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Giugno 2002
INDICE
Presentazione ………………………………………………………………………… 3
Prima sezione. Il ruolo del tutor per l’apprendistato nei diversi contesti aziendali…. 5
Introduzione…………………………………………………………………………… 6
Lo scopo dell'indagine ……………………………………………………………… 6
La definizione del campione ……………………………………………………… 7
L'introduzione della figura del tutor aziendale costituisce una delle più interessanti
innovazioni della riforma dell'apprendistato, avviata a partire dalla legge del 24 giugno 1997
n.196.
Il Decreto Ministeriale dell'8 aprile 1998 prevede che le imprese, contestualmente
all'inserimento di un giovane apprendista, individuino un tutor interno per assicurare "il
necessario raccordo tra l'apprendimento sul lavoro e la formazione esterna". Questa risorsa
dovrebbe essere uno dei riferimenti operativi fondamentali per dare concreta attuazione a due
dei presupposti che sono alla base del rinnovato istituto dell'apprendistato:
?? la valenza formativa dell'esperienza lavorativa;
?? la necessità di uno stretto raccordo tra impresa e struttura formativa.
L'importanza attribuita al tutor aziendale è ulteriormente sottolineata dal successivo
Decreto Ministeriale del 28 febbraio 2000, che definisce le funzioni e le competenze che
dovrebbero caratterizzare questo ruolo.
Nel Decreto viene sottolineata l'importanza di predisporre specifiche iniziative
formative rivolte ai tutor aziendali, finalizzate allo sviluppo delle necessarie competenze. In
particolare, chi assume il ruolo di tutor è chiamato a partecipare almeno ad una attività
formativa di otto ore, per acquisire gli elementi indispensabili a mettere a fuoco le
problematiche che dovrà affrontare e per consentire il raccordo tra percorso di apprendimento
interno all’azienda e formazione esterna..
I riferimenti normativi prefigurano un ricco e complesso insieme di funzioni tutoriali,
che devono essere svolte all'interno delle imprese:
?? gestire l'accoglienza e l'inserimento del giovane apprendista;
?? pianificare ed accompagnare i percorsi di apprendimento e di socializzazione
lavorativa, facilitando l'acquisizione delle competenze richieste dall'esercizio dell'attività
lavorativa;
?? gestire le relazioni con le strutture formative esterne, per rendere possibile una
positiva integrazione tra la formazione extra aziendale e le esperienze di lavoro realizzate
in impresa;
?? valutare i progressi e i risultati conseguiti dal giovane apprendista nel corso del
suo processo di inserimento e crescita professionale.
Gli esiti delle prime esperienze di formazione per gli apprendisti hanno evidenziato
l'importanza e la criticità di queste funzioni.
In molti casi si è rivelato difficile attivare tutte le funzioni di tutorship individuate dalla
normativa. Tuttavia, nelle situazioni in cui il ruolo è stato presidiato più efficacemente si è
assistito ad un significativo incremento nei risultati conseguiti dagli apprendisti. I
miglioramenti hanno riguardato sia l'inserimento lavorativo che lo sviluppo delle competenze
professionali.
Quindi, il ruolo prefigurato a livello normativo, se da una parte si rivela coerente con le
esigenze connesse alla gestione del percorso di inserimento e sviluppo degli apprendisti, in
3
molti casi appare più un modello di riferimento che una pratica effettivamente riscontrata
nelle situazioni operative.
Con l’obiettivo di delineare con maggiore chiarezza il ruolo del tutor aziendale per
l’apprendistato nei diversi contesti aziendali, anche in vista della successiva elaborazione di
ipotesi di interventi formativi e materiali per la formazione, l’ISFOL ha voluto promuovere
una ricerca su “La figura del tutor aziendale nell’apprendistato: analisi del ruolo, percorsi di
formazione e guide per l’azione” realizzata da Studio Méta & associati.
A partire dalla elaborazione dei risultati delle analisi di casi aziendali, il presente
rapporto individua le caratteristiche della funzione svolta dalla figura del tutor
nell’apprendistato, delineando le principali configurazioni di ruolo che l’analisi fa emergere.
Sulla base di tali risultati è quindi possibile passare, nella seconda sezione del testo, alla
definizione di una proposta di percorso formativo per i tutor aziendali.
La ricerca ha consentito anche la predisposizione di un Manuale per la gestione delle
funzioni di tutor aziendale quale strumento a disposizione non solo degli operatori preposti
alla formazione dei tutor, ma anche degli stessi tutor aziendali con l’obiettivo di qualificare la
tutorship praticata all'interno delle imprese.
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PRIMA SEZIONE
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INTRODUZIONE
Lo scopo dell'indagine
In questa prima sezione vengono presentati i risultati di una ricognizione sulle diverse
configurazioni che il ruolo di tutor aziendale è andato assumendo all'interno di diversi contesti
lavorativi che hanno inserito dei giovani apprendisti.
A partire da queste informazioni sarà possibile predisporre azioni e strumenti maggiormente
coerenti con le esigenze e le difficoltà incontrate dai diversi profili di tutor aziendale che sono
concretamente presenti nei diversi contesti operativi.
Gli obiettivi di questa ricognizione si limitano alla raccolta di indicazioni utili per la
successiva impostazione del Manuale per la gestione delle funzioni di tutor aziendale e per la
costruzione dei dispositivi per la formazione. È all'interno di questa prospettiva che trovano
una loro spiegazione le scelte che sono state fatte nell'individuazione delle realtà da analizzare
e nella elaborazione e presentazione dei risultati.
Tutte le esperienze prese in considerazione sono caratterizzate da un significativo
investimento nei percorsi di inserimento e di crescita professionale dei giovani.
In rapporto alle finalità di questa ricognizione, non si trattava di presentare una esaustiva
situazione sull'effettivo grado di implementazione del ruolo di tutor nelle imprese che
utilizzano l'istituto dell'apprendistato. Era prioritario, nell'ambito delle risorse disponibili,
ricavare utili suggerimenti dall'analisi di quelle situazioni che si sono poste il problema di
seguire, nel miglior modo possibile, l'inserimento e la formazione dei giovani.
A partire da questa considerazione, è stata inclusa nel campione anche qualche impresa che,
pur avendo sperimentato questo istituto facendo partecipare i propri tutor alla formazione
esterna, attualmente non utilizza lo strumento dell'apprendistato, anche se ha consolidato al
proprio interno un interessante dispositivo di inserimento e sviluppo dei giovani neoassunti.
Le strategie che queste imprese hanno attivato per gestire le funzioni previste per il tutor, le
difficoltà che hanno incontrato, le competenze richieste per gestire questi processi, sono i
punti di attenzione che hanno guidato la raccolta delle informazioni.
A partire dalla presenza di una significativa esperienza di tutorship, si è poi cercato di
diversificare le situazioni analizzate sulla base di alcune caratteristiche delle imprese.
6
bolognese (CM Europa Stampi e UPIX Elettronica) e 2 aziende di servizi inserite in un
comprensorio a forte vocazione turistica come Rimini (FIRMA.TO1 ).
A queste sono poi state aggiunte 3 imprese segnalate nell'ambito della sperimentazione
sull'apprendistato realizzata all'interno della Regione Friuli Venezia Giulia: un'impresa
meccanica di 100 dipendenti (RIF) e 2 realtà artigianali, una tessile e l'altra alimentare
(ELLETI e Pasticceria Galimberti).
Un'altra interessante segnalazione, relativa ad un'impresa di autotrasporti che ha attivato la
figura del tutor per gli apprendisti autisti prima ancora che esso fosse previsto dalla legge,
anche attraverso un investimento sulla sua formazione condotto in collaborazione con
un'agenzia formativa locale, ci è stata fornita dalla Provincia Autonoma di Trento (Arcese
autotrasporti).
Anche l'ATC di Bologna ha istituito una figura di tutor a supporto dell'inserimento degli
autisti, per cui si è ritenuto utile inserirla come elemento di comparazione.
Il campione è stato poi completato includendo un'altra impresa tessile di piccole dimensioni
(ADRIAFIL) e tre realtà produttive che, pur non utilizzando o avendo abbandonato lo
strumento dell'apprendistato, stanno investendo molto nella figura del tutor, anche attraverso
profondi ripensamenti sulle caratteristiche con cui definire questo ruolo e sviluppare le
competenze di coloro che ne sono titolari (Faema, Montenegro, Fanti).
Complessivamente sono state quindi considerate 15 imprese molto diverse per caratteristiche
merceologiche e dimensionali. Le realtà manifatturiere sono in maggioranza (9), ma non
mancano le aziende che erogano servizi alle persone e alle imprese (6). Le imprese che non
superano i 50 addetti sono 7 (4 sono artigiane). Quelle con più di 100 dipendenti sono invece
5.
Per alcune imprese che hanno messo a punto un sistema di gestione dei neoinseriti che
prevede l'intervento di più ruoli (Kone, Faema, ATC), è stato necessario intervistare più di un
interlocutore.
Le 3 agenzie formative coinvolte non si sono limitate a fornire i nominativi di possibili
imprese da contattare, ma sono state ascoltate come testimoni privilegiati con cui
approfondire le caratteristiche delle azioni di formazione per i tutor (profilo professionale di
riferimento, competenze sviluppate, metodologie utilizzate, difficoltà incontrate, ecc.).
I risultati di questi approfondimenti sono stati utilizzati a supporto degli elementi emersi dalle
esperienze aziendali, di cui si dà conto nei prossimi capitoli.
1
La seconda impresa intervistata ha chiesto espressamente di non essere citata.
7
1. LE FINALITÀ DELLE FUNZIONI DI TUTORSHIP ALL'INTERNO
DEI PERCORSI DI APPRENDISTATO
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L'esito positivo di questo percorso soggettivo del giovane apprendista costituisce la base su
cui si consolida l'acquisizione delle specifiche competenze e si mantiene un’elevata
motivazione ad investire nell'ambito lavorativo e professionale, anche in vista di ulteriori
momenti di crescita professionale.
Ovviamente le connotazioni specifiche che questo processo assume all'interno delle diverse
situazioni operative possono variare in funzione di diversi fattori di contesto (complessità e
status sociale del ruolo professionale di riferimento per l'apprendista, età e caratteristiche
personali e sociali del giovane, complessità organizzativa e cultura presente all'interno
dell'impresa, ecc.).
Ai nostri fini è comunque utile ricordare che la "riuscita" del giovane passa attraverso
momenti di confronto con sé stesso e con gli altri, a partire dai quali egli conferisce e
mantiene un significato soggettivo all'esperienza che sta vivendo, e sviluppa un orientamento
personale che può o meno aiutarlo ad acquisire e integrare le specifiche conoscenze e abilità
all'interno di una solida identità professionale.
La gestione dei percorsi di apprendistato si trova inevitabilmente a confrontarsi anche con
queste problematiche. Le modalità con cui il giovane entra in relazione con gli attori
significativi all'interno del suo campo di esperienza (e quindi, in particolare, con il tutor)
possono svolgere un importante funzione di ostacolo o di facilitazione a questi processi di
positiva rielaborazione personale dell'esperienza.
Nelle situazioni concrete, i tutor si trovano a dover comunque fare i conti con le dimensioni
relazionali e affettive che sono insite nel rapporto con l'apprendista.
Diverso può essere il grado di consapevolezza e competenza con cui esse possono essere
affrontate, in modo da attribuire una doppia finalità alla funzione di tutorship:
?? facilitare i processi di apprendimento delle competenze;
?? supportare il giovane impegnato nella rielaborazione del significato dell'esperienza che va
progressivamente sviluppando.
Tenere distinte, a livello analitico, le valenze implicite nel supporto alla costruzione
dell'identità professionale dei giovani ci consente di analizzare in modo più esaustivo quanto
questa dimensione sia intenzionalmente presidiata nel concreto svolgimento delle esperienze
di apprendistato.
La rilevazione delle strategie adottate e delle le eventuali difficoltà incontrate possono fornire
ulteriori utili informazione per la formazione dei tutor.
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2. LA GESTIONE DEI PERCORSI DI INSERIMENTO E FORMAZIONE
NELLE IMPRESE
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Per l'inserimento degli apprendisti non esiste un piano di lavoro dettagliato, anche se
l'esperienza professionale del tutor consente di prefigurare una continua coerenza tra le
capacità maturate dal giovane e le attività che gli vengono richieste. In ogni caso il titolare
mantiene un ruolo di forte attenzione agli apprendisti, consultando spesso il tutor e decidendo
con lui il tipo di lavoro da assegnare in rapporto ai progressi fatti dal giovane.
Diverso è invece il caso di un'altra impresa artigiana (CM Europa) che ha designato come
tutor una persona che ha un ruolo di staff alla produzione e che si occupa in particolare di
qualità e di sicurezza. Il tutor è concepito come garante del piano di inserimento dei giovani
apprendisti, per i quali è previsto un periodo iniziale di rotazione nelle diverse posizioni di
officina, in affiancamento agli operatori che occupano le diverse posizioni lavorative. La
gestione dell'apprendistato è regolato da una serie di procedure che sono state stabilite in
relazione alla certificazione della qualità, rispetto alle quali il tutor è chiamato a svolgere una
attività di monitoraggio sul procedere del piano di inserimento e sui risultati progressivamente
raggiunti, che prevede sostanzialmente la gestione di una rete di relazioni tra diversi attori:
l'impresa, l'apprendista, i responsabili e gli operatori dei diversi reparti.
Abbastanza simile appare l'esperienza di una piccola impresa tessile, in cui il ruolo di tutor è
svolto da una persona in staff alla direzione (ADRIAFIL). Una volta definito il reparto dove il
giovane dovrà essere assegnato, il tutor coinvolge il responsabile nella definizione del piano
di inserimento. Anche in questo caso il tutor diventa un po' il garante del percorso che è stato
definito, sia attraverso periodiche verifiche con il responsabile di reparto sul suo stato di
avanzamento, sia come punto di riferimento per il giovane rispetto alle difficoltà che si
possono incontrare.
