit di riprendere la defini-
zione della semiotica della cultura che si ritrova sia nelle
Proposte per il programma della IV Scuola estiva coordina-
ta da Lotman a Tartu nel 1970, sia allinizio dello scritto
a pi mani che rappresenta un momento di sintesi di
quel periodo e di quellesperienza comune di ricerca: le
Tesi per unanalisi semiotica delle culture del 1973.
In questi passaggi ritroviamo una sorta di monito e
premonizione rispetto a ci che sarebbe stata una parte
della ricerca semiotica, fin troppo attenta allautonomia
:o FRANCISCU SEDDA
dei singoli linguaggi fin quasi a creder vera la loro par-
cellizzazione, e cos spesso incapace di risalire in super-
ficie, verso leterogeneit fondante Lotman non si
stancher di ripeterlo fino alla fine (1993a, p. 145)
della semiosi sociale, in cui la comprensione dei proces-
si di senso implica necessariamente una visione dinsie-
me, capace di cogliere i raccordi e i conflitti fra i sistemi
di significazione.
Ecco come si esprimevano gli studiosi della Scuola di
Tartu:
I singoli sistemi segnici, pur presupponendo strutture con
una organizzazione immanente, funzionano soltanto in
unione, appoggiandosi luno allaltro. Nessun sistema se-
gnico possiede un meccanismo che gli consenta di funzio-
nare isolatamente. Ne consegue che, accanto a una impo-
stazione che permetta di costruire una serie di scienze re-
lativamente autonome del ciclo semiotico, anche unaltra
lecita, dal punto di vista della quale tutte queste scienze
considerino aspetti particolari della semiotica della cultura,
intesa come scienza della correlazione funzionale dei di-
versi sistemi segnici.
E se questa definizione pu apparire ancora neutra,
ordinata o statica, i termini appaiono pi chiari in una
sua successiva ripresa in un famoso saggio del 1977 dal
titolo La cultura come intelletto collettivo e i problemi
dellintelligenza artificiale (in Lotman 1980), uno scritto
che fra laltro ci aiuta a sottolineare come anche nei sag-
gi qui ripubblicati ricompaia senza posa il rapporto fra
scienza, tecnica, arte e cultura. E come Lotman, davanti
ai timori che il progresso tecnico-scientifico spesso cau-
sa
10
, rispondesse con la curiosit e la sfida alla sperimen-
tazione, al dialogo fra scienze e campi del sapere appa-
rentemente distanti o conflittuali.
Ma torniamo dunque a questa autodefinizione che
esplicita esattamente lo spazio dinamico, dissonante e
IMPERFETTE TRADUZIONI :;
polilogico in cui la semiotica della cultura sceglie fin dal-
linizio di situarsi:
Lautodefinizione della semiotica della cultura legata ai
problemi riguardanti il reciproco condizionamento funzio-
nale nella vita dei vari sistemi semiotici, la natura della lo-
ro asimmetria strutturale, la loro reciproca intraducibilit.
Dal momento in cui divenuto chiaro che i singoli sistemi
semiotici si dispongono in ununit strutturale grazie alla
loro reciproca non uniformit, ha cominciato a svilupparsi
uno speciale genere di ricerca estraneo alla semiotica rivol-
ta allo studio dei sistemi comunicativi isolati (Lotman
1980, p. 34).
Impossibilit dellisolamento, asimmetria interna ed
esterna, costituzione del proprio attraverso laltro Lot-
man parler di una vera e propria necessit dellaltro in-
nervata nelle viscere della cultura (Lotman 1985; 1994a)
e contemporaneamente, intraducibilit e non unifor-
mit fra sistemi.
Non un caso a questo punto che lungo la sua ricer-
ca Lotman abbia valorizzato costantemente il confine
come spazio di frontiera, come luogo di congiunzioni,
mai facili ma indispensabili per linsorgere del nuovo, di
nuova diversit e di nuove comunanze al contempo: di
nuove culture. Il confine come zona di passaggio, densa
di pratiche di attraversamento, di articolazioni identita-
rie impreviste, come si potrebbe dire con Clifford
(1997) e Hall (1986). Zona di creolizzazione (Glissant
1996), intesa come continuo processo di mescolamento,
ma anche di creolit (Bernab, Chamoiseau, Confiant
1989; Chamoiseau 2005), vale a dire formazione di una
terza cultura ibrida e tuttavia unica che nasce dallincon-
tro-scontro delle prime due (Lotman 1985). Valorizza-
zione della periferia, intesa anche come spazio reale,
geografico e geopolitico, ma prima di tutto come spazio
astratto, che si pu manifestare dovunque, ovunque lin-
: FRANCISCU SEDDA
tersecazione di corpi singoli e collettivi, di storie e me-
morie differenti, rimette la cultura in movimento. Spazio
caratterizzato dalla destrutturazione (decostruzione?)
del senso dato del sentimento di datit del senso e di
prefigurazione di un senso a venire: lincontro riapre
sempre i giochi e lo fa riempiendo lo spazio di vuoti.
Traendoci fuori dalla passivit, incrinando lautomati-
smo che la cultura stessa paradossalmente produce (Lot-
man, Uspenskij 1975), ci costringe (o ci d la possibilit,
questione di punti di vista) a giocare con gli altri
11
, a
giocare con le forme del mondo.
C, tuttavia, un elemento decisivo da tenere in con-
to quando richiamiamo il concetto di confine semioti-
co, vale a dire il fatto che Lotman, analista interessato
a dar conto prima di tutto dei meccanismi intimi della
cultura e restio ad attribuire a essi valori e significati
ultimi e immutabili maestro davvero non essenziali-
sta e non fissista, sensibile alle trasformazioni semanti-
che nello spazio e nel tempo fa del confine un dispo-
sitivo paradossale, un dispositivo che a un livello uni-
sce e a un altro livello, al contempo, separa. Separa, nel
senso che il confine anche un generatore di riflessi-
vit, di necessaria autodefinizione e autocoscienza.
lincontro con laltro, che ci cambia e contemporanea-
mente ci fa noi stessi, che ci fa nuovi e contemporanea-
mente ci fa credere di aver ritrovato la nostra memoria,
il nostro passato, la nostra coscienza. Costruzione si-
tuata di un credere e di un sapere che fa ogni volta i
conti con le aporie del tempo.
Probabilmente niente meglio dellidea di con-divisio-
ne (Nancy 1990) il fra di noi, che ci fa essere uniti e di-
visi al contempo pu riassumere questo problema cen-
trale per chi vuol prendere sul serio le politiche delli-
dentit, i processi di articolazione di connessioni e scon-
nessioni storiche, geografiche e politiche, in cui in gioco
sempre il nostro ponderare, o provare a tenere sotto
IMPERFETTE TRADUZIONI :,
controllo, indipendenze e interdipendenze (Clifford
2001; 2002; 2003; Rosenau 2003).
Bisogna accettare tutta la paradossalit del confine
come luogo di unione e separazione, di attraversamento
e permanenza si pu abitare una frontiera, farla dive-
nire la propria terra per poter evitare le molte banalit
che si sentono in giro sul tema delle identit. Non un
caso che negli ultimi scritti dei migliori pensatori del-
lantropologia e dei cultural studies si ritrovino delle
analisi che ruotano attorno alla complessa e conflittuale
articolazione di identit pragmatiche e ideologiche
Appadurai ne parla ad esempio con riguardo dei senti-
menti antiamericani di quegli immigrati che per molti
versi lottano per vivere da americani (Appadurai 2005;
cfr. anche Clifford 2003) che riproduce in buona so-
stanza i due livelli che compongono il confine lotmania-
no. E non sarebbe inutile mettere in dialogo tutto ci,
ad esempio, con le riflessioni di Jacques Geninasca
(1997), laddove offre strumenti semiotici per soppesare i
rapporti fra le componenti timiche (emozionali) e predi-
cative (coscienziali) del credere, e le loro implicazioni
nella definizione delle identit dei soggetti: per capirne i
processi di scissione, crisi, composizione o infinita ricer-
ca di una identificazione che, come lorizzonte, conti-
nuamente ci muove e ci sfugge.
Sarebbe forse un altro confine attraversato. Perch
c confine dovunque ci sia il tentativo, o la necessit, di
una traduzione.
Limplosione ed esplosione del mondo
Ogni idea radicata in una storia e in una geografia
(Merleau-Ponty 1964, p. 56). Ogni pensiero, in tal sen-
so, un pensiero situato che non smette di tradire il
fondo da cui si origina (Sedda 2005). Qual dunque lo
,c FRANCISCU SEDDA
spazio-tempo a cui si ancora la semiotica della cultura in
quanto pensiero, con la sua sensibilit per la traduzione,
i confini, lautocoscienza intesa come autodefinizione?
Una parziale risposta si trova nel testo dapertura di
questo libro (Ricerche semiotiche) e va ben oltre, ad
esempio, lorigine strettamente russa che Rastier
(2003) evoca parlando della semiotica della cultura di
Lotman.
Quello che Lotman e Uspenskij fanno in questo sag-
gio, infatti, notare, a partire dallanalisi di testi concre-
ti, lemersione di un problema per lungo tempo non te-
matizzato nellambito della cultura: quello dellincom-
prensione fra gli uomini, una incomprensione che provo-
ca necessariamente conflitti e collisioni tragiche.
Il paradosso che i due studiosi sottolineano che
lemergere di questo tema fa il paio con la contempora-
nea trasformazione del mondo in un piccolo spazio,
in cui si rafforzano per certi versi i sentimenti di soli-
dariet umana e chiara diviene la coscienza dellunita-
riet del pianeta.
Insomma, nel momento in cui ci si aspetterebbe una
diminuzione delle difficolt di comunicazione fra gli uo-
mini le si vede aumentare. Causticamente si potrebbe
dire che lunitariet del pianeta servita per fare delle
guerre pi grandi, mondiali. Ma non si tratta solo di
un cambiamento di scala quantitativa. Il processo che
agli inizi del 1900 portava Paul Valry (1945, p. 23) a di-
re Comincia lera del mondo finito, quel processo che
portava lespansionismo delle nazioni occidentali a satu-
rare il mondo e a interconnetterlo tanto forzatamente
quanto ambiguamente, non doveva lasciare immutata la
qualit dei rapporti fra gli uomini e le culture. La fine di
quel mondo era, forse, linizio di un altro, il nostro
12
.
LOccidente etichetta tanto generica e vischiosa
quanto quella di Oriente mangiandosi il mondo fago-
citava anche se stesso. Vista col senno di poi lespansio-
IMPERFETTE TRADUZIONI ,:
ne coloniale occidentale si rivelava come una fragorosa
implosione. Come la rana che gonfiandosi il petto per
sembrare pi grossa del toro fin per esplodere.
Ma non si era detto implosione? Proprio cos, im-
plosione ed esplosione, collasso del vecchio e insorgenza
del nuovo. Come la rana nel momento fatale o, come di-
cono i teorici delle superstinghe, come luniverso, con-
temporaneamente in espansione e in contrazione (Gree-
ne 1999). Si aspettava forse lOccidente che gli altri sa-
rebbero rimasti a guardare? Che questi altri avrebbe-
ro indefinitamente accettato che lOccidente parlasse a
nome loro? Che avrebbero accettato la giustificazione,
largamente condivisa in Occidente sia fra progressisti
che conservatori, per cui gli altri, gli orientali, avevano
bisogno degli occidentali per essere rappresentati, per
salvarsi dagli ipotetici danni che una volta liberi avreb-
bero causato a se stessi (Said 1978)?
Ci di cui lOccidente doveva tragicamente accorgersi
era che gli altri avevano sempre narrato la loro storia e
avevano ancora intenzione di farlo. Doveva accorgersi
che gli altri avevano gi da sempre previsto il cambia-
mento e un posto per lalterit dentro il loro sistema cul-
turale; che erano nuovamente pronti a importare dalle-
sterno e indigenizzare quanto serviva per la loro vita
(Sahlins 1994; 2000). Beninteso, niente e nessuno usciva
intatto e immutato da questo rapporto di forze che
tuttoggi continua, ogni volta pi o meno teso, asimme-
trico, conflittuale, produttivo (o distruttivo). E tuttavia
nel momento in cui lo spazio del mondo finiva, ecco che
si attualizzava la pluralit dei suoi spazi interni, delle sue
storie incrociate, dei suoi confini molteplici. Nel momen-
to in cui il mondo implodeva e lOccidente, dice Lot-
man, non a caso andava alla ricerca del suo altro dentro
di s, nellinconscio , diventando un piccolo unico pun-
to, subito esplodevano dal suo interno una serie di spazi
sovrapposti e interconnessi, ognuno alla ricerca della sua
,: FRANCISCU SEDDA
autodefinizione, ognuno con la rivendicazione di una sua
memoria e di un suo futuro, ognuno pronto ad autode-
scriversi con un suo proprio linguaggio.
Quel processo che lantropologia ha definito come la
scoperta dellaltro (Featherstone 1993), e che coincide
con il crollo di unautorit monologica nella scrittura
delle culture (Clifford, Marcus 1986; Clifford 1988), vie-
ne da Lotman e Uspenskij riportato a livello dellintera
scienza del XX secolo:
La scienza del XIX secolo identificava il punto di vista con-
sueto dello scienziato con la verit e quindi presupponeva
possibile la descrizione soltanto dal mio (dello scienzia-
to, della scienza) punto di vista, il che si esprimeva, ad
esempio, nellassolutizzazione del punto di vista europeo
nellantropologia e della linguistica indoeuropea o della
grammatica latina nella linguistica. Ogni altra descrizione
cio la descrizione fatta in altri termini era considerata
sbagliata (non civilizzata, barbara) e in ultima analisi inesi-
stente per la scienza. La scienza del XX secolo, al contrario,
parte dallesistenza di vari sistemi di descrizione e sinte-
ressa quindi molto di pi del punto di vista dellaltro
(lio dallangolo visuale dellaltro, laltro dal suo
proprio punto di vista).
Il mondo diventa dunque il luogo di incrocio di una
pluralit di prospettive, una pluralit di discorsi, fatti in
linguaggi differenti. Non si tratta di un universo equi-
probabilistico come la notte in cui tutte le vacche sono
nere (o grigie, lo stesso): alcuni linguaggi e alcune
prospettive assurgono (momentaneamente) al ruolo di
dominanti, altri fanno da linguaggi traduttori, ovvero
divengono il luogo di incontro e/o spartizione fra di-
scorsi dai contenuti diversi o di discorsi simili ma fatti
da prospettive differenti, altri linguaggi esercitano il
ruolo di alternativa, di contro-storia, altri ancora cado-
no nella marginalit e nellinsignificanza ma, depositan-
IMPERFETTE TRADUZIONI ,,
dosi nella memoria della cultura, restano l, in sospeso,
come una riserva di senso pronta per essere tradotta e
riattivata in futuro.
Qualcuno domina ma lirriducibile presenza dellal-
terit sembra ormai un dato. Non esiste pi un punto
archimedeo, o un linguaggio essenzialmente e definitiva-
mente capace di parlare la totalit del mondo, di riassu-
merne le voci. La globalit o la dominanza sono delle
posizioni relative che si pu provare a tenere (e che mol-
ti aspirano a tenere), cos come si cerca di tenere un
avamposto in guerra.
Traduzione vs Com-prensione?
per tutto ci che si incominciato a tradurre, e bi-
sogna continuare a pensare la traduzione come un con-
cetto intellettualmente chiave e politicamente strategi-
co. Ormai impossibile com-prendere, prendere tutto
insieme: la stessa volont di comprendere laltro, sotte-
sa a tanto sapere sulle culture, si rivela a questo punto
sospetta o, in modo pi benevolo, incapace di tener fe-
de ai suoi stessi propositi. La com-prensione dellaltro
appare infatti come un movimento che va da s a s
passando per unalterit che viene assimilata al proprio
orizzonte (Said 2002; cfr. anche Borutti 1999). La tradu-
zione pu essere pensata e va praticata invece come
un gesto che va dallalterit allalterit: partendo dalla-
scolto dellaltro perviene a una trasformazione recipro-
ca (la traduzione, si ripete costantemente, arricchisce
sia la lingua di partenza che quella darrivo), alla crea-
zione di due alterit che hanno ora qualcosa in comune,
quantomeno la loro reciproca trasformazione, il loro
stesso essere entrati in contatto.
La traduzione in tal senso va considerata come uno
spazio, un piano, in comune su cui in un dato momento
, FRANCISCU SEDDA
due o pi soggetti si appoggiano per confrontarsi
(Clifford 1997, pp. 55 e 59). Entrandovi ne subiscono le
costrizioni ma col vantaggio di poter entrare in comuni-
cazione con gli altri; entrandovi vi prendono posizione,
lo abitano e lo distorcono ognuno a suo modo.
Lotman ha spesso descritto in un senso similare a que-
sto il ruolo funzionale dei metalinguaggi, non intendendo
per con ci le sole lingue scientifiche ma qualsiasi pro-
dotto umano che generi la correlazione di due o pi siste-
mi di senso. Un caso riportato da Lotman ad es. quello
delle lingue nazionali standard, che intervengono come
meccanismi unificatori che una volta immessi nella realt
offrono s questo piano comune ma vengono al contempo
deformate e rilocalizzate dai diversi gruppi o da ciascun
parlante, che le usa e le abita a suo modo. In modo simi-
lare si potrebbe pensare a quei metalinguaggi fondamen-
tali nella semiosi sociale che sono le costituzioni (e cos
pure i trattati sovranazionali, gli accordi bilaterali o com-
merciali ecc.) che forniscono il parametro e lo spazio di
gioco (pi o meno condiviso) per le parti politiche e so-
ciali di un dato ambito e in un dato momento: terreno di
incontro e di scontro, terreno di riferimento.
Tanto pi ampio lo spettro di diversit che la tradu-
zione tenta di colmare quanto pi essa rischia di essere
creativa e tragica al contempo. Paolo Fabbri ha tenuto
una lezione magistrale sui devastanti effetti della traduzio-
ne del Vangelo in Cina. Jean-Marie Tjibaou, leader del
movimento per lindipendenza kanak, sperimentatore in
vivo della costante necessit di tradurre sia lalterit che la
propria tradizione poteva invece affermare che la Bibbia
non era dei bianchi: con questa frase il politico della Nuo-
va Caledonia attirava lattenzione sullappropriazione se-
lettiva e trasformativa di un oggetto non proprio (Clifford
2003, p. 86; Bensa 1998), divenuto, in una lontana isola
dellOceania, diverso da s e contemporaneamente parte
di una cultura antica e nuovissima al contempo.
IMPERFETTE TRADUZIONI ,,
Si noti il paradosso: il cristianesimo gioca qui il ruolo
di un discorso-parametro, di un linguaggio di traduzio-
ne, globale, e al contempo esiste concretamente solo
come parte del mondo di vita, del mondo immaginato,
di un collettivo situato che facendolo suo lo localizza
non solo nel senso che lo introduce in una localit ter-
ritoriale (la Nuova Caledonia) ma soprattutto nel senso
che lo rende un pezzo locale allinterno di un sistema
culturale in se stesso pi ampio, globale (la cultura
kanak di oggi). questo meccanismo che consente di
stabilire una serie di correlazioni che definiscono zone
di traducibilit e di intraducibilit, di appropriazione e
rifiuto: come se definissimo il piano di coloro che aderi-
scono al cristianesimo e poi dicessimo senza paura di
contraddizione hanno la stessa religione, ma non
uguale da nessuna parte: non ha lo stesso valore e la
stessa forma dappertutto.
Crediamo che i ragionamenti di Sahlins (2000) cir-
ca la presenza contemporanea di una logica (un lin-
guaggio) capitalista generale e dei suoi sovvertimenti
locali possa rientrare in questo schema. E cos pure i
ragionamenti circa la globalizzazione o loccidenta-
lizzazione (Tomlinson 1999), in quanto logiche unifi-
cate e unificanti che tuttavia lasciano sempre, scen-
dendo di livello, limpressione se non di una loro
scomparsa quantomeno di una loro pulviscolarizzazio-
ne allinterno di altre logiche, altri sguardi, altre narra-
zioni pi composite ed eterogenee. forse vero che
dobbiamo abituarci a pensare a una realt fatta di
molti piani desistenza in tensione, persino schizofre-
nica, fra di loro. Pronti a scivolare uno sullaltro, a ri-
baltarsi o accomodarsi in stabili configurazioni. Nulla
ci vieta, se non la nostra abitudine riduzionistica e lo
sforzo che inizialmente comporta trarcene fuori, di te-
nere in compresenza questi livelli, sia dal punto di vi-
sta teorico sia nelle sue conseguenze pratiche.
,o FRANCISCU SEDDA
E si noti, questa logica riduzionistica da evitare agi-
sce anche nel bene. Basti pensare a un recente spot di
una compagnia telefonica che mostrava Gandhi intento
a diffondere il suo messaggio e il suo linguaggio non-
violento a un pianeta tecnologicamente connesso: Se
avesse potuto comunicare cos, oggi che mondo sareb-
be? si domandava questo spot indubbiamente bello ed
evocativo. Ma il punto che la non-violenza pu essere
a sua volta un metalinguaggio se ne pu anche fare la
teoria ma la sua declinazione locale (per non parlare
della sua stessa accettazione) rimarrebbe soggetta a una
ricezione plurale, a una logica della traduzione che esula
da qualsiasi facile utopia della comprensione e della co-
municazione globale, come se i problemi delluomo fos-
sero solo materia di mancanze tecnologiche.
Il problema della traduzione inizia sulla porta di ca-
sa. Basta pensare al termine non-violenza che in ita-
liano nonostante il trattino gira in negativo lafferma-
zione tutta positiva contenuta nel termine originale
satyagraha, colorando di passivit un intero discorso
fondato esattamente sul sentimento contrario, una vo-
lont di azione e trasformazione del mondo talmente
forte da portare Gandhi (1996, pp. 18-24) al punto di
affermare che davanti allingiustizia lagire violento
preferibile allinazione e alla codardia: tuttaltro che un
porgere laltra guancia. O si pensi alle radici della
non-violenza nellinduismo, al suo radicamento nel
contesto indiano preindipendenza e a tutti gli altri ele-
menti che ne rendono la traduzione locale-attuale una
sfida tanto importante quanto complessa. Si pensi infi-
ne allo stesso Gandhi, convinto comera che la verit
della non-violenza fosse un cammino infinito che
ognuno doveva ripercorrere da capo e a suo modo. Co-
me ad affermare che ciascuno deve praticamente rites-
sere le trame fra i principi ideali anche i migliori e
la sua vita, la sua realt circostante.
IMPERFETTE TRADUZIONI ,;
Correlazioni instabili ed equivalenze imperfette
Come abbiamo visto la definizione di semiotica della
cultura proposta dagli studiosi russi portava negli anni
Settanta la sua attenzione sulle correlazioni fra sistemi.
Tuttavia il percorso storico-antropologico che abbiamo
seguito e la stessa evoluzione del pensiero lotmaniano ci
inducono a qualche ulteriore riflessione. Non indifferente
in tal senso che, come ricordava Peeter Torop (1995a)
nella sua rassegna degli elementi definitori della Scuola di
Tartu come scuola, Lotman sia passato dalla compren-
sione del testo come manifestazione della lingua alla
comprensione del testo come generatore della sua stessa
lingua
13
, enfatizzando in definitiva laspetto processuale,
il gioco di costante generazione di sistematicit attraverso
gli oggetti culturali. In tal senso ci pare dunque che la se-
miotica della cultura, anche in conformit con la definizio-
ne generale della semiotica di ambito europeo
14
, si possa
oggigiorno intendere sia come lo studio della correlazione
fra processi e fra sistemi di senso, sia come lo studio dei si-
stemi e dei processi di correlazione.
Ancora una volta, ripetiamolo, non si tratta di sce-
gliere fra stabilit e dinamismo, fra simmetria e asimme-
tria, ma di cogliere le forme della loro compresenza, del
loro dispiegarsi insieme, una attraverso laltra. La diade
flussi/panorami elaborata nella teoria della cultura di
Appadurai rende bene questo gioco fra processi e
sistemi: secondo lo studioso indiano essi infatti sono
costrutti profondamente prospettici, declinati dalle
contingenze storiche, linguistiche e politiche di diversi
tipi di attori (Appadurai 1996, pp. 52-53) tale per cui
da un lato viene detto che il suffisso -scape (che viene
utilizzato nel neologismo che tiene insieme flussi e pro-
cessi) indica la forma fluida e irregolare di questi pano-
rami identitari (p. 52) e dallaltro lato che i flussi (di
uomini, idee, immagini, tecnologie e soldi) sono dei pa-
, FRANCISCU SEDDA
norami se visti nelle prospettive stabilizzanti di un qua-
lunque mondo immaginato (p. 68), vale a dire una vol-
ta colti allinterno di un mondo culturale inteso come
Discorso, un universo di valori retto da un credere, una
memoria e unattesa di s.
