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ARS n. 100 Novembre/Dicembre 2004

AMBIENTE E GLOBALIZZAZIONE

IL CASO MUCCA PAZZA: ESEMPIO DELLA COMPLESSIT DEL SISTEMA AGRO-ALIMENTARE MODERNO

Tiziano Gomiero

Introduzione Lolio di palma della Malesia, la lotta allobesit e alle malattie cardio-circolatorie, il miglioramento dellefficienza energetica, possono avere collegamenti con la filiera del sistema agroindustriale e la mucca pazza? A prima vista questi argomenti possono sembrare poco attinenti luno allaltro. In questo intervento si cercher di mostrare che non cos. Ma che, anzi, vi sono delle strette e complesse relazioni che concorrono a strutturare il sistema agroindustriale e agroalimentare globalizzato moderno. Qualche anno fa lepidemia di Encefalite Spongiforme Bovina (Bovine Spongiform Encephalitis, BSE in inglese), meglio conosciuta come mucca pazza, ha portato, in modo assai drammatico, la societ a riflettere sulla qualit dei processi produttivi del sistema agroindustriale moderno. Il problema stato spesso identificato in responsabilit precise: il cannibalismo bovino, la mancata adozione di misure di precauzione da parte delle istituzioni (lo scandalo BSE), il cambio delle pratiche di estrazione del grasso ecc. Raramente si tentata unanalisi pi approfondita. Il sistema agroalimentare (o agroindustriale) moderno tuttavia caratterizzato da unalta complessit. Ci che succede in un settore della societ si ripercuote negli altri, sia a livello locale che internazionale. Questo intervento non pretende di offrire unanalisi esaustiva del caso BSE. Intende invece usare il caso BSE per dimostrare che: 1) il sistema agro-alimentare (o agroConsulente ambientale, tiziano.gomiero@libero.it

industriale) caratterizzato da unalta complessit (ci che succede in un settore della societ si ripercuote negli altri, sia a livello locale che internazionale); 2) necessario un approccio multicriteriale al sistema agro-industriale moderno; 3) altrettanto necessario un approccio precauzionale che si sviluppi tenendo in conto tale complessit. Cos la BSE LEncefalite Spongiforme Bovina (Bovine Spongiform Encephalitis, BSE in inglese), una malattia degenerativa del tessuto nervoso che fu diagnosticata ufficialmente nei bovini britannici nel 1987. Si sospetta per che il Ministero dellAgricoltura, Alimentazione e Pesca (MAFF) britannico, ne fosse informato anche prima ma abbia taciuto le informazioni al pubblico (Lacey, 1995; Shaoul, 1996; 1997b). La malattia caratterizzata da unincubazione di alcuni anni e da un decorso drammatico che, attraverso la progressiva distruzione del tessuto nervoso spinale e celebrale, porta alla morte degli animali che ne sono colpiti. Attraverso il consumo della carne bovina (del tessuto nervoso in particolare) la BSE si trasmette alluomo, provocando ancora la degenerazione del tessuto nervoso. Nelluomo la malattia, ancora di lunga incubazione (anche una decina di anni o pi), nota come morbo di Creutzfeldt-Jakob. Il decorso altrettanto drammatico e porta alla morte delle persone colpite (Prusiner, 1996; The BSE Inquiry, 2000; Eigen, 2001; Parchi, 2001). La trasmissibilit della BSE dai bovini alluomo venne comunicata ufficial-

mente dal governo britannico nel 1996 (Shaoul, 1996; 1997b; The BSE Inquiry, 2000). Gli specialisti ritengono che le cause della BSE siano da attribuire alla presenza di un prione patogeno (una proteina), che si differenzia dal prione normale per una diversa struttura spaziale (nel modo in cui la catena degli amminoacidi si avvolge nello spazio). Tale diversa struttura lo renderebbe patogeno, mettendolo in grado di reagire col tessuto nervoso dellanimale infetto e quindi di distruggerlo a poco a poco (Prusiner, 1996; The BSE Inquiry, 2000; Eigen, 2001; Parchi, 2001). Recentemente Prusiner (uno dei maggiori esperti in materia) ha ipotizzato che vi sia anche unaltra proteina coinvolta nella patologia (Parchi, 2001), anche se la questione non ancora stata sufficientemente chiarita (Edsker e Wicker, 2004). Origine e diffusione del contagio Sullorigine della BSE si sono fatte varie ipotesi; riassumeremo brevemente le pi accreditate (Prusiner, 1996; Rhodes, 1997; The BSE Inquiry, 2000; Eigen, 2001; Parchi, 2001; Brown, 2004): 1) BSE come variante della scrapie nei bovini: La scrapie unaltra malattia degenerativa del tessuto nervoso che colpisce per gli ovini (le pecore). La malattia si sarebbe trasmessa ai bovini a causa delluso delle frattaglie e delle ossa di ovini infetti nelle farine per la nutrizione bovina. Va evidenziato come fosse ufficialmente noto, fin dal 1939, che la scrapie fosse una malattia trasmissibile a specie diverse (Royal Society of Chemistry, 1996); 2) mutazione puntuale del prione in un