Nelle imprese turistiche i giovani vengono assegnati ad una delle linee di servizio offerte dalla
struttura (ad esempio la promozione e la vendita di pacchetti standard piuttosto che
l'organizzazione di offerte turistiche personalizzate, o la gestione di eventi, ecc.). Le funzioni
di tutor sono svolte dal Responsabile di settore, che solitamente inserisce il giovane nel suo
gruppo di collaboratori e supervisiona i suoi comportamenti. In un'impresa, in particolare,
esiste un forte orientamento della Direzione ad investire nella formazione di giovani risorse
(FIRMA), da cui deriva anche un orientamento dei singoli tutor a strutturare con attenzione i
piani di inserimento per favorire il loro sviluppo professionale.
Nelle imprese manifatturiere di medie dimensioni il ruolo di tutor è generalmente assegnato al
caporeparto. In molti casi i giovani sono inseriti in ruoli professionali legati ai processi di
trasformazione del prodotto che richiedono professionalità in specifiche aree operative
(operatori alle macchine utensili, manutentori, attrezzisti, ecc.). Il loro inserimento è legato a
precise scelte di politica aziendale, per cui per queste posizioni lavorative si preferisce far
crescere dei giovani piuttosto che rivolgersi al mercato del lavoro per reperire personale già
qualificato.
Le attività da svolgere e le competenze tecnico operative richieste sono abbastanza definite ed
esplicitate, ed il loro presidio richiede lo sviluppo di uno specifico bagaglio di competenze. Le
tappe e le modalità dei percorsi di inserimento tendono ad apparire maggiormente strutturati,
e seguono delle scansioni che spesso gli stessi capireparto hanno contribuito a costruire nel
corso del tempo.
Le funzioni del tutor sono considerate parte delle più ampie responsabilità di gestione e
sviluppo professionale delle persone, che contraddistinguono normalmente il ruolo del
responsabile dell'unità organizzativa a cui è assegnato l'apprendista (RIF). Non mancano
tuttavia le imprese (SIMI) che hanno inviato i propri capireparto ai corsi per tutor aziendali
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organizzati dalle istituzioni e dalle parti sociali nell'ambito delle prime sperimentazioni legate
ai progetti di apprendistato.
All'interno di questa tipologia di imprese è interessante il caso di una realtà che per inserire
manutentori di linea aveva designato come tutor degli operatori esperti, ai quali non erano
stati dedicati particolari momenti di preparazione al ruolo, in quanto si pensava che la loro
storia professionale li mettesse di per sé in grado di insegnare ai più giovani (Fanti).
L'esperienza diretta ha permesso di constatare che spesso queste persone non sono
necessariamente le più adatte a ricoprire un ruolo di questo tipo. All'interno dell'impresa è
maturata la consapevolezza che il tutor, oltre alle competenze tecnico professionali, deve
possedere doti personali e capacità nel rapporto relazionale, che gli consentano di gestire
efficacemente una relazione con il soggetto in formazione. Partendo da questa considerazione
sono stati modificati i criteri per la selezione dei tutor, privilegiando le caratteristiche
personali e la motivazione delle persone. Questa scelta è stata accompagnata da una specifica
attività di formazione, che ha permesso anche la costruzione condivisa di alcuni strumenti per
la gestione del processo di inserimento (definizione di profili professionali di riferimento,
codificazione di un piano di monitoraggio, messa a punto di strumenti di valutazione).
Anche le due imprese che hanno periodicamente bisogno di inserire giovani autisti hanno
assegnato il ruolo di tutor ad operatori esperti che si sono candidati volontariamente. Questi
dedicano parte del loro orario di lavoro a trasmettere delle abilità e conoscenze relative alla
conduzione e gestione dei mezzi, oltre che a supervisionare periodicamente il loro grado di
acquisizione da parte dei giovani. In queste situazioni il ruolo di tutor sembra anche associarsi
positivamente ad un implicito riconoscimento del prestigio di questi soggetti all'interno della
comunità professionale aziendale.
In alcuni casi, in cui le imprese fondano il loro vantaggio competitivo sulla presenza di
manodopera molto qualificata in grado di garantire elevati livelli di servizio, il percorso di
inserimento dei giovani è intenzionalmente progettato come prima tappa di un percorso di
investimento professionale di lungo periodo (Kone, Faema). Il giovane viene inserito in un
contesto operativo concreto ed affidato ad un tutor, ma l'acquisizione di specifiche
competenze è associato al presidio di un più generale processo di sviluppo delle sue risorse
personali e professionali, nella prospettiva che egli mantenga un'alta motivazione ad investire
il proprio futuro all'interno dell'impresa.
Ad esempio, l'inserimento di giovani periti nel montaggio viene visto come l'inizio di un
percorso professionale di lungo periodo, in cui l'acquisizione delle competenze relative a quei
reparti non costituisce un punto di arrivo, ma la base per acquisire una professionalità
adeguata a proseguire la propria carriera in funzioni aziendali (il controllo qualità, l'assistenza
clienti) più strategiche per l'impresa. Il periodo di inserimento non è quindi orientato solo
all'acquisizione delle mansioni tecniche relative al montaggio, ma allo sviluppo di una serie di
abilità trasversali (le capacità di diagnosi e fronteggiamento) e di risorse personali (la
motivazione, l'assunzione di una identità professionale coerente con quella proposta
dall'impresa) funzionali a successivi percorsi di carriera professionale.
In questo caso il ruolo del tutor (affidato al caporeparto) è principalmente orientato a curare in
modo specifico la formazione on the job, mentre una funzione dedicata in modo specialistico
alla gestione delle risorse umane supervisiona l'insieme del percorso di inserimento.
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2.2. Il supporto al percorso di inserimento e apprendimento
Nelle piccole imprese artigiane non viene formalizzato un piano di lavoro per il giovane
apprendista.
L'orientamento dell'imprenditore a investire sulla crescita professionale dei giovani è una
variabile determinante nel facilitare i processi di inserimento e apprendimento, al di là del
fatto che egli assuma formalmente un ruolo di tutor.
La fase di accoglienza è sempre curata dal titolare, che presenta l'impresa e chiarisce i compiti
che saranno affidati al giovane. Anche quando la funzione di tutor è delegata ad un
collaboratore, l'imprenditore segue molto da vicino il processo di inserimento e la crescita
professionale del giovane, sia perché le piccole dimensioni e le modalità di lavoro portano ad
un contatto quotidiano con il giovane e con il proprio collaboratore diretto che assume
formalmente il ruolo di tutor (Pasticceria Galimberti), sia perché in alcuni casi le stesse
modalità di programmazione e assegnazione del lavoro portano l'imprenditore ed il tutor a
confrontarsi continuamente su come sta procedendo l'esperienza dell'apprendista (ELLETI).
A volte le motivazioni per cui l'imprenditore assume direttamente il ruolo di tutor sono legate
non solo a ragioni organizzative, ma anche al "piacere di insegnare" (UPIX Elettronica).
Il tutor è visto come la figura in grado di "trasmettere la propria esperienza", di fornire al
giovane un esempio a cui fare riferimento per acquisire le corrette modalità operative con cui
affrontare i diversi compiti professionali.
Spesso il tutor ha in testa una sequenza logica di situazioni di lavoro da proporre
gradualmente all'apprendista, a cui corrispondono livelli di apprendimento progressivamente
più complessi. Si tratta soprattutto di modelli impliciti di gestione del ruolo, che vengono
progressivamente interiorizzati dal giovane attraverso il rapporto con il tutor.
Con l'aumento dei livelli di complessità dei ruoli a cui gli apprendisti sono destinati, l'intensità
del rapporto con il tutor tende ad essere affiancato da modalità più sistematiche di "briefing"
sulle metodologie di lavoro impiegate (UPIX Elettronica).
All'interno di questo contesto, oltre all'esperienza professionale, diventano fondamentali le
capacità relazionali del tutor, che "deve saper dire le cose". Qualcuno associa questa figura al
"padre di famiglia", che deve tenere conto dell'età e delle possibili difficoltà dell'apprendista,
ma che contemporaneamente deve "mettere in chiaro delle regole" (operative e di
comportamento) da cui non è possibile prescindere.
Esiste la consapevolezza che bisogna porre attenzione a supportare il processo di
socializzazione dell'apprendista all'interno dell'organizzazione. Ma questo processo è
sostanzialmente "agito" nel vivo della relazione tra i due soggetti, senza che siano previste
precise modalità di monitoraggio e riflessione critica sull'esperienza.
Anche la valutazione delle competenze acquisite non è supportata da metodologie e strumenti
particolari, ma è conseguente ai giudizi che si consolidano all'interno del flusso di relazioni
che si sviluppa tra apprendista, tutor e titolare dell'impresa.
Con l'aumento delle dimensioni di impresa e/o la presenza di modelli organizzativi più
articolati tende ad affermarsi una maggiore formalizzazione dei percorsi di inserimento e
apprendimento degli apprendisti, con una più chiara distinzione di ruoli e responsabilità. Ciò è
visibile anche all'interno di realtà artigiane che hanno maggiormente definito le proprie
procedure interne per ottenere la certificazione di qualità (CM Europa).
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I tutor partono da una più analitica e articolata definizione delle competenze che devono
essere acquisite dai giovani apprendisti per svolgere il proprio lavoro all'interno delle imprese.
Gli obiettivi formativi connessi all'inserimento costituiscono un riferimento che viene
verificato con i programmi di lavoro previsti, per individuare alcune problematiche che
possono diventare delle "opportunità di apprendimento" su cui soffermarsi a riflettere con il
giovane, affinché egli possa riconoscere e utilizzare in termini operativi i contenuti che aveva
avuto modo di imparare a scuola o nella formazione professionale (RIF, SIMI, Fanti).
Inoltre, poiché il tutor non svolge quasi mai un'opera di supervisione e affiancamento diretto
dell'apprendista, in sede di programmazione delle diverse attività deve decidere anche a quali
operatori affiancare di volta in volta il giovane. La scelta dell'operatore a cui assegnare
l'apprendista riguarda sia considerazioni di carattere tecnico che relazionale. Il tutor deve
infatti valutare anche alcune caratteristiche più squisitamente personali, per affiancare il
ragazzo con persone con cui è più probabile si sviluppino relazioni favorevoli all'inserimento
e all'apprendimento.
Nelle imprese che erogano servizi turistici questa attività di pianificazione dei percorsi di
inserimento e di apprendimento appare più complessa, anche perché la parte dei processi di
lavoro che riguarda l'interazione con il cliente è meno standardizzabile e più legata
all'assunzione di "stili di comportamento" che devono essere sedimentati adeguatamente.
In riferimento a queste caratteristiche, e alle dimensioni più ridotte dei gruppi di lavoro, il
tutor svolge una funzione più diretta di supervisione del giovane. Questo non significa che
anche in questo caso si possano definire piani di inserimento sufficientemente organici e
strutturati (Forma), da aggiornare e modificare in rapporto ai processi di crescita professionale
del giovane.
Nelle imprese che inseriscono autisti sono stati messi a punto dei veri e propri piani di
formazione (con relativo monte ore), ai quali i tutor si attengono per mettere i giovani in
condizione di condurre i mezzi in autonomia e sicurezza.
In tutte queste imprese le attività di accoglienza tendono ad essere gestite ad un duplice
livello. Una parte più "istituzionale", che prevede la presentazione dell'impresa e il sistema di
regole che presiederà il rapporto di lavoro con il giovane è seguita dalla Direzione o (se
esiste) dalla funzione addetta alla "Gestione delle Risorse Umane".
L'accoglienza all'interno dell'ufficio o del reparto viene invece curata dal tutor, che illustra in
specifico i processi di lavoro, le attività delle persone e i compiti che saranno richiesti
all'apprendista.
Il compito fondamentale attribuito al tutor riguarda comunque il supporto all'apprendimento
delle competenze legate allo specifico ruolo professionale a cui è destinato il giovane. Le
modalità con cui questo processo avviene variano all'interno delle diverse situazioni, anche se
possono tutte essere riportate ad uno schema di riferimento che rimanda a strategie di
coaching:
?? in un primo tempo al giovane vengono illustrati compiti da affrontare e le strategie con cui
è possibile affrontarli;
?? successivamente il ragazzo viene affiancato ad un collega esperto, con il quale comincia
gradualmente ad acquisire autonomia;
?? periodicamente il tutor interroga il giovane sulle strategie che utilizza, sul perché compie
determinate scelte, su quali potrebbero essere strategie alternative di intervento e sulle
opportunità e sui rischi delle diverse alternative, ecc. (qualche tutor utilizza anche
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strategie di apprendimento tipicamente utilizzate nelle analisi dell'expertise, tipo "pensare
ad alta voce, spiegare il compito da un altro collega, ecc.);
?? infine il tutor chiede al giovane di affrontare nuovi compiti che presentano problematiche
simili, per verificare quanto egli sia effettivamente in grado di "trasferire" le competenze
maturate.
Il tutor ha anche il compito di valutare i tempi di assimilazione che sono propri dei diversi
soggetti, ed è direttamente responsabile della decisione relativa ai "tempi di passaggio" tra le
diverse attività (e quindi tra i diversi gradi di difficoltà previsti dai compiti progressivamente
proposti) (RIF, ADRIAFIL, Forma).
La consapevolezza metodologica con cui viene gestito questo processo di supporto allo
sviluppo delle competenze varia all'interno delle diverse situazioni. In alcuni casi il rapporto
viene lasciato alla specifica sensibilità ed esperienza del singolo tutor. In altri contesti i tutor
ritengono che l'introduzione di obiettivi dettagliati e la specificazione dei piani di attività che i
giovani devono seguire per il loro raggiungimento costituisca un aiuto importante per lo
svolgimento della loro funzione di supporto e monitoraggio(SIMI, Fanti, ADRIAFIL).