Tutto rischia di sembrare pi ambiguo, pi instabile,
pi mosso. Ogni correlazione sembra revocabile o in
discussione. Quando Lotman (1985, p. 63) affermava che
il punto da cui passa il confine di una cultura dipende
() dalla posizione dellosservatore e che la storia dei
popoli pu essere vista contemporaneamente in due pro-
spettive, da una parte come sviluppo immanente, dallal-
tra come risultato di multiformi influenze esterne
(1993a, p. 87), certamente richiamava lattenzione su di
una presa datto circa la complessit del mondo. E sebbe-
ne fosse conscio dei rischi insiti nella schizofrenia della
cultura, nondimeno allospitalit delle pluralit che in-
vitava con fiducia, o quantomeno con coraggio, quando
parla di una visione stereoscopica (1980). Un invito a pen-
sare con gli altri piuttosto che contro di essi.
Come si vede lemersione del proprio e dellaltrui,
del proprio mondo immaginato e di ci che lo attraversa
o sta al di fuori, di ci che permane e ci che passa, il
prodotto di un gioco relazionale e differenziale, mai
compiuto, mai definitivo, per quanto mai totalmente li-
bero da condizionamenti, da una inerzia storica che ten-
de a circoscrivere il campo del possibile per quanto non
possa chiuderlo in principio.
Per questo abbiamo richiamato in precedenza la me-
tafora della tessitura, non solo per levidente rimando eti-
mologico a uno dei concetti semiotici fondamentali, quello
di testo. Ma proprio per riferirci a questo lavorio costante,
spesso anonimo e disperso, di costituzione del sociale.
Ci che continuamente facciamo producendo testi o
testualizzando il mondo, secondo Lotman (1985, p. 86),
stabilire equivalenze convenzionali, inesatte ma as-
IMPERFETTE TRADUZIONI ,,
sociative, capaci per quanto queste correlazioni siano
dinamiche (p. 69) di stendere una rete organizzatrice
sul mondo, capaci di farci viaggiare fra culture, farci
passare da discorsi scientifici a discorsi quotidiani, da
identit collettive a identit personali (o ad altre identit
collettive), da romanzi a film, da musiche a danze a vi-
deoclip, senza perdere (del tutto) il sentimento della
realt e della sensatezza delle cose.
I collettivi umani hanno sempre vissuto attraverso
questo gioco di influenze, prestiti, trasposizioni, atti di
pirateria politico-culturale (Anderson 1983): sia che si
trattasse di trasposizioni materiali come quelle di oggetti
e pratiche o astratte come quelle di modelli di vita, valo-
ri, concetti. E sempre queste traduzioni di forme semio-
tiche hanno dato delle equivalenze senza identit
(Ricur 2005), imperfette e instabili.
La storia delle nazioni e dei flussi di idee e ideologie
ne una testimonianza potente e spaesante. Pensiamo
ad esempio agli studi di Lotman (1984) sulla ricezione
russa del pensiero di Rousseau, al cricket indiano analiz-
zato da Appadurai (1996), alle analisi di Robertson
(1992) sullimportazione di idee sulla nazione in Giap-
pone. Non a caso Benedict Anderson ha parlato di veri
e propri spettri della comparazione, presenze fanta-
smatiche che colgono colui che si ritrova a guardare se
stesso la copia di se stesso importata, trasposta e
deformata in un altro luogo. Come davanti al riutilizzo
innocente e patriottico della visione nazionalista hi-
tleriana nei discorsi del presidente Sukarno, leader della
lotta anticolonialista indonesiana (Anderson 1998).
Doppie prese e sguardi strabici
Davanti a questi strani giochi ottici della realt cultu-
rale abbiamo bisogno di ridefinire le nostre abitudini
c FRANCISCU SEDDA
percettive, sia come individui che come studiosi delle
culture. In primo luogo e concretamente, nel nostro
quotidiano vivere semioticamente, abbiamo bisogno di
attivare senza posa quella doppia presa che Lotman vi-
vendo in uno spazio di conflitto e di frontiera come Tar-
tu aveva sperimentato sulla sua pelle, rendendosi capace
di valorizzare la cultura russa pur essendo stato allonta-
nato in Estonia dal regime sovietico a causa delle sue
origini ebraiche; rendendosi capace di parlare a favore
dellindipendenza dellEstonia davanti ai suoi connazio-
nali nonostante i complessi rapporti con il mondo esto-
ne, pur sempre pronto a identificare Lotman con linva-
sore sovietico (cfr. Burini, Niero 2001; Caceres 1996).
Vedere il proprio come altro, vedere laltro come il
proprio (Lotman 1993b), questa una doppia presa sul-
le cose del mondo.
Non un processo facile, e la sua emersione sembra
lo strano privilegio di coloro che patiscono sulla loro
pelle lesperienza dolorosa e drammatica dellesilio, co-
loro che dalla tragedia ricavano la possibilit di una sen-
sibilit diversa. E tuttavia, forse, non si tratta pi di una
esigenza eccezionale e limitata a pochi individui, ma una
necessit che questo mondo sempre pi ci impone.
A questo incrocio orizzontale, dobbiamo forse affian-
carne un altro, verticale, pi esplicitamente legato a que-
stioni di metodo. Si tratta di una sorta di attitudine che
ci piace definire uno sguardo strabico, e che ci pare ri-
connettere profondamente Hjelmslev e Lotman. Stiamo
parlando in definitiva del necessario rapporto fra analisi
e sintesi (o, in termini hjelmsleviani, di analisi e catalisi):
un rapporto che definisce le condizioni della prensione
del senso degli oggetti-testi che noi stessi parzialmente
costruiamo. Il movimento che ci viene descritto da
Hjelmslev (1961) infatti quello di una discesa analitica
che a ogni passo encatalizza ricostruisce e si porta
appresso un sistema (e uno sfondo) coesivo ai fram-
IMPERFETTE TRADUZIONI :
menti di cui si vuole illuminare il senso. Di converso la
ricostruzione dei sistemi non pu non avvenire attraver-
so la presa e la tessitura operata su frammenti di lin-
guaggio che sono le uniche realt (i testi inanalizzati
di Hjelmslev) a nostra disposizione. Insomma, in questo
movimento di incrocio assistiamo a un gioco di co-emer-
sione, che fa saltare fuori un testo, inteso come un insie-
me di interdipendenze interne date dal rapporto fra
una forma del contenuto e una forma dellespressione,
dei segni che lo popolano e ne sono la manifestazione
ultima e superficiale, un co-testo che (emergendo gene-
ralmente dallinterno del testo) fa da sfondo (da deposi-
to e architettura di forme) rispetto a cui si stabiliscono le
correlazioni (esterne) socialmente significative fra il
testo (con i suoi segni) e lextratesto.
Questa generazione di mondi avviene sempre, sia
nella presa analitica che in quella quotidiana, ma avvie-
ne spesso in modo irriflesso.
Semiosfera/Semiosfere
Una continua proliferazione di mondi nel mondo.
questa unidea che crediamo di poter desumere da alcu-
ni saggi di Lotman, a partire da quello famoso sulla se-
miosfera, passando per un altro, molto importante, in
cui lo studioso russo riprende la visione di Leibniz (Lot-
man 1993c), fino ad arrivare a La cultura e lesplosione.
impossibile tracciare qui questo percorso. Ci che
invece possiamo fare mostrare come la cultura, in
quanto semiosfera, si configura negli scritti lotmaniani
come un dispositivo glocale e al contempo come un
meccanismo a fisarmonica, o pulsante.
Iniziamo dicendo che in alcuni passaggi molto densi
Lotman ci descrive un movimento della semiosfera fra
piattezza, elevazione e appiattimento. Cosa significa? In-
: FRANCISCU SEDDA
nanzitutto significa che la semiosfera ha sempre neces-
sit di un fuori, di una non-cultura limpensato, il non
conosciuto, ci che semplicemente, in un dato momen-
to, ci estraneo , rispetto a cui definirsi. In tal senso es-
sa come un linguaggio, una forma, che filtra e regola la
traduzione dellesterno non-semiotico in qualcosa di si-
gnificativo e segnico. Pensiamo ad esempio alla tradu-
zione culturale del mondo degli esteri che i media do-
mestici, con tutti i loro filtri linguistici, ideologici, tecni-
ci operano quotidianamente (cfr. Pezzini, Sedda 2004).
Tuttavia questo fuori, questa materia amorfa, per
certi versi uno spazio che ingloba la forma (Fabbri
1998b), che la circonda e a suo modo non smette di at-
traversarla. In molti punti Lotman lascia baluginare que-
sto fondo instabile, energetico, pulsionale che continua-
mente preme, dinamizza e sfrangia lordine delle cose.
Ora la semiosfera si adagia su questo fondo, lo cattura
e ne vive traducendolo nelle sue maglie. Solo che, per uno
strano paradosso, invertendo gli sguardi, possiamo dire
che essa stessa che continuamente riproduce lirregola-
rit, che se la porta dentro. Ogni testo della cultura infatti
genera, dentro di s, zone di traducibilit e intraducibi-
lit, senso e non senso, sistematicit e caos. Si tratta di un
altro di quei passaggi che i detrattori dello strutturalismo
tendono a dimenticare ma che nelle Tesi del 1973 chia-
ro: la cultura non si limita a lottare con il caos esterno,
ma allo stesso tempo ne ha bisogno, non solo lo annienta,
ma costantemente lo crea. Se qualcosa c da aggiungere
che questo caos che continuamente la cultura crea, non
va subitaneamente posto lungo il suo confine esterno, ma
disperso nei testi stessi, li abita nelle loro contraddizioni
e ambiguit, nei loro vuoti, nella loro ricercata o involon-
taria indeterminatezza.
Questa irregolarit propria della semiosfera il suo
fondo piatto, che Lotman, in assonanza (casuale?) con la
carta diagrammatica di Foucault, definisce carta semioti-
IMPERFETTE TRADUZIONI ,
ca reale, uno spazio di continuo mescolamento
15
. Ma
mescolamento di cosa? Mescolamento di quellordine
che ogni volta si innalza a partire da questo fondo attra-
verso le regolarit, le strutturalit, che il lavoro della cul-
tura immette nel mondo. I linguaggi e i testi che popola-
no, che sono, la semiosfera non smettono infatti di ge-
rarchizzarla, di darle unaltezza, di creare, come abbia-
mo ripetuto pi volte, una serie di correlazioni che defi-
niscono livelli e metalivelli. Sopra il livello della carta
reale, dice Lotman, si innalzano sempre altri livelli, fino
ad arrivare a quello della sua unit ideale, della sua
autodescrizione e autocoscienza, che espungendo con-
traddizioni fornisce alla cultura che se la crea una poten-
te fonte di orientamento e automodellamento. E tuttavia
Nella realt della semiosfera le gerarchie dei linguaggi e
dei testi di solito vengono meno: essi interagiscono come
se si trovassero ad un solo livello. I testi appaiono immersi
in linguaggi ad essi non correlati e possono mancare i co-
dici capaci di decodificarli (Lotman 1985, pp. 63-64).
Ecco dunque come nella semiosi sociale quotidiana si
riproduce un movimento di appiattimento, che trasfor-
ma uno spazio gerarchizzato e articolato (striato) in
uno spazio piatto (tendenzialmente liscio, rizomatico;
cfr. Deleuze, Guattari 1980), uno spazio connessioni-
sta in cui tutto sembra poter tornare in contatto con
tutto, in cui frammenti di testi o di linguaggi possono
irrompere in semiosfere non loro e generare implosio-
ni ed esplosioni del senso.
Questo continuo movimento a fisarmonica, se siamo
riusciti minimamente a renderlo intelligibile, ci apparir
a questo punto come una specie di pulsazione continua,
un ribollimento, che fa della semiosfera un meccanismo
vivo, autopoietico e in trasformazione.
Ma il punto ancor pi vertiginoso che per princi-
pio la semiosfera formata da altre semiosfere, in nu-
FRANCISCU SEDDA
mero potenzialmente infinito, in una specie di gioco di
matrioske: per capirci basta seguire lesperimento men-
tale di Lotman quando dice che la stessa semiosfera
della cultura umana, intesa nella sua globalit, potreb-
be essere un testo allinterno di una semiosfera ancora
pi grande. Questa proliferazione di semiosfere signifi-
ca necessariamente che il gioco fra regolarit e irrego-
larit, sistematicit e caos, si rifrange e moltiplica al-
lennesima potenza.
Nondimeno vero che se ogni semiosfera fatta di
semiosfere ci a cui ci troviamo di fronte un dispositi-
vo glocale in cui ogni entit , a un certo livello, una glo-
balit, e a un altro, una localit interna a una globalit
pi grande. Ogni essere di questo spazio singolare e
plurale al contempo, un essere singolare-plurale (Nancy
1996). Questo rapporto fra parti e tutto questa specie
di gioco dincastro definito da Lotman isomorfismo
verticale, ed ci che garantisce lo stringersi di nessi di
correlazione fra linguaggi e fra testi, e dunque in defini-
tiva un certo grado di ordine allinterno del meccanismo
della cultura. La tenuta di questi nessi data dal loro
depositarsi e permanere nella memoria della cultura, ed
essendo questa memoria per definizione non eredita-
ria essa diventa una posta in gioco, il campo di una lot-
ta, combattuta attraverso la continua produzione (e di-
struzione) di testi di forme di organizzazione del mon-
do , e il possesso dei mezzi materiali (e non) per la loro
stessa riproduzione (Lotman, Uspenskij 1975).
Il sovrapporsi delle culture, la loro interna eteroge-
neit e contraddittoriet, il muoversi delle persone, il
viaggiare di idee e oggetti culturali, il mescolarsi delle
cose del mondo, il passare del tempo, fanno s che la te-
nuta di questi nessi sia precaria, che si realizzi in alcune
parti e si dissolva in altre, che appaia solida e poi im-
provvisamente ceda. Ogni tempo e ogni spazio sembra
definire i suoi isomorfismi, reggersi su di essi: poi le cor-
IMPERFETTE TRADUZIONI ,
relazioni saltano e ci di cui ci accorgiamo sono le di-
sgiunture (Appadurai 1996), i punti di frizione, i proces-
si che rendono difficili se non impossibili incastri e in-
scatolamenti
16
.
Il testo
Il concetto di testo sicuramente uno dei pi impor-
tanti per la disciplina semiotica, tanto che nelle Tesi per
unanalisi semiotica delle culture gli autori della Scuola
di Tartu lo considerano un elemento primo (unit di
base) della cultura. Sicuramente anche uno dei pi
controversi, soprattutto dal punto di vista di chi non
condivide il metalinguaggio semiotico. Del resto come
tutti i termini ben presenti nel nostro linguaggio comu-
ne il rischio di limitazioni o fraintendimenti della sua
portata euristica continuamente dietro langolo.
Per di pi si tende sovente a scordare, anche in ambi-
to semiotico, una distinzione basilare, che giustamente
anche Gianfranco Marrone ricordava in un recente con-
vegno dedicato alla sociosemiotica. Vale a dire che esi-
ste, per riprendere il linguaggio dellantropologia, una
visione emica (dallinterno) e una etica (dallesterno) sul
testo. La visione emica quella dei portatori della cultu-
ra noi stessi in quanto parti di collettivit situate, am-
biti discorsivi e tradizioni culturali che tendono a defi-
nire con loro parametri cosa testo e cosa no. La visione
etica invece quella dello studioso di semiotica in quan-
to partecipe di una comunit scientifica che quando di-
ce testo rimanda a delle caratteristiche (ad esempio la
correlazione fra un piano dellespressione e un piano del
contenuto) che non sono generalmente condivise e nem-
meno riconosciute nella vita quotidiana. Tale per cui per
il semiotico pu far testo qualcosa che una data co-
scienza quotidiana non reputerebbe mai tale. Difficil-
o FRANCISCU SEDDA
mente ad esempio suoner sensato e nellimmediato
forse anche poco utile e interessante alle mie nonne
sentirmi dire che il loro modo di cucinare un testo,
che il loro modo di vestirsi, di parlare, di comportarsi,
di vivere un testo, o che, a un certo livello, il vicina-
to, la comunit paesana, la loro stessa vita sono dei te-
sti. invece assolutamente decisivo che io stia a sentire
che cosa loro definiscono testo (e cos pure segno, ov-
viamente) e, volendo allargare lindagine, che cosa esse,
in generale, ritengano significativo, portatore di un si-
gnificato globale come si dice nelle Tesi e quali sia-
no, se ci sono, i tratti ricorrenti e fondamentali allinter-
no di questa visione emica del testo. Sta a me in quanto
analista, a questo punto, far fruttare la capacit di tenere
insieme questi due sguardi, intanto comprendendo iso-
morfismi e difformit fra le due visioni, e poi cogliendo
ad esempio tutti quei processi di generazione di senso
che, pur non essendo riconosciuti dalle mie nonne, fun-
zionano come testi, organizzando il loro modo di pensa-
re, comportarsi e muoversi nel mondo; oppure capendo
la specifica funzione e forza di cui si riveste tutto ci che
loro, in base alle loro griglie culturali, finiscono per per-
cepire come testo.
Anche in Lotman troviamo spesso questo saltellare
fra i due tipi di definizione del testo. E non a caso que-
sto saltellare, che rischia di suonarci contraddittorio, si
manifesta maggiormente in quei saggi che hanno a che
fare con le poetiche del comportamento quotidiano, vale a
dire esattamente laddove la visione emica reclama con
pi forza i suoi diritti. Nel saggio scritto con Uspenskij e
dedicato al mondo del riso nella cultura dellantica Rus,
ad esempio, ritroviamo un utilizzo del termine testo
chiaramente legato alla scrittura e contrapposto alla
dimensione orale che viene vista come una sorta di
sfondo extratestuale. Data tale impostazione sembrereb-
be che in effetti si riproduca una dicotomia nefasta e
IMPERFETTE TRADUZIONI ;
spesso rimproverata alla semiotica, quella fra testi e vita,
come se ci fosse una separazione netta e reale fra i due e
la semiotica si occupasse semplicemente dei primi ab-
bandonando a se stessa, o a qualche altra disciplina, la
comprensione delle vita vera.
Baster tuttavia notare che studiando il rapporto fra
il testo e la funzione Lotman e Piatigorski (1968, pp.
164-165), rimanendo a livello emico, parlano dei testi
delle culture orali evidenziando come, dal punto di vista
di quelle culture, la scrittura potrebbe portare su di s
proprio il marchio della non-testualit. E del resto, an-
che nel saggio sulla cultura dellantica Rus, ci a cui
Lotman e Uspenskij ci invitano la penetrazione di una
pratica, il ridere, allinterno del byt la vita quotidia-
na, intesa come un ambiente carico di valori e significati
e in correlazione con la sfera della scrittura. Vale a di-
re, non ci chiedono di esplorare i testi in quanto scrit-
ti, ma di penetrare con sguardo semiotico tutte le pra-
tiche significanti per utilizzare un bel termine di
Barthes (1985, p. 7) tutti i processi di formazione del
senso, in particolare nei loro rapporti reciproci.
Arrivati a questo punto conviene soffermarsi invece
sulla definizione di testo in senso semiotico. interes-
sante notare che la questione emerge nel saggio sulle Ri-
cerche semiotiche del 1973 in un modo che mentre da un
lato risponde alle critiche ai metodi strutturali di indagi-
ne della realt, dallaltro lato gi prefigura la concezione
di testo che Lotman porter avanti fino alla fine della
sua vita, una concezione che esattamente estranea alla
riduzione del testo a qualcosa di chiuso, coerente, orga-
nico. Non potendo dar conto di tutto questo cammino
vediamo di focalizzare solo alcuni punti interessanti.
Innanzitutto per lultimo Lotman il testo va inteso
non come un oggetto stabile, con marche costanti, ma
come una funzione. Tutto pu comparire nel ruolo di te-
sto, o essere trattato come tale (1993a, p. 146). Basti
FRANCISCU SEDDA
pensare alla pratica di definizione dei corpora, sia nella
ricerca scientifica (ad esempio gli oggetti delle tesi di
laurea) che nei discorsi quotidiani, ovvero a come si co-
struiscono insiemi di materiali (intellettuali e/o sensibili)
che definiscono loro stessi i contorni degli oggetti che
trattano: si pensi alle pratiche di un laboratorio scientifi-
co, a un libro di storia che descrive il Novecento o
Lepoca moderna ecc.
In secondo luogo il testo viene visto come un compo-
sto variabile a tre termini: ovvero, esso si origina allin-
tersezione dei punti di vista di quelli che Lotman chiama
ancora autore e pubblico e che in termini pi astratti
potremmo chiamare enunciatore ed enunciatario e at-
traverso la presenza di determinati contrassegni strut-
turali, percepiti come segnali del testo (p. 147), vale a
dire qualcosa che sia individuabile come enunciato. Fer-
miamoci un attimo per notare che a dispetto della scelta
semiotica di limitare lanalisi alla sola intentio operis
(Eco 1990b) qui Lotman sembra riallargare il ventaglio
al di l di quella che lui stesso definisce la memoria di-
retta del testo, la sua struttura interna (Lotman 1993a,
p. 25). Ci non toglie ovviamente che lenunciato conti-
nui a identificarsi, per cos dire, con il punto di vista pri-
vilegiato dello studioso di semiotica, in quanto ricerca-
tore e difensore di unempiria da cui costantemente la-
nalisi deve partire e la teoria discendere (Fabbri 1998a).
In definitiva, a livello della semiosi sociale, il testo si
d nel gioco di emersione e definizione reciproca di que-
sti tre elementi. Questo significa che a seconda dei feno-
meni sociosemiotici che ci troviamo a indagare il peso
dei tre punti di vista pu variare. Chi lenunciatore di
un paesaggio? E di prodotti industrializzati come un
film, un oggetto di consumo, una notizia del TG? E come
la sua percezione di noi enunciatari ne determina il sen-
so? Perch unintenzione e un enunciato che a noi sem-
brano evidenti possono non esistere, e non essere colti,
IMPERFETTE TRADUZIONI ,
dal nostro interlocutore? Perch anche dentro uno stesso
collettivo quello che per alcuni musica un enunciato
per altri rumore un non-enunciato? Come fa luo-
mo, ad esempio attraverso la ricerca scientifica, a far con-
tinuamente emergere dentro il mondo che gi conosce
strutture enunciati di cui prima nemmeno sospettava
lesistenza? E cos allinfinito. Allo stesso modo possiamo
notare che pu accadere che dai tre punti di vista lo stes-
so oggetto testuale modifichi la sua fisionomia e signi-
fichi qualcosa di diverso. Lotman e Uspenskij fanno le-
sempio del film allincrocio fra le sue proprie formalit
emergenti rispetto al confronto con il flusso della vita
e con gli altri media che tentano di darle forma la per-
cezione discreta che ne ha il regista e quella conti-
nua dello spettatore. A questo punto potremmo tran-
quillamente immaginare il gioco di prospettive che com-
pone e scompone oggetti complessi come una partita di
calcio, una manifestazione politica, un edificio, un quar-
tiere, una citt, unistituzione, una cultura, unorganizza-
zione sovranazionale e cos via. Forse non irrilevante
far notare proprio qui che Merleau-Ponty (1964) propo-
neva di pensare il mondo come un intermondo, prodotto
allincrocio di un gioco di prospettive che chiama in cau-
sa i nostri saperi tanto quanto i nostri corpi.
In terzo luogo, infine, il testo intrattiene un comples-
so rapporto con il tempo, come se fosse un fermo-im-
magine sui generis, un momento fissato artificialmente
tra il passato e il futuro (Lotman 1993a, p. 25). ci
che gli garantisce un grado di apertura e di indetermina-
tezza altissimo. Infatti:
Il rapporto tra passato e futuro non simmetrico. Il passa-
to si lascia afferrare in due sue manifestazioni: la memoria
diretta del testo, incarnata nella sua struttura interna, nella
sua inevitabile contraddittoriet, nella lotta immanente
con il suo sincronismo interno; ed esternamente, come
correlazione con la memoria extratestuale. Lo spettatore,
,c FRANCISCU SEDDA
collocandosi con il pensiero in quel tempo presente che
realizzato nel testo (per esempio, nel dato quadro, nel
momento, nel quale io lo guardo), come se rivolgesse il
proprio sguardo al passato, il quale si restringe come un
cono che poggia con la punta nel tempo presente. Rivol-
gendosi verso il futuro, il pubblico si sprofonda in un fa-
scio di possibilit che non hanno ancora compiuto la loro
scelta potenziale. Lignoranza del futuro permette di attri-
buire un significato a tutto (ib.).
Il testo non si limita dunque al suo essere struttu-
ra, sistema di relazioni interne (1964). Intanto perch
dentro di s inscrive tensioni, contraddizioni, dialoghi,
che sono il frutto della sua capacit di conservare e for-
mare a suo modo le tracce dello spazio-tempo da cui si
origina. In secondo luogo perch in quanto congegno
produttore di pensiero e di trasformazione della realt il
testo punta dritto verso il futuro: emana la sua aura di
contesto come un edificio che attraverso il suo stile
influenza la percezione di ci che gli sta intorno (1998a,
p. 38) proprio attraverso la configurazione interna di
un co-testo (Fabbri 2001), vale a dire la prefigurazione
del suo rapporto dialogico con lesterno. In definitiva
ogni struttura testuale, anche quella pi fissa, affonda
pienamente nel mondo: lo tira dentro di s dallinizio al-
la fine. Il che ben evidente in tutti quei testi in atto,
in situazione, che nella nostra percezione non si di-
staccano dal flusso della vita e nondimeno rispondono a
determinate formalit, come ad esempio i complessi
spaziali e architettonici, o i diversi generi che com-
pongono i nostri vissuti quotidiani: una conversazio-
ne, una preghiera, una partita (a un qualunque gio-
co), il preparare un pranzo, andare a passeggio,
fare shopping, il partecipare a un evento, a una
manifestazione, una lotta.
Il paradosso del resto evidente: gli oggetti testuali
che nella nostra percezione si staccano maggiormente
IMPERFETTE TRADUZIONI ,:
dalla vita (romanzi, film, album musicali ecc.) e che ci
sembrano apparentemente inerti, rivelano ben presto
una strana vitalit, per certi versi maggiore rispetto a te-
stualit ben pi fluide che emergono e si esauriscono in
atto. I primi, infatti, non smettono dal loro interno di
protendersi verso lesterno, alla ricerca di un enunciata-
rio-destinatario che vada a formare con loro un com-
plesso insieme strutturale come dice Lotman in Che
cosa d lapproccio semiotico? In tal senso, pur apparen-
temente sempre uguali a se stessi, essi ogni volta diven-
gono qualcosa di nuovo. Come per un testo scritto: sulla
frontiera fra lenunciato e lenunciatario si stabilisce un
dialogo, cooperazione (Eco 1979) o lotta (Geninasca
1997), che non solo trasforma cognitivamente e passio-
nalmente il lettore (Pezzini 1998), ma produce una nuo-
va semiosfera dallincontro di due vere e proprie perso-
nalit semiotiche, entrambe vive e in trasformazione.
Come ha detto Lotman, lAmleto di Shakespeare non
pi ci che era davanti al suo creatore, il suo primo let-
tore. Esso divenuto anche la memoria delle sue inter-
pretazioni. Esso ha catturato tempi ed eventi: cambia-
to e cresciuto con il mondo cos come sono cambiati co-
loro che lhanno incontrato leggendolo.
I testi, un romanzo quanto la vita di un individuo o
una danza popolare (Sedda 2003), fanno la storia e se ne
impregnano. Sono essi stessi, nel bene o nel male, la me-
moria e la vita delle culture.
Poetiche quotidiane
Nel momento in cui si focalizza lattenzione sulle
poetiche quotidiane ci si sta sicuramente immergendo
nel crogiolo della vita minuta, situata, accogliendo la
sfida a indagare le profondit della superficie del senso.
Nondimeno ci si trova davanti al problema dellagire,
,: FRANCISCU SEDDA
del come i soggetti si costituiscono attraverso esso e at-
traverso esso mettono in opera e deformano le struttu-
re. Si tratta dunque di rimettere in gioco la storicit, le
pratiche, gli stili e le forme di vita (Greimas 1956; Fon-
tanille 2004a).
In Lotman questo lavoro di comprensione semiotica
dei comportamenti quotidiani si accompagna a una ri-
flessione sul byt:
Byt il consueto decorso della vita nelle sue forme reali e
pratiche; byt sono le cose che ci circondano, le nostre abi-
tudini, il nostro comportamento di ogni giorno. Il byt ci
circonda come laria e, come dellaria, ce ne accorgiamo
solo quando manca, o quando inquinata. () il byt si
trova sempre nella sfera pratica, il mondo delle cose pri-
ma di tutto () (Lotman, in Burini 1998, pp. 138, 147).
Come si pu intuire da questa citazione il byt lo
spazio in cui tutto immerso, tutto ricade. per questo
che nel saggio sul mondo del riso Lotman e Uspenskij in-
vitavano continuamente a correlare i testi scritti a quello
spazio extratestuale, orale, quotidiano, senza il quale gli
oggetti della scrittura sarebbero restati vuoti di senso.
Bisogna anche qui adoperarsi in uno sguardo strabi-
co: () guardar la storia nello specchio del byt e illu-
minare con la luce dei grandi avvenimenti storici anche
i piccoli dettagli quotidiani, che sembrano talora di-
sgiunti (p. 147). Unavvertenza decisamente importan-
te per studiare le complesse cascate di eventi che da
una vignetta su un anonimo giornale europeo portano a
una rivolta popolare in paesi allaltro capo del mondo,
o che legano la guarigione di malattie e la soluzione di
problemi banali e quotidiani nelle parti pi povere del
pianeta a contrasti politico-commerciali giocati sui ta-
voli della grande diplomazia
Ma torniamo allultima frase di Lotman. Si noter
che l il byt, da atmosfera avvolgente, ovattata, calda,
IMPERFETTE TRADUZIONI ,,
sembra trasformarsi nello spazio di una certa dispersio-
ne e atomizzazione degli elementi, riportandoci alla
mente un passaggio decisivo del saggio sulla semiosfera:
A noi, che vi siamo immersi, la semiosfera pu apparire
caoticamente priva di regole: un assortimento di ele-
menti autonomi (Lotman 1985, p. 69). In effetti il byt,
la vita quotidiana, come insegna anche de Certeau
(1980), lo spazio di una ambivalenza fondamentale, di
una costante tensione fra familiarit e straniamento, au-
tomatismo e invenzione, ripetizione e differenza.
Questo mondo in cui domina un sentimento di fami-
liarit, una specie di fede ingenua, rischia di essere
dunque anche lo spazio dellalienazione dal mondo stes-
so. La troppa abitudine con le cose che ci circondano ri-
schia di rendercele a-significanti, estranee, come in una
specie di an-estetizzazione nei confronti dei nostri stessi
vissuti (Greimas 1987b).
Ma per capire meglio il funzionamento del byt e delle
poetiche quotidiane come una sorta di discorso compor-
tamentale che si rende manifesto solo nel rapporto di
correlazione e traduzione fra linguaggi, riandiamo a Lot-
man e alla sua caratterizzazione del rapporto fra com-
portamento reale, teatro e pittura nella Russia del XVIII
secolo. Quello che qui abbiamo la possibilit di vedere
il ruolo del teatro, in quanto dinamico ma segmentato,
come codice-traduttore fra la fluidit della vita e la stati-
cit della posa nel quadro. Attraverso il gioco fra questi
elementi le caratteristiche formali delluno trapassano
nellaltro. Il saldarsi di questi tre linguaggi crea dunque
un meccanismo di pertinentizzazione reciproca, tale per
cui nella vita reale ad esempio nella battaglia diventa
significativo ci che teatrale (eroico, tragico, commo-
vente) e nella quotidianit ad avere funzione di segni (a
essere percepiti in quanto tali) saranno soltanto quei ge-
sti che richiamano una posa pittoricamente codificata.
Al contempo il teatro e la pittura tenderanno a valoriz-
, FRANCISCU SEDDA
zare il tratto della naturalit, sia come scelta nei soggetti
da rappresentare, sia come effetto di senso generale da
trasmettere. Come si vede la vita, pur senza perdere di
fluidit, si narrativizza, propriamente in senso semiotico-
strutturale: come se assorbisse delle forme che iniziano
a regolarla e a renderla significativa, intelligibile. E tutta-
via, resta chiaro, soltanto per mezzo del sensibile, del-
lapparire figurativo del mondo (un abito, un modo di
inchinarsi, un tono della voce, il modo di ballare a pa-
lazzo o di atteggiarsi in guerra, il richiamo nei propri di-
scorsi a certi stereotipi, uno stile passionale esibito coe-
rentemente), che la vita quotidiana si carica di sensi.
Facciamo un altro esempio. Il decabrista si riconosce
perch parla in modo schietto e inopportuno rispetto ai
comportamenti abituali in determinate situazioni cano-
niche: la dice tutta in pubblico, chiama le cose col loro no-
me. Per lui, dice Lotman, lazione il piano del contenuto
e la parola stessa, fragorosa, il contenuto del suo agire.
Se non correlassimo questo modo di fare alle pratiche rite-
nute corrette nella Russia della prima met dellOttocento,
ai contenuti del discorso politico che si accompagnarono a
quella rivoluzione antigovernativa; se non avessimo idea
delle pratiche quotidiane dei decabristi, cosa leggevano,
dove si recavano, come organizzavano il loro tempo
17
,
quale era il loro modo di incontrarsi, come mutavano a se-
conda delle situazioni socialmente codificate i loro stili ar-
gomentativi e passionali, i temi e i contenuti del loro parla-
re
18
; insomma, senza sapere tutto ci difficilmente potrem-
mo seguire quel rinvio fra un gesto che apre su di una azio-
ne che a sua volta si inserisce in un testo comportamentale,
inteso come una catena dazioni (e passioni) orientate ver-
so uno scopo. Non si capirebbe, ad esempio, il senso del
suicidio di Radisc ev
19
e non capendo quello non si capi-
rebbe il valore di coerenza e amore per la libert che carat-
terizzava tutto un movimento, una generazione, unepoca
che ha segnato profondamente la storia russa.
IMPERFETTE TRADUZIONI ,,
In un periodo in cui tanti atti in giro per il pianeta
sembrano ai pi insensati, lo studioso delle culture ha il
dovere di ritrovarne il senso e, disperdendo i timori che
ci che non capiamo sempre ci causa, contribuire a ri-
creare le condizioni per un confronto. Il gesto intellet-
tuale pu essere linizio per un cammino condiviso, di
reciproca traduzione, in vista dellabbattimento di ingiu-
stizie e sofferenze.
stato detto che le parole sono inizi e promesse da-
zioni. A saper guardare la vita in filigrana potremmo ve-
dere come anche i gesti siano inizi e promesse di percor-
si e discorsi, sebbene molti di questi non necessariamen-
te si realizzino o non lo facciano in modo coerente.
Rimangono vere comunque due cose. La prima che
ci si modella a partire da altro. Pensiamo al nostro cor-
po, a come incarna e incorpora le tracce della cultura.
Senza volerlo ci si siede e ci si muove come i propri ge-
nitori e questo implica anche che il nostro modo di por-
tare il corpo tradisce, per chi ne pu capire il linguag-
gio, provenienze e appartenenze pi o meno generali o
ristrette. Un po come gli accenti per le lingue. E qual-
cosa rimane e riaffiora dei nostri miti, musicali, sportivi,
politici: unandatura, un modo di aggrottare le ciglia in
certe situazioni, unacconciatura di capelli, la foggia di
un paio di occhiali. Ci modelliamo su narrazioni pre-
gresse, su storie, sceneggiature, pi o meno stereotipiche
e condivise: noi metaforizziamo costantemente la realt
culturale che ci circonda, e a volte, se abbiamo la fortu-
na, la capacit e il coraggio di tentare trasposizioni az-
zardate o sintesi complesse la nostra poetica pu essere
altro che un banale mimetismo.
E qui siamo alla seconda cosa. Attraverso il nostro
comportamento quotidiano noi produciamo delle enun-
ci-azioni che manifestano il nostro stile, il nostro posizio-
narci rispetto agli altri e al mondo, ma contemporanea-
mente ci inseriscono in reti pi ampie, in spazi di condi-
,o FRANCISCU SEDDA
visione quantomeno potenziale di pratiche e forme
di vita collettive. Senza smettere di essere noi stessi, pos-
siamo partecipare a un gioco di trasformazione delle co-
se, possiamo prender parte al lavorio dellimmaginazio-
ne sociale. Possiamo riprodurre lesistente volontaria-
mente o per incoscienza , possiamo lavorare di straforo
per resistergli sfruttando i complicati incastri fra struttu-
re per ricavare degli spazi di libert momentanea, pos-
siamo appropriarci dellesistente cercando di trasfigu-
rarlo ad esempio invertendone i valori (come quando
si fa del nomignolo offensivo che gli altri ci scagliano ad-
dosso un fiero cavallo di battaglia), possiamo bricola-
re indefinitamente, giocando localmente a deformare le
strutture del senso, possiamo infine forse a volte senza
nemmeno accorgercene partecipare alla generazione e
alla conquista di un nuovo discorso e di una nuova sin-
tassi, di nuove rappresentazioni e nuove pratiche, fra di
loro legate. Visti da qui, i nostri giochi di modellamento
e composizione di pezzi della cultura non sembrerebbe-
ro allora gli epifenomeni di linguaggi che ci parlano, ma
i pezzi coerenti di una poetica, una pratica di senso, che
facendosi testo esprime il nostro proprio linguaggio, il
nostro universo di valori, la nostra proposta di una for-
ma di vita assumibile. ovviamente la possibilit pi
complessa, quella che generalmente non si realizza mai
com nelle nostre teorizzazioni o nei nostri sogni indivi-
duali, e soprattutto non si realizza mai da soli.
Molto spesso, pi prosaicamente, noi ci dobbiamo ri-
cavare la nostra identit nel confronto con sistemi di
rappresentazioni che ci precedono, che ci forniscono dei
repertori di posizioni assumibili e significative proprio
in quanto linerzia storica ha garantito loro una certa le-
gittimazione e visibilit.
I nostri discorsi sono dunque pieni di sociotassono-
mie, di categorizzazioni e classificazioni rispetto alle
quali siamo chiamati a prendere posizione. Le molteplici
IMPERFETTE TRADUZIONI ,;
narrazioni che danno forma alla nostra vita un discor-
so politico, un censimento, un film espongono e
propongono continuamente questi repertori di identit.
A volte ci aiutano a ordinarle, a metterle in una gerar-
chia apparentemente sensata
20
, altre volte ci mostrano
come possiamo articolarle e disarticolarle in configura-
zioni nuove, altre volte ancora ci invitano a riflettere sul
conflitto, lindecidibilit, lindeterminatezza, la comples-
sit stessa della scelta di un comportamento univoco.
A volte le tassonomie si manifestano nel sistema dei
nomi, e la semplice assunzione di un nome diviene il
metro su cui modellare i nostri comportamenti: ognuno
di questi oggetti-nome gi una memoria un deposito
semantico virtuale e un programma narrativo poten-
ziale, aperto su di una determinata concatenazione di
azioni e passioni. Nomen est omen.
Nel recente film di Steven Spielberg, Munich, evi-
dente il crearsi di queste costellazioni identitarie e valo-
riali, sfumate, complesse, a volte profondamente intrec-
ciate per quanto apparentemente in conflitto: come
quando il protagonista ebreo, mosso dalla retorica della
difesa della propria casa, scopre da un suo antagoni-
sta palestinese (che sembra parlargli sinceramente in
quanto lo crede tedesco) che ci per cui il suo nemico
lotta nientaltro che il suo medesimo valore e progetto,
una casa per il suo popolo. Articolazione discorsiva
dellessere uniti e divisi.
Nello stesso tempo, nello spazio discorsivo del film
entrano in gioco, attraverso denominazioni e figure
individuali e collettive , molteplici rappresentazioni di
s che revocano fin dallinizio la compattezza e lunivo-
cit delle due semiosfere in conflitto, rendendo dun-
que il comportamento dei singoli soggetti legato a pas-
sioni differenti la vendetta, lansia, la crisi, lallucina-
zione e al contempo materia di scelte, strategie, pro-
getti di vita, a volte semplicemente abbozzati. Basti
, FRANCISCU SEDDA
pensare alla tensione che si instaura da un lato fra es-
sere israeliano, essere ebreo, essere padre (per
non parlare delle suddivisioni ancor pi precise legate
allessere un ebreo europeo, un ebreo arrivato in
Israele dopo la seconda guerra mondiale, un ebreo
nato in Israele, identit che non a caso sono non tra-
dotte ma evocate con la terminologia originale), e dal-
laltro fra lessere palestinese, essere arabo, essere
musulmano, essere rivoluzionario-internazionalista,
componendo il quadro di un complicato gioco di prio-
rit, attaccamenti e fedelt. A poco vale dire che si trat-
ta di un film e altrettanto poco rispondere che tratto
da una storia vera. Il punto che un buon esperi-
mento narrativo, e che possiamo utilizzarlo come ban-
co di prova e testimonianza di processi quotidiani di
modellamento dei nostri vissuti a partire da dense con-
figurazioni di immagini dellidentit.
Arrivati a questo punto, lasciandoci trascinare dal-
largomentazione e dal flusso dei pensieri, non possiamo
non richiamare unultima opaca e illuminante frase di
Lotman: Il dialogo precede il linguaggio e lo genera.
Come a dire che nelle scienze come nella vita bisogna
prima di tutto avere il coraggio di entrare in dialogo, di
dare ospitalit allalterit; poi un linguaggio comune, se
il caso, verr.
Giunti alla fine non ci resta che renderci conto che
quella frase di Jurij Lotman ci ha guidato e, non poten-
do fino in fondo com-prenderla, potendo solo constata-
re lirriducibilit della sua profondit e della sua assen-
za, abbiamo scelto di tradurla, imperfettamente e per sta-
volta, in questo nostro percorso.
1
Ovviamente non nostra intenzione dare qui uno spaccato biografico
di Lotman. Per questo rimandiamo ai saggi di Burini e Niero (2001), Caceres
(1996) e Navarro (1996). Altre notizie si possono reperire nei saggi dedicati
IMPERFETTE TRADUZIONI ,,
alla Scuola di Tartu (si veda il proseguo di questa Introduzione) o nelle intro-
duzioni italiane ai testi di Lotman.
Colgo qui loccasione per ringraziare Isabella Pezzini, Paolo Fabbri e
Gianfranco Marrone per il loro incoraggiamento e sostegno alla realizzazione
di questo progetto. Un ringraziamento particolare a Mera per laiuto paziente
e amorevole nella revisione dei testi, e a Silvestro, per la vicinanza.
2
Si veda pi avanti quanto scritto nel paragrafo Doppie prese e sguardi
strabici.
3
proprio in difesa di questa posizione che Greimas afferma: Se non
temessi di sfociare nella metafisica, potrei addirittura dire che si tratta di pro-
priet della mente umana () (Ricur, Greimas 2000, p. 85).
4
Ci sembra interessante, e finora non dovutamente notato, limplicito
utilizzo dei giochi linguistici (cfr. Wittgenstein 1953) da parte di Lotman per
convocare dentro il suo discorso scientifico il sapere quotidiano.
5
Cfr. paragrafo Limplosione ed esplosione del mondo.
6
Non difficile, a posteriori, associare ad alcuni passaggi di Peirce sul
rapporto fra interpretazioni, segni esteriori e comunit, alcuni aspetti salienti
dellantropologia interpretativa di Geertz (1973) con il suo carattere pubblico
del significato.
7
Questa fondamentalit non viene certo scoperta ora da noi. Sul tema
negli ultimi anni molti sono stati i contributi importanti. In ambito semiotico
cfr. fra gli altri Torop 1995, i saggi in Nergaard (a cura, 1995) e Dusi, Ner-
gaard (a cura 2000); Dusi 2003; Eco 2003.
8
Di alcune di queste implicazioni, e delle loro possibili conseguenze, ab-
biamo provato a dar conto in forma esplorativa allinterno del nostro lavoro
dottorale (Sedda 2005).
9
Alcune di queste immagini, che sono poi in realt dei meccanismi de-
scritti puntualmente da Lotman, datano al periodo di elaborazione del con-
cetto di semiosfera: leffetto a valanga si ritrova, ad esempio, in conformit
con lidea di moltiplicazione dei livelli strutturali e di isomorfismo verticale
(Lotman 1985, vedi il saggio La semiosfera ma anche quello su La dinamica
dei sistemi culturali). Tuttavia resta vero che nellultimo periodo anche
sotto linflusso delle teorie fisiche di Prigogine che questa visione densa di
dinamismo e imprevedibilit viene esaltata. Cfr. Lotman 1990; 1992b; 1992c;
1993; 1994. Cfr. anche Lozano 1999.
10
interessante notare che al tema del mutamento scientifico che Lot-
man ha associato lidea di emozioni culturali (Lotman 1985; 1988).
11
Cfr. lidea di co-gioco, a cui accennano Lotman e Uspenskij, nel saggio
Il mondo del riso.
12
Un mondo che forse pu definirsi glocale. Cfr. Robertson, White 2004;
Sedda 2004.
13
In questottica cfr. Calabrese 2000.
14
Lo studio dei processi e dei sistemi di significazione. Cfr. Fabbri, Mar-
rone, a cura, 2000; Bettetini et al. 2005.
15
A tale proposito cfr. la visione antropologica di Latour (1991).
16
Come quando salta la separazione fra civile e religioso che regge uno
Stato laico; quando linscatolamento fra Individuo-cittadino, Stato, Comunit
internazionale, Umanit emerso e consolidatosi con la modernit si fa difficile
oc FRANCISCU SEDDA
perch molte persone non vengono riconosciute come cittadini, perch certi
Stati non accettano di agire in concerto con le decisioni sovranazionali, o tanti
individui e organizzazioni sentono che laccesso allumanit castrato e ingab-
biato dai passaggi intermedi dello Stato e della Comunit internazionale che
ne vorrebbero detenere il monopolio; o ancora, quando pi attori di taglia di-
versa praticano e rivendicano la legittimit della violenza; quando si scinde il
rapporto univoco fra Stato e nazione; quando le molte identit che ci portiamo
dentro non trovano pi composizione e iniziano a disputarsi la nostra fedelt.
17
In altri termini, se non conoscessimo i loro consumi culturali e i
loro riti.
18
Ovvero, come si organizzavano le soglie fra ci che si pu dire e ci
che non si pu dire in riferimento a differenti agoni sociali. Cfr. Foucault 1970.
19
Cfr. il saggio Lo stile, la parte, lintreccio. La poetica del comportamento
quotidiano nella cultura russa del XVIII secolo.
20
Si pensi a un discorso razzista sensato nella sua infamia che ordina
semplificando a due termini e gerarchizzandoli in superiore/inferiore,
giusto/sbagliato, civile/barbaro, o al discorso dello Stato che ordina
il cittadino in rapporto a degli spazi fisici-istituzionali che dovrebbero essere
ma che molto spesso non sono isomorfi: individuo nato in un luogo, resi-
dente in un comune, appartenente a una provincia, parte di una regione, che
fa parte e deve fedelt alla nazione. Il supposto isomorfismo potrebbe portare
a gerarchizzare valorialmente attraverso lassociazione fra la coppia pi picco-
lo/pi grande e quella meno importante/pi importante, ma sappiamo che
questo uno schema alquanto banale (e sottilmente autoritario) e che a volte,
quantomeno a livello di valore fenomenologico per ciascuno, la composizione
di queste identit muta. La stessa prospettiva del soggetto pu portare a ride-
finire gli elementi in gioco e far vedere che quegli oggetti non sono ci che
sembrano o che si dice che siano.
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o FRANCISCU SEDDA
Prima parte
La semiotica
fra scienza e arte
Ricerche semiotiche
1
Jurij M. Lotman, Boris A. Uspenskij
Il XX secolo ricco di rivoluzioni scientifiche. Il risul-
tato naturale di questo fatto che sono mutate non solo
le nostre idee sul mondo, ma anche quelle sulla scienza
stessa.