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bovino, il prione patogeno si sarebbe quindi propagato ancora attraverso il riciclo dei suoi resti nelle farine animali (ipotesi ritenuta molto improbabile da alcuni autori, p.es. Brown, 2004). Vi sono tuttavia anche altre ipotesi di maggior complessit. Alcuni autori ipotizzano, ad esempio, che vi siano delle relazioni tra la BSE e luso di pesticidi. Essi rilevano una serie di coincidenze tra lepidemia di BSE in alcune zone della Gran Bretagna, e la precedente infestazione di parassiti che colp gli ovini nelle stesse zone alcuni anni prima, per debellare la quale si ricorse ad un uso intenso di pesticidi (fosforganici). Dato che le frattaglie degli ovini erano riciclate nelle farine per lalimentazione bovina, la concentrazione di pesticidi nei bovini sarebbe stata tale da interferire con il normale funzionamento dei prioni, alterandone la struttura. Per un completo resoconto sulle varie ipotesi si veda The BSE Inquiry, (2000). Per lipotesi fosforganici si veda il sito del dottor Purdey <http://www.purdeyenvironment.com/i ndex.htm> Riassumendo: linsorgenza della BSE si imputa alla modificazione della struttura dei prioni e la trasmissione della malattia sembra essere dovuta alluso di farine alimentari di derivazione animale (ovini e bovini) nella nutrizione bovina. Si discusso per qualche tempo se la responsabilit ultima fosse in qualche modo imputabile alle nuove tecniche di produzione dei mangimi che, operando a temperature pi basse, non sarebbero pi state in grado di distruggere i prioni mutati. Questa tesi stata per smentita da varie considerazioni (The BSE Inquiry, 2000), che saranno analizzate in seguito. Oltre le farine: la necessit di un approccio complesso Spesso, in particolare in Italia, la lettura del caso BSE si ferma qua. Riteniamo che letture semplicistiche di un problema cos complesso siano fuorvianti, perch limitano la comprensione della complessa natura del sistema agroalimentare moderno. Il caso BSE offre uninteressante opportunit per esplorare questa complessit, e nelle sezioni seguenti cercheremo di offrire un quadro pi ampio dellindustria dellallevamento e del riciclo. Il sistema agroalimentare, o agroindustriale, , da tempo, un sistema molto dinamico e globalizzato. Con lespansione dei mercati, lo sviluppo tecnologico, lentrata in gioco di grosse multinazionali, letture locali o a breve scala temporale non sono sufficienti a disegnarne i quadri (a volte, dato il livello di complessit, non addirittura possibile stabilire con precisione le adeguate relazioni). Nelle prossime sezioni analizzeremo la questione BSE come un caso che pu aiutarci a comprendere le complesse relazioni che caratterizzano il sistema agro-industriale. Serie ed efficaci politiche di sviluppo in questo campo dovrebbero riservare una speciale attenzione al problema complessit. La BSE, lindustria del riciclo, i solventi e il costo dellenergia Nei primi anni 90, unipotesi per spiegare lepidemia individuava le cause nei cambiamenti dei processi di estrazione del grasso dalle carcasse (rendering process), in particolare la sostituzione dei solventi usati per lemulsione del grasso, che avrebbe permesso la diffusione del prione nella sua forma patologica (i prioni sono proteine normalmente presenti negli animali), tra i bovini e da questi alluomo (p.es. Carr, 1996; Brown et al., 2001; Brown, 2004). Carr (1996) ad esempio, sulla rivista Nature scrive che: ... solo i solventi o il riscaldamento estremo possono ridurre linfettivit..., (si parla di ridurre non eliminare). Questa ipotesi stata tuttavia smentita da una serie di esperimenti (The BSE Inquiry, 2000). Brown (2004), pur riconoscendo i risultati sperimentali, tuttavia suggerisce che potrebbe trattarsi di una combinazione di situazioni che come tale non stata riconosciuta dagli esperimenti specifici su singole situazioni. Cambio della tecnologia del riