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Una guida locale: il caso di Battista Maffessoli


Diego Abenante, Alberto Marretta

A partire dalla seconda metà del secolo scorso, Battista Maffessoli, singolare figura di “falegname-
artista” di Capo di Ponte, è stato un testimone privilegiato della ricerca sulle incisioni rupestri della
Valcamonica, rappresentando una sorta di trait d’union tra il mondo accademico della ricerca, la
realtà locale e i luoghi che hanno suscitato maggior interesse per la ricchezza del patrimonio
archeologico.
Con l’eccezione di Romolo Putelli, curatore del periodico Illustrazione Camuna e
raccoglitore, fra ‘800 e ‘900 di una considerevole raccolta storico-archeologica, e di Giuseppe
Bonafini, un insegnante di Cividate Camuno per molti anni Ispettore Onorario per conto della
Soprintendenza alle Antichità e negli anni ‘50 sindaco del proprio comune di origine, nel periodo
iniziale della ricerca non vi erano praticamente studiosi locali. La visita in Valcamonica era sempre
occasionale e finalizzata alle personali campagne di ricerca, che generalmente si esaurivano
nell’arco di un breve soggiorno.
Questa situazione determinò ben presto l’importanza di guide camune, che conoscevano
approfonditamente il territorio e a cui ben presto venne demandata l’esplorazione dei siti
potenzialmente interessati dalla presenza di incisioni rupestri. Durante gli anni ’30 fu questo il caso,
ad esempio, di Longino Amaracco, guardia campestre di Cemmo, guida e di fatto collaboratore sul
campo di Giovanni Marro.
Il Maffessoli, almeno a partire dagli inizi degli anni ’50, cominciò a conquistarsi la fama di
grande appassionato e divenne in poco tempo punto di riferimento per la raccolta di materiale
documentativo sulle incisioni. Ne è testimonianza una lettera dell’amico Giovanni Rivetta, datata 5
novembre 1952, in cui si fa menzione di alcuni “calchi” in gesso appena arrivati a Brescia, che
suscitarono grande interesse tra gli appassionati e i cultori residenti in città. Giovanni Rivetta
divenne in seguito uno dei più preziosi collaboratori del Centro Camuno di Studi Preistorici nel
corso delle campagne degli anni ’60.
In due lettere di Sabina Fumagalli, un’allieva di Giovanni Marro, emerge quanto i Maffessoli
(sia Battista che il fratello Tommaso) fossero tenuti in considerazione anche in materia di ricerche
bibliografiche, avendo essi a disposizione una piccola biblioteca specialistica sull’arte rupestre
camuna venutasi a formare grazie ai numerosi contatti con gli studiosi stranieri, i quali spesso
donavano copia delle loro pubblicazioni in cambio della visita ai siti di loro interesse (si veda per
esempio il caso dello studio sulle scene di aratura del 1954 da parte dell’archeologo danese Von
Glob, di difficile reperimento in Italia e quindi assai richiesto ai Maffessoli dagli studiosi italiani).
Già dalla metà degli anni ’50 Battista Maffessoli divenne infatti riferimento privilegiato per
ricercatori provenienti dalla Svizzera (Hercli Bertogg, Raymond Christinger), dall’Austria (Vogt),
dalla Germania (Radke), dalla Danimarca (Von Glob) e dalla Svezia (Marstrander, Fredsjo). In
alcuni casi egli fu il primo ad accompagnare gli studiosi nei luoghi da lui conosciuti, come
testimoniato in una lettera dello svizzero Hercli Bertogg, datata 16 giugno 1954.
Accanto a queste relazioni, il Maffessoli fu naturalmente impegnato nell’accompagnamento di
gruppi e comitive, straniere e non, tanto che nel 1958 gli venne conferita la tessera ufficiale di guida
da parte della Soprintendenza alle Antichità della Lombardia, grazie soprattutto al personale
interessamento del prof. Mario Mirabella Roberti, con il quale sussistette sempre un rapporto di
vivace e sincera amicizia.
Dunque non solo guida esperta dei luoghi, non semplice informatore, il Maffessoli si pose
come una figura che diede un impulso alla ricerca stessa, soprattutto nel periodo a cavallo tra gli
anni ’50 e ‘60. Nella primavera del 1954, per volontà di Emanuele Süss, allora direttore del Museo
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di Scienze Naturali di Brescia, presero avvio le imponenti e difficoltose operazioni per realizzare i
calchi integrali in gesso dei massi di Cemmo, cui parteciparono Pierfranco Blesio, assistente di Süss
e soprattutto Battista e Tommaso Maffessoli, che, come si è visto, già da alcuni anni
padroneggiavano questa tecnica. Il carteggio con Süss offre una preziosa testimonianza della
laboriosità di quest’impresa, oltre che del cruciale ruolo svolto dai fratelli Maffessoli, i quali
purtroppo in più di un caso non videro adeguatamente riconosciuto il prezioso contributo apportato
al progresso delle ricerche. L’alacrità dei lavori svolti negli anni ’50 è riconoscibile anche
nell’impegno al miglioramento delle tecniche di documentazione dell’arte rupestre, come si può
evincere dalla costruzione di una “valigia a specchio” (sempre dallo scambio epistolare con il Süss),
che il Maffessoli costruì su commissione di Süss stesso e che successivamente fu utilizzata per
moltissime riprese fotografiche a luce radente naturale di molte delle incisioni appena scoperte.
La ricchezza rappresentata dalla raccolta Maffessoli, che si compone di fotografie, lettere,
pubblicazioni, ritagli di giornale e periodici dell’epoca, non è stata ancora pienamente studiata e
valorizzata, malgrado costituisca una fonte organica di grandi potenzialità. Questo archivio, frutto
di una vicenda personale intensa e affascinante, potrebbe infatti restituire uno spaccato inedito di
avvenimenti e personaggi che, a vario titolo, hanno costituito altrettanti tasselli di una vicenda
conoscitiva che ha interessato l’interezza del secolo passato e si affaccia ora verso nuove
prospettive di ricerca.

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