Se consideriamo lidea che ha della scienza lattuale
coscienza di massa, si possono osservare alcuni aspetti
caratteristici della met del secolo.
La coscienza del XIX secolo, per la quale scienza e spi-
rito critico in sostanza coincidevano, mentre, daltro can-
to, le forme di vita date dal buon senso e dallesperienza
quotidiana parevano incrollabili, si costruiva essenzial-
mente sul dubbio. Per la coscienza di massa essere parte-
cipe alla scienza significava dubitare e diffidare. Scienzia-
to era chi penetrava criticamente nella sfera della fiducia.
Inoltre lapparato della scienza era relativamente
semplice e accessibile a una persona di media cultura.
La misteriosit era sentita come ostile alla scienza: que-
stultima non creava il mistero, ma lo distruggeva. Tutte
le sfere della coscienza opposta alla scienza, dalla cultu-
ra dei selvaggi alla religione del Medioevo, venivano
fornite dei contrassegni della misteriosit di ci che
non si pu verificare , mentre le cognizioni scientifiche
erano sentite come ci che accessibile alla verifica (in
via di principio a ogni essere umano).
Oggi una serie di rivolgimenti scientifici ha mutato ra-
dicalmente lidea che la coscienza di massa ha del verosi-
mile e dellinverosimile. Lesperienza quotidiana stata
scacciata con infamia dalla sfera della scienza e il lettore
di massa ha perso la capacit di orientarsi. Per essere pi
esatti, si potrebbe dire che lesperienza quotidiana rima-
sta il punto di orientamento nellidea generale della scien-
za, ma col segno opposto: per cos dire, quanto pi una
cosa inverosimile, tanto pi attendibile, cio tanto pi
possibile e vicina alla scienza. Questo fatto bene illu-
strato dallesempio della letteratura di fantascienza.
Nel XIX secolo la letteratura fantascientifica, mentre
descriveva nuove scoperte immaginarie, le sottometteva
a idee gi esistenti nella scienza. Lattuale letteratura fan-
tascientifica, invece, costruita su un principio opposto:
stare il pi lontano possibile dalle idee scientifiche at-
tuali, poich quanto meno assomiglia a ci che sappia-
mo oggi, tanto pi assomiglia alla scienza del futuro.
Sintende da s che ci riflette non tanto le leggi reali di
sviluppo della scienza quanto lidea che di essi ha ap-
punto la coscienza di massa.
Il meccanismo della scienza si fatto pi complicato.
Esso sfuggito irreparabilmente al controllo del lettore
di massa. Verificare la giustezza delle tesi della fisica
contemporanea, la verit di idee scientifiche paradossali
e divergenti dallesperienza quotidiana unimpresa che
il lettore non in grado di compiere. Ma non basta: ve-
rificare ci che per gli altri gi diventato oggetto di fe-
de significherebbe crearsi la fama di persona arretrata,
cio non scientifica. Per il lettore di massa essere al cor-
rente della scienza significa non stupirsi e credere. Le
parole di Tertulliano Credo quia absurdum, che tradi-
zionalmente erano considerate la formula del pensiero
opposto a quello scientifico, oggi potrebbero essere po-
ste come epigrafe di ogni rivista di divulgazione scienti-
fica o di ogni romanzo di fantascienza.
Ed proprio questa la ragione per cui fiorisce rigo-
gliosamente la divulgazione scientifica e si moltiplicano
;: JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ
le riviste e i libri in cui la scienza mitologizzata: da un
lato da tutte le cognizioni scientifiche si estraggono
quelle pi sorprendenti e, dallaltro, non si d la pos-
sibilit di verificarle. Il lettore di massa, che ancora ieri
non aveva sentito la parola semiotica e laveva accolta
con sfiducia e persino irritazione, adesso lha gi trasfor-
mata in un mito scientifico.
Tuttavia, il punto di vista semiotico organicamente
intrinseco alla coscienza umana e in questo senso costi-
tuisce un fenomeno non solo vecchio, ma anche ben no-
to a tutti. Se tutte le idee scientifiche, dal punto di vista
della coscienza ingenua e inesperta, possono dividersi in
due gruppi quello del quale si dice Non ci avrei mai
pensato, e laltro che suscita la reazione Lho sempre
saputo , la semiotica appartiene piuttosto al secondo
gruppo didee.
Implicitamente il punto di vista semiotico sempre
presente nelle azioni e nella coscienza delluomo. La pe-
culiarit della scienza che essa sottopone ad analisi ci
che non era mai stato analizzato proprio perch sembra-
va semplice ed evidente. Sotto questo aspetto la semioti-
ca unita alla caratteristica della scienza del XX secolo
che aspira non tanto a conoscere qualcosa di nuovo
quanto al contenuto, bens piuttosto ad ampliare la stes-
sa conoscenza della conoscenza.
In particolare, il legame evidente tra i risultati della
semiotica e lo sviluppo della cibernetica condizionato,
tra laltro, anche dal fatto che il problema tecnico della
comunicazione delluomo con gli automi ha convinto in
modo palmare che le nostre idee sulla naturalit sono
estremamente relative. Agli occhi del profano di solito
suscita stupore la capacit che un automa ha di capi-
re. Per la scienza pi valore ha ci che lautoma non
capisce, e cos manifesta un oggetto di ricerca l dove
per il buon senso sembrerebbe non esserci motivo di ri-
flessione.
RICERCHE SEMIOTICHE ;,
In altre parole, il punto di riferimento nella descri-
zione diventa, se cos si pu dire, il punto di vista
dellimbecille coi suoi limiti caratteristici nelle possi-
bilit di comunicazione effettiva e multiforme e, quindi,
in primo piano emerge il problema della stupidit.
La scienza del XIX secolo identificava il punto di vista
consueto dello scienziato con la verit e quindi presup-
poneva possibile la descrizione soltanto dal mio (dello
scienziato, della scienza) punto di vista, il che si espri-
meva, ad esempio, nellassolutizzazione del punto di vi-
sta europeo nellantropologia e della linguistica indoeu-
ropea o della grammatica latina nella linguistica. Ogni
altra descrizione cio la descrizione fatta in altri termi-
ni era considerata sbagliata (non civilizzata, barbara) e
in ultima analisi inesistente per la scienza. La scienza del
XX secolo, al contrario, parte dallesistenza di vari siste-
mi di descrizione e sinteressa quindi molto di pi del
punto di vista dellaltro (lio dallangolo visuale
dellaltro, laltro dal suo proprio punto di vista).
Linteresse per la coscienza primitiva incapace di com-
prendere interviene soltanto come parte dellinteresse
per langolo visuale dellaltro.
Daltro lato, il problema stesso della comprensione-
incomprensione, e il problema, che immediatamente gli
connesso, dellintelligenza-stupidit, diventa in note-
vole grado un problema scientifico proprio nel XX seco-
lo, a differenza della tradizionale scienza illuministica
del XIX secolo. Per il XIX secolo il problema della stupi-
dit si situa fuori della scienza, come, in particolare, il
problema della mutezza e della patologia del linguaggio
si situa fuori della linguistica. Come il linguista presup-
poneva che per lui esistessero soltanto persone in grado
di servirsi in modo giusto e corretto del linguaggio (e,
di conseguenza, studiava essenzialmente il modo in cui
si deve parlare, e non il modo in cui si parla in realt,
cio la norma linguistica, e non i dialetti e gli idioletti
; JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ
reali), cos il teorico della scienza prendeva le mosse dal
fatto che la stupidit patologia, che pu essere oggetto
di considerazione (di una stretta cerchia di specialisti),
ma non pu avere alcun rapporto con i principi stessi
della descrizione.
La scienza del XX secolo considera le cose in un altro
modo. Si pu dire che se il XIX secolo guardava limbe-
cille con gli occhi dellintelligente, per una serie di
problemi scientifici di oggi, tra cui alcuni puramente
pratici (come, ad esempio, lelaborazione dei programmi
per i calcolatori), lunica soluzione possibile la descri-
zione dei fenomeni complessi dal punto di vista dellin-
comprensione, cio della stupidit, mentre lincom-
prensione, il primitivo, la stupidit da anomalia cultu-
rale si trasforma in problema culturale.
necessario notare, daltro lato, che se si esce dal-
lambito dei testi propriamente scientifici, si ha che il
problema della stupidit e dellignoranza come fenome-
no autonomo e non come antisapere cio in unimpo-
stazione analoga a quella contemporanea non poi co-
s nuovo. LElogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam
(vedi il soggetto pittorico Il vascello dei matti, in partico-
lare in Brueghel), i numerosi matti e stolti del folclore,
del teatro di fiera e del rituale carnevalesco, tutti questi
fenomeni della cultura considerano lincomprensione
non come lantitesi del sapere scientifico (vedi a questo
proposito la possibilit caratteristica di fusione dello
stolto e del dotto nel teatro di fiera), ma come unessen-
za autonoma, a volte assai attraente. Anzi, la stupidit
pu identificarsi con un ingenuo sapere superiore. Si ve-
da limmagine positiva dello stupido intelligente con-
trapposto agli stupidi fratelli sapientoni nel folclore, op-
pure la celebre frase di Puskin a Vjazemskij : I tuoi ver-
si (...) sono troppo intelligenti. Mentre la poesia, non me
ne voglia Iddio, devessere un poco sciocca (Puskin
1937b, p. 278). Non si pu non ricordare, infine, levan-
RICERCHE SEMIOTICHE ;,
gelico Siate come i bambini. Si pu dire, quindi, che il
problema non affatto nuovo: nuova soltanto la sua
inclusione nella sfera della scienza.
Analogamente molti problemi di semiotica, che stu-
piscono per la loro novit e si rivestono della moderna
metodologia scientifica, in sostanza oggettivizzano vec-
chi problemi da tempo intrinseci alla cultura.
Cos, ad esempio, lidea, che sta alla base del punto
di vista semiotico, della cultura come sistema di linguag-
gi e delle sue concrete manifestazioni come testi, idea
che spesso sentita come una novit specifica della se-
miotica, stata avanzata pi volte nel corso della storia
del sapere ed, evidentemente, profondamente intrinse-
ca alluomo.
In effetti, nelle pi svariate culture sorge periodica-
mente la tendenza a considerare il mondo come un te-
sto, mentre, di conseguenza, la conoscenza del mondo
uguagliata allanalisi filologica di questo testo: alla lettu-
ra, alla comprensione e allinterpretazione. La concezio-
ne tradizionale lega questo modo di vedere alla scienza
scolastica medievale o ai suoi riflessi nella coscienza con-
temporanea, ma facile mostrare che esso ha una diffu-
sione assai pi larga.
Lidea del sapere come risultato dellanalisi semantica
propria sia a Confucio sia al folclore russo (vedi il noto
Stich o Golubinoj knige)
2
. Nello stesso modo anche nei
testi del barocco russo, come ha messo in luce la studio-
sa ceca Mathauserov (1967, p. 169), il libro si presenta
come il modello del mondo (tutto il mondo costruito
come il libro e aspetta il suo lettore); in ugual misura,
sempre secondo la Mathauserov, lalfabeto diventa il
simbolo universale della struttura delluniverso. (Si pu
rilevare, a questo proposito, la funzione particolare del
libro nelle varie religioni e, in particolare, nel rituale re-
ligioso russo). caratteristico, infine, che una simile
idea sia propria anche a un fautore cos convinto del sa-
;o JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ
pere sperimentale come lo scienziato e il razionalista Lo-
monosov (1955, p. 375), che scrisse, identificando sape-
re e lettura:
Il Creatore ha dato allumano genere due libri. In uno ha
mostrato la sua grandezza, nellaltro la sua volont. Il pri-
mo questo mondo visibile, dato affinch luomo, guar-
dando limmensit, la bellezza e larmonia delle sue opere,
riconosca lonnipotenza divina a misura dellintendimento
che gli donato. Il secondo libro la Sacra Scrittura. In
esso mostrata la benevolenza del Creatore per la salva-
zione nostra. In questi libri profetici e apostolici ispirati da
Dio gli interpreti e gli esplicatori sono i grandi maestri del-
la Chiesa. Mentre nellaltro libro della compagine del
mondo visibile i fisici, i matematici, gli astronomi e gli altri
esplicatori delle azioni divine infuse nella natura sono co-
me nel primo libro i profeti, gli apostoli e i maestri della
Chiesa.
Lidea che lo scienziato sia un lettore impone natural-
mente lesigenza di sapere la lingua. degno di nota che
lo stesso sapere spesso espresso coi termini della co-
municazione. Si veda linvocazione caratteristica con cui
Puskin si rivolge alla vita negli Stichi, socinnnye noc ju
vo vremja bessonnicy (Versi composti di notte durante
linsonnia):
Ti voglio capire,
Il tuo linguaggio oscuro studio.
(dove, tra laltro, la parola tmnyj (oscuro) lequiva-
lente semantico del francese obscur, cio ha il significato
di bisognoso dinterpretazione, di decifrazione); op-
pure nella poesia di Baratynskij Na smert Gte (In morte
di Goethe):
Con la natura respirava la stessa vita,
Del rivo intendeva il balbettio
RICERCHE SEMIOTICHE ;;
()
Chiaro gli era il libro delle stelle,
E con lui parlava londa fluviale.
Il posto importante che in molte culture tradizio-
nalmente riservato alle cognizioni filologiche nellinse-
gnamento non sempre riflette, come spesso si crede,
unarretratezza scientifica. In notevole misura ci era le-
gato allidea dello scienziato come di un poliglotta, men-
tre il segreto della conoscenza (della natura, del mondo
animale, della vita degli altri popoli) era concepito come
il segreto di unaltra lingua non soltanto nella metafora
poetica (si veda, in particolare, il soggetto, diffuso nel
folclore, sulla conoscenza universale come dono meravi-
glioso che permette di possedere le lingue degli uccelli,
delle fiere, delle pietre ecc.).
Tuttavia, la scienza, esprimendo laccumulazione del-
le cognizioni nel campo concreto della sua ricerca, assu-
me contemporaneamente le forme comuni a tutta la cul-
tura del suo tempo, e il fatto che i sistemi segnici siano
diventati, nella met del XX secolo, loggetto di una ri-
cerca speciale, non per nulla casuale. Il fatto che pro-
prio per il punto di vista scientifico del nostro tempo
caratteristica lattenzione preminente rivolta alla proce-
dura e al linguaggio della descrizione. Persino nelle
scienze naturali lesperimento, tradizionalmente consi-
derato come un valore autosufficiente, entrato in rap-
porto col punto di vista dello sperimentatore. (Notere-
mo di passaggio che questo problema specifico della fi-
sica, che investe linflusso dello strumento sul risultato
dellesperimento, pu essere interpretato come proble-
ma dellazione esercitata dal linguaggio dello strumento
sul materiale empirico ottenuto [testo], cio, in ultima
analisi, come problema semiotico). Come le scienze
umane hanno subito linflusso del superamento di un se-
colare sistema regionale di pensiero e materiale cos le
; JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ
scienze naturali si sono staccate dal mondo visibile, sot-
tomesso alle leggi della meccanica newtoniana, e sono
entrate nella sfera del micro- e macrocosmo con le leggi
specifiche che li governano. Sia nelle scienze naturali
che in quelle umane si sviluppata lidea della relativit
delle norme consuete. Lattenzione rivolta al sistema del-
la descrizione e al punto di vista del descrivente diven-
tato una questione scientifica essenziale. Il problema tra-
dizionale della conoscibilit si trasformato nel proble-
ma del metalinguaggio e cos da problema puramente fi-
losofico diventato problema filosofico-linguistico (si
veda a questo riguardo la particolare corrente della co-
siddetta filosofia del linguaggio, sviluppata con parti-
colare intensit dai filosofi e logici anglosassoni).
Contemporaneamente, la crescita, specifica per la
cultura del XX secolo, dei mezzi tecnici di comunicazio-
ne crescita che paradossalmente si combina con la dif-
ficolt della comprensione reciproca tra gli uomini e la
disgregazione di collettivi da secoli ritenuti tradizionali
ha acutizzato linteresse per i problemi della comunica-
zione.
Le epoche precedenti vedevano il problema princi-
pale della comunicazione nelle difficolt tecniche a essa
legate. Cos, la fiaba e il mito creano gli ideali di legami
istantanei (gli stivali dalle sette leghe, i tappeti volanti, il
tiro ultrapreciso a grande distanza ecc.); nello stesso mo-
do la durata dellinformazione sidentifica con la robu-
stezza dei mezzi tecnici (si vedano le iscrizioni su pietra
rivolte alle generazioni future).
Ma nei testi letterari antichi e medievali e anche nel
romanzo del XIX secolo, sincontra con straordinaria ra-
rit il tema dellincomprensione. Linformazione pu an-
dare persa fisicamente ed essere deformata tecnicamen-
te, ma la possibilit di interpretazioni psicologiche diffe-
renti e la reciproca incomprensione tra i parlanti una
stessa lingua come regola non ammessa dallautore.
RICERCHE SEMIOTICHE ;,
Una conseguenza caratteristica del fatto che nel fol-
clore e negli antichi testi letterari la difficolt della co-
municazione non considerata come un fatto social-
mente significativo la trattazione immancabilmente co-
mica dei temi dellignoranza di una lingua, della disfun-
zione delludito, dellincomprensione delle convenzioni
comunicative. Chi non conosce una lingua, non capisce
una domanda, non sente una comunicazione o la inten-
de erroneamente non pu essere un eroe tragico: col-
pevole e ridicolo, anche se perisce (questa spietata comi-
cit del folclore spesso da noi reinterpretata in chiave
tragica). Soltanto a partire dallepoca del romanticismo
lincomprensione genera nella letteratura europea colli-
sioni tragiche. Un altro esempio: fino al XVII secolo nella
liturgia religiosa russa il mnogogolosie (multivocalit)
la simultanea conduzione in uno stesso edificio di alcuni
servizi religiosi, la simultanea lettura di alcuni testi. Pi
tardi questabitudine cominci a incontrare una netta
critica. Questo legato, prima di tutto, al fatto che de-
stinatari del servizio religioso cominciarono a essere
considerati i parrocchiani (e non soltanto Dio), e, in se-
condo luogo, allattenzione pi acuta per il problema
della comunicazione. Prima non si faceva caso al canale
della comunicazione (si riteneva che Dio avrebbe capi-
to tutto, cio si presupponeva un canale di comunica-
zione ideale, totalmente privo di rumore).
Il XX secolo col potente sviluppo dei mezzi tecnici ha
spostato il centro dellattenzione sulle difficolt dellatto
stesso di comunicazione. Da un lato si sono scoperti i
pericoli, e non solo i vantaggi dei mezzi di comunicazio-
ne di massa. Cos, ad esempio, la demagogia reazionaria
diventata non soltanto un aspetto caratteristico, ma
anche una minaccia reale per la cultura del XX secolo.
Nello stesso tempo, bench il mondo, che prima pareva
enorme, si sia contratto e sia diventato spazialmente pi
piccolo, cio pi accessibile grazie ai mezzi di comunica-
c JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ
zione, le difficolt della reciproca comprensione tra gli
uomini non sono diminuite, ma bens aumentate.
Nellintreccio epico leroe incontra in un campo
sconfinato il guerriero straniero, il mostro o il gigante
(spesso si sottolinea in modo particolare che si tratta di
uno straniero), eppure nella loro conversazione non sor-
ge il problema della traduzione. La comunicazione
pensata qui come un atto ideale, realizzabile istantanea-
mente e senza perdita, come al livello del pensiero.
Al contrario, la sensazione del mondo del tempo
moderno rappresenta la terra come un piccolo spazio, e
se lidea della piccola terra ha ribadito con nuova forza
lidea della solidariet e dellunit del pianeta (Saint-
Exupry), ci ha reso particolarmente chiaro il fatto
che le difficolt di contatto non sono riposte nelle cate-
gorie spaziali.
Larte del XX secolo considera una collettivit elemen-
tare (due persone) e le possibilit dincomprensione ri-
poste in essa. Persino la singola persona umana si trova
di fronte al problema dellidentificazione dei diversi stati
di s, e lautocomunicazione e i problemi a essa legati di-
ventano oggetto dellattenzione artistica. In tal modo, la
natura sociale della civilt contemporanea rende i pro-
blemi della comunicazione e della comprensione o, detto
altrimenti, della semiotica il contenuto di una vasta cer-
chia di opere darte. Nella nascita della semiotica come
scienza autonoma larte ha svolto una funzione che forse
non minore di quella svolta dal pensiero teorico.
La semiotica quindi lorganica continuazione di nu-
merose linee dello sviluppo culturale precedente e, al
tempo stesso, legata proprio alla fase attuale della cul-
tura, e di questa fase manifesta gli aspetti caratteristici.
Le ricerche semiotiche sono strettamente legate non
solo alla cultura della loro epoca, ma anche alla cultura
nazionale e alla tradizione scientifica. Sintende da s
che la divisione in scuole e tendenze qui, come in gene-
RICERCHE SEMIOTICHE :
rale in casi consimili, ha un carattere piuttosto conven-
zionale e fortemente storico.
Cos, con certe riserve, si pu parlare di una tradi-
zione americana delle ricerche semiotiche, rappresenta-
ta prima di tutto dai nomi di Charles Peirce e Charles
Morris.
Questa tendenza legata soprattutto allelaborazio-
ne della logica simbolica e dei campi scientifici limitro-
fi. (Si deve ricordare inoltre che un grande merito nelle
ricerche semiotiche di questo carattere spetta alla co-
siddetta Scuola di Lww e Varsavia dei logici polacchi
e al circolo logistico di Vienna). Una divisione fonda-
mentale della semiotica come la delimitazione della se-
mantica, della sintattica e della pragmatica stata usata
in ugual grado nei lavori propriamente semiotici e nel-
le ricerche logiche.
Ultimamente hanno occupato un posto notevole le
ricerche dei semiotici francesi (si vedano, in particolare,
i lavori di Claude Lvi-Strauss e di Roland Barthes). Di
questa tendenza caratteristico soprattutto linteresse
per lindagine semiotica delle varie forme della vita so-
ciale; di qui il legame naturale con i problemi dellantro-
pologia, delletnografia, del folclore, della mitologia e,
daltro lato, coi problemi della moda, della rclame ecc.
Se Lvi-Strauss studia la vita e la cultura dei non-Euro-
pei, manifestando una struttura nelle forme che tradizio-
nalmente sembrano troppo semplici per diventare og-
getto di ricerca (il cibo, labbigliamento), Barthes, stu-
diando la cultura francese contemporanea nelle sue ma-
nifestazioni quotidiane (i suoi lavori sulla moda e sulla
mitologia contemporanea), scopre lo strano nella-
bituale. Il buon senso e lesperienza quotidiana sono da
essi identificati con la coscienza piccolo-borghese, alla
quale si contrappone il punto di vista straniato dellarte
e della scienza contemporanee. Noteremo che in una se-
rie di casi si pu constatare un legame tra le ricerche se-
: JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ
miotiche francesi e la tradizione nazionale della critica
letteraria di tipo saggistico.
In modo straordinariamente fecondo si sviluppano
negli ultimi tempi le ricerche semiotiche in Polonia e
Cecoslovacchia.
naturale che nella presente pubblicazione si sia ri-
flessa la tradizione nazionale russa delle ricerche semio-
tiche, che sembra caratterizzata da un legame preminen-
te con la linguistica strutturale (si vedano le idee di Fer-
dinand de Saussure e di Jan A. Baudouin de Courtenay,
sviluppate da Jakobson e Trubeckoj, che trovarono
espressione immediata nellattivit dellOpojaz e del Cir-
colo linguistico di Mosca). comprensibile che si possa
parlare qui sia di unespansione dei metodi della lingui-
stica strutturale (cio di una loro estrapolazione su un
nuovo materiale), sia di unespansione delle idee.
In particolare, non per nulla casuale il fatto che
proprio sul terreno russo sia potuta sorgere la nota
scuola formale degli studi letterari (S
klovskij, Ejchen-
baum, Tynjanov, Propp ecc.), il cui legame con le idee
della linguistica strutturale evidentissimo (si veda la
caratteristica di questa tendenza nello studio di Victor
Erlich [1965]).
Si tratta non soltanto del fatto che la linguistica strut-
turale costituisce la disciplina semiotica pi sviluppata,
mentre la lingua naturale pur con tutta la sua comples-
sit , probabilmente, loggetto della semiotica pi ac-
cessibile allindagine. Non meno importante il legame
funzionale della lingua naturale e dei vari sistemi segnici
della cultura umana, legame che consiste proprio nel
fatto che la prima agisce come una sorta di modello
campione, come un sistema naturale di rispecchia-
mento rispetto agli ultimi (e sulla base di questo sistema
diventano possibili i vari tipi di ricodificazione), mentre
i vari sistemi segnici parziali spesso agiscono come se-
condari rispetto al sistema dellattivit linguistica, costi-
RICERCHE SEMIOTICHE ,
tuendo dei fenomeni costruiti sopra di essa. (Di qui nel-
la tradizione semiotica russa per designare tutto lambi-
to dei sistemi segnici costruiti sopra la lingua naturale si
usa il termine di sistemi secondari di modellizzazione,
mentre la lingua naturale considerata come il sistema
primario di modellizzazione).
Questo modo di vedere stato recentemente formu-
lato con grande precisione da Ivanov (1962, p. 3):
Dal punto di vista delle moderne idee cibernetiche luomo
pu essere considerato come un apparecchio che compie
operazioni sui vari sistemi e testi segnici, mentre il pro-
gramma per queste operazioni dato alluomo (e in parte
si elabora in lui stesso) sotto forma di segni. Il problema
uomini o animali (cio la questione della differenza del
comportamento e dellintelletto umano dalle analoghe for-
me del comportamento degli animali) e il problema gli
uomini sono come le macchine? (cio la questione delle
somiglianze e differenze tra il cervello e la macchina) risul-
tano strettamente legati alla questione delle peculiarit dei
sistemi segnici elaborati e usati dallumanit. A differenza
degli animali, i cui mezzi di segnalazione sono assai limita-
ti, luomo si serve di una rete ramificata e sempre pi com-
plessa di sistemi segnici che cresce con lo sviluppo dellu-
manit (nella filogenesi). A differenza delle macchine at-
tuali, per il cui funzionamento si usano lingue artificiali ri-
ferentisi a una sfera oggettuale rigorosamente fissata e
estremamente semplificata, luomo possiede non soltanto
tali lingue formalizzate, ma anche le lingue naturali, non-
ch altri sistemi segnici che sono costruiti su di esse e che
si differenziano dalle lingue logiche per una serie di pro-
priet essenziali. Grazie a queste propriet, le lingue natu-
rali possono essere impiegate in qualit di modello di tutto
il mondo che circonda luomo, e quindi anche per la de-
scrizione dei fenomeni che non hanno ancora avuto una
spiegazione scientifica. In tal modo, dal punto di vista se-
miotico, il problema sopra posto si riduce alla spiegazione
delle differenze e delle somiglianze tra le lingue estrema-
mente formalizzate (che sorgono soltanto a uno stadio
JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ
molto tardo dello sviluppo del linguaggio e della cono-
scenza umana) da un lato, e sistemi segnici complessi co-
me la lingua naturale, i sistemi segnici estetici usati nellar-
te ecc.
(...) Da un lato, si tratta di unespansione dei metodi
semiotici in larghezza. In una serie di casi la stessa possi-
bilit di presentare una determinata sfera come oggetto
di ricerca semiotica, di mostrare la presenza in essa di
una determinata lingua e i diversi modi della sua rea-
lizzazione e del suo funzionamento, costituisce un com-
pito piuttosto allettante per il ricercatore semiotico.
Spesso linclusione di materiale nuovo nellambito della
ricerca scientifica ha un significato metodologico imme-
diato poich un nuovo oggetto di ricerca pu portare al-
la revisione degli stessi metodi di ricerca.
In altri casi, compito della ricerca semiotica non le-
spansione in larghezza, ma la penetrazione in profon-
dit, cio la descrizione immanente di un concreto siste-
ma di segni. In questo caso si tratta sia di enucleare nella
sfera studiata un determinato complesso di segni, sia di
analizzare i rapporti tra i segni enucleati, sia nel testo
(nella sintagmatica), sia nel sistema (nella paradigmati-
ca). Lanalisi dei rapporti di questultimo tipo presuppo-
ne necessariamente lintroduzione del concetto di livello
e listituzione di una gerarchia di livelli. Si deve dire che
la stessa elaborazione della metodica della descrizione
pu avere in generale per la semiotica descrittiva un si-
gnificato essenziale, non limitato dallapplicazione dei
dati metodi alla descrizione del sistema concreto che
servito da oggetto di ricerca. Lapplicazione degli stessi
metodi a sistemi segnici sostanzialmente diversi d una
base sicura per enucleare lisomorfismo strutturale tra
sistemi di vario tipo e rende possibile la costruzione di
una tipologia semiotica.
Infine, non meno importante la ricerca svolta sul
funzionamento di determinati sistemi segnici. Una simi-
RICERCHE SEMIOTICHE ,
le ricerca presuppone, da un lato, lanalisi del funziona-
mento del sistema di segni come processo comunicati-
vo, cio un determinato sistema di segni considerato,
in termini comunicativi, come comunicazione che va da
un mittente a un destinatario. Lo studio dei vari rappor-
ti tra mittente e destinatario (i quali possono essere
considerati in senso sociale e individuale, coincidere in
una stessa persona, differenziarsi per le loro coordinate
spaziali e temporali ecc.) determina le potenzialit in-
terne di una simile analisi. Daltro lato, proprio se si
considera il problema del funzionamento dei sistemi se-
miotici appare attuale la delimitazione di sincronia e
diacronia e in genere lo studio della dinamica sia del te-
sto sia dello stesso sistema.
Lambito or ora delineato di problemi determina le
diverse possibilit della semiosi, e in particolare le vie di
formazione dei significati, e delinea una classificazione
dei tipi di significato: il significato come rapporto tra se-
gno e denotato o concetto (secondo Charles Morris), il
significato come rapporto tra segno e tutto il sistema nel
suo complesso (nel quale rientra il dato segno), il signifi-
cato come rapporto tra i vari partecipanti al processo
comunicativo ecc.
(...) le ricerche svolte su problemi segnici particolari,
per quanto concreto sia il fine che esse perseguono, so-
no orientate verso le prospettive generali della costru-
zione di una teoria sintetica della cultura. Quindi, il mo-
do di considerare la cultura umana come una gerarchia
complessa di linguaggi deve unificare dal punto di vista
del fine scientifico le varie esperienze concrete. Inoltre,
gli studiosi di questambito di problemi sono interessati
non alla teoria astratta della cultura (lesperienza scienti-
fica ha mostrato che per quanto allettanti siano simili
costruzioni, la loro durata non troppo lunga), bens a
una ricerca svolta su testi realmente manifestati nella
storia del pensiero umano. (...)
o JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ
I sistemi di grande complessit che costituiscono
loggetto delle scienze umane storia, arte, la vita del-
luomo come unit di processi biologici e sociali , si di-
stinguono per il dinamismo, la fluidit e la contradditto-
riet dellorganizzazione interiore. proprio su questo
aspetto delloggetto studiato che richiamano di solito
lattenzione gli avversari dei metodi semiotico-struttura-
li, parlando di una loro inapplicabilit agli oggetti delle
scienze umane. In effetti, il problema dellantinomia di
sincronico e diacronico, statico e dinamico, discreto e
continuo, sta alla base delle discussioni che attualmente
si svolgono intorno alla possibilit di applicare i metodi
delle scienze esatte alle scienze umane.
Se si prescinde dalle persone poco competenti che
partecipano alla polemica (e il loro numero, da una par-
te e dallaltra, tuttaltro che scarso), le obiezioni pi se-
rie provengono dal campo dei teorici legati alla tradizio-
ne della filosofia classica tedesca (in particolare di He-
gel) e della scienza accademica, che ha formato la pro-
pria nozione dello storicismo sotto linflusso di tale filo-
sofia. Un significato analogo aveva gi negli anni Venti la
critica di Z
ernyj tigr-sestokrylat...
(Nekrasov)
[E volteggia su di loro sghignazzando
La nera tigre dalle sei ali...]
A differenza dellambivalente riso popolare del car-
nevale descritto da Bachtin, il riso sacrilego del diavolo
non mina affatto il mondo delle concezioni medievali.
Esso costituisce una parte di questultimo. Mentre il ri-
dente bachtiniano si trovava al di fuori dei valori me-
dievali, non si salvava n si perdeva, ma semplicemente
viveva, il sacrilego ghignante si colloca allinterno del
mondo medievale. Gettandosi nel baratro della perdi-
zione, rifiutando Dio, egli tuttavia non rifiuta lidea di
Dio. Passando alla schiera di Satana egli ha mutato posi-
zione nella gerarchia, ma non ha rifiutato il fatto che
questa esista.
Caratteristica esteriore del riso sacrilego il fatto
che esso non risulta contagioso. Per le persone che non
si sono legate a Satana esso tremendo e non ridicolo.
Le convulsioni del principe Dmitrij S
ernysev-
skij giudicava gli eroi di Turgenev. Il nostro compito
non quello, privo di senso, di condannare o di as-
solvere personaggi i cui nomi appartengono ormai al-
la storia, bens quello di cercare di chiarire la soprad-
detta peculiarit.
I contemporanei non si limitavano a porre in rilievo
la loquacit dei decabristi: essi sottolineavano anche
laspra franchezza dei loro giudizi, la categoricit delle
sentenze, la tendenza sconveniente dal punto di vista
delle norme del gran mondo, a chiamare le cose col lo-
ro nome, evitando le convenzioni eufemistiche delle
formule mondane, la loro aspirazione costante a espri-
mere senza tanti rigiri la loro opinione, incuranti del ri-
tuale avallato dalla consuetudine e della gerarchia os-
servata nel comportamento linguistico mondano. Per
questa asprezza e per lostentata trascuranza del gala-
teo linguistico era celebre Nikolaj Turgenev. Negli
ambienti vicini ai decabristi la marcata inurbanit e
sgarbatezza del comportamento linguistico erano de-
finite come comportamento spartano o romano,
ed erano contrapposte a quello francese, valutato in
termini negativi.
I temi, che nella conversazione mondana erano inter-
detti oppure trattati eufemisticamente (per esempio, il
potere dei proprietari terrieri, e il favoritismo nei pub-
blici uffici ecc.) diventavano oggetto di aperta discussio-
IL DECABRISTA NELLA VITA :,,
ne. Il fatto che il comportamento della societ nobilia-
re, europeizzata, dellepoca di Alessandro I, era essen-
zialmente duplice. Nella sfera delle idee e del linguag-
gio ideologico erano state assimilate le norme della cul-
tura europea cresciuta sul terreno dellIlluminismo set-
tecentesco. La sfera del comportamento pratico, legata
alla consuetudine, allambiente quotidiano, alle condi-
zioni reali delleconomia feudale, alle reali circostanze
del servizio statale, esulava dal dominio dellinterpreta-
zione ideologica, dal punto di vista della quale essa era
come se non esistesse. Ovviamente, nella pratica lingui-
stica essa si collegava allelemento orale, colloquiale, non
trovando che un minimo riscontro in testi di alto valore
culturale. Si venne cos formando una gerarchia di com-
portamenti strutturata secondo il principio di accresci-
mento del valore culturale (il che coincideva con un au-
mento del grado di semioticit). Nello stesso tempo si
separava uno strato inferiore, puramente pratico, che
dal punto di vista della coscienza teorizzante era come
se non esistesse.
Era proprio questa pluralit di comportamenti, la
possibilit di scegliere uno stile di comportamento a se-
conda della situazione, la duplicit inerente alla distin-
zione fra il pratico e lideologico, a caratterizzare il russo
davanguardia dellinizio del XIX secolo. Ed era tutto
questo a differenziarlo dal rivoluzionario destrazione
nobiliare (si tratta di una questione di grande importan-
za, poich facile distinguere il tipo di comportamento
di Skotinin [personaggio rozzo e retrivo del Minorenne
di Fonvizin (N.d.T.)] dalla figura di Ryleev; ha molto
pi significato contrapporre Ryleev a Delvig, oppure
Nikolaj Turgenev al fratello Aleksandr).
Il decabrista col suo comportamento eliminava la ge-
rarchicit e la variet di stili dellagire. Prima di tutto ve-
niva eliminata la differenza tra linguaggio scritto e parla-
to: lalto grado di organizzazione, la terminologia politi-
:, JURIJ M. LOTMAN
ca rigorosa, la compiutezza sintattica del discorso scritto
erano trasferite nella sfera orale. Non senza fondamento
Famusov poteva dire che C
ukovskij,
da cui appare fino a che punto fosse divenuta cosciente
la spaccatura che divideva la giovane letteratura pro-
gressista.
(...) ostanemsja my kazdyi pri svom
S galimatju ty, a ja s parnasskim zalom;
Zovis ty Schillerom, zovus ja Juvenalom;
Potomstvo sudit nas, a ne tvoi druzja,
A Bludov, kazetsja, mez nami ne sudja.
(Milonov 1971, p. 537)
[(...) ognuno resti con quel che ha: / Tu con lastrusit, io
con laculeo del Parnaso; / Sii pure Schiller, io sar Giove-
nale; / I posteri ci giudicheranno, non gli amici tuoi, / E
Bludov tra noi non fa da giudice].
:,o JURIJ M. LOTMAN
Abbiamo qui un paradigma completo di opposizioni:
astrusit (gioco verbale, scherzo fine a se stesso) e satira,
elevata, impegnata e seria; Schiller (qui in quanto autore di
ballate, tradotte da Z
ukovskij (il
non maturato Schiller)
4
, il cui nome si associa agli intrec-
ci fantastici delle ballate e Giovenale visto come poeta-cit-
tadino; il giudizio di unlite letteraria, lopinione di una
cerchia ristretta e chiusa (sullirritazione che seguaci di Ka-
ramzin provocavano nei loro avversari con labitudine di
richiamarsi allopinione di illustri amici ha lasciato chia-
ra testimonianza Nikolaj Polevoj)
5
e lopinione dei posteri.
Per farsi unidea completa del significato dellantitesi deli-
neata da Milonov basta ricordare che qualcosa di molto
somigliante (compreso lattacco a Bludov) si trova in una
critica rivolta da Puskin a Z
echov:
Dacci, caro, mezza rarit e ventiquattro dispiaceri.
Poco dopo il cameriere serv su vassoio mezza bottiglia
di vodka e alcuni piatti di antipasti assortiti. Ecco,
bello mio, gli disse Pocatkin, dacci una porzione
della maestra di calunnia e maldicenza con pur di pa-
tate (C
aadaev
era aiutante di campo del comandante del corpo di
guardia generale Vasilcikov. Dopo la storia del reggi-
mento Semnovskij si offr di portare personalmente
ad Alessandro I, allora al Congresso di Troppau, un
rapporto sullammutinamento nel corpo di guardia. I
IL DECABRISTA NELLA VITA :c,
contemporanei videro in ci il desiderio di mettersi in
vista a spese della disgrazia dei compagni e degli ex
commilitoni (nel 1812 C
cer-
batova, cos spiegava il suo atto:
Cette fois-ci ma chre Tante, je vous cris pour vous an-
noncer positivement que jai demand mon cong (...). Ma
demande a fait une vive sensation sur certaines personnes.
Dabord on na pas voulu croire que je le demandais s-
rieusement, ensuite on a t oblig dy ajouter foi, mais on
ne conoit pas jusqu prsent comment jai pu my r-
soudre au moment o je devais obtenir ce que javais eu
lair de dsirer, ce que tout le monde dsire tant et ce qui
est enfin regard comme la chose la plus flatteuse que
puisse obtenir un jeune homme dans mon grade (...). Le
fait est que je devais en effet tre nomm aide de Camp de
lEmpereur aprs Son retour, du moins daprs le dire de
Wassiltchikoff. Jai trouv plus amusant de ddaigner cette
faveur que de lobtenir. Je me suis amus montrer mon
mepris des gens qui mprisent tout le monde (C
aadaev
1913, pp. 3-4).
Lebedev (1965, p. 54) ritiene che la lettera mirasse a
tranquillizzare la zia, che sarebbe stata molto sollecita
dei successi del nipote a corte. Ne dubitiamo
7
: alla sorella
del noto frondista principe S
aadaev
8
.
Tynjanov ritiene che durante lincontro di Troppau
C
aadaev.
Herzen dedic il suo articolo Limperatore Alessandro
I e V. N. Karazin (Imperator Aleksandr I e V. N. Karazin)
a Nikolaj Serno-Solovevic, ultimo nostro marchese di
Posa. Posa dunque era per Herzen un tipo ben preciso
della vita russa. Ci sembra che il confronto con questo
soggetto schilleriano possa gettare molta luce sullepiso-
dio enigmatico della biografia di C
aadaev, Griboedov,
nellabbozzo della tragedia Rodamisto e Zenobia cita li-
beramente il famoso monologo del marchese di Posa.
Parlando della presenza di un repubblicano di un im-
pero autocratico egli scrive: pericoloso per il gover-
no ed un peso per se stesso, poich cittadino di un al-
tro secolo (Griboedov 1911, p. 256).
Le parole in corsivo sono una parafrasi dellautori-
tratto del Posa: Sono io il cittadino di un secolo avveni-
re (Don Carlos, atto III, scena X).
Lipotesi che C
aadaev,
ebbero la possibilit di parlare con Karamzin ben sa-
pevano quanto soffrisse di solitudine Alessandro I nel
vuoto assoluto creato attorno a lui dal sistema politico
dellautocrazia e dalla sua personale sospettosit. N essi
ignoravano che, al pari del Filippo schilleriano, lo zar
disprezzava profondamente gli uomini, e questo di-
sprezzo gli causava intense sofferenze. Non si peritava,
per esempio, di esclamare in pubblico: Gli uomini so-
no mascalzoni! (...) Oh, canaglie! Da chi mai siamo at-
torniati, noi, poveri sovrani! (S
aadaev, i rapporti
col quale erano soltanto agli inizi. Il gesto, che aveva de-
finitivamente ben disposto lanimo di Filippo II verso il
marchese di Posa, con la stessa irrevocabilit respinse lo
zar da C
aadaev. C
cgolev in un arti-
colo del 1907, in aspra polemica con questa tradizione,
pose il problema del legame tra la Lampada verde e la
Lega della Prosperit (cfr. S
aadaev o a Fdor
Glinka. Tomasevskij cita un passo dellepistola di
Puskin a Jurev, e la confronta con la dedica di Ryleev
al Vojnarovskij: la parola speranza aveva un significa-
to civico. Pus kin scriveva a Jurev, membro della
Lampada verde:
Zdorovo, rycarilichie
Ljubvi, svobody i vina!
Dlja nas, sojuzniki mladye
Nadezdy lampa zazzena.
[Salve, arditi cavalieri / Damore, vino e libert! / Per noi,
giovani qui uniti / Di speranza la lampada arde gi].
Luso della parola speranza nellaccezione civile ri-
sulta evidente nella dedica al Vojnarovskij di Ryleev:
Ivnovv nebesnoj visine
Zvezda nadezdy zasijale.
(Ryleev, in Tomasevskij 1956, p. 197)
:,: JURIJ M. LOTMAN
[E ancora nellalto del cielo / La stella della speranza ri-
fulge].
Tuttavia, pur rilevando laffinit tra le immagini di
questi testi, non si deve dimenticare che in Puskin i
versi citati sono seguiti da altri, del tutto impossibili
per Ryleev, ma quanto mai caratteristici dellintero ci-
clo in esame:
Zdorovo, molodost i sc aste,
Zastolnyj kuboki bordel,
Gde s gromkim smechom sladostraste
Vedt nas janych na postel.
(Puskin 1947, p. 95)
[Salve, gioia e giovinezza, / Calice conviviale, e bordello, /
Dove, ebbri e ridenti, / La volutt ci conduce al letto].
Ora, se riteniamo che tutta la sostanza della Lampa-
da verde si esaurisca nella sua qualit di diramazione
della Lega della Prosperit, come concilieremo versi del
genere (tuttaltro che isolati!) con il principio del Li-
bro verde, secondo cui la diffusione dei precetti della
moralit e della virt il fine precipuo della Lega, ai
cui membri veniva fatto obbligo di esaltare in tutti i di-
scorsi la virt, umiliare il vizio, mostrare disprezzo per
la debolezza? Si ricordi il disgusto che Nicolaj Turge-
nev provava per i conviti in quanto passatempo de-
gno di gaglioffi: Mosca un baratro di piaceri della
vita dei sensi: si mangia, si beve, si dorme, si gioca a car-
te, e tutto ci alle spalle dei contadini oppressi dal lavo-
ro (Turgenev 1921, p. 259) (lannotazione porta la data
del 1821, anno di pubblicazione dei Banchetti [Pizy] di
Baratynskij).
I primi storici della Lampada verde, sottolineandone
lelemento orgiastico, le negavano un qualsiasi signifi-
cato politico. Gli studiosi odierni, messa in luce la
IL DECABRISTA NELLA VITA :,,
profondit dei reali interessi politici degli affiliati, hanno
puramente e semplicemente cancellato ogni differenza
tra la Lampada verde e latmosfera morale della Lega
della Prosperit. La Neckina passa sotto silenzio questo
aspetto del problema, Tomasevskij (1956, p. 206) trova
una via duscita, facendo una distinzione tra le riunioni
della Lampada Verde serie e del tutto rispondenti allo
spirito della Lega e le serate, non prive di spirito di li-
bert, in casa di Nikita Vsevolozskij: ora di distin-
guere tra le serate di Vsevolozskij e le riunioni della
Lampada verde, egli scrive. vero che subito dopo
Tomasevskij attenua notevolmente la sua affermazione
aggiungendo che per Puskin, naturalmente, le serate in
casa Vsevolozskij erano inseparabili da tutto il resto, co-
me inseparabili erano le riunioni dellArzamas e le tra-
dizionali cene con loca. Non si capisce perch si deb-
ba distinguere ci che per Puskin era inseparabile e se si
debba in questo caso anche per lArzamas dividere le se-
dute serie dalle cene giocose. una via difficilmen-
te percorribile.
La Lampada verde fu indiscutibilmente un sodalizio
libertario di letterati, non unaccolta di dissoluti. Batta-
gliare intorno a questo problema oggi non ha pi alcun
senso
16
. Non meno evidente che la Lega della Pro-
sperit cercasse di influire sulla Lampada (la parteci-
pazione a essa di Fdor Glinka e di Sergej Trubeckoj
non lascia a questo proposito alcun dubbio). Ma que-
sto allora significa che essa era una semplice filiale del-
la Lega e che tra queste organizzazioni non si rileva
una differenza?
La differenza consisteva non negli ideali e negli
orientamenti programmatici, bens nel tipo di compor-
tamento.
I massoni chiamavano le sedute della loggia lavori.
Anche per un membro della Lega della Prosperit la sua
attivit di affiliato era un lavoro oppure, pi solenne-
:, JURIJ M. LOTMAN
mente, un servizio. Cos infatti disse Puscin (1956, p.
81) a Puskin: Non sono lunico a prestare questo nuovo
servizio alla patria. Lo stato danimo dominante del
congiurato politico grave e solenne. Per il membro del-
la Lampada verde lo spirito libertario si colora di toni
gioiosi, e lattuazione degli ideali di libert trasforma la
vita in una festa ininterrotta. Grossman (1958, p. 143),
che ci d un ritratto di Puskin di questo periodo, fine-
mente nota: La lotta politica era da lui percepita non
come abnegazione e sacrificio, ma come gioia e festa.
Ma una festa dove la vita, straripando, si fa beffa
dei divieti. Lardita sfrenatezza (cfr. arditi cavalieri) di-
stingue gli ideali della Lampada verde dallarmonico
edonismo di Batjuskov (e dalla moderata giocondit del-
lArzamas), avvicinandoli piuttosto allo sfrenato spirito
degli ussari di Denis Davydov o alla sregolatezza go-
liardica di Jazykov.