La formalizzazione e il monitoraggio dei percorsi di apprendimento on the job avviene di
solito con agili griglie di riferimento che evidenziano:
?? le competenze da acquisire;
?? le attività svolte;
?? i risultati conseguiti.
Esiste una stretta relazione tra la formalizzazione dei percorsi di apprendimento on the job e le
modalità di valutazione dei risultati conseguiti dagli apprendisti.
Quando il tutor ha formalizzato obiettivi e piano di attività, tende in genere anche a
predefinire strumenti di valutazione maggiormente formalizzati. Le varie schede adottate
sembrano innanzitutto rispondere ad esigenze "empiriche" contingenti, per cercare in qualche
modo di dare visibilità ai risultati che si intende perseguire. Raramente la loro adozione si
presenta come la traduzione operativa di un sistema strutturato di competenze condivise
all'interno dell'impresa (ed eventualmente con la struttura formativa esterna).
Maggiori difficoltà emergono rispetto alla capacità dei tutor nella gestione delle dimensioni
soggettive connesse al processo di socializzazione lavorativa che sono intrinseche al percorso
di apprendistato.
La difficoltà a comprendere le caratteristiche dei giovani apprendisti, ad interpretare i
problemi sottese a certi comportamenti, a definire efficaci strategie per aiutarli ad "entrare
nella mentalità di un lavoratore", sono considerati tra gli aspetti più critici connessi alla
funzione del tutor aziendale.
La gestione dei percorsi di inserimento assume connotazioni particolari nelle imprese che
hanno messo a punto un percorso di apprendimento strutturato e relativamente formalizzato,
presidiato da una funzione specialistica che si occupa della "gestione delle risorse umane"
(Kone, Faema, Montenegro). Ciò avviene soprattutto nei confronti di giovani con titoli di
studio relativamente elevati (diplomati) su cui si intende investire in una logica di sviluppo
professionale di medio periodo, con i quali è importante stabilire fin dall'inizio un rapporto
improntato ad un forte coinvolgimento nell'impresa e definire l'assunzione di obiettivi e
impegni reciproci, da verificare nel tempo.
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La funzione specialistica avvia un confronto con i Responsabili delle diverse aree
professionali presenti in impresa, che forniscono tutti gli elementi necessari per arrivare alla
definizione dei percorsi di inserimento. L'esito di questo lavoro, una volta condiviso,
costituisce il punto di riferimento per la gestione dei percorsi da parte dei tutor aziendali.
La riflessione sulle esperienze progressivamente realizzate fornisce anche le indicazioni per
introdurre progressivi aggiustamenti, fino ad arrivare alla definizione di linee di azione
sufficientemente consolidate, che costituiscono dei dispositivi di gestione a cui tutte le
esperienze realizzate in impresa fanno riferimento.
Il caso più emblematico è rappresentato da una grande impresa che ha un proprio Centro di
Formazione, nel quale i giovani apprendisti svolgono i moduli legati alla formazione teorico-
pratica e allo sviluppo delle competenze di base e trasversali (Kone). Il percorso formativo
degli apprendisti è pertanto sostanzialmente progettato e "guidato" dai formatori del Centro.
L'attività lavorativa, durante il periodo di apprendistato, è concepita soprattutto come
occasione per "mettere in pratica" ed affinare le conoscenze e le abilità acquisite attraverso la
formazione istituzionale. Il tutor ha il compito di gestire il giovane sul posto di lavoro,
assegnandogli attività che tengano conto del percorso formativo svolto presso il centro, per
favorire il consolidamento e lo sviluppo delle basi di competenza che vengono
progressivamente introdotte attraverso la formazione istituzionale.
Anche quando non è presente una struttura formativa interna, è comunque la funzione
specialistica di gestione delle risorse umane che provvede normalmente a definire un percorso
di formazione "istituzionale" (che di solito è caratterizzato da un impianto modulare) e dei
prototipi di percorsi di formazione on the job costituiti da sequenze di attività improntate
all'acquisizione graduale di specifiche competenze.
Più che ad una progettazione dei percorsi di inserimento e formazione, l'attività del tutor è
quindi rivolta alla programmazione di coerenti occasioni di apprendimento on the job
all'interno del contesto di lavoro. Egli, a partire dai contenuti e dalle scansioni previste dal
percorso formativo di base, stabilisce le attività da assegnare all'apprendista cercando di:
?? trovare la massima coerenza possibile tra la logica richiesta alla scansione dei contenuti da
apprendere e le attività da svolgere in funzione delle diverse esigenze produttive del
momento;
?? "contestualizzare" i contenuti generali in rapporto alle specificità operative presenti
all'interno dell'ambito lavorativo concreto.
La scelta della sequenza e della gradualità con cui assegnare i compiti all'apprendista riflette
anche la specifica esperienza professionale che egli ha maturato circa le modalità di crescita
professionale dei soggetti all'interno dei diversi ambiti operativi di cui è competente.
Anche la fase di accoglienza è gestita dalla funzione specialistica che si occupa delle risorse
umane, e costituisce l'avvio di periodici momenti istituzionali di confronto con l'apprendista,
per fare il punto con lui sul progressivo procedere del percorso di inserimento e sviluppo
professionale, e per fornirgli un'occasione di supporto ad un positivo processo di
rielaborazione della propria esperienza.
Il tutor cura in modo particolare l'accoglienza del giovane nella specifica unità organizzativa,
chiarendo in modo più dettagliato gli obiettivi del primo periodo di inserimento.
Successivamente egli procede ad un'attività di supervisione dell'apprendimento on the job,
fornendo numerosi feedback ai giovani.
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Al tutor, oltre all'attività di coaching nell'apprendimento delle competenze previste, è richiesto
un contributo alla valutazione del giovane, con particolare riferimento a due grandi aree
problematiche (Faema, Kone):
?? il modo in cui si è inserito e interagisce con il contesto organizzativo (impegno,
disponibilità, metodo di lavoro, collaborazione, rapporti interpersonali, rispetto
gerarchico, ecc.);
?? i progressi relativi alle conoscenze e alle abilità più direttamente inerenti gli specifici
processi di lavoro della figura.
Queste osservazioni vengono raccolte dalla funzione "Gestione Risorse Umane" ed utilizzate
per gestire nel miglior modo possibile i momenti di supervisione al percorso complessivo
dell'apprendista.
Il confronto tra questa funzione e il tutor tende a diventare più approfondito quando si è in
presenza di soggetti che presentano caratteristiche che si allontanano dalla media delle
prestazioni normalmente fornite dagli apprendisti. Quando si riscontrano risultati
insoddisfacenti, si cerca di comprendere meglio le cause di queste difficoltà e concordare più
precise strategie correttive; nel caso di soggetti ad elevato potenziale, si presta maggiore
attenzione alla loro integrazione e valorizzazione all'interno dell'impresa.
È interessante osservare che l'attribuzione al tutor di un ruolo circoscritto nel processo di
supervisione e valutazione degli inserimenti viene avvertita come un limite a cui sarà
necessario porre rimedio, evitando tuttavia di adottare metodologie e strumenti troppo
complessi e laboriosi da gestire (Kone).
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semmai osservarle criticamente per valutare i vantaggi e gli svantaggi di diverse possibili
strategie operative, consolidando un bagaglio professionale sufficientemente flessibile ed
aperto.
La sovrapposizione tra il ruolo del capo (o addirittura quello dell'imprenditore) e quello del
tutor, se da una parte agevola il coinvolgimento dei colleghi esperti nelle attività di
affiancamento, viene anche indicata come un possibile ostacolo nella gestione di questa rete
di relazioni. Il fatto di essere un superiore gerarchico, in qualche modo chiamato a giudicare
l'operato di un collaboratore, può ingenerare elementi di diffidenza e favorire una ricerca di
supporto acritico nei colleghi più anziani, con i rischi che sono stati appena ricordati.
Forse è per questo che sono relativamente numerosi i tutor che individuano nella corretta
gestione di queste rete di relazioni uno degli aspetti più critici del proprio ruolo.
Occorre cercare di diagnosticare correttamente le caratteristiche personali dell'apprendista, in
modo da affiancarlo con gli operatori che risultano essere più idonei, non solo per le
competenze tecniche, ma anche per favorire un processo di efficace inserimento nel gruppo
professionale.
Contemporaneamente, è ritenuto molto importante svolgere una costante opera di stimolo e di
presidio, sia nei confronti del giovane che degli altri colleghi:
?? l’apprendista deve essere sollecitato ad assumere un atteggiamento attivo e propositivo, in
particolare per quanto riguarda la richiesta continua di precisazioni e chiarimenti sul modo
di affrontare le diverse problematiche professionali;
?? gli altri membri del gruppo devono mantenere un rapporto costantemente orientato a
favorire l'apprendimento degli apprendisti.
Nel caso in cui la funzione di tutorship viene articolata tra più ruoli, una funzione specialistica
orientata alla gestione del percorso complessivo di formazione e socializzazione professionale
e un tutor più centrato sullo sviluppo delle specifiche competenze, diventa ovviamente molto
importante il tipo di collaborazione che si stabilisce tra di essi.
In genere si preferisce supportare l'azione dei tutor attraverso una rilevante azione di stimolo e
di controllo, esercitata direttamente dalla funzione specialistica di "gestione delle risorse
umane", all'interno di un più generale processo di supervisione nella gestione dei neoinseriti.
In previsione dei momenti istituzionali di monitoraggio dell'apprendistato, o dell'attivazione
dei moduli di formazione esterna, si chiede al tutor di fornire le osservazioni e i feedback sul
procedere dell'inserimento del giovane apprendista. In questo modo si mantiene un controllo
abbastanza sistematico sul procedere dell'esperienza e, nei casi in cui si registrano particolari
criticità o "debolezze", si cerca di esercitare un sostegno più ravvicinato al tutor nella gestione
della dimensione formativa dell'inserimento.
E' tuttavia presente, e già in atto in alcune aziende, il tentativo di rafforzare la capacità del
tutor di gestire in modo più autonomo alcune problematiche relative al processo più
complessivo di inserimento e sviluppo professionale.
Nelle imprese in cui l'apprendistato è un percorso gestito dal tutor all'interno della propria
unità organizzativa, i rapporti interfunzionali si limitano a contatti episodici con i responsabili
di altri reparti e/o uffici per organizzare qualche specifica iniziativa, come una visita o una
breve permanenza dell'apprendista per osservare e conoscere meglio l'intero processo
produttivo dell'impresa. In alcuni casi, quando in impresa esiste una particolare attenzione alla
formazione, il tutor può essere chiamato a relazionare all'imprenditore o ai dirigenti sullo stato
d'avanzamento dell'esperienza. Si tratta comunque di momenti molto informali e poco
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strutturati, che non hanno ripercussioni dirette sulla modalità di gestione dei percorsi di
inserimento e apprendimento (se non in relazione a situazioni molto particolari).
E' diversa la situazione nelle imprese in cui il tutor è inserito in una funzione di staff ai diversi
reparti e/o uffici operativi (CM Europa, ADRIAFIL). In quel caso i risultati del percorso di
apprendimento sono molto legati alla capacità di questo soggetto a rapportarsi e a negoziare
positivamente con i responsabili e gli operatori delle diverse unità organizzative: sia in sede di
definizione che di monitoraggio del percorso di apprendimento del giovane.
Non è un caso che questi tutor riconoscono in questo aspetto l'elemento più importante e,
contemporaneamente, più critico nello svolgimento delle proprie funzioni. Al di là delle
specifiche abilità di relazione, sembra essere importante l'autorevolezza professionale
riconosciuta alla persona che ricopre il ruolo.
Nella grande maggioranza dei casi osservati i tutor hanno scarsi rapporti con le istituzioni e le
strutture formative che intervengono nei percorsi di apprendistato. In alcune situazioni è
presente una qualche forma di collegamento con le strutture formative, soprattutto per quanto
riguarda la conoscenza dei programmi che queste svolgono all'interno della formazione
esterna (RIF, Forma, ADRIAFIL). Ma si tratta di relazioni ancora abbastanza lontane dalla
prospettiva di costruire e presidiare un effettivo percorso integrato di alternanza.
I rapporti con l'esterno non sono infatti gestiti dai tutor, ma direttamente dall'artigiano
(ELLETI), dalla Direzione (RIF, Forma, ADRIAFIL) o dalla funzione specialistica che
presidia gli inserimenti (CM Europa, Faema).
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Contestualmente al percorso formativo, ai partecipanti è stato fornita una breve
documentazione che illustra il ruolo e le funzioni del tutor aziendale.
Il dispositivo formativo è stato istituzionalizzato, e la sua attivazione è prevista in relazione a
tutti i nuovi soggetti che entreranno nel ruolo di responsabili intermedi.
Un'altra impresa ha promosso autonomamente un corso di formazione per i propri tutor
(Fanti). Anche in questo caso il percorso formativo per i tutor non si è limitato a delle attività
in aula. Ai tutor sono stati assegnati compiti di osservazione e riflessione critica sulle
modalità con cui riuscivano a gestire il proprio ruolo. Gli elementi raccolti attraverso queste
attività di rielaborazione sono stati successivamente confrontati e discussi all'interno di
periodici incontri di supervisione, per affinare gradualmente le strategie praticate sul campo
In altre imprese l'assunzione del ruolo è stata contestuale alla partecipazione a specifici corsi
per i tutor aziendali, organizzati dalle istituzioni e dalle parti sociali nell'ambito delle prime
sperimentazioni legate ai progetti di apprendistato. I tutor hanno partecipato ad iniziative
formative di circa 20 ore, organizzate dalle parti sociali contestualmente all'avvio delle prime
sperimentazioni relative all'apprendistato. In quel contesto sono state presentate metodologie
per l'analisi delle competenze richieste all'interno dell'impresa e per la predisposizione di
piani individuali di formazione sul lavoro per gli apprendisti, con relativi strumenti per
predisporre i piani e valutare le competenze acquisite (CM Europa Stampi, SIMI).
In altri casi le iniziative formative sono state proposte autonomamente da una struttura
formativa, per una durata di 16 ore, con l'obiettivo di sviluppare la capacità di rapportarsi ai
giovani neoinseriti (capacità di "ascolto") e a progettare il percorso formativo di inserimento
(ADRIAFIL, Firma). Il feedback su queste iniziative è positivo, sia perché è stato ritenuto un
utile momento di confronto con le strutture di formazione professionale, sia perché alcune
metodologie discusse in quel contesto si sono rivelate effettivamente utili per svolgere le
attività richieste al tutor aziendale.
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3. TIPOLOGIE DI APPRENDISTATO E CONFIGURAZIONI DEL
RUOLO DI TUTOR AZIENDALE
21
La seconda presuppone posizioni organizzative in cui è richiesta una maggiore attenzione a
presidiare processi di lavoro poco standardizzabili, all'interno di contesti che magari possono
anche essere potenzialmente conflittuali, in cui è preminente la capacità di prefigurare e
verificare le proprie strategie di intervento di medio lungo periodo, definendo di volta in volta
come combinare in modo specifico le diverse conoscenze e metodologie di cui si è in
possesso.
Un ultimo ordine di fattori fa riferimento alle caratteristica dell'impresa in cui i giovani
sono inseriti.
Una prima situazione può essere rappresentata facendo riferimento a strutture di piccole
dimensioni, in cui esiste un'organizzazione relativamente fluida e poco strutturata. In questo
caso le caratteristiche personali dei soggetti coinvolti hanno una forte rilevanza nel definire e
strutturare le pratiche professionali presenti nel contesto (spesso poco identificate ed
esplicitate), più di quanto non facciano altri dispositivi organizzativi (regole, procedure,
strumenti di gestione, ecc.).
Una seconda realtà operativa riguarda le imprese di piccole e medie dimensioni, che hanno
sviluppato un buon grado di articolazione organizzativa (sulla base di una differenziazione
funzionale, di processo, di prodotto, ecc.). I ruoli organizzativi appaiono maggiormente
codificati ed esiste un certo grado di definizione del know how che caratterizza i diversi
ambiti professionali. E' però poco frequente la presenza di risorse dedicate a pianificare e
gestire i percorsi di crescita professionale delle persone. L'inserimento dei giovani è
principalmente rivolto ad una prospettiva temporale di breve medio periodo, focalizzato sullo
sviluppo delle competenze necessarie a ricoprire il ruolo professionale di primo inserimento.
Le modalità di gestione dei percorsi di apprendimento delle competenze e di costruzione delle
identità professionali sono gestite in modo autonomo e specifico all'interno diverse unità
organizzative.
L'elemento che distingue maggiormente la terza tipologia di imprese da quella precedente non
è la dimensione, anche se all'interno di questo gruppo sono prevalenti le realtà relativamente
grandi, a volte appartenenti a gruppi multinazionali. La differenza più significativa è da
ricercare in una più organica attenzione a presidiare lo sviluppo delle proprie risorse umane, a
cui corrisponde molto spesso anche la presenza di meccanismi di gestione appositamente
progettati e gestiti in funzione delle diverse fasce di popolazione aziendale.
L'inserimento dei giovani, quando non corrisponde al ricorso contingente a manodopera da
inserire in posizioni poco qualificate, è accompagnato dalla definizione di processi di
formazione (sia in aula che on the job) relativamente strutturati e verificati. In molti casi il
processo di socializzazione e formazione in ingresso non è inteso come semplice occasione
per l'inserimento immediato in un ruolo. Esso costituisce la prima tappa di una potenziale
carriera professionale che, in un'ottica di medio lungo periodo, consente all'impresa di
riprodurre e sviluppare le competenze delle famiglie professionali che garantiscono un
vantaggio competitivo sul proprio mercato di riferimento.
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Si tratta di giovani in possesso di licenza media, che hanno abbandonato il percorso scolastico
o formativo dopo aver sperimentato ripetuti insuccessi.
In generale hanno una scarsa capacità progettuale nei confronti del proprio futuro personale e
professionale. L'accesso all'attuale lavoro è normalmente frutto dell'incontro con
un'opportunità contingente, vista in primo luogo come una fonte strumentale di reddito. Ad
esso non è associata una prospettiva di crescita professionale all'interno dell'impresa o del
settore. In molti casi, allo scarso interesse per il tipo di lavoro svolto corrispondono
aspettative (spesso poco realistiche) ad un futuro accesso a posizioni più gratificanti (per
quanto riguarda la retribuzione, gli orari, la fatica, ecc.), a cui tuttavia non corrisponde una
effettiva strategia per perseguirle.
A queste caratteristiche dei soggetti corrisponde l'inserimento in posizioni lavorative che non
richiedono particolari competenze o, più generalmente, ambienti che non offrono prevedibili
percorsi di crescita professionale.
In genere si tratta di assunzioni in piccole imprese che non investono su questi giovani, anche
perché sono abituati ad avere persone che non rimangono troppo a lungo, oppure di
inserimenti in grandi organizzazioni per ricoprire mansioni molto semplici o poco gratificanti,
dove anche in questo caso si dà per scontato un alto livello di turn over.
La dimensione e la struttura dell'impresa non costituisce, a fronte della povertà delle mansioni
e allo scarso investimento dei due soggetti coinvolti nell'apprendistato, una variabile
significativa.
Queste situazioni non sono state inserite nel campione di imprese presso cui abbiamo
osservato il ruolo del tutor, ma rappresentano una parte significativa degli inserimenti
attraverso l'apprendistato.
In questo quadro rientrano molte delle problematiche collegate all'innalzamento dell'obbligo
formativo.
La possibilità di connotare i percorsi di apprendistato in termini formativi è legata ad un
intervento significativo di un'agenzia esterna. La "regia" di un percorso formativo,
realisticamente, non può che essere assunta da una struttura di formazione. Esso si
caratterizzerà per un'elevata valenza orientativa, e sarà finalizzato soprattutto allo sviluppo
delle competenze di base e trasversali necessarie al soggetto per recuperare un'autonoma
capacità progettuale nei confronti del proprio futuro professionale.
All'interno di questo processo sarà possibile innestare una nuova motivazione
all'apprendimento e l'acquisizione di alcune conoscenze e abilità di base relative ad uno
specifico settore e/o area professionale.
Il ruolo dell'impresa può essere soprattutto quello di consentire al giovane di sperimentare una
significativa e duratura relazione con un contesto fortemente strutturato. Fare positivamente i
conti con un sistema organizzato, caratterizzato da specifici vincoli e relazioni, aiuta ad
elaborare attese più realistiche, che hanno la possibilità di trasformarsi in impegni e sfide su
cui misurare progressivamente la costruzione di una propria identità di adulto e lavoratore.
Il tutor aziendale può fornire un utile contributo offrendosi innanzitutto come "modello
positivo" di lavoratore, per favorire processi di identificazione funzionali al percorso di
socializzazione del giovane. Inoltre, utilizzando soprattutto strategie di affiancamento, può
aiutare il giovane ad acquisire consapevolezza nell'utilizzo di alcune conoscenze ed abilità di
base relative al settore e/o alla figura professionale.
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Una seconda tipologia di percorsi di apprendistato si caratterizza per la sua finalizzazione alla
"assunzione di un ruolo professionale".
I giovani che partecipano a queste esperienze hanno normalmente qualche anno in più, ed
escono dai loro percorsi formativi con una più ampia dotazione di conoscenze ed abilità,
anche se non è completamente da escludere la presenza di soggetti che hanno bisogno di un
certo supporto allo sviluppo delle risorse di base di cui abbiamo parlato in precedenza, in
particolare quando si prendono in considerazione ruoli che, pur richiedendo una significativa
professionalità, appaiono poco "desiderabili" agli occhi di ampie fasce di giovani (ad esempio
i mestieri del settore edile, o alcune posizioni operative in ambito manifatturiero).
L'elemento che caratterizza questa tipologia di percorsi di apprendistato riguarda la
progressiva capacità dei giovani di riorganizzare e riutilizzare il proprio bagaglio di
conoscenze e di abilità di base in funzione delle attività e dei problemi che caratterizzano
l'esercizio di uno specifico ruolo professionale.
Le modalità con cui vengono gestiti i processi di inserimento e di formazione in riferimento a
queste tipologie di apprendistato sono influenzate dal livello di incertezza che caratterizza i
compiti richiesti e il contesto in cui viene esercitato il ruolo.
La presenza di posizioni operative che agiscono su processi più facilmente proceduralizzabili
(anche se relativamente complessi), soprattutto all'interno di realtà di piccole dimensioni e
con strutture organizzative poco articolate, favorisce una focalizzazione sui processi di
apprendimento di specifiche competenze tecnico professionali.
L'impresa è tendenzialmente meno orientata a collegare lo sviluppo delle diverse competenze
ad una visione integrata di un più ampio profilo di ruolo, che consenta al soggetto di
affrontare con maggiore rapidità e autonomia eventuali innovazioni tecnologiche e
organizzative nei processi produttivi.
Ruoli professionali più complessi favoriscono un orientamento delle imprese verso processi di
socializzazione e formazione più articolati, in cui è più facile che emerga una sensibilità verso
la formazione istituzionale e una maggiore attenzione ai processi di inserimento del soggetto
all'interno del contesto organizzativo.
In relazione a queste considerazioni, può essere diverso anche il tipo di reciproche
responsabilità che impresa e agenzia formativa possono assumersi nella gestione del percorso
formativo in alternanza.
Nel primo caso è più probabile che l'agenzia formativa debba assumersi un più significativo
ruolo di guida e di orientamento complessivo dell'intero percorso di apprendimento.
Occorrerà cercare di stabilire un positivo rapporto con il tutor aziendale, per essere a
conoscenza dei percorsi di apprendimento delle competenze sul lavoro e, intorno a questi,
costruire il più ampio percorso formativo a supporto dello sviluppo delle risorse
complessivamente necessarie ad assumere una piena padronanza di ruolo.
Nel secondo caso è più facile che l'impresa tenda a rappresentarsi in termini più compiuti e
articolati l'esigenza di un percorso di apprendimento in alternanza. Esisterà allora un
orientamento potenzialmente più interessato a definire accuratamente la figura professionale
di riferimento e l'insieme delle diverse competenze richieste, a prefigurare con più cura
l'articolazione tra formazione in aula e apprendimento on the job, a porre più attenzione nel
favorire un positivo processo di socializzazione al ruolo professionale.
24
Si tratterà di verificare in che misura la struttura e le risorse a disposizione della singola
impresa, insieme al suo più generale "orientamento culturale" nei confronti della formazione,
le consentiranno di presidiare adeguatamente queste problematiche.
E' in rapporto a questi interrogativi che potenzialmente si apre per le strutture formative la
possibilità di svolgere un servizio di "consulenza formativa" agli stessi tutor aziendali.
Le due modalità di gestione dei percorsi formativi in alternanza che sono state appena
prefigurate rimandano anche al presidio di differenti attività da parte dei tutor:
?? nel primo caso si occuperà soprattutto della programmazione e della gestione
dell'apprendimento on the job;
?? nel secondo caso, soprattutto se il suo ruolo non sarà supportato da una funzione
interna all'impresa che opera come staff specializzato sulle problematiche di gestione
delle risorse umane, il tutor sarà chiamato ad una responsabilità più complessiva di
analisi dei fabbisogni e di progettazione del percorso in alternanza, oltre che al
monitoraggio più sistematico del processo di orientamento e socializzazione al ruolo
da parte del giovane apprendista.
Un'ultima tipologia di percorsi di apprendistato assume la connotazione di "avvio ad una
carriera professionale".
I giovani apprendisti sono persone in possesso di un titolo di studio di scuola media superiore,
a cui viene prospettata una potenziale possibilità di carriera all'interno di uno specifico ambito
professionale.
Al di là del ruolo in cui i giovani vengono inseriti nel breve periodo, il percorso di
apprendistato è progettato come tappa che si inserisce organicamente in una prospettiva di
sviluppo a lungo termine ed ha come riferimento la costruzione di una figura professionale
complessa, oltre che strategicamente importante per l'impresa.
L'inserimento è di fatto accompagnato da un patto di investimento reciproco tra impresa e
giovane nuovo assunto: la condizione di apprendista viene prospettata come una importante
possibilità di crescita professionale, da privilegiare rispetto ad un immediato riconoscimento
di tipo economico.
Tutto il periodo di apprendistato è concepito come un organico percorso formativo in
alternanza, in cui si succedono moduli di formazione istituzionale e attività lavorative
programmate come sequenze di training on the job.
Oltre alle competenze più specifiche connesse alle attività di ruolo, è ritenuto importante la
progressiva costruzione di una solida identità professionale, che si cerca di sostenere anche
attraverso un sistematico monitoraggio del processo di inserimento e socializzazione del
giovane all'interno della realtà organizzativa.
Le imprese che predispongono queste strategie di inserimento sono generalmente di grandi
dimensioni e presentano una struttura organizzativa caratterizzata dalla presenza di una
funzione aziendale specialistica, che presiede complessivamente le strategie e le metodologie
di gestione delle risorse umane. È questa struttura che provvede alla progettazione e
supervisione del percorso complessivo di apprendistato, occupandosi anche dei momenti
istituzionali di monitoraggio dell'esperienza.
Il ruolo dell'agenzia formativa esterna si limita alla progettazione e gestione di specifici
moduli.
25
Esistono situazioni, caratterizzate dall'inserimento sistematico di gruppi numerosi di
apprendisti, nei quali la formazione modulare è curata direttamente da una struttura interna
all'impresa.
Le responsabilità del tutor aziendale sono spesso focalizzate sulla programmazione e gestione
della formazione on the job, anche se in alcune imprese si vorrebbe qualificare e allargare il
suo contributo alla gestione del percorso formativo più complessivo. All'origine di questa
esigenza c'è la considerazione che un diverso equilibrio nella distribuzione delle
responsabilità tra tutor e funzione specialistica garantirebbe una maggiore efficacia nel
presidio del percorso complessivo di alternanza.
26
ed errori deve essere accompagnata da un sostegno alla definizione di opportunità e modalità
di miglioramento. E' inoltre importante non trascurare di evidenziare e apprezzare i risultati
raggiunti, in una logica di valorizzazione che rafforzi l'autostima del giovane e aumenti la sua
motivazione ad impegnarsi all'interno della sfera professionale.
Anche in presenza di mansioni non particolarmente complesse potrebbe essere utile, per
orientare l'apprendista verso un adeguata attenzione alle occasioni di apprendimento e di
crescita professionale, che il tutor evidenzi una serie di conoscenze e abilità (magari
concordate con il centro di formazione professionale) da acquisire all'interno dell'ambito
lavorativo. La loro definizione e verifica potrebbe tra l'altro costituire un supporto operativo al
tutor per orientare e guidare lo sviluppo di efficaci comportamenti dell'apprendista all'interno
del posto di lavoro.
Una particolare attenzione dovrà essere posta nel cogliere i momenti di "crisi" del giovane,
per cercare di aiutarlo a considerare realisticamente le difficoltà vissute in quel momento e a
trovare il modo per superarle.
L'efficacia dell'azione del tutor dipenderà anche dalla sua consapevolezza circa l'importanza
di costituire un modello di riferimento per il ragazzo, e quindi di porre particolare attenzione
alle modalità con cui egli gestisce l'insieme dei suoi comportamenti e delle sue relazioni
all'interno della sfera professionale.
In relazione agli elementi appena ricordati, sarebbe ovviamente auspicabile che il tutor
aziendale possedesse un ampio e articolato bagaglio di competenze utili a supportare
efficacemente i giovani impegnati in una fase particolarmente delicata dei loro processi di
socializzazione al lavoro.
La storia professionale delle persone che sono chiamate a ricoprire questi ruoli non mette
sempre automaticamente a disposizione queste risorse. In genere il modo in cui il ruolo viene
ricoperto è fortemente condizionato dalla presenza in questi tutor:
?? di un forte orientamento valoriale verso il supporto a questi giovani;
?? di una motivazione a farsene carico;
?? di alcune caratteristiche personali che agevolano lo sviluppo di relazioni improntate
all'empatia e al coinvolgimento.
L'assunzione del ruolo potrebbe essere supportata da una base di competenza riguardante:
?? la conoscenza del contesto normativo e amministrativo che fa da riferimento all'istituto
dell'apprendistato e alla definizione della figura del tutor;
?? la consapevolezza della peculiarità e dei problemi che caratterizzano o percorsi di
inserimento e socializzazione lavorativa dei giovani apprendisti;
?? un'adeguata rappresentazione dei processi di apprendimento e dei fattori che possono
agevolarli o ostacolarli;
?? la definizione di strategie operative realistiche che, a partire dalle funzioni richieste al
tutor aziendale, tengano in adeguata considerazione le proprie competenze di partenza e le
caratteristiche del proprio contesto lavorativo;
?? la messa a punto di semplici metodologie e strumenti per la definizione e la valutazione di
specifici traguardi di apprendimento (conoscenze e abilità) all'interno della situazione di
lavoro.
27
Il maestro di competenze . La peculiarità di questo profilo di ruolo riguarda la forte
centratura sul presidio delle attività di formazione on the job, finalizzata all'acquisizione delle
competenze coerenti con lo sviluppo professionale dell'apprendista.
Il tutor pianifica un programma di attività che favorisce la graduale acquisizione delle
competenze legate alle diverse aree di lavoro. In rapporto agli obiettivi formativi e alle
priorità produttive, vengono identificate una serie di attività che possono costituire delle
opportunità di apprendimento per il giovane. Lo svolgimento delle diverse attività si
configura come una serie di sequenze di "insegnamento /apprendimento", che spesso
prevedono l'affiancamento ad un operatore esperto, ma che vengono supervisionate e valutate
dal tutor.
La gestione di questi percorsi richiede al tutor un consapevole presidio di due importanti aree
di relazione:
?? con l'apprendista, per affrontare i problemi legati all'acquisizione delle competenze e
sostenere un clima favorevole all'apprendimento;
?? con la rete di operatori che collabora alla presentazione dei contenuti e delle metodologie
collegati alle diverse attività lavorative, perché svolgano una corretta azione di supporto.
L'enfasi posta sull'apprendimento di specifiche competenze non elimina ovviamente
l'importanza delle problematiche legate al processo di inserimento e socializzazione del
giovane nel contesto lavorativo.
In rapporto alle caratteristiche di questo profilo di ruolo, e alle tipologie di apprendistato in
cui è presente, è comunque utile sottolineare che:
?? si tratta di giovani già orientati all'inserimento in uno specifico ruolo professionale, per cui
le problematiche connesse alla socializzazione vengono in parte affrontati all'interno delle
relazioni funzionali a sostenere i processi di apprendimento delle competenze;
?? questo tipo di tutor aziendale si coniuga con altre istanze (la funzione Personale, il tutor
formativo della struttura formativa) che intervengono nella gestione delle funzioni di
tutorship ai percorsi di apprendistato, che spesso forniscono un importante contributo al
presidio delle dinamiche relazionali e affettive collegate ai processi di costruzione
dell'identità professionale del giovane.
Queste considerazioni ci aiutano a comprendere come, anche per questo profilo di ruolo, sia
importante possedere le caratteristiche e le competenze di base già richiamate per il tipo di
tutor precedente.
Gli elementi raccolti attraverso la ricognizione ci permettono inoltre di mettere a fuoco altre
aree di competenza, che appaiono importanti per il "maestro di competenze".
Una prima area riguarda le metodologie e gli strumenti per la programmazione, il
monitoraggio e la valutazione delle sequenze di insegnamento/apprendimento in ambito
lavorativo. Nelle imprese che abbiamo considerato, mediamente esiste una buona
predisposizione dei tutor a presidiare quest'area. Il possesso e l'utilizzo di metodologie più
sistematiche per definire e controllare i percorsi di apprendimento on the job aiuterebbe a
programmare percorsi più organici ed articolati. In questo modo il tutor avrebbe anche a
disposizione un utile supporto per la successiva attività di gestione e supervisione delle
attività, che invece sembra essere un'area che oggi presenta qualche criticità.
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La gestione delle relazioni con il soggetto in apprendimento costituisce una delle aree di
competenza che si profila più problematica per questo profilo di tutor. Al suo interno sono
riconducibili problematiche che riguardano la diagnosi delle caratteristiche del giovane
(motivazioni, atteggiamenti, ecc.), le metodologie e le strategie che favoriscono
l'apprendimento delle competenze, le dinamiche che si sviluppano all'interno delle relazioni di
apprendimento. E' attorno a queste problematiche che, nelle imprese intervistate, vengono
segnalate le maggiori criticità.
Un'ulteriore nucleo di competenze, in qualche modo speculare a quello precedente, riguarda la
Gestione della rete di relazione con i collaboratori che supportano i percorsi di
apprendimento del giovane apprendista. In questo caso si fa riferimento a quell'insieme di
abilità che spesso vengono riassunte all'interno della definizione di "competenze manageriali"
(comunicare, assegnare e verificare dei compiti, negoziare, ecc.), e che rimandano alla
gestione e alimentazione di una rete di relazioni in funzione di un obiettivo.
29
lavorativo). Dall'altra è necessario sviluppare una capacità di promozione e legittimazione del
processo formativo all'interno dell'organizzazione, per favorire il coinvolgimento di tutti gli
attori e affermare un orientamento culturale favorevole alla formazione.
Nelle situazioni che abbiamo analizzato non abbiamo riscontrato figure di tutor aziendale che
gestiscono autonomamente queste problematiche. Prospettiamo comunque questo terzo
modello di riferimento in quanto:
?? nelle tipologie di apprendistato che si connotano come avvio ad una più complessa
carriera professionale, abbiamo spesso riscontrato l'auspicio di una maggiore autonomia
del tutor nel gestire, almeno in parte, le funzioni di tutorship che sono proprie di quei
processi;
?? nelle situazioni in cui non è presente il supporto di una struttura specialistica interna
all'impresa, un ulteriore sviluppo del profilo del tutor potrebbe consentire di affrontare in
modo più efficace la costruzione e riproduzione delle proprie risorse professionali, in
particolare quando il ruolo del tutor fosse assunto direttamente da un imprenditore
artigiano che fonda il suo vantaggio competitivo sullo sviluppo e l'integrazione di
professionalità relativamente complesse.
È tuttavia realistico pensare che questo profilo di tutor possa configurarsi come punto di
arrivo di un percorso di sviluppo professionale di questa figura, che richiede un affinamento
delle proprie competenze attraverso una pratica concreta in ruoli meno complessi, con la
possibilità di usufruire di dispositivi di "formazione in alternanza" per completare il proprio
bagaglio professionale.
30
SECONDA SEZIONE
31
1. LE FINALITÀ E L'ARCHITETTURA DEL DISPOSITIVO
FORMATIVO
32
presidio delle attività più immediatamente riconducibili all'assolvimento di compiti operativi e
adempimenti normativi.
Una conferma di questa linea evolutiva è ricavabile anche dall'analisi di alcune esperienze
caratterizzate da "buone pratiche" nella gestione dei percorsi formativi di apprendistato.
Esse sono accomunate dalla compiuta affermazione di un "profilo minimo di ruolo" centrato
soprattutto sulla supervisione dell'apprendimento "on the job", a cui corrisponde lo sviluppo
di uno specifico ambito di attività per ciascuna delle tre funzioni che abbiamo ricordato in
precedenza. In tali casi il tutor aziendale si caratterizza come “maestro di competenze”.
All'interno di qualche esperienza il ruolo del tutor aziendale tende però ad evolvere verso il
presidio più complessivo dei percorsi di inserimento organizzativo e sviluppo professionale
degli apprendisti, richiedendo la gestione di più ampi e complessi ambiti di attività e
caratterizzandosi come “guida ai percorsi di professionalizzazione”.
Gestione delle relazioni Gestione dei rapporti con gli Gestione della rete di relazioni
con il contesto operatori che affiancano (interne ed esterna all'impresa)
l'apprendista nello svolgimento di necessaria alla supervisione
compiti lavorativi del percorso formativo in
alternanza.
L'azione formativa che viene qui presentata intende collocarsi a sostegno della progressiva
costruzione del ruolo di tutor aziendale, assumendo come riferimento la sua capacità
complessiva di gestire efficacemente l'insieme del processo di inserimento organizzativo e del
percorso formativo in alternanza dell'apprendista. Contemporaneamente però si propone di
tenere conto delle concrete modalità con cui tende gradualmente a configurarsi e a svilupparsi
questo ruolo all'interno delle diverse situazioni territoriali e/o tipologie di apprendistato.
33
indicano che la professionalità richiesta si acquisisce essenzialmente attraverso lo sviluppo di
"un saper fare in situazione".
Il percorso formativo proposto si compone allora di un "repertorio" di moduli che si
prefiggono di aiutare le persone a guidare, valorizzare e riorganizzare le esperienze realizzate
nel concreto esercizio del ruolo all'interno dei propri contesti di impresa, prefigurando un
"percorso in alternanza" che consenta progressivamente di consolidare i diversi "nuclei di
competenza" richiesti per qualificare la gestione dei processi di inserimento e formazione
degli apprendisti.
Per la definizione degli obiettivi e dei contenuti dei singoli moduli si è fatto riferimento:
?? all'insieme di attività e di problemi che deve complessivamente affrontare il tutor
aziendale per qualificare i percorsi di apprendistato;
?? alla possibilità che, all'interno delle concrete situazioni territoriali, possa essere prioritario
di volta in volta centrare l'azione formativa solo su alcuni specifici nuclei di competenza,
che appaiono prioritari in rapporto al grado di sviluppo raggiunto dall'esercizio del ruolo
in quel contesto.
Coerentemente con questa impostazione, è stato messo a punto un modulo iniziale, che in
situazione ottimale dovrebbe essere propedeutico all'assunzione dei compiti di tutor aziendale,
che si propone di fornire le abilità e conoscenze necessarie a impostare efficacemente la
"pratica del ruolo" all'interno della propria impresa, tenendo conto delle caratteristiche
specifiche di ciascun contesto.
Ad esso si accompagna la proposta degli altri moduli presenti nel repertorio, che tuttavia
saranno erogati nei tempi e secondo le sequenze ritenute più opportune dalle strutture a cui è
demandata la responsabilità della formazione dei tutor all'interno delle specifiche realtà.
Il dispositivo formativo si colloca dunque nella prospettiva strategica delle "azioni di
sistema", proponendosi come strumento flessibile per accompagnare la costruzione e il
consolidamento di uno dei prerequisiti ritenuti indispensabili per la piena qualificazione dei
percorsi formativi di apprendistato: il ruolo dei tutor aziendali.
34
loro situazioni di lavoro, attraverso lo sviluppo di un "saper fare sul campo" che è
riconducibile alle competenze tecnico-professionali previste dalla classificazione Isfol.
In questa logica, le conoscenze di base e le abilità trasversali richieste per l'esercizio del ruolo
saranno affrontate "contestualmente" allo sviluppo delle competenze tecnico-professionali.