La violazione del culto karamziniano del decoro si
manifesta nel comportamento linguistico dei membri
della Lampada. Non si tratta ovviamente delluso di
parole oscene, altrimenti la Lampada non si distingue-
rebbe da una qualsiasi bisboccia di ufficiali. La convin-
zione degli studiosi, secondo i quali dei giovani ufficiali
e poeti brilli o anche semplicemente accalorati usassero
nelle loro conversazioni il lessico del Dizionario dellAc-
cademia, per cui certi famigerati interventi in quelle riu-
nioni non dimostrerebbero altro che una scarsa raffina-
tezza di spirito, questa convinzione ha un carattere piut-
tosto comico; essa dovuta a quellipnosi delle fonti
scritte cui sottost il pensiero storico odierno: il docu-
mento viene identificato con la realt, e la lingua del do-
cumento con la lingua della vita. Si tratta in realt di una
commistione del linguaggio del pensiero politico e filo-
sofico alto e della raffinata poesia con un lessico da tri-
vio. Da qui nasce quel particolare stile accentuatamente
familiare che cos caratteristico delle lettere di Puskin
IL DECABRISTA NELLA VITA :,,
ai membri della Lampada verde. Questa lingua ricca di
inattesi accostamenti e di coesistenze stilistiche divenne
una sorta di parola dordine in base alla quale si ricono-
scevano i propri uomini. Lesistenza di una parola
dordine linguistica di un gergo di gruppo molto marca-
to un tratto caratteristico sia della Lampada che del-
lArzamas. Trasferendosi col pensiero dallesilio tra gli
amici della Lampada verde, Puskin sottoline proprio
questo loro linguaggio:
Vnov slysu, vernye, poety,
Vas ocarovannyj jazyk (...).
(Puskin 1947, p. 264)
[E qui odo ancora, fedeli poeti, / La vostra lingua fatata
(...)].
Al comportamento linguistico doveva corrisponder-
ne anche uno pratico, basato sulla stessa commistione.
Gi nel 1817 Puskin scriveva a Kaverin (latmosfera che
regnava tra gli ussari preparava quella della Lampada
verde) che
(...) mozno druzno zit
S stichami, s kartami, s Platonom i s bokalom,
c to rezvych salostej pod lgkim pokryvalom
I um vozvysennyj i serdce mozno skryt.
(Puskin 1937a, p. 238)
[(...) vivere si pu in armonia / Coi versi, le carte, Platone
e il calice, / E un intelletto eccelso e un cuor si pu celare
/ Sotto il velo lieve di giocose follie].
Si ricordi che proprio contro questa promiscuit si
scaglia il moralista e predicatore C
ackij (sullatteggia-
mento dei decabristi nei confronti del gioco delle carte
si veda pi avanti):
:,o JURIJ M. LOTMAN
Kogda v delach ja ot veselij prjac us,
Kogda durac itsja durac us,
A smesivat dva eti remesla
Est tma ochotnikov, ja ne iz ich cisla.
[Se faccio cose serie, fuggo il gioco, / Quando vo divertir-
mi, mi diverto, / Di mescolare insieme questo e quello / A
molti piace, ma non piace a me].
La familiarit elevata a culto dava luogo a una sorta di
ritualizzazione dellesistenza. Ma si trattava di una ritualit
alla rovescia, analoga ai buffoneschi riti del carnevale. Di
qui certe caratteristiche sostituzioni sacrileghe: la Vergi-
ne di Voltaire la sacra Bibbia delle Criti. Lincontro
con Laide pu essere nominato direttamente, con osten-
tata inosservanza dei tab verbali del gran mondo:
Kodga Z
ukovskij.
Caratteristico laccostamento tra il sigaro e il cavo-
lo, in cui il primo esprime semplicemente lautomati-
smo dellabitudine e testimonia quanto profonda fosse
leuropeizzazione della reale vita russa, mentre il secon-
do un segno dotato di rilevanza ideologica. Ma Be-
stuzev non ravvisa qui alcuna contraddizione, in quanto
il sigaro e il cavolo si dispongono a diversi livelli, e il si-
garo percepibile solo da un osservatore esterno, cio
da noi.
Al giovane gaudente, che divide il tempo tra i balli e
le bevute fra amici, si contrappone lanacoreta, che tra-
scorre il tempo nel proprio studio. La lettura entusiasma
persino i giovani militari, che adesso assomigliano pi a
studiosi in erba che a scapestrati in uniforme. Muravv,
Pestel, Jakuskin, Zavalisin, Batenkov e decine di altri
giovani della loro cerchia si dedicano allo studio, assisto-
no a lezioni private, ordinano libri e riviste, rifuggono
dalla compagnia delle signore:
(...) modnyj krug sovsem teper ne v mode.
My, znaes, milaja, vse nync e na svobode.
Ne ezdim v obscestva, ne znaem nasich dam.
My ich ostavili na zertvu [starikam],
Ljubeznym balovnjam osmnadcatogo veka.
(Puskin)
IL DECABRISTA NELLA VITA ::
[(...) I circoli alla moda non sono pi di moda. / Noi sia-
mo, cara, liberi dagli impegni. / La societ, le amiche pi
non frequentiamo. / Le abbiamo sacrificate ai vecchi, /
Gentili beniamini del secolo passato].
Professory!! u nich ucilsja nas rodnja,
I vysel! chot sejcas v apteku, v podmasteri,
Ot zenscin begaet (...).
(Griboedov)
[Professori!! con loro studi il nostro parente, / Or s di-
plomato, buono per far lapprendista in farmacia / Fugge
le donne (...)].
Zavalisin , che a 16 anni era stato nominato docente
di astronomia e matematica superiore a quella stessa Ac-
cademia di Marina i cui corsi aveva appena brillante-
mente concluso, e a 18 aveva intrapreso un viaggio di
studio intorno al mondo, si lamentava che Pietroburgo
altro non offrisse che le solite visite, le solite carte, la
solita vana mondanit (...). Non un minuto rimane libe-
ro per gli studi diletti (Zavalisin 1908, p. 39).
Nellepoca a cavallo tra il secolo XVIII e il XIX un in-
tellettuale raznocinec conscio dellabisso che divideva la
teoria dalla realt, ricorreva talvolta a soluzioni di com-
promesso:
(...) Nosi licinu v svete,
A filosfom bud, zapersis v kabinete.
(Slovcov 1971, p. 209)
[(...) Porta pure la maschera nel mondo, / E chiuso nel tuo
studio sii filosofo].
Lascetismo decabrista era accompagnato da un deci-
so e palese disprezzo per gli abituali passatempi della
nobilt. Unapposita regola della Lampada verde pre-
scriveva: Non si scialacqui il tempo negli effimeri pia-
:: JURIJ M. LOTMAN
ceri del gran mondo, bens consacri ognuno i momenti
liberi dai propri impegni ad utili occupazioni o a con-
versazioni con persone di sano pensare (Pypin 1908, p.
567). Diviene possibile il tipo dellussaro-filosofo, ana-
coreta e dotto, come C
aadaev:
(...) uvizu kabinet,
Gde ty, mudrec, a inogda mec tatel
I vetrenoj tolpy besstrastnyj nabljudatel.
(Puskin)
[(...) nello studio rivedo / Te, sempre saggio, talvolta so-
gnatore, / Di questa folla vacua sereno osservatore].
Il passatempo prediletto di Puskin e C
aadaev consi-
steva nel leggere insieme (... con Kaverin mi divertivo
19
,
con Molostvov rampognavo la Russia, col mio C
aadaev
invece leggevo). Puskin offre una gamma estremamen-
te precisa dei modi in cui un sentimento di opposizione
politica si manifesta nelle forme del comportamento
quotidiano: banchetti, libere conversazioni, letture.
Questo non soltanto destava i sospetti delle autorit, ma
irritava chi della scapestratezza faceva un sinonimo del-
lindipendenza (Davydov 1962, p. 102):
Z
omini da Z
omini!
A ob vodke ni polslova!
[Sempre uomini e uomini! / E della vodka neanche una
parola!].
Sarebbe tuttavia un madornale errore immaginarsi
un membro delle societ segrete come un solitario rinta-
nato nel suo studio. Quanto sopra si detto significa
soltanto che egli rifiutava le vecchie forme di vita comu-
nitaria. Anzi, il concetto di sforzi congiunti diventa li-
dea-guida dei decabristi, compenetrando non solo le lo-
IL DECABRISTA NELLA VITA :,
ro concezioni teoriche, ma anche il comportamento
quotidiano. In vari casi tale idea precede quella della
congiura politica e facilita psicologicamente lavvio del-
lattivit cospirativa. Quando ero allievo ufficiale, ri-
corda Zavalisin (e lo fu dal 1816 al 1819; nella Lega del
Nord entr nel 1824) non mi limitavo a osservare at-
tentamente tutti i difetti, i disordini e gli abusi, ma li sot-
toponevo sempre al giudizio dei miei compagni pi seri,
affinch, unendo le nostre forze, ne chiarissimo le cause
e ne ponderassimo i rimedi (Zavalisin 1908, p. 41).
Intrinseci ai decabristi sono il culto della fratellanza,
basato su una comunit di ideali, e lesaltazione della-
micizia, non di rado a scapito di altri rapporti. Ryleev,
cos ardente nellamicizia, secondo la testimonianza im-
parziale del suo servitore Agap Ivanov, sembrava fred-
do verso i familiari e si infastidiva se lo distraevano dal
lavoro
20
.
La definizione che Puskin d dei decabristi come
fratelli, amici, compagni caratterizza perfettamente la
gerarchia dei loro rapporti nei diversi gradi dintimit. E
se la cerchia dei fratelli tendeva a restringersi allambi-
to cospirativo, al polo opposto si collocavano i compa-
gni, concetto agevolmente dilatabile a quello di gio-
vent, di uomini illuminati. Ma non basta: anche
questo concetto, gi di per s estremamente esteso, rien-
trava in un ancora pi ampio noi culturale (contrap-
posto a un loro). Noi, noi giovani afferma C
ackij.
E Zavalisin (1908, p. 39, c.vo Lotman) scrive: Gli uffi-
ciali anziani [nella flotta] erano a quel tempo personaggi
insignificanti (specie quelli di origine anglosassone) o di-
sonesti, il che acquistava particolare spicco nel confron-
to con gli uomini della nostra generazione, dotati, colti,
assolutamente probi.
Ma se, da una parte, il mondo della politica permea-
va intimamente i rapporti personali e familiari, questi ul-
timi, a loro volta, impregnavano di s tutto lo spessore
: JURIJ M. LOTMAN
dellorganizzazione politica. Se nelle successive fasi del
movimento rivoluzionario considerazioni di ordine ideo-
logico e politico indurranno a rompere amicizie, amori e
affetti di antica data, nel caso dei decabristi lorganiz-
zazione politica ad assumere una forma di diretto rap-
porto umano, di amicizia, di attaccamento agli uomini
oltre che alle loro convinzioni. Tutti coloro che facevano
attivit politica erano legati gli uni agli altri da solidi
rapporti extra politici (si trattava di parenti, compagni
di reggimenti o di istituto, reduci dalle medesime batta-
glie, o semplicemente conoscenti nellambito della so-
ciet mondana), rapporti che abbracciavano tutta una
cerchia di persone, dallo zar e dai granduchi, con cui era
possibile incontrarsi e conversare ai balli o alle passeg-
giate, fino al giovane congiurato, il che conferiva allinte-
ro quadro di questepoca una particolare impronta.
In nessun altro movimento politico russo dato ri-
scontrare tanta dovizia di relazioni di parentela: per
non parlare del complesso intrecciarsi di tali vincoli
nella famiglia dei Muravv-Luciny e intorno alla casa
dei Raevskij (Orlov e Volkonskij sposano le figlie del
generale Raevskij; Davydov, cugino del poeta, condan-
nato in prima istanza al carcere perpetuo, fratello ute-
rino del generale), baster ricordare i quattro fratelli
Bestuzev, i fratelli Vadkovskij, i fratelli Bobriscev-
Puskin, i fratelli Bodisko, i fratelli Borisov, i fratelli K-
chelbecker ecc. Se poi teniamo conto anche dei rappor-
ti di parentela acquisita, delle parentele di secondo e
terzo grado, dei legami di vicinato (che implicava una
comunit di ricordi dinfanzia e univa effettivamente le
persone non meno della parentela), si otterr un qua-
dro che non ha eguali nella successiva storia del movi-
mento di liberazione in Russia.
Non meno significativo che i rapporti di consangui-
neit e amicizia (conoscenze fatte al club, al ballo, al reg-
gimento, durante una campagna militare) legassero i de-
IL DECABRISTA NELLA VITA :,
cabristi non soltanto agli amici, ma anche agli avversari,
senza che per questa contraddizione n luno n laltro
tipo di rapporto venisse meno.
La sorte dei fratelli Michail e Aleksej Orlov in que-
sto senso significativa, ma tuttaltro che unica. Potrem-
mo citare il caso di Muravv che, gi affiliato in gio-
vent alla Lega della Salvezza e alla Lega della Prospe-
rit (di cui aveva anche, in collaborazione con altri,
compilato lo statuto), reprimer nel sangue, qualche an-
no pi tardi, linsurrezione polacca. Ma lambigua inde-
terminatezza che i legami amichevoli e mondani intro-
ducevano nei rapporti personali fra avversari politici, si
manifesta con pi trasparenza nei casi pi comuni. Il 14
dicembre 1825 sulla Piazza del Senato si trovava, a fian-
co dello zar Nicola, laiutante di campo Durnovo. A tar-
da notte proprio Durnovo fu inviato ad arrestare Ryleev,
e lordine venne regolarmente eseguito. A quel tempo
Durnovo gi godeva della piena fiducia del nuovo impe-
ratore, che il giorno avanti gli aveva affidato la rischiosa
missione (rimasta inattuata) di parlamentare con i reggi-
menti rivoluzionari. Qualche tempo dopo fu proprio
Durnovo a scortare Orlov in carcere.
Le cose sembrano estremamente chiare: ci troviamo
di fronte a un fedele funzionario di sentimenti reazio-
nari, a un nemico dal punto di vista dei decabristi.
Ma vediamo pi da vicino la fisionomia di questo per-
sonaggio
21
.
Durnovo nasce nel 1792. Nel 1810 fa il suo ingresso
alla scuola allievi-ufficiali. Nel 1811 promosso tenente
e assegnato al capo di stato maggiore principe Volkon-
skij. Entra quindi in una societ segreta di cui esiste no-
tizia solo nelle memorie di Muravv: Membri di que-
sta lega erano [oltre a Ramburg], anche altri ufficiali:
Durnovo, Aleksandr S
umla
27
.
C dunque da stupirsi se Durnovo e Orlov, che nel
1825 il destino spinse in opposte direzioni, sincontraro-
no non come nemici politici, ma, se non come amici, co-
me buoni conoscenti, e per tutta la strada che conduce-
va alla fortezza di San Pietro e Paolo conversarono con
piena cordialit?
Anche questa peculiarit ebbe il suo influsso sul mo-
do di comportarsi dei decabristi durante listruttoria. Il
rivoluzionario delle epoche successive non conoscer
personalmente i suoi avversari, e in essi vedr delle forze
politiche, e non degli uomini. Il decabrista, persino nei
membri della commissione inquirente non poteva non
vedere degli uomini a lui noti perch colleghi di servizio
o compagni di vita mondana. Si trattava di suoi cono-
scenti o di suoi superiori. Egli poteva disprezzarne lottu-
sit senile, il carrierismo, la servilit, ma non poteva ve-
dere in essi dei tiranni e dei despoti, degni di tacitiane
invettive. Usare con loro il linguaggio dellalta oratoria
politica era impossibile, e questo disorient i detenuti.
Se storicamente la poesia decabrista fu in buona
parte oscurata dallopera di contemporanei geniali co-
me Z
aadaev, Z
uguev. Su
questa rivolta volta cfr. Cjavlovskij (1962, pp. 33 sgg.).
11
Vjazemskij scriveva in quei giorni: Non posso senza orrore e mestizia
por mente alla solitudine del sovrano in un simile momento. Chi far eco alla
sua voce? Lirritato orgoglio, o un calamitoso consigliere, o, ancor pi calami-
tosi, degli spregevoli schiavi (in Lotman 1960b, p. 78).
IL DECABRISTA NELLA VITA :,;
12
La lettura evidentemente ebbe luogo nel 1803, quando Schiller, tramite
Wohlzogen, invi il Don Carlos a Pietroburgo, a Marija Fdorovna. Il 27 set-
tembre 1803 Wohlzogen annuncia che lopera era stata recapitata. Cfr. Wohl-
zogen 1862, p. 125; Harder 1968, pp. 15-16.
13
Lesempio di Karamzin a questo riguardo particolarmente degno di
nota. Il raffreddamento dello zar nei suoi confronti ebbe inizio nel 1811, con
la presentazione a Tver delle Note sullantica e nuova Russia (Zapiski o drev-
nej i novoj Rossii). Un secondo, pi grave episodio, si colloca nel 1819, quan-
do Karamzin lesse allo zar lOpinione di un cittadino russo (Mnenie russkogo
graz danina). Pi tardi egli annot le parole da lui rivolte ad Alessandro in
quelloccasione: Sire, c in Voi troppo amor proprio (...). Io nulla temo.
Tutti siamo pari al cospetto di Dio. Quel che ho a Voi detto, lavrei detto an-
che al padre Vostro (...). Sire, io spregio i liberali di un giorno, solo quella li-
bert m cara, che nessun tiranno mi potr strappare (...). Io pi non prego
la Grazia Vostra. Forse questa lultima volta chio Vi parlo (Karamzin
1862, p. 9. Originale in francese). Nella fattispecie la critica era mossa da po-
sizioni pi conservatrici di quelle dello stesso zar, il che inequivocabilmente
dimostra che non il carattere progressivo o reazionario delle idee, ma lindi-
pendenza in quanto tale era invisa allimperatore. In simili condizioni latti-
vit di chiunque aspirasse al ruolo di marchese di Posa era predestinata al fal-
limento. Dopo la morte di Alessandro Karamzin, in una nota alla posterit,
mentre riafferma il proprio amore per il defunto (Lamavo con sincerit e te-
nerezza, pur talvolta indignato, irato contro il monarca, tuttavia amavo luo-
mo), deve riconoscere il totale fallimento della sua missione di consigliere
della corona: Io ero schietto sempre, egli sempre paziente, mite, amabile ol-
tre ogni dire; non richiedeva i miei consigli, ma li ascoltava, sebbene in massi-
ma parte non li seguisse, tanto che ora, insieme a tutta la Russia piangendo la
sua perdita, non posso confortarmi al pensiero della decennale benevolenza e
fiducia che nutr per me un personaggio cos illustre, essendo queste rimaste
infruttuose per lamata Patria nostra (pp. 11-12).
14
Zapiski knjagini Marii Nikolaevny Volkonskoj, Sankt Peterburg, 1914
2
,
p. 57.
15
Koroc arov, col grado di capitano, gi insignito di tre decorazioni e
proposto per il conferimento della croce di san Giorgio, venne ferito a mor-
te durante la presa di Parigi, nel corso di un violento attacco contro gli ula-
ni polacchi.
16
Non possiamo convenire n con Annenkov (1874, p. 63), secondo cui
listruttoria del processo ai decabristi avrebbe messo in luce il carattere in-
nocuo, cio orgiastico della Lampada verde, n con Tomasevskij (1956, p.
206), a cui appare plausibile che le voci di orge fossero state messe in circo-
lazione con lo scopo di stornare lattenzione della gente. Allinizio del secolo
la polizia perseguiva limmoralit non meno del libero pensiero. Annenkov
involontariamente attribuisce allepoca di Alessandro I i costumi del tene-
broso settennio. Quanto allaffermazione di Tomasevskij, secondo cui le
adunanze della societ segreta non potevano aver luogo nei giorni delle feste
settimanali in casa Vsevolozskij, il che, secondo lo studioso, sarebbe un ar-
gomento a favore della distinzione tra serate e adunanze, non possiamo
non ricordare le segrete adunanze / Di gioved. La lega segretissima () di
:, JURIJ M. LOTMAN
Repetilov. Gi intorno al 1824 per cospirazione sintendeva qualcosa di as-
sai diverso (e pi maturo) del concetto che se ne aveva nel 1819-1920.
17
Archivio russo, 1866, libro VII, colonna 1255.
18
Un interessantissimo esempio di riprovazione per il ballo, come passa-
tempo incompatibile con le virt romane, e nello stesso tempo della conce-
zione secondo cui il comportamento quotidiano doveva costruirsi sulla base
di testi che rappresentavano un comportamento eroico, ci viene offerto
dalle memorie di Olenina (1938, p. 484), che descrive un episodio dellinfan-
zia di Nikita Muravv: A una festa di bambini in casa Derzavin Ekaterina
Fdorovna [madre di N. Muravv] not che Nikituska non danzava e gli si
avvicin per convincerlo a farlo. Egli le chiese a bassa voce: Maman, est-ce
quAristide et Caton ont dans?. E la madre rispose: Il faut supposer quoui,
a votre age. Egli salz immediatamente e and a ballare.
19
Per la semantica del verbo guljat [in russo passeggiare ma anche
far baldoria. N.d.T.] indicativo un brano del diario di Raevskij, in cui vie-
ne fissato un colloquio col granduca Costantino Pavlovic . Alla richiesta, da
parte del Raevskij, dellautorizzazione a guljat, Costantino risponde: No,
maggiore, assolutamente impossibile! Quando vi sarete discolpato, avrete
tutto il tempo che vorrete. Pi avanti tuttavia si chiarisce che i due interlocu-
tori non serano compresi: S! S! esclam il granduca, Voi volete far due
passi allaria aperta per la salute, e io pensavo che voleste gozzovigliare.
unaltra cosa (Raevskij 1956, pp. 100-101). Per Costantino la gozzoviglia la
norma della vita militare (non per nulla Puskin lo chiamava romantico), ina-
bissabile solo per un ufficiale agli arresti, mentre per lo spartano Raevskij il
verbo guliat pu significare soltanto andare a spasso.
20
Rasskazy o Ryleeve rassylnogo Poljarnoj zvezdy, in Literaturnoe na-
sledstvo, Moskva, 1954, vol. LIX, p. 254.
21
Fonte essenziale per un giudizio su Durnovo il suo ampio diario,
frammenti del quale sono stati pubblicati in Vestnik obscestva revnitelej isto-
rii, fasc. 1, 1941 e in Dekabristy. Zapiski otdela rukopisej Vsesojuznoj biblio-
teki imeni V. I. Lenina, fasc. 3, Moskva, 1939 (vedi le pagine espressamente
dedicate alla rivolta del 14 dicembre 1825). Tuttavia la parte pubblicata un
frammento trascurabile dellenorme diario in diversi volumi, scritto in france-
se, conservato alla Biblioteca Lenin.
22
Biblioteka Lenin, fondo 95 (Durnovo), n. 9533, foglio 19. (Fram-
mento di una copia dattiloscritta russa, fatta, probabilmente, per Vestnik
obscestva revnitelej istorii si trova in Centralnyj gosudarstvennyj literaturnyj
archiv, fondo 1337, op. 1, coll. 71).
23
Biblioteka Lenin, fondo 95, n. 9536, foglio 7 v.
24
Biblioteka Lenin, foglio 56.
25
Biblioteka Lenin, n. 3540, foglio 10.
26
In appendice alla pubblicazione della sezione manoscritti della Biblio-
teca Lenin si dice che Durnovo era aiutante di campo di Nicola I, ma si tratta
di un palese errore (Dekabristy. Zapiski otdela rukopisej Vsesojuznoj biblioteki
imeni V. I. Lenina, fasc. 3, Moskva, 1939, p. 8).
27
Cfr. Russkij invalid, 4 dicembre 1828, n. 304.
IL DECABRISTA NELLA VITA :,,
Lo stile, la parte, lintreccio.
La poetica del comportamento quotidiano nella
cultura russa del XVIII secolo
1
Jurij M. Lotman
Il titolo di questo lavoro ha bisogno di una spiegazio-
ne. Definire il comportamento quotidiano come un si-
stema semiotico di tipo particolare vuol dire dare al pro-
blema unimpostazione che pu suscitare obiezioni. Par-
lare della poetica del comportamento quotidiano signifi-
ca infatti affermare che nel periodo culturale, cronologi-
co e nazionale indicato, determinate forme di attivit
quotidiana erano coscientemente orientale secondo le
norme e le leggi dei testi artistici e vissute in modo im-
mediatamente estetico.
Se riusciremo a dimostrare questa tesi, essa potrebbe
diventare una delle caratteristiche tipologiche pi im-
portanti della cultura del periodo studiato.
Non si pu dire che il comportamento quotidiano co-
me tale non abbia richiamato lattenzione dei ricercatori.
Nellambito etnografico esso considerato un naturale
oggetto di descrizione e di studio. Questo tema tradizio-
nale inoltre per gli studiosi che si occupano di epoche
culturali abbastanza lontane: lantichit, il Rinascimento,
il barocco. Anche la storia della cultura russa pu richia-
marsi a una serie di lavori che conservano importanza,
dalla Rassegna della vita domestica e dei costumi del popo-
lo granderusso nel XVI e XVII secolo di Kostomarov, al libro
di Romanov Uomini e costumi dellantica Russia (1966
2
).
Ci che abbiamo detto ci porta a fare unosservazio-
ne: quanto pi una cultura storicamente, geografica-
mente e culturalmente lontana da noi, tanto pi il com-
portamento quotidiano che le proprio sar oggetto
specifico dellattenzione scientifica. A questo legato il
fatto che i documenti che stabiliscono le norme del
comportamento quotidiano di un determinato intelletto
sociale di solito sono fatti da stranieri o scritti per stra-
nieri e comportano un osservatore esterno rispetto al-
lintelletto sociale dato.
Una situazione analoga si ha anche per quanto ri-
guarda il linguaggio quotidiano, la cui descrizione nelle
prime tappe di fissazione e di studio di solito orientata
verso un osservatore esterno. Questo parallelo, come si
vede, non casuale: sia il comportamento quotidiano
che la lingua madre appartengono a sistemi semiotici
considerati dai portatori immediati naturali, dipen-
denti cio dalla natura e non dalla cultura. Il loro carat-
tere segnico e convenzionale appare evidente solo a un
osservatore esterno.
Quello che abbiamo detto finora sembra essere in
contraddizione col titolo del presente lavoro, in quanto la
percezione estetica del comportamento quotidiano pos-
sibile solo allosservatore che lo considera nellambito dei
fenomeni segnici della cultura. Lo straniero, che avverte
come esotica la vita quotidiana diversa dalla sua, pu per-
cepirla esteticamente, mentre il portatore immediato di
quella cultura di solito non si accorge della sua specificit.
Tuttavia nel mondo della cultura nobiliare russa del XVIII
secolo la trasformazione della natura del comportamento
quotidiano fu di tale portata che acquist tratti che di so-
lito non erano propri di questo fenomeno culturale.
In ogni collettivit che abbia una cultura abbastanza
sviluppata, il comportamento degli uomini si organizza
in base a unopposizione fondamentale:
1) il comportamento abituale, quotidiano, che gli
stessi membri della collettivit considerano naturale,
il solo possibile, normale;
:o: JURIJ M. LOTMAN
2) tutti i tipi di comportamento solenne, rituale, al
di fuori della pratica quotidiana: quello statale, quello
del culto, quello delle cerimonie, che hanno per gli
stessi portatori di una determinata cultura un significa-
to indipendente.
I portatori di una cultura studiano il primo tipo di
comportamento come la lingua madre, preoccupandosi
del suo uso immediato, senza fare attenzione a quando,
dove e come hanno acquistato la pratica delluso di que-
sto sistema. Possederlo sembra loro tanto naturale da
rendere un problema di questo tipo privo di senso.
ancora pi difficile che venga in mente a qualcuno di
elaborare per questo pubblico grammatiche della lingua
del comportamento quotidiano, metatesti che descriva-
no le sue norme corrette. Il secondo tipo di compor-
tamento si studia invece come una lingua straniera, se-
guendo le regole e la grammatica: prima apprendendone
le norme e costruendo poi in base a esse i testi di com-
portamento. Il primo tipo di comportamento si ap-
prende spontaneamente e senza rifletterci, il secondo
coscientemente e con laiuto di insegnanti e il suo pos-
sesso appare di solito come un atto di iniziazione.
Dopo Pietro I la nobilt russa non si limit a cambia-
re il proprio modo di vivere, ma sub un mutamento
molto pi profondo. Quello che si considera di solito un
comportamento naturale e istintivo divenne oggetto
di apprendimento. Nacquero insegnamenti che riguar-
davano le norme del comportamento quotidiano. Il mo-
do in cui ci si era comportati fino ad allora venne rifiuta-
to come scorretto, e sostituito da quello europeo ritenu-
to corretto. Il nobile russo dellepoca di Pietro I e di
quelle successive si trov cos in patria nelle condizioni
di uno straniero, di un uomo che, gi adulto, doveva
studiare con metodi artificiali ci che di solito si impara
nella prima infanzia con lesperienza immediata. Ci che
era straniero, estraneo, acquistava carattere di norma.
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :o,
Comportarsi correttamente voleva dire comportarsi co-
me uno straniero, cio in modo non naturale, secondo le
norme di una vita straniera. Ricordare queste norme era
tanto necessario come conoscere le regole di una lingua
che non la propria per un corretto uso di essa. Junosti
cestnoe zercalo [Lonesto specchio della giovent], volen-
do rappresentare un ideale di garbato comportamento
propone di considerarsi in una societ di stranieri
(Chiedere un favore dignitosamente, con parole cortesi
e garbate, come se ci si dovesse rivolgere a uno stranie-
ro, per abituarsi a comportarsi cos)
2
.
Uninversione culturale di questo tipo non determin
per leuropeizzazione della vita nel senso letterale
dellespressione, perch le forme di comportamento
quotidiano e le leggi straniere prese dallOccidente, che
nellambiente russo nobiliare divennero il mezzo norma-
le per regolare i rapporti quotidiani, trapiantate in Rus-
sia cambiarono funzione. In Occidente erano forme na-
turali e dunque non avvertite soggettivamente. Saper
parlare olandese non accresceva naturalmente in Olanda
il prestigio di una persona. Le norme di comportamento
europeo trapiantate in Russia acquistarono valore, come
la conoscenza delle lingue straniere faceva salire lo sta-
tus sociale di una persona. Sempre nellOnesto specchio
della giovent leggiamo:
Gli adolescenti che sono venuti da altri paesi e hanno im-
parato le lingue con grande fatica, possono fare sforzi per
non dimenticarle, ma le apprendono meglio con lo studio
di libri utili, attraverso i rapporti con gli altri e anche com-
ponendo qualcosa in queste lingue per non dimenticarle.
Quelli che non sono stati in paesi stranieri e sono stati pre-
si a corte o dalla scuola o da qualche altro posto, si com-
portano in modo umile e modesto perch vogliono impa-
rare dagli altri e non tenere alto lo sguardo con atteggia-
mento sfrontato e tenere il cappello appiccicato sulla testa
senza toglierlo davanti a nessuno
3
.
:o JURIJ M. LOTMAN
Questo rende evidente che, nonostante lopinione
diffusa, leuropeizzazione ha accentuato e non cancel-
lato i tratti non europei della vita quotidiana. Per avver-
tire costantemente il proprio comportamento come stra-
niero infatti bisognava non essere stranieri (allo stranie-
ro il comportamento straniero non appare straniero): bi-
sognava assimilare cio forme della vita quotidiana euro-
pea mantenendo rispetto a esse una visione esterna,
estranea, russa. Bisognava non diventare stranieri ma
comportarsi come stranieri. caratteristico in questo
senso il fatto che lassimilazione di usi stranieri non fece
diminuire ma anzi spesso port a una crescita dellanta-
gonismo nei confronti degli stranieri.
Un risultato immediato dei mutamenti del comporta-
mento quotidiano fu il ritualizzarsi e semiotizzarsi di
quelle sfere della vita che in una cultura che non ha su-
bito inversioni appaiono naturali e insignificanti. Il ri-
sultato fu di carattere opposto a quel senso del priva-
to che saltava agli occhi dei russi che osservavano la vi-
ta europea (cfr. le parole di P. Tolstoj su Venezia: Non
sparlano luno dellaltro. Nessuno ha paura di un altro.
Ognuno fa ci che vuole secondo la sua volont, 1888,
p. 547). Limmagine della vita europea si duplic nel
gioco ritualizzato del vivere alleuropea. Il comporta-
mento quotidiano divenne segno del comportamento
quotidiano. Il grado di semiotizzazione, di percezione
cosciente, soggettiva, della vita quotidiana come segno,
aument nettamente. La vita quotidiana acquist cos le
caratteristiche del teatro.
Fra i tratti fondamentali della vita russa del XVIII se-
colo caratteristico il fatto che il mondo nobiliare guidi
la vita-gioco sentendosi sempre sulla scena, mentre il
popolo indotto a osservare i nobili come se fossero
maschere, e a guardare la loro vita dalla platea. Lo testi-
monia ad esempio luso degli abiti europei (nobiliari) in-
dossati come maschere nel tempo delle feste natalizie.
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :o,
Selivanov ricorda che allinizio del XIX secolo, durante le
feste di Natale, folle mascherate di contadini di campa-
gna e domestici della casa andavano nel palazzo padro-
nale che in quel periodo era aperto per loro. Come co-
stumi venivano usate pellicce contadine di pelle di peco-
ra rovesciate o abiti buffoneschi che non si indossavano
abitualmente (berretti di fibra di corteccia di tiglio ecc.).
Si usavano inoltre normali abiti signorili che la dispen-
siera forniva di nascosto (vecchie uniformi signorili e
altri abiti per uomo e per donna conservati nei magazzi-
ni, Selivanovskij 1881, p. 115).
significativo che nei quadretti popolari del XVIII se-
colo (lubok), orientati verso il teatro come dimostrato
dalle tende, dai frontoni, dalla ribalta e dalla cornice
4
, i
personaggi popolari appaiano, in quanto attori, con vesti-
ti signorili. Cos nel noto quadretto Poz aluj podi proc ot
menja [Per favore allontanati da me] la ragazza che fa le
frittelle ha nei posticci sul viso e il suo corteggiatore in-
dossa una parrucca con la treccia, un abito signorile e il
cappello a tre punte
5
.
La possibilit di avvertire lalta semiotizzazione del-
la vita quotidiana nobiliare non era dovuta solo al fatto
che il nobile russo del periodo successivo al regno di
Pietro, pur avendo fatto proprio questo comportamen-
to, continuava a sentirlo come straniero. Questo dop-
pio modo di intendere il proprio comportamento lo
trasformava in un gioco, e questa sensazione era deter-
minata dal fatto che molte caratteristiche della vita rus-
sa conservavano ancora un carattere nazionale. Non
solo il piccolo proprietario che viveva in provincia, ma
anche il nobile importante, lo stesso Pietro I o Elisa-
betta, tornavano spesso alle norme di vita e di compor-
tamento tradizionali e nazionali. Si poteva scegliere fra
un comportamento neutro, naturale e uno accentua-
tamente nobiliare e nello stesso tempo coscientemente
teatrale. Pietro I ad esempio preferiva per se stesso il
:oo JURIJ M. LOTMAN
primo tipo e anche quando prendeva parte alle azioni
rituali, si attribuiva il ruolo di regista, della persona
cio che organizza il gioco, che richiede agli altri di ri-
spettarne le regole, ma non vi partecipa personalmen-
te. Lamore per la semplicit tuttavia non avvicinava
il suo comportamento a quello popolare ma aveva piut-
tosto un significato opposto. Per il contadino il riposo
e la festa comportavano il passaggio a una sfera di
comportamento pi ritualizzato di quello consueto: il
servizio religioso, segno consueto della festa, il matri-
monio o anche semplicemente il far baldoria nella bet-
tola, significava entrare in un rito con regole stabilite
che determinavano anche il tempo, le azioni e le parole
dei partecipanti. Per Pietro invece il riposo era il mo-
mento del passaggio a un comportamento particola-
re, fuori del rituale. Quello che per i contadini aveva
un carattere pubblico (intorno alla casa in cui si svolge-
va il matrimonio si affollavano ad esempio le persone
non invitate venute a vedere), per Pietro avveniva die-
tro una porta chiusa, nella ristretta cerchia dei propri
intimi. Questa opposizione propria del rituale pa-
rodistico, che come antirituale tende a svolgersi nelli-
solamento e in ambienti chiusi, ma, come rituale, ben-
ch rovesciato, tende a compiersi in pubblico e in un
luogo aperto. Il mescolarsi nellepoca di Pietro delle
pi diverse forme di semiotica del comportamento (dal
rituale ecclesiastico ufficiale alla parodia del rituale ec-
clesiastico nei riti sacrileghi di Pietro e dei suoi intimi,
dal comportarsi come stranieri nella vita quotidiana al
comportamento particolare da tenere in privato con-
sapevolmente contrapposto al rituale)
6
rendeva perce-
pibile la categoria dello stile di comportamento. Pro-
prio il variegato disordine dei mezzi lessicali della lin-
gua dellinizio del XVIII secolo accentuava il senso del-
limportanza stilistica non solo degli strati della lingua,
ma di ogni parola presa separatamente (non solo del
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :o;
comportamento ma anche di ogni singola azione), pre-
parando gli ordinamenti rigidamente classificatori del-
la met del secolo XVIII.
Cos al primo passo, cio alla semiotizzazione del
comportamento quotidiano, segu il secondo, cio la
creazione degli stili nellambito delle norme della vita
quotidiana. Spostandosi da Pietroburgo a Mosca, dalle
propriet nei dintorni di Mosca a zone lontane, dalla
Russia allEuropa, il nobile russo finiva col cambiare lo
stile del suo comportamento, spesso anche senza ren-
dersene conto. Il processo di formazione di uno stile in
una data sfera si svolgeva anche in unaltra direzione,
cio in quella sociale. Si determin una differenza nello
stile di comportamento fra chi prestava servizio e chi
non lo prestava, fra il militare e il civile, fra il nobile del-
la capitale (cortigiano) e quello che viveva fuori. Il modo
di parlare, di camminare, di vestirsi indicava senza pos-
sibilit di errore il posto occupato dalle persone nella
polifonia stilistica della vita quotidiana. Gogol, citando
nelle lettere, e poi in I giocatori, lespressione: Rute,
resitelno rute! prosto karta-foska! [Rut, proprio rut!
una scartina] (Gogol 1951, p. 267), riteneva che fos-
se una frase tipica dellesercito e nel suo genere non
priva di decoro. Egli metteva in evidenza, cio, che n
un funzionario civile n un ufficiale della Guardia la-
vrebbero pronunciata.
Il colorito stilistico era sottolineato dal fatto che la
realizzazione dei vari comportamenti era il risultato di
una scelta. La possibilit di scegliere, di cambiare il
proprio comportamento, era alla base del modo di vi-
vere nobiliare. Il sistema di vita nel nobile russo era co-
struito come un albero. Nella seconda met del XVIII
secolo i nobili, dopo aver ottenuto la libert di essere
in servizio o di rinunciarvi, di vivere in Russia o alle-
stero, continuavano a lottare per aumentare i rami di
questo albero.
:o JURIJ M. LOTMAN
Il governo, soprattutto allepoca di Paolo I e di Nico-
la I, cercava invece di annullare la possibilit di compor-
tamento individuale e di scelta di un proprio stile da
parte del singolo, tentando di trasformare la vita in ser-
vizio e gli abiti in uniformi.
Le principali possibilit di comportamento dei nobili
sono elencate nello schema precedente
7
.
(Sono presi in considerazione soltanto i tipi fonda-
mentali di comportamento della nobilt russa del XVIII
secolo, che sono il frutto della scelta fra possibilit alter-
native. Non sono prese in considerazione le modificazio-
ni nella tipologia del comportamento dovute allet).
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :o,
comportamento dei nobili
vita laica
allestero in Russia
in servizio
servizio
militare
guardia
differenze
a seconda
dellarma
differenze
a seconda
dellarma
servizio
diplomatico
altri tipi
di attivit
da funzionari
grandi
proprietari
piccoli
proprietari
rurali
esercito nella
capitale
in provincia signori
moscoviti
stile di
comportamento
del proprietario
servizio
civile
fuori servizio
clero
regolare
clero
non regolare
vita ecclesiastica
La possibilit di scegliere distingueva nettamente il
comportamento dei nobili da quello dei contadini, rego-
lato dal calendario agricolo e unico nellambito di ogni
tappa. curioso che sotto questo aspetto il comporta-
mento delle donne appartenenti alla nobilt fosse in li-
nea di principio pi vicino a quello dei contadini che a
quello degli uomini del loro stesso rango. Non includeva
infatti momenti di scelta individuale ed era determinato
dallet.
Lorigine degli stili di comportamento avvicinava na-
turalmente questultimo a fenomeni analoghi vissuti
esteticamente, fatto che a sua volta spingeva a cercare
modelli di comportamento quotidiano nelle sfere del-
larte. Per chi non aveva ancora assimilato le forme eu-
ropeizzate di arte, potevano essere modelli solo i tipi di
rappresentazioni abituali per un russo: la liturgia eccle-
siastica e il teatro dei saltimbanchi. La prima tuttavia era
investita di unautorit tale che lusarla nella vita assu-
meva un carattere parodistico-sacrilego. Un esempio si-
gnificativo delluso della forma del teatro popolare nel-
lorganizzazione della vita quotidiana dei nobili si trova
nel raro libretto Rodoslovnaja Golovinych, vladelcev sela
Novospaskago, sobrannaja Bakkalavrom M. D. Akademii
Petrom Kazanskim [Genealogia dei Golovin, proprietari
del villaggio di Novospaskoe compilata dal Baccelliere M.
D. A. Ptr Kazanskij (Kazanskij 1847)]. In questa singo-
lare pubblicazione, che si basa sullarchivio domestico
dei Golovin, che include le fonti che ricordano quelli
che erano al seguito di Ivan Petrovic Belkin quando si
mise a scrivere Istorija sela Gorjuchina [La storia del vil-
laggio di Gorjuchin], contenuta in particolare la bio-
grafia di Vasilji Vasilevic Golovin (1696-1781), compo-
sta in base ai suoi scritti e alle leggende familiari. La
tempestosa vita di Golovin, che studi in Olanda, cono-
sceva quattro lingue europee oltre al latino, fu maestro
di camera di Caterina I, soffr a causa di Mons, sub poi
:;c JURIJ M. LOTMAN
la camera di tortura sotto il ministro Biron
8
e uscito di l
grazie a una grossa somma di denaro si stabil in campa-
gna, ci interessa per la mescolanza di teatro da fiera,
scongiuri, formule magiche popolari e cerimonie conta-
dine in cui egli trasform la sua vita quotidiana. Ripor-
tiamo unampia citazione:
Si alzava presto, prima del sorgere del sole, e recitava le
preghiere con lamato sagrestano Jakovij Dmitriev. Alla fi-
ne delle regole mattutine andavano da lui con i rapporti e
le relazioni il maggiordomo, il dispensiere, il fiduciario e
lanziano. Entravano e uscivano al comando della camerie-
ra di provata onest Pelageja Petrovnaja Vorobeva. Prima
di tutto essa diceva: In nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo, e quelli, che stavano per entrare, risponde-
vano: Amen!. Poi essa diceva: Entrate dunque quieti e
deferenti, con discrezione, purezza e devozione. Venite al
rapporto e ascoltate i comandi del nobile signore nostro.
Inchinatevi profondamente di fronte a sua grazia e badate
di serbare tutto fermamente nella memoria!. Ad una sola
voce rispondevano: Ascoltiamo, madre!. Dopo essere
entrati nella stanza del Signore, si inchinavano fino a terra
e dicevano: Signore nostro, vi salutiamo. Salve amici
miei, non tormentati e non straziati dalla disgrazia, non
provati e non puniti, rispondeva lui. Egli ripeteva ogni
volta: Allora, va tutto bene?. A questa domanda rispon-
deva prima di tutti gli altri il maggiordomo, facendo un in-
chino riverente: Nella santa chiesa, nelle oneste sagrestie,
in casa, nelle stalle e nelle scuderie e per grazia di Dio dap-
pertutto, nel chiuso dei pavoni e delle gru, nei giardini, ne-
gli stagni degli uccelli, tutto, signore nostro, va bene ed
conservato da Dio sano e salvo. Dopo il maggiordomo
cominciava il suo resoconto il dispensiere: Nelle vostre
cantine, nei granai e nelle dispense, nelle legnaie e nei sec-
catoi per covoni, nei pollai e nelle gabbie per gli uccelli,
per grazia di Dio tutto, signore, sano e salvo. Lacqua fre-
sca di sorgente presa dal pozzo di San Gregorio per ordine
vostro stata portata da un cavallo pezzato, stata versata
in una bottiglia di vetro, messa in un tino di legno, circon-
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :;:
data di ghiaccio, chiusa con un coperchio rotondo e vi
stata messa sopra una pietra. Il fiduciario faceva questo
rapporto: Per tutta la notte, Signore mio, le guardie han-
no girato intorno al vostro palazzo, hanno battuto con la
mazza, hanno fatto crepitare le raganelle, hanno suonato le
nacchere e il corno a turno, signore mio. E tutte e quattro
parlavano fra loro a voce alta. Gli uccelli notturni non vo-
lavano, non gridavano con strana voce, non spaventavano i
giovani signori e non beccavano gli stucchi della casa, non
stavano sul tetto, n nel solaio. Alla fine faceva rapporto
lanziano: In tutte e quattro le campagne per grazia di
Dio tutto va bene: i vostri contadini si arricchiscono, il be-
stiame sano, i quadrupedi pascolano, gli uccelli domesti-
ci fanno le uova, non si sono sentiti terremoti e non si sono
visti fenomeni celesti. Il gatto Vanka
9
e la vecchia
Zazigalka
10
vivono a Rtisc ev e ricevono ogni mese per or-
dine vostro il loro pane. Sospirano ogni giorno per la loro
colpa e piangendo vi pregano, signore, che deponiate la
vostra collera e perdoniate i vostri servi colpevoli. Trala-
sciamo la descrizione dellelaboratissimo cerimoniale di
ogni giorno, che consisteva nelle preghiere domestiche,
nella liturgia ecclesiastica e nei riti della colazione, del
pranzo e della cena, ognuno dei quali si ripeteva regolar-
mente. La preparazione al sonno cominciava [alle 4 del
pomeriggio nota di Lotman] con lordine di chiudere le
imposte. Allinterno recitavano le preghiere a Ges: Si-
gnore Ges Cristo, figlio di Dio, proteggici. Amen!, ri-
spondevano alcune voci dallesterno, e al suono di queste
parole con terribile rumore chiudevano le imposte e met-
tevano sbarre di ferro. Arrivavano poi il maggiordomo, il
dispensiere, il fiduciario e lanziano. Nella stanza del si-
gnore entrava solo il maggiordomo e dava agli altri le di-
sposizioni. Lordine per il fiduciario era questo: Ascoltate
lordine del padrone: state in guardia. Non dormite per
tutta la notte. Fate giri intorno alla casa, battete forte con
la mazza, suonate il corno e la raganella. State attenti e ri-
cordate: che gli uccelli non volino, che non gridino con
strana voce, che non spaventino i bambini, che non bec-
chino gli stucchi, che non stiano sul tetto e nel solaio. State
attenti e ricordate!. Ascoltiamo, era la risposta. Allan-
:;: JURIJ M. LOTMAN
ziano veniva ordinato: Dite ai sotski e ai desjatski [agenti
di polizia N.d.T.] che tutti loro custodiscano gli abitanti
dal pi piccolo al pi grande, che tengano gli occhi bene
aperti, preservino dal fuoco i borghesi e li proteggano.
Stiano attenti a che non ci siano turbamenti nelle campa-
gne di Celev, Medvedko e Goljavin, n agitazioni sui fiumi
Iksa, Jakrom e Volgusa, che non si vedano strani fenomeni
nei cieli e che non si sentano terremoti. Se qualcosa di si-
mile accade o capitano fatti straordinari, non facciano
commenti, vengano subito dal loro signore e glielo faccia-
no sapere in tempo. Tengano tutto questo bene a mente.
Al dispensiere dava gli ordini la Vorobeva: Il Signore ha
ordinato che tu ti occupi dei viveri, che mandi il cavallo a
San Gregorio a prendere lacqua santa. Mettetela nel tino,
circondatela di ghiaccio, chiudetela con un coperchio ro-
tondo e metteteci sopra una pietra con riverenza e con pu-
rezza. Abbiate cura degli uomini e del bestiame. Tenete
tutto bene a mente. Con questo si chiudevano gli ordini.
La Vorobeva di solito apriva e chiudeva le porte della
stanza, dava la chiave al padrone e, mettendogliela sotto il
guanciale, diceva: Signore, riposate con Cristo, dormite
sotto la protezione della Santa Vergine, langelo custode
vegli su di voi Signore mio. Poi dava ordine alle camerie-
re di turno: Abbiate cura dei gatti
11
, non fate rumore,
non parlate forte, non dormite durante la notte, sorveglia-
te quelli che stanno a origliare, spegnete il fuoco e tenete
tutto bene a mente.