L'analisi dei problemi tipici che il tutor aziendale è chiamato ad affrontare per garantire la
qualità del servizio offerto all'apprendista e all'impresa costituisce il riferimento per
individuare le Aree di Attività (ADA) che sono richieste per l'esercizio del ruolo. Il presidio
efficace di ogni ADA presuppone il possesso di una specifica Unità di competenza tecnico-
professionale, intesa come un insieme omogeneo e strutturato di conoscenze e abilità
necessarie per svolgere un compito professionale complesso, garantendo il raggiungimento
dei risultati attesi.
Per definire le ADA da assumere come riferimento per l’elaborazione del dispositivo
formativo si è tenuto conto:
?? delle finalità e dell'impostazione generale a cui esso deve rispondere;
?? delle indicazioni ricavate dall'analisi preliminare (funzioni e attività dei ruoli
concretamente rilevati all'interno delle diverse esperienze);
?? della necessità di definire un'architettura semplice e facilmente gestibile, che tenga conto
dei destinatari e del contesto in cui deve essere utilizzata, oltre che del monte ore di
formazione che è realistico dedicare a queste attività.
La considerazione congiunta di tutti questi elementi ci ha portato ad individuare le seguenti
ADA, a cui corrispondono le Unità di Competenza assunte come riferimento per la
progettazione dei moduli che compongono il percorso formativo.
35
La scelta di collocare il modulo che fa riferimento a questa UC in una fase iniziale del
percorso formativo e possibilmente in concomitanza con l'assunzione del ruolo di tutor
aziendale è collegata:
?? all'assenza, nella maggioranza delle imprese, di modelli consolidati a cui fare riferimento
per avviarsi a ricoprire questo ruolo;
?? all'importanza, per coloro che forniscono "servizi immateriali" come il tutor aziendale, di
saper elaborare un'adeguata "rappresentazione" del servizio e dei processi necessari alla
loro erogazione, come precondizione per avviare efficaci strategie di intervento all'interno
della propria organizzazione2 .
Le UC "Programmare il percorso formativo dell'apprendista" e "Guidare e facilitare
l'apprendimento" riguardano la gestione del percorso di apprendimento. La prima UC si
riferisce alla capacità di analizzare i fabbisogni formativi dell'apprendista e predisporre
l'insieme del percorso in alternanza, la seconda alla più specifica supervisione all'acquisizione
delle diverse competenze.
Per quanto riguarda il sostegno alla motivazione e al coinvolgimento dell'apprendista, l'UC
"Curare la relazione con l'apprendista" si riferisce al supporto funzionale allo sviluppo del
percorso di apprendimento, mentre la UC "Gestire i momenti di crisi" riguarda la più
complessa capacità di affrontare efficacemente le problematiche soggettive connesse con i
processi di inserimento lavorativo e sviluppo dell'identità professionale dei giovani.
Una descrizione più esauriente delle caratteristiche delle UC e dei moduli per la definizione
del percorso formativo è ricavabile dalla lettura del repertorio presentato nel capitolo
successivo.
In questa sede vengono ovviamente considerati quali prerequisiti per l'ingresso nel ruolo
alcune caratteristiche che sono proprie dei tutor aziendali, riguardanti:
?? l'esperienza professionale e le competenze relative allo specifico ambito lavorativo in cui
viene inserito l'apprendista;
?? un'adeguata conoscenza dei processi produttivi e dell'organizzazione dell'impresa di
appartenenza.
Non rientrano tra gli obiettivi di questo dispositivo formativo una serie di competenze
trasversali collegate alla gestione efficace delle relazioni con colleghi e collaboratori
(comunicare in modo assertivo, negoziare, assegnare e verificare compiti, ecc.), che possono
essere utili nell'esercizio del ruolo del tutor aziendale. Questa scelta è dettata da motivi di
priorità, che hanno portato a privilegiare UC più direttamente collegate allo "specifico" dei
percorsi di apprendistato.
Le competenze appena ricordate, oltre ad essere comunque richiamate e attivate in relazione
alle problematiche specifiche trattate nel repertorio di UC che è appena stato delineato, sono
considerate dei prerequisiti che dovrebbero essere tenuti in considerazione nella fase di
selezione delle persone a cui affidare l'incarico di tutor aziendale.
Nei casi in cui venissero riscontrate particolari carenze, è comunque possibile integrare la
proposta formativa con dei moduli dedicati in modo specifico al potenziamento di questi
aspetti. A questo proposito si può fare riferimento ai numerosi materiali formativi che sono
disponibili su queste tematiche.
2
Cfr. Manoukian,F.O., Produrre servizi. Lavorare con oggetti immateriali, Bologna, Il Mulino, 1998.
36
2. IL REPERTORIO DEI MODULI FORMATIVI
37
2.2 La struttura per la descrizione dei moduli formativi
Per la descrizione dettagliata dei moduli è stata adottata una struttura standard, che comprende
una serie di informazioni utili a precisare la natura delle competenze da sviluppare, i contenuti
trattati e alcuni suggerimenti per l'organizzazione e la gestione delle attività formative, con
particolare riferimento al raccordo tra ciò che viene affrontato in aula e le esperienze
realizzate dai partecipanti all'interno del loro contesto lavorativo.
In particolare, la descrizione di ogni modulo si articola in tre sezioni.
Nella prima sezione sono brevemente presentati la funzione e i risultati attesi che
caratterizzano il contributo dell'UC alla gestione complessiva del percorso di inserimento e
formazione degli apprendisti. Attraverso questa descrizione si precisano la natura e lo
spessore delle problematiche che devono essere affrontate nel modulo, contribuendo a chiarire
il rapporto tra le prestazioni richieste al soggetto e le abilità e conoscenze che sono
dettagliatamente illustrate nella sezione successiva.
Nella seconda sezione sono presentati gli obiettivi formativi del modulo, intesi come
descrizione dettagliata dell'insieme strutturato di conoscenze e capacità che il soggetto deve
acquisire, e i contenuti che saranno trattati all'interno del modulo.
La terza sezione riguarda invece alcuni suggerimenti operativi relativi all'impostazione e alla
gestione didattica del modulo. In particolare vengono formulate alcune proposte generali per
raccordare le attività previste in aula alle esperienze che i partecipanti stanno maturando sul
luogo di lavoro.
Nelle pagine seguenti vengono presentati analiticamente i moduli che compongono il
dispositivo per la formazione dei tutor aziendali.
38
1. ACQUISIRE CONSAPEVOLEZZA DI RUOLO
3
in particolare per quanto riguarda l'istituzione e le funzioni del tutor aziendale cfr. Decreto Ministeriale 8 aprile
19998 e Decreto Ministeriale 28 febbraio 2000.
39
?? avviare un processo di progressivo miglioramento e affinamento del servizio offerto
all'apprendista e all'impresa;
?? consolidare, attraverso la gestione pratica delle attività, le competenze richieste per
svolgere questo ruolo.
Questo modulo risulta quindi propedeutico ad un percorso di "crescita professionale" del tutor
aziendale, che avverrà principalmente attraverso il diretto esercizio del ruolo, ma che non
esclude anche l'approfondimento e il consolidamento di specifiche competenze attraverso la
partecipazione a successivi momenti formativi.
40
Suggerimenti operativi
La struttura didattica del modulo può essere articolata in due passaggi chiave:
?? analisi degli elementi che influiscono sulla definizione del ruolo del tutor aziendale
(regolazione istituzionale dell'apprendistato, caratteristiche degli apprendisti
concretamente presenti in impresa, peculiarità del processo di inserimento degli
apprendisti e del percorso di formazione in alternanza);
?? ricostruzione delle caratteristiche salienti del ruolo del tutor aziendale, sulla base degli
elementi emersi durante la precedente riflessione.
Per quanto riguarda il primo passaggio, da un punto di vista didattico può essere utile partire
dalle indicazioni che emergono dalla normativa sulla natura dell'apprendistato e le funzioni
del tutor aziendale, per poi analizzare i problemi che esistono quando si tratta di applicarle
all'interno delle esperienze concretamente vissute dai partecipanti.
Per quanto riguarda la ricostruzione del ruolo del tutor, conviene tenere analiticamente distinti
due aspetti:
?? la gestione del percorso di apprendimento in impresa, in riferimento ai diversi aspetti che
lo caratterizzano (accoglienza e primo inserimento, sviluppo programma formativo,
monitoraggio e valutazione, ecc.);
?? la gestione dei rapporti con l'agenzia formativa per assicurare l'integrazione tra
apprendimento sul lavoro e formazione esterna.
Questo secondo aspetto può costituire l'occasione per cominciare ad avviare concretamente la
collaborazione tra tutor aziendale e agenzia formativa, anche attraverso la presentazione e
discussione di prototipi di percorsi modulari di formazione esterna e/o strumenti di lavoro che
possono agevolare il raccordo operativo durante le varie fasi del percorso in alternanza.
Potrebbe essere particolarmente utile, in questa prospettiva, far lavorare insieme tutor
aziendali e tutor delle agenzie formative, per favorire una conoscenza reciproca e una
rappresentazione comune dei problemi da affrontare e delle cose da fare.
In termini generali, appare consigliabile un'impostazione didattica che, rispetto alla
trasmissione di informazioni, privilegi un ruolo diretto dei partecipanti nell'individuazione e
nell'elaborazione degli elementi che influenzano più direttamente il ruolo del tutor aziendale.
Ad esempio, si potrebbe partire (attraverso tecniche tipo "braintorming" o "libere
associazioni") dalla "rappresentazione" dei partecipanti circa le caratteristiche dei giovani che
si trovano concretamente di fronte in impresa, per favorire un confronto rivolto ad individuare
i problemi tipici che si presentano durante il loro inserimento e analizzare le possibile
strategie con cui possono essere affrontati all'interno del percorso di apprendistato.
La diretta attivazione dei partecipanti è particolarmente auspicabile nella fase di ricostruzione
del ruolo richiesto al tutor aziendale.
L'obiettivo non è quello di trasmettere un "repertorio di comportamenti ideali" che dovrebbero
caratterizzare il tutor aziendale, ma di favorire nei partecipanti la capacità di pianificare un
insieme di azioni che possono contribuire ad assicurare la qualità dei percorsi di inserimento
degli apprendisti.
41
Questa differenza è particolarmente significativa in quanto l'esercizio efficace del ruolo
all'interno dell'impresa di appartenenza richiederà un "utilizzo flessibile" di quello che sarà
emerso, per adattarlo alle caratteristiche di quello specifico contesto.
Da un punto di vista operativo può essere utile attivare lavori di piccolo gruppo, in cui i
partecipanti definiscono insieme le caratteristiche del tutor aziendale.
Il confronto in plenaria sarà utilizzato per evidenziare gli elementi comuni e le differenze tra i
profili di ruolo ricostruiti dai diversi gruppi e per ragionare insieme sulle condizioni che
rendono possibile il suo esercizio all'interno dell'impresa.
42
2. PROGRAMMARE IL PERCORSO FORMATIVO
DELL'APPRENDISTA
43
Parallelamente al piano di attività in impresa, il tutor aziendale concorderà con l'agenzia
formativa le caratteristiche dei moduli che verranno realizzati durante la formazione esterna,
cercando di fare in modo che i contenuti che verranno trattati e i tempi previsti risultino il più
possibile integrati con il percorso di sviluppo all'interno del luogo di lavoro. Questo ulteriore
passaggio consentirà di arrivare all'effettiva costruzione di un percorso di formazione in
alternanza, valorizzando tutte le opportunità di apprendimento per consolidare il bagaglio di
competenze dell'apprendista.
La programmazione del percorso formativo costituisce un'importante risorsa anche per
sostenere la motivazione dell'apprendista, poiché:
?? si dimostra concretamente che l'impresa sta investendo sulla sua formazione;
?? viene responsabilizzato rispetto al raggiungimento di espliciti traguardi di apprendimento;
?? si rende esplicito il tipo di supporto su cui potrà contare per acquisire le necessarie
competenze professionali.
44
Suggerimenti operativi
Chi all'interno dell'impresa segue i nuovi assunti si trova normalmente nelle condizioni di
stabilire che cosa devono imparare e quali sono le modalità da adottare per raggiungere i
risultati attesi. Molto spesso queste problematiche vengono però affrontate in modo empirico,
senza lo sviluppo di un approccio sistematico e l'utilizzo consapevole di metodologie
strutturate, che potrebbero favorire una migliore qualità dei percorsi di apprendimento
all'interno dell'impresa e un più facile raccordo con la formazione esterna.
Nell'impostazione didattica del modulo si tratta da una parte di valorizzare le esperienze di
progettazione presenti tra i partecipanti, dall'altra di mettere a disposizione delle metodologie
che consentano di valorizzare e migliorare le pratiche attualmente in atto. L'attività formativa
va quindi concepita come un momento a "supporto" dell'esperienza sul campo, che costituirà
il contesto in cui i tutor aziendali potranno effettivamente consolidare le competenze che sono
poste come obiettivo di questo segmento formativo.
D'altra parte, dove l'omogeneità dei partecipanti e i tempi di realizzazione lo consentono, le
attività svolte all'interno del modulo possono rappresentare l'avvio della progettazione dei
concreti percorsi formativi da realizzare con gli apprendisti.
Le metodologie didattiche saranno quindi fortemente improntate all'operatività. Anche i
riferimenti concettuali all'analisi delle competenze e alla progettazione formativa dovranno
essere trattati tenendo conto che si ha a che fare con persone che non appartengono al mondo
della "formazione", per cui devono essere fortemente finalizzati alla proposta di strumenti
operativi facilmente utilizzabili all'interno dell'impresa.