Dopo aver letto le preghiere della sera, Vasilij Vasilievic si
metteva a letto e, facendosi il segno della croce, diceva:
Il servo di Dio va a dormire. Su di lui sia il suggello di
Cristo e il suo sostegno, la Madonna sia inviolabile mura-
glia e difesa, e con lei la destra benedetta, la croce onni-
potente e vivificatrice del mio angelo custode, le immagi-
ni delle forze incorporee e le preghiere di tutti i santi. So-
no protetto da Cristo. Scaccio il demonio e lo stermino
ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Di notte a No-
vospaskoe echeggiavano rumori, tintinnii, sibili, baccano,
grida, lo scalpitio e le corse delle quattro guardie e delle
sentinelle. Se qualcosa impediva al signore di dormire su-
bito, egli non restava a letto e perdeva il buonumore per
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :;,
tutta la notte. In questo caso o cominciava a leggere ad al-
ta voce il suo libro preferito La vita di Alessandro il Mace-
done di Quinto Curzio o sedeva su una grande poltrona
(...) e recitava questa preghiera abbassando e alzando rit-
micamente la voce: Nemico Satana, vattene da me in un
posto deserto, nei boschi folti e negli abissi della terra do-
ve non splende la luce di Dio! Nemico Satana, vattene da
me in posti oscuri, in mari senza fondo, in monti senza ca-
se, senza uomini e dove non splende la luce del Signore.
Muso dannato, vattene da me nellInferno! Vattene da
me, muso dannato! Vattene nel fuoco dellInferno e non
tornare. Amen, amen, amen. Ti faccio un anatema, brutto
pagano! Sputo su di te!.
Finiti gli scongiuri, si alzava dalla sedia e cominciava ad
andare avanti e indietro per le sue sette stanze, battendo
con la mazza. Queste stranezze naturalmente accendevano
la curiosit e molti guardavano dalle fessure che cosa face-
va il padrone. Ma in questo caso venivano prese delle mi-
sure. Le cameriere cominciavano a gridare motti arguti e
proverbi, versavano acqua fredda da finestrini alti su quelli
che stavano ad origliare e il signore approvava queste azio-
ni dicendo: Tu meriti la tortura, pagano, ripugnante, im-
punito scalpitando con le gambe e ripetendo pi volte la
stessa frase (Kazanskij 1847, pp. 60-70).
Questo un vero e proprio teatro con spettacoli e te-
sti che si ripetono regolarmente. Si tratta tuttavia ancora
di un teatro popolare con monologhi rimati da rak
12
e
con un finale caratteristico del teatro dei saltimbanchi,
durante il quale dal palcoscenico si annaffiava il pubbli-
co. Sulla scena il Signore, personaggio ben noto nel
teatro popolare e nei lubok, parzialmente negroman-
te, recita scongiuri e legge a voce alta, alternando il lati-
no con versi in russo da rak. tipico in questo spetta-
colo laccostamento di elementi comici e tragici.
Oltre che attore, il signore anche spettatore che os-
serva il rituale da carnevale nel quale ha trasformato la
sua vita quotidiana. Egli recita volentieri il suo ruolo
:; JURIJ M. LOTMAN
buffo-tragico e si preoccupa che anche gli altri non esca-
no dallo stile del gioco. ben difficile che un uomo
istruito da un astronomo, geografo, che aveva viaggiato
per tutta lEuropa e conversato con Pietro I, nipote del
favorito di Sofia V. V. Golicyn, credesse al di fuori del
gioco che lamato gatto Vanka continuasse a vivere da
dieci anni in esilio e che ogni giorno sospirasse per le
sue colpe. Ma egli preferiva vivere in questo mondo
convenzionale con le caratteristiche di un gioco, piutto-
sto che in quello in cui, come aveva annotato nel calen-
dario, avevano torturato lui, povero colpevole, detur-
pandogli le unghie (Kazanskij 1847, pp. 58)
13
.
Il sistema di generi, che si era venuto a creare nella
sfera della coscienza estetica dellalta cultura del XVIII
secolo, cominciava ad agire attivamente sul comporta-
mento del nobile russo, creando un sistema ramificato
di generi di comportamento. indicativa di questo pro-
cesso la tendenza a scomporre lo spazio abitabile in pal-
coscenici. Il passaggio da un ambiente allaltro si ac-
compagnava al cambiamento del tipo di comportamen-
to. Fino al tempo di Pietro la Russia conosceva loppo-
sizione binaria fra uno spazio rituale e uno fuori del ri-
tuale. Questa opposizione si realizzava a diversi livelli
come casa-chiesa, spazio esterno allaltare-altare, angolo
nero-angolo rosso nellisba
14
, e continuava anche nella
villa signorile dove esisteva una divisione fra le stanze
per vivere e le stanze di gala. In seguito per si manife-
st la tendenza a trasformare le stanze di gala in stanze
per vivere, e a introdurre una distinzione nello spazio
per vivere. Il passaggio dalla residenza invernale a quel-
la estiva, lo spostarsi per alcune ore dalle sale antiche o
barocche del palazzo alla capanna, al rudere medie-
vale, alla campagna cinese o al chiosco turco, il trasfe-
rirsi a Kuskov dalla casetta olandese a quella italia-
na, comportavano un cambiamento nel modo di com-
portarsi e di parlare.
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :;,
Non solo i palazzi degli zar o le ville degli alti digni-
tari, ma anche le dimore molto pi modeste dei sempli-
ci gentiluomini erano piene di chioschi da giardino, di
grotte, di tempietti, di luoghi per meditazioni solitarie,
di rifugi damore ecc. Lambiente diventava decorazio-
ne. Costituiva un elemento in comune col teatro anche
la tendenza ad accompagnare il mutamento di spazio
con musiche diverse. In caso di necessit la decorazione
poteva essere semplificata e ridotta fino a trasformarsi
da costruzione (come erano gli imponenti insiemi archi-
tettonici) in segno di tale costruzione, accessibile anche
al semplice proprietario.
Lo sviluppo successivo della poetica del comporta-
mento port allelaborazione della categoria della parte
teatrale. Luomo del XVIII secolo sceglieva per s come
se fosse stata una parte teatrale invariante di ruoli tipi-
ci un determinato tipo di comportamento, che sempli-
ficava la sua vita quotidiana e la elevava verso un qual-
che ideale. Si sceglieva di solito la parte rifacendosi a un
personaggio storico, a un uomo di Stato, a un letterato,
al protagonista di un poema o di una tragedia. Il perso-
naggio scelto diventava il doppio idealizzato della perso-
na reale, il suo santo. Orientarsi secondo il personaggio
scelto diventava un programma di comportamento. At-
tributi come il Pindaro russo, il Voltaire del Nord,
il nostro La Fontane, il nuovo Sterne o Minerva,
Astrea, il Cesare russo, il Fabio dei nostri giorni
diventavano nomi propri supplementari (Minerva per
esempio divenne il nome letterario di Caterina II). Que-
sto modo di vedere che organizzava il comportamento
dellindividuo, determinava la valutazione soggettiva che
la persona dava di s e nello stesso tempo il modo in cui
veniva considerata dai contemporanei , cre un pro-
gramma di comportamento individuale che in un certo
senso determinava gi il carattere delle azioni future e il
modo in cui sarebbero state considerate. Venne cos da-
:;o JURIJ M. LOTMAN
to impulso alla nascita di unepica aneddotica basata sul
principio di accumulazione. La maschera-parte teatrale
era il cardine intorno al quale si organizzavano i nuovi
episodi della biografia aneddotica. Questo testo di com-
portamento era in linea di principio aperto e si poteva
accrescere senza limiti, includendovi casi sempre nuovi.
significativo che il numero di parti possibili non fosse
illimitato, ma abbastanza ristretto e ricordasse sotto
molti aspetti personaggi di testi letterari di diverso tipo
e protagonisti di varie opere teatrali.
Si hanno in primo luogo parti elaborate partendo dal
normale comportamento neutro, di cui si accrescono
quantitativamente tutte le caratteristiche. Fra le masche-
re di questo tipo si pu indicare la variante del bogatyr
[eroe epico russo N.d.T.], tipica del XVIII secolo, che si
forma in base allaccrescimento puramente quantitativo
di alcune propriet normali e neutre delluomo. Il Sette-
cento brulica di titani. La caratteristica di Pietro I di es-
sere un titano-taumaturgo (Puskin) risale appunto al
XVIII secolo e negli aneddoti su Lomonosov sempre
messa in evidenza la sua forza fisica superiore a quella
degli uomini normali, i suoi svaghi da bogatyr ecc. A
questo sono legati anche i cudo-bogatyri [eroi che
compiono in guerra miracoli di coraggio ed eroismo
N.d.T.] (cfr. E tu hai raddoppiato il passo da bogatyr
[c.vo di Lotman], cio raddoppiato rispetto al norma-
le)
15
. La pi perfetta incarnazione di questa tendenza
lepica aneddotica su Potmkin, che creava limmagine
perfetta di un uomo con capacit naturali superiori alla
norma. Fiorivano racconti sul suo eccezionale appetito e
le sue capacit digestive nel pi perfetto spirito di Rabe-
lais e del lubok russo (Ho mangiato magnificamente e
bevuto allegramente, che nella variante russa ha perso
del tutto il carattere di caricatura politica delloriginale
francese e ha ripristinato il sottofondo rabelaisiano-far-
sesco). Citiamo uno di questi racconti:
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :;;
Nel secolo passato, nel palazzo Tavriceskij, il principe
Potmkin, accompagnando Lavasev e il principe Dolgo-
rukov, passa attraverso un gabinetto accanto ad un magni-
fico bagno dargento. Lavasev: Che magnifico bagno!. Il
principe Potmkin: Se ti impegni a riempirlo (questo
nella tradizione scritta ma nel testo orale risulta unaltra
parola) te lo regalo (Vjazemskij 1929, p. 194).
Gli ascoltatori potevano valutare la ricchezza di im-
maginazione di Potmkin e pensare che lui stesso, legit-
timo proprietario del magnifico bagno, poteva compiere
una simile impresa senza difficolt. La leggendaria epi-
cit da bogatyr di Potmkin aveva anche un altro aspet-
to. Non casuale che Puskin, quando seppe che aveva-
no sottoposto un articolo di Davydov alla censura di Mi-
chajlivskij-Danilevskij, abbia detto: Sarebbe come
mandare il principe Potmkin dagli eunuchi per impara-
re da loro il modo di comportarsi con le donne
16
. In
questo ambito si pu distinguere fra la grandiosit nei
disegni politici, nei banchetti e nelle feste, quella nello
scialacquare, nel fare baldoria, nella concussione, e infi-
ne la grandiosit nella generosit, nella liberalit, nel pa-
triottismo. Ogni racconto che metta in evidenza tratti da
criminale o da eroe pu far parte degli aneddoti epici su
Potmkin, a condizione che queste caratteristiche siano
elevate a un grado superlativo.
Unaltra parte tipica, che organizza una serie di leg-
gende biografiche e di reali biografie, quella del perso-
naggio arguto, dello spirito ameno, del buffone. Anche
questa legata al mondo del teatro da fiera e dei lubok.
ad esempio di questo tipo la biografia di Kopev, i
cui episodi ripetuti dai contemporanei sono di solito
aneddoti vaganti su un personaggio arguto che riesce a
uscire da situazioni difficili grazie a risposte audaci. Vja-
zemskij, narrando alcuni episodi della biografia di
Kopev, ha dimostrato che queste stesse azioni e risposte
si attribuivano anche ad altri personaggi (Golicyn) o
:; JURIJ M. LOTMAN
erano note come aneddoti francesi. La parte-maschera
esercita unazione di attrazione e la biografia leggenda-
ria diventa un testo che tende ad autoespandersi assor-
bendo aneddoti diversi sui personaggi arguti. Molto si-
gnificativo sotto questo aspetto il destino di Marin. Si
tratta di un personaggio che ricevette ad Austerlitz quat-
tro colpi di mitraglia (uno in testa, uno in un braccio e
due al petto), la spada doro per il suo valore e il grado
di tenente, che ebbe a Friedland una scheggia di granata
nella testa, la croce di Vladimiro e la cordellina di aiu-
tante di campo, che fu nel 1812 generale responsabile a
Bargation e che mor alla fine di una campagna per una
ferita, una malattia e per leccessiva fatica. Fu inoltre un
attivo politico: prese parte agli avvenimenti del 12 mar-
zo 1801 e port a Napoleone una lettera dellimperatore
russo. Fu infine poeta satirico. Tutte queste qualit furo-
no per oscurate agli occhi dei contemporanei dalla ma-
schera di spirito arguto. Con questimmagine Marin
entrato nella storia della cultura russa del XIX secolo.
Era diffuso anche il tipo del Diogene russo, del
nuovo cinico, che univa il filosofico disprezzo per la ric-
chezza alla miseria, che infrangeva le norme della decenza
e aveva come attributo indispensabile quello di essere un
grande ubriacone. Questo stereotipo fu creato da Barkov
e in seguito organizz limmagine e il comportamento di
Kostrov, di Milionov e di decine di altri letterati.
La persona che orientava il suo comportamento rifa-
cendosi a una parte, rendeva la sua vita simile a uno
spettacolo basato sullimprovvisazione, nel quale era sta-
bilito solo il tipo di comportamento del singolo ma non
le situazioni prodotte dagli scontri fra i personaggi. La-
zione era aperta e poteva essere continuata inserendo al-
tri episodi allinfinito. Questa costruzione della vita
orientata verso il teatro popolare era poco adatta per gli
scontri tragici. Ne un esempio indicativo la biografia
mitologizzata di Suvorov [maresciallo russo (1729-1800)
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :;,
(N.d.T.)]. Nel costruire un mito idealizzato di se stesso,
Suvorov si orient prima di tutto sullimmagine di Plu-
tarco e poi su quella di Cesare. Questalta immagine tut-
tavia poteva trasformarsi nelle lettere alla figlia o
quando si occupava dei soldati nella figura del bogatyr
russo. (Nelle lettere alla figlia, la nota Suvorocka, le de-
scrizioni stilizzate delle azioni militari ricordano in mo-
do sorprendente le trasformazioni fiabesche delle azioni
militari nella coscienza del capitano Tusin di Guerra e
pace, cosa che fa supporre che Tolstoj conoscesse questa
fonte). Il comportamento di Suvorov era per regolato
non da una sola norma ma da due. La seconda era
orientata verso la parte del burlone. A questa maschera
sono legati gli innumerevoli aneddoti sulle stravaganze
di Suvorov, il suo grido da galletto, le sue uscite buffo-
nesche. La presenza nel comportamento della stessa
persona di due ruoli che dovrebbero escludersi a vicen-
da in rapporto col significato del contrasto nella poeti-
ca del preromanticismo (cfr. la frase: Da poco mi ca-
pitato di fare conoscenza con uno strano personaggio.
Quanti ce ne sono!, tratta dal taccuino di Batjuskov
(1934, pp. 378-380); Charakter moego diadi [Il carattere
di mio zio] di Griboedov (1956, pp. 414-415), o un pas-
so del diario di Puskin liceale del 17 dicembre 1815:
Volete vedere una strana persona, un bislacco?,
Puskin 1949, pp. 301-302).
Limprevedibilit del comportamento della persona
dipendeva in questo caso dal fatto che i suoi interlocuto-
ri non potevano mai sapere in anticipo quale dei due
possibili ruoli sarebbe stato utilizzato. Se leffetto esteti-
co del comportamento orientato sempre verso la stessa
maschera dipende dal fatto che in situazioni diverse agi-
sce una sola maschera, qui legato alla continua meravi-
glia del pubblico. Cos ad esempio il principe Estergazi,
che era stato mandato dal palazzo di Vienna a parlare
con Suvorov, si lamentava con Komarovskij: Come si
:c JURIJ M. LOTMAN
pu parlare con una persona da cui non si pu ottenere
niente?. E ancora di pi egli fu colpito nellincontro
successivo: Cest un diable dhomme. Il a autant de-
sprit, que de connaissance
17
.
La tattica successiva nellevoluzione della poetica del
comportamento caratterizzata dal passaggio dalla parte
allintreccio. Lintreccio non affatto una componente
casuale del comportamento quotidiano. Anzi, la sua ap-
parizione come categoria, che organizza i testi narrativi
nellarte, si pu spiegare in ultima analisi con la necessit
di scegliere una strategia di comportamento per la realt
extraletteraria. Il comportamento quotidiano acquista
una piena intelligibilit soltanto nella misura in cui una
singola catena di avvenimenti a livello della realt pu es-
sere confrontata con un susseguirsi di azioni che ha un
unico significato e compiutezza e che funziona a livello
di codificazione come un segno tipizzato delle situazioni,
del susseguirsi dei fatti e dei loro risultati, cio dellin-
treccio. La presenza nella coscienza di una data colletti-
vit di un certo numero di intrecci permette di codificare
il comportamento reale, riportandolo a un comporta-
mento significativo o a uno non significativo e attribuen-
dogli questo o quel significato. Le unit di segno di com-
portamento inferiori, il gesto e lazione, ricevono di soli-
to la loro semantica e stilistica non isolatamente, ma in
rapporto a categorie che si trovano a un livello pi alto:
lintreccio, lo stile, il genere di comportamento. Linsie-
me degli intrecci che codificano il comportamento del-
luomo nelle varie epoche pu essere definito mitologia
del comportamento quotidiano e sociale.
Nellultima parte del XVIII secolo periodo in cui si
forma nella cultura russa una mitologia di questo genere
la fonte principale degli intrecci di comportamento
la letteratura alta, al di sopra del piano della vita quoti-
diana: gli storici antichi, le tragedie del classicismo, in
certi casi le vite dei santi. Il fatto di considerare la pro-
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO ::
pria vita come un testo organizzato secondo le leggi di
un certo intreccio metteva in evidenza lunit di azione,
il tendere verso uno scopo. Particolarmente significativa
diventava la categoria teatrale della fine, del quinto at-
to. La costruzione della vita come uno spettacolo basato
sullimprovvisazione in cui lattore deve restare nellam-
bito del suo ruolo, creava un testo senza fine nel quale
scene sempre nuove potevano venire a riempire e a va-
riare il corso degli avvenimenti. Linserimento dellin-
treccio introduceva invece lidea della conclusione e in-
sieme dava a essa un particolare significato. La morte, la
disgrazia, divenivano oggetto di continue meditazioni e
apparivano come coronamento della vita. Questo porta-
va naturalmente ad attivizzare modelli di comportamen-
to eroici e tragici. Lidentificazione con leroe di una tra-
gedia determinava non solo il tipo di comportamento
ma anche il tipo di morte. Preoccuparsi del quinto at-
to diventava un tratto distintivo del comportamento
eroico della fine del XVIII secolo e dellinizio del XIX.
Ja rozden, c tob celyj mir byl zritel
Torzestva il gibeli moej (...).
(Lermontov 1954, p. 38, vol. II)
[Sono nato perch tutto il mondo / Fosse spettatore del
mio trionfo o della mia rovina (...)].
In questi versi Lermontov avanza con straordinaria
chiarezza lidea delluomo come attore, che recita il
dramma della sua vita davanti a un pubblico di spettato-
ri (il titanismo romantico si esprime nel fatto che il pub-
blico qui tutto il mondo), e quella di collegare il mo-
mento culminante della vita al quinto atto teatrale
(trionfo o rovina). Derivano di qui anche le continue
meditazioni di Lermontov sulla fine della vita: Fine, co-
me sonora questa parola.
:: JURIJ M. LOTMAN
I ne zabyt umru Ja. Smert moja
moja
Uzasna budet: cuzdye kraja
Ej udivjatsja, a v rodnoj stra
Vse prokljanut i pamjat obo
mne.
(p. 185, vol. I)
[E non dimenticare che morir. / E la mia morte / Sar
terribile: paesi stranieri / Ne saranno colpiti, / mentre in /
patria / Tutti malediranno anche la mia / memoria.]
Quando allalba del 14 dicembre 1825 i decabristi
uscirono nella piazza del Senato, Odoevskij esclam:
Moriamo, fratelli, ah come moriamo gloriosamente!.
La rivolta non era ancora cominciata e si poteva sperare
nel successo dellimpresa, ma proprio la morte eroica
dava allavvenimento il carattere di alta tragedia, innal-
zando i partecipanti di fronte ai posteri e ai loro stessi
occhi al livello di personaggi di un intreccio teatrale.
molto significativo sotto questo aspetto il destino
di Radiscev. Le circostanze della sua morte sono tuttora
oscure. Non meritano fede i racconti pi volte ripetuti
dalla letteratura scientifica sulle minacce formulate con-
tro di l ui da Zavadovski j o anche da Voroncov,
Radiscev poteva naturalmente provocare scontento con
azioni o parole incaute. Tuttavia chiunque conosca an-
che solo un poco il clima politico dei giorni del magni-
fico inizio di Alessandro sa benissimo che non era un
periodo in cui un progetto audace, scritto per ordine
governativo, e non ci furono altre azioni pericolose da
parte di Radiscev in quei mesi potesse suscitare seri
atti di repressione. La versione che dei fatti d Puskin
chiaramente tendenziosa. In essa traspare unaperta iro-
nia, creata dalla sproporzione fra le parole di Zavadov-
skij (Gli disse con tono di amichevole rimprovero), e
la reazione di Radiscev (Radiscev vide la minaccia
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :,
[c.vo mio Ju. L.] e torn a casa amareggiato e spaven-
tato). Larticolo di Puskin non ha ancora avuto unin-
terpretazione che abbia riscosso generali consensi. Fin-
ch questa non ci sar e non sar spiegato nel modo do-
vuto lo scopo che esso si proponeva, utilizzarne dei bra-
ni molto rischioso. chiara solo una cosa: Radiscev
era una persona coraggiosa e non possibile che avesse
paura dellombra di un pericolo, di una ambigua mi-
naccia. Il suo suicidio non fu determinato dalla paura.
difficile prendere sul serio i ragionamenti aneddotici
di S
torm non
solo le condizioni del tempo hanno avuto un ruolo in-
fausto sul destino di Radiscev insieme alla delusione
della speranza di migliorare le condizioni dei contadini,
ma anche fatti personali. Uno di questi sarebbe
senzaltro secondo S
torm
[Radiscev segreto. Seconda vita del Viaggio da Pietroburgo a Mosca]. Cfr. la
nostra recensione alla prima edizione (Lotman 1966). La seconda edizione
corretta ha ammassato nuovi lapsus. Notiamo solo che lautore ha ritenuto
opportuno terminare il libro con versi non pubblicati che sono nello spirito
della tradizione di Radiscev ripresi dalla poesia di un autore ignoto di cui si
lascia intendere che forse si tratta di Puskin. Purtroppo i versi riportati fanno
LO STILE, LA PARTE, LINTRECCIO :,,
parte di un noto testo antologico e sono un brano della poesia di Vjazemskij
Negodovanie [Sdegno]. Si possono ritenere inediti nella misura in cui sono
ignoti allautore del libro. Non si tratta solo di un errore casuale, ma di una
chiara forma di dilettantismo, che corona degnamente il libro di S
torm.
19
Nel testo stampato c erroneamente istorgnutyj (cio il singolare in-
vece del plurale).
20
Cfr. C. L. Montesquieu, Lesprit des lois, libro I, cap.VIII.
21
Vadim Novgorodskij, tragedia di J. Knjaznin con introduzione di V. Sa-
vodnik.
22
Si tratta della Biografia di Radiscev scritta dai suoi figli. Radiscev fu ef-
fettivamente malato nel 1802 (cfr. la sua lettera ai genitori del 18 agosto in Ra-
discev 1941, p. 535, vol. III). Tuttavia non ci sono basi per ritenere che si trat-
tasse di una malattia dello spirito. Si tratta di un eufemismo, come il ricordare
la morte per tisi nelle carte ufficiali.
23
Ippokrena, VIII, 1801, pp. 52-53.
24
Moskovskoj zurnal [Giornale moscovita], I, 1791, p. 67.
25
Letopis russkoj literatury i drevnosti [Cronaca della letteratura e dellan-
tichit russa], 1859, libro 2, p. 167.
26
Per la motivazione di questa affermazione e il testo della nota cfr. Lot-
man (1962, pp. 53-60) [Fonti delle informazioni di Pus kin su Radiscev
(1819-22). Puskin e il suo tempo].
27
Vestnik Evropy [Messaggero dEuropa], 1802, n. 19, p. 209.
:,o JURIJ M. LOTMAN
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