Dal punto di vista dello sviluppo didattico delle attività, in linea di massima si può ipotizzare
di introdurre il modulo con un richiamo all'importanza strategica di investire nei giovani e
quindi alla conseguente necessità di curare lo sviluppo delle loro competenze. Questo
riferimento, oltre a favorire un collegamento con il modulo precedente, consente di
evidenziare l'importanza di una adeguata programmazione del percorso formativo di
inserimento, che in questa logica non appare solo un problema di tipo meramente operativo.
A partire da queste considerazioni si potrebbe proporre una metodologia di programmazione
del percorso formativo che preveda due step successivi:
?? l'analisi e la descrizione delle competenze relative al ruolo professionale dell'apprendista;
?? la definizione del piano di attività da proporre all'apprendista in impresa.
Più che attraverso dettagliate puntualizzazioni di tipo concettuale, può essere utile presentare
degli strumenti operativi, per sperimentare (attraverso lavori di gruppo) queste metodologie in
riferimento ai casi presenti nelle imprese dei partecipanti.
Il confronto sugli esiti dei lavori di gruppo permetterà di puntualizzare la metodologia di
programmazione proposta, valutando con i partecipanti la sua utilità e trasferibilità all'interno
dell'esperienza dei tutor (anche a seguito delle necessarie "personalizzazioni" dell'impianto
metodologico proposto).
Nell'ultima parte del modulo si può centrare l'attenzione sulle esigenze di integrazione tra le
attività interne all'impresa e la formazione esterna. Si potrebbe presentare ai tutor aziendali
alcuni esempi di proposte di formazione esterna, per ragionare con loro sulle modalità e gli
adeguamenti da introdurre per integrarla con la programmazione delle attività previste in
ambito lavorativo.
45
3. GUIDARE E FACILITARE L'APPRENDIMENTO
46
Se l'assegnazione dei compiti e il supporto all'apprendimento sono guidati da un'adeguata
consapevolezza metodologica, l'apprendista acquisirà in modo più rapido e organico l'insieme
di competenze richieste dal proprio ruolo professionale.
Un passaggio particolarmente importante, all'interno di questo processo, è inoltre costituito
dai momenti di valutazione delle competenze acquisite. Essi devono essere gestiti in modo da
favorire nell'apprendista:
?? la chiara comprensione di ciò che ha imparato e delle carenze che deve colmare;
?? la motivazione ad impegnarsi per migliorare ulteriormente le proprie prestazioni.
Affinché la valutazione risponda pienamente a queste finalità è necessario:
?? predisporre un sistema di osservazione dei comportamenti dell'apprendista e una raccolta
sistematica di informazioni che consentano la formulazione di giudizi analitici e
attendibili sulle competenze effettivamente possedute;
?? gestire con attenzione la restituzione dei risultati all'apprendista, utilizzandola come
importante occasione di coinvolgimento e di motivazione.
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Obiettivi formativi e contenuti
Obiettivi Conoscenze. Conoscere:
- le caratteristiche dei processi di apprendimento e le variabili da controllare
per assicurare la loro efficacia;
- le strategie che è possibile mettere in atto per facilitare l'apprendimento
all'interno di un contesto di lavoro;
- i criteri per individuare e organizzare i compiti da assegnare agli apprendisti;
- le metodologie per guidare e sostenere l'apprendimento;
- le finalità, i problemi e le metodologie e gli strumenti relativi alla valutazione
delle competenze degli apprendisti;
- le problematiche connesse alla gestione dei risultati della valutazione.
Capacità. Essere in grado di:
- Assegnare dei compiti coerenti con gli obiettivi di apprendimento e le abilità
e conoscenze già possedute dall'apprendista;
- Spiegare chiaramente i risultati da raggiungere e i comportamenti richiesti;
- Guidare l'apprendista nella riflessione su come affronta i compiti assegnati
(procedure attuate, risultati raggiunti, difficoltà incontrate, ecc.), per
aumentare la sua consapevolezza su quello che ha imparato e sulle carenze
da superare;
- Predisporre un sistema di osservazione dei comportamenti e una raccolta di
informazioni che consenta di formulare giudizi attendibili sulle competenze
acquisite dall'apprendista;
- Organizzare e gestire momenti di restituzione degli esiti della valutazione
che riescano a motivare l'apprendista ad impegnarsi a migliorare
ulteriormente le future prestazioni
Contenuti - Il rapporto tra insegnamento e apprendimento;
minimi - I principi dell'apprendimento degli adulti;
- Il modello di Kolb e l'apprendimento dall'esperienza;
- Le strategie per valorizzare l'esperienza lavorativa come contesto di
apprendimento finalizzato: il "coaching" e " il learning by doing";
- La finalità e i problemi legati alla valutazione all'interno delle
organizzazioni;
- Le metodologie e gli strumenti di valutazione;
- La gestione dei feedback come risorsa per lo sviluppo delle risorse umane.
Suggerimenti operativi
Molte delle strategie richiamate all'interno del modulo vengono di fatto già applicate nelle
situazioni di lavoro, anche se spesso ciò avviene in modo empirico e frammentario, sulla base
di sensibilità individuali che a volte connotano alcuni operatori come eccellenti esempi di
"facilitatori dell'apprendimento", ma che stentano a diventare standard operativi adottati
all'interno delle imprese.
L'obiettivo di questo momento di formazione è quindi soprattutto quello di recuperare,
diffondere e riordinare le esperienze positive dei partecipanti, trasformando le loro
"competenze tacite" in "competenze esplicite".
48
Questo passaggio, oltre a rendere più "visibili" e "trasferibili" le competenze, aumenta anche
il loro livello di padronanza da parte dei soggetti che ne sono portatori (come dimostrano gli
studi sull'expertise).
Una maggiore consapevolezza metodologica consente di collocare i diversi interventi in un
quadro di riferimento complessivo, collegando coerentemente le diverse azioni intese a
facilitare l'apprendimento agli obiettivi da raggiungere e ai problemi che possono a volte
presentarsi nelle specifiche situazioni.
Dal punto di vista dell'articolazione didattica il modulo può essere suddiviso in due parti: la
prima dedicata alla supervisione delle esperienze finalizzate all'apprendimento, la seconda
alla valutazione.
Il punto di partenza può essere costituito dalle problematiche relative ai processi di
apprendimento e dalle condizioni che li possono favorire, richiamando e approfondendo
quanto era già stato introdotto nel modulo 1. Più che da una esposizione teorica, è opportuno
partire da esercitazioni o simulazioni che possono aiutare a comprendere le questioni che sono
sottostanti a queste problematiche. L'obiettivo non è quello di passare in rassegna e
classificare le diverse tipologie e strategie di apprendimento. Date le caratteristiche dei
partecipanti e il contesto in cui si pone questo modulo, le riflessioni saranno orientate in
primo luogo ad evidenziare stili e modalità di apprendimento alternativi alla semplice
trasmissione/memorizzazione di informazioni e procedure, focalizzando in particolare
l'attenzione dei partecipanti sulla valenza delle esperienze "in situazione" e sul "lavoro
cognitivo" del soggetto che le sperimenta.
Questa impostazione è funzionale alla ricerca e puntualizzazione delle strategie che possono
favorire l'apprendimento degli apprendisti. Attraverso l'analisi di "autocasi" o la ricostruzione
delle buone pratiche dei partecipanti si può arrivare alla ricostruzione di possibili modelli di
intervento, da confrontare con le metodologie codificate all'interno della letteratura
specialistica, per cercare di focalizzare la loro possibilità di attuazione all'interno delle
imprese dei partecipanti (vantaggi, condizioni di fattibilità, aspetti critici per la loro gestione,
ecc.).
Per quanto riguarda la valutazione, un lavoro preliminare di messa in comune delle
"rappresentazioni" dei partecipanti su questo argomento (magari anche solo con tecniche tipo
"brainstorming") potrebbe favorire una riflessione sulla complessità dell'oggetto e le diverse
dimensioni che sono in gioco (finalità, soggetti coinvolti, elementi da osservare, modalità di
raccolta delle informazioni, errori ricorrenti, ecc.).
Una volta rappresentato adeguatamente il problema, si può proporre alla discussione degli
esempi di metodologie e strumenti per la valutazione degli apprendisti, per mettere a fuoco le
condizioni per una loro applicabilità all'interno delle imprese.
La parte conclusiva del modulo sarà invece dedicata alla corretta gestione della discussione
dei risultati della valutazione con l'apprendista. A questo scopo potrebbe essere molto utile
l'utilizzo di simulazioni sulla presentazione dei risultati, per lavorare con i partecipanti sugli
aspetti critici che emergono e sulle corrette strategie da adottare.
49
4. CURARE LA RELAZIONE CON L'APPRENDISTA
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La funzione di accompagnamento viene assicurata dal rapporto quotidiano che il tutor
aziendale intrattiene con l'apprendista. Può tuttavia essere utile predisporre un piano più
sistematico di colloqui finalizzati ad un monitoraggio periodico sul procedere dell'esperienza
e a decidere l'introduzione di eventuali correttivi. All'interno di questi momenti può essere
collocata anche la restituzione dei risultati della valutazione (cfr. modulo 3).
Il colloquio è uno degli strumenti più importanti che il tutor ha a disposizione per orientare e
sostenere il percorso di sviluppo dell'apprendista. Esso consente di definire e analizzare con
precisione gli obiettivi e i problemi del percorso di inserimento e formazione. Inoltre
presuppone un momento particolarmente intenso di relazione interpersonale che, se gestito
bene, rafforza il coinvolgimento e la motivazione ad impegnarsi.
È importante che il tutor aziendale sviluppi una adeguata capacità di preparare e gestire questi
momenti di interazione.
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Obiettivi formativi e contenuti
Obiettivi Conoscenze. Conoscere:
- le variabili che possono influenzare la motivazione e il coinvolgimento degli
apprendisti;
- le strategie e le attenzioni che il tutor aziendale può utilizzare per favorire il
coinvolgimento dell'apprendista;
- gli obiettivi e le metodologie che caratterizzano la fase di prima accoglienza;
- i criteri e le modalità con cui impostare e presidiare il monitoraggio del
percorso di inserimento e apprendimento;
- i criteri e le metodologie per la preparazione e la conduzione di un colloquio
con l'apprendista;
- le principali caratteristiche dei processi di comunicazione e le difficoltà che
si possono generare nel rapporto con l'apprendista.
Capacità. Essere in grado di:
- pianificare e gestire la fase di accoglienza, in modo da favorire l'inserimento
dell'apprendista, creare condivisione sugli obiettivi di sviluppo professionale,
stabilire un patto di reciproco investimento per il loro raggiungimento;
- definire, sulla base delle diverse fasi del percorso di inserimento
(accoglienza, passaggi tra compiti diversi, partecipazione alla formazione
esterna, ecc.), un piano di colloqui con l'apprendista per monitorare
l'esperienza e mantenere elevato il suo coinvolgimento;
- preparare e condurre un colloquio con l'apprendista, gestendo le dinamiche
relazionali in funzione delle caratteristiche della situazione e degli obiettivi
da raggiungere.
Contenuti - I bisogni delle persone e delle organizzazioni;
minimi - Il "contratto psicologico" tra apprendista e impresa: il ruolo del tutor
aziendale;
- L'organizzazione e gestione della fase di accoglienza;
- Le tecniche e gli strumenti per il monitoraggio dei percorsi di inserimento;
- Il colloquio come strumento di integrazione nell'organizzazione;
- Il colloquio: obiettivi, metodologie, aspetti critici e strategie di
fronteggiamento;
- Le principali variabili in gioco nei processi di comunicazione e gli
accorgimenti da adottare per la loro gestione.
Suggerimenti operativi
Il modulo potrebbe partire da una riconsiderazione:
?? dell'importanza strategica di integrare nell'organizzazione aziendale risorse motivate e
competenti;
?? dei significati che l'ingresso in azienda può assumere per i giovani apprendisti
(riprendendo alcuni contenuti già introdotti in occasione del modulo 1);
?? delle modalità con cui il tutor aziendale può concretamente aiutarli, nell'interesse
dell'impresa, a cogliere questa opportunità di crescita personale e di sviluppo
professionale.
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L'obiettivo è quello di collocare la cura della relazione con l'apprendista in una prospettiva
"strategica", che va al di là della più o meno accentuata sensibilità individuale per i problemi
del giovane appena inserito, per acquistare un rilievo come importante strumento per la
gestione e lo sviluppo delle risorse umane dell'impresa.
La ricostruzione di questo quadro di riferimento permette di identificare e approfondire alcune
attività e metodologie che possono concretamente essere utilizzate dal tutor aziendale per
aumentare la sua efficacia nella gestione del rapporto con l'apprendista.
Un primo momento di riflessione riguarda il significato che assume la fase di accoglienza, che
non va intesa come occasione per "fornire informazioni al nuovo venuto", ma come strategia
per coinvolgere il giovane in un progetto condiviso di sviluppo professionale, caratterizzato
da precisi obiettivi e dall'assunzione di concreti impegni reciproci tra apprendista e tutor
aziendale.
A partire dalle finalità della fase di accoglienza, si tratterà di coinvolgere i partecipanti al
modulo nella definizione delle possibili metodologie con cui organizzarla e gestirla, ponendo
particolare attenzione anche agli stili di relazione del tutor che possono favorire o ostacolare il
coinvolgimento dell'apprendista.
La costruzione di un progetto condiviso rimanda ad un adeguato coinvolgimento
dell'apprendista nel monitoraggio del suo percorso di realizzazione. È fondamentale che egli,
con il procedere delle attività, comprenda le ragioni di eventuali variazioni del piano di lavoro
iniziale, sia in grado di valutare i risultati che raggiunge, si renda conto di eventuali carenze,
partecipi alla definizione di strategie di miglioramento.
In sede formativa, si può sollecitare i tutor ad individuare una serie di passaggi critici nel
percorso di inserimento, discutendo l'eventualità di pianificare specifici momenti di confronto
con l'apprendista e le modalità con cui gestirli.
In questo contesto possono essere forniti e discussi (oppure costruiti insieme) anche strumenti
per la gestione del monitoraggio (griglie, tracce di discussione, diari sull'esperienza, ecc.).
La seconda parte del modulo può essere invece dedicata a rafforzare la capacità di gestire i
colloqui con l'apprendista, in quanto strumento di lavoro particolarmente importante per il
tutor aziendale. L'obiettivo non è quello di "fornire procedure" per la conduzione del
colloquio, ma aumentare la consapevolezza sulle variabili che influiscono su queste situazioni
e su alcune possibili strategie per controllarle.
Grazie a queste acquisizioni, sarà più facile per i partecipanti riflettere criticamente sulle
esperienze di colloquio che si troveranno concretamente ad affrontare nei loro contesti di
lavoro, per affinare progressivamente la loro capacità di gestirle.
Piuttosto che procedere alla presentazione di metodologie codificate, è consigliabile
coinvolgere i partecipanti in role play in cui vengono simulate tipiche situazioni di colloquio
con l'apprendista, per ricostruire le modalità di relazione che vengono agite, le criticità che
caratterizzano queste situazioni, i possibili punti di attenzione per migliorarne l'efficacia.
Nell'analizzare i materiali prodotti dalle simulazioni è inoltre possibile evidenziare alcuni
fenomeni che sono tipici dei processi di comunicazione, di cui i tutor aziendali possono
utilmente tenere conto al di là delle situazioni di colloquio, per migliorare la loro efficacia
complessiva nella gestione delle relazioni con l'apprendista.
53
5. GESTIRE I MOMENTI DI CRISI
54
sentimenti corrisponde spesso un'accentuazione di atteggiamenti di "controllo", che a sua
volta il giovane interpreta come volontà di mantenerlo in una posizione subordinata.
Per il tutor è importante prestare molta attenzione alle emozioni che si sviluppano all'interno
della relazione con il giovane:
?? mettendosi "in gioco" e condividendo le difficoltà che caratterizzano i "momenti di crisi"
dell'apprendista;
?? cercando di evitare che le difficoltà portino al cristallizzarsi di sentimenti che, oltre a non
favorire una positiva evoluzione del rapporto interpersonale, ostacolano il processo di
inserimento organizzativo di cui è responsabile.
55
Suggerimenti operativi
Tutti i percorsi di inserimento degli apprendisti sono caratterizzati da situazioni problematiche
e momenti di crisi. Un adeguato sviluppo delle competenze richiamate nei moduli precedenti
consente di progettare e gestire il percorso di inserimento diminuendo la frequenza con cui
possono manifestarsi tali momenti di crisi e/o l'impatto che essi possono esercitare sul
raggiungimento dei risultati attesi.
Lo sviluppo di una maggiore consapevolezza nell'affrontare queste situazioni di difficoltà, che
normalmente rendono anche più evidenti e problematiche le dimensioni affettive che
caratterizzano la relazione di tutorship, costituisce un'ulteriore e importante risorsa per
qualificare la gestione dei percorsi di apprendistato.
In riferimento alle diverse tipologie di apprendistato che sono state riscontrate all'interno delle
imprese, due sembrano essere le situazioni che rendono particolarmente utile rinforzare queste
competenze del tutor:
?? la presenza di apprendisti che devono ancora consolidare le loro risorse di base e definire
un preciso progetto di investimento professionale;
?? imprese impegnate ad inserire giovani con elevati livelli di istruzione, a cui viene richiesto
un forte investimento ideale ed emotivo nel percorso di socializzazione al ruolo
professionale che dovranno ricoprire, soprattutto se quest'ultimo è ritenuto strategico nella
catena di produzione del valore.
La positiva partecipazione a questo modulo richiede però anche la presenza di alcuni
prerequisiti iniziali. La persona coinvolta deve avere un reale e forte interesse a svolgere il
ruolo di tutor e ad aumentare la sua capacità di presidiarlo efficacemente, poiché le
problematiche trattate presuppongono una forte disponibilità a "mettersi in gioco" sul piano
personale e a rivedere criticamente gli assunti impliciti che sono alla base dei comportamenti
abitualmente agiti all'interno delle situazioni di tutorship.
Un'altra condizione che facilita una fruizione efficace del modulo riguarda la provenienza da
un'impresa in cui è presente una cultura della formazione e un effettivo interesse ad investire
sulle proprie risorse umane.
Infine, le tematiche affrontate e le metodologie adottate presuppongono una precedente e non
occasionale esperienza dei partecipanti nel ruolo di tutor aziendale.
Per la gestione di questo modulo potrebbe essere utile procedere alla presentazione, da parte
di ciascun partecipante, di un "autocaso" relativo alle difficoltà incontrate nell'affrontare
situazioni particolarmente problematiche. Il confronto e la discussione critica dei diversi casi
non è finalizzata alla ricerca di "buone pratiche", ma ad aumentare la consapevolezza delle
variabili strutturali e soggettive che interagiscono all'interno di queste situazioni.
In questo modo i partecipanti possono affinare la loro capacità di:
?? analizzare da diverse prospettive le situazioni problematiche che si trovano ad affrontare;
?? riconsiderare criticamente le strategie di azione che (più o meno consapevolmente)
mettono in campo.
Il punto di arrivo non è la definizione di astratte strategie procedurali per la gestione di
situazioni difficili, ma il potenziamento delle risorse personali che consentono di "attraversare
i momenti critici", cercando di volta in volta le modalità più coerenti con i vincoli e le
opportunità presenti nelle specifiche situazioni.
56
Le gestione di questo segmento formativo può svilupparsi in diversi modi. In rapporto agli
obiettivi, potrebbe essere utile l'attivazione in un piccolo gruppo, preferibilmente preceduta (e
magari seguita, anche sotto forma di follow up a distanza di un certo periodo di tempo) da un
colloquio individuale con ciascun partecipante.
L'intervento potrebbe tuttavia assumere anche la caratteristica di una supervisione individuale.
L'attivazione di gruppi un po' più numerosi, nel caso esistessero problemi di risorse a
disposizione, renderebbe impossibile la trattazione di un caso per ciascun partecipante,
rendendo meno immediato il forte e diretto coinvolgimento personale di tutti i partecipanti.
Un'ultima annotazione riguarda le competenze necessarie per condurre questo modulo. Esso
infatti richiede la presenza di un formatore in possesso di adeguate competenze psicologiche
e/o di una grande esperienza professionale (preferibilmente rafforzata dalla precedente
fruizione di attività di supervisione simili a quelle che vengono qui proposte).
57
3. INDICAZIONI PER PROGETTARE I PERCORSI FORMATIVI
58
1. Acquisire 2. Programmare il
consapevolezza di percorso formativo
ruolo dell'apprendista
3. Guidare e facilitare
l'apprendimento
4. Curare la 5. Gestire i
relazione con momenti di crisi
l'apprendista
A partire dalla mappa delle UC, è possibile definire i percorsi più coerenti con gli obiettivi
che vengono ritenuti prioritari all'interno di una specifica situazione.
Se, ad esempio, in rapporto alle caratteristiche del contesto e alle risorse a disposizione, si
ritiene utile privilegiare le competenze relative alla progettazione, gestione e verifica del
percorso di apprendimento dei giovani apprendisti, si può ipotizzare un percorso formativo
che preveda i seguenti moduli:
59
Se invece esiste una priorità orientata a sviluppare competenze relative al sostegno del
coinvolgimento e della motivazione dell'apprendista, un percorso formativo potrebbe
prevedere la seguente scansione modulare:
La definizione del percorso formativo dovrà porre particolare attenzione al profilo di tutor
aziendale che è effettivamente praticato all'interno delle imprese da cui provengono i
partecipanti per decidere la scelta dei moduli che in quel momento possono essere più
coerenti con la graduale affermazione del ruolo all'interno delle realtà lavorative.
Se, ad esempio, in uno specifico settore e/o territorio si ritiene particolarmente utile rafforzare
le competenze relative alla gestione operativa dei processi di apprendimento "on the job", si
potrebbe privilegiare una configurazione modulare centrata su questi aspetti:
A seguito del consolidamento di quel profilo di ruolo potrebbe anche nascere, in un secondo
tempo, una più matura domanda di formazione dei tutor aziendali, rivolta a integrare le
competenze richieste da una visione più organica del ruolo. In questo caso, al percorso
iniziale potrebbero successivamente venire collegati gli altri moduli previsti dal repertorio
illustrato in precedenza:
60
Questi rapidi esempi non esauriscono ovviamente le possibili alternative con cui i diversi
moduli possono essere utilizzati per definire i percorsi formativi che si ritengono di volta in
volta più appropriati. Attraverso il loro richiamo si intende solo evidenziare la flessibilità con
cui il repertorio si presta ad essere utilizzato nelle diverse situazioni, purché sia chiara al
progettista la logica che ha guidato la costruzione dei moduli e i possibili raccordi che
possono essere attivati tra di essi.
3.2. Le otto ore di formazione per i tutor aziendali previste dalla normativa
La normativa4 , nell'auspicare l'attivazione di specifici interventi formativi rivolti ai tutor
aziendali, stabilisce che questi ultimi sono tenuti comunque a partecipare, all'avvio della
prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa formativa di durata
non inferiore ad otto ore.
L'assolvimento di questo obbligo normativo non appare problematico nelle situazioni in cui
esiste la volontà di investire sullo sviluppo delle competenze dei tutor aziendali, in quanto
esso si inserisce nella più ampia strategia formativa che è stata appena presentata, andando di
fatto a collocarsi nell'erogazione del modulo 1 previsto dal repertorio.
Maggiori problemi possono sorgere dove non esistano, almeno nel momento in cui si tratta di
predisporre l'iniziativa formativa prevista dalla normativa, le condizioni per un forte
coinvolgimento delle imprese e dei tutor aziendali.
In questi casi può essere utile progettare le otto ore di formazione cercando di tenere conto il
più possibile:
?? delle competenze di base richieste al tutor aziendale (cfr. modulo 1);
?? della necessità di favorire il massimo coinvolgimento dei partecipanti (la cui presenza è
caratterizzata dall'esistenza di un vincolo normativo);
?? dell'opportunità di presentare i contenuti e le caratteristiche della formazione esterna, in
vista di possibili ulteriori collaborazioni tra la struttura formativa e i tutor aziendali che
partecipano all'iniziativa.
A titolo esemplificativo, qui di seguito viene presentata un'ipotesi di azione formativa di 8 ore
che, partendo dall'esigenza di corrispondere alle finalità previste dalla normativa, si pone nella
logica di stabilire possibili "aperture" per un successivo investimento nello sviluppo delle
competenze dei tutor aziendali. D'altra parte, le opportunità di formazione dei tutor aziendali
sono un tassello del più complesso sistema di relazioni tra gli attori che concorrono a
qualificare le azioni di apprendistato (istituzioni, parti sociali, imprese, agenzie formative).
Ogni concreta iniziativa formativa deve essere coerente con le opportunità al momento
presenti in uno specifico settore e/o territorio, senza tuttavia perdere di vista una prospettiva
strategica di medio periodo, orientata al continuo miglioramento della capacità di
collaborazione tra imprese e strutture formative nella gestione di percorsi di apprendimento in
alternanza.
4
Cfr. art.3 del DM del 28 febbraio 2000
61
Esemplificazione di azione formativa per i tutor aziendali della durata di 8 ore
Il contesto istituzionale e Le nuove caratteristiche che regolano l’Istituto Comunicazione e discussione con i partecipanti, 1 ora
normativo di riferimento dell’Apprendistato. a partire dai dubbi e dai problemi che incontrano
La normativa di riferimento e il ruolo degli nella loro esperienza
attori coinvolti: apprendista, impresa, tutor
aziendale, agenzia formativa.
Il processo di inserimento Dalla teoria alla pratica: chi sono i nostri Brainstorming e discussione in gruppo 2 ore
dei giovani apprendisti apprendisti?
all'interno dell'impresa. Le caratteristiche degli apprendisti e le loro
ripercussioni sui processi di inserimento e
apprendimento all'interno dell'impresa.
62
Unità di lavoro Contenuti Metodologie didattiche Durata
Il ruolo del tutor aziendale Compiti del tutor aziendale a supporto del Lavoro in sottogruppi per favorire la capacità 2 ore
nei processi di inserimento percorso di inserimento e apprendimento degli dei partecipanti a rappresentarsi e definire il
e apprendimento in apprendisti (accoglienza, coaching, valutazione proprio ruolo di tutor aziendale.
impresa in itinere e finale).
Definizione di un profilo di ruolo e delle Presentazione e discussione dei lavori di
condizioni che possono facilitarne l'esercizio gruppo: sintesi del profilo del tutor aziendale e
all'interno delle imprese. confronto con i partecipanti sulle condizioni per
una sua effettiva praticabilità all'interno delle
loro situazioni di lavoro
Il ruolo del tutor aziendale Gli obiettivi e le caratteristiche della formazione Presentazione e discussione di prototipi di 1,5 ore
nella relazione con esterna. percorsi modulari per la formazione esterna e di
l'agenzia formativa Le condizioni per una positiva collaborazione strumenti di lavoro che possono agevolare il
tra impresa e agenzia formativa. raccordo operativo tra tutor aziendale ed agenzia
La definizione di piani formativi integrati per gli formativa
apprendisti.
Le modalità e gli strumenti per favorire la
collaborazione tra tutor aziendale e struttura
formativa.
Conclusione dell'attività Verifica dei risultati acquisiti e dei problemi Giro di tavolo e discussione conclusiva con i 0,5 ore
formativa aperti. partecipanti
Definizione di possibili modalità con cui
proseguire un rapporto di efficace
collaborazione tra tutor aziendali e agenzie
formative.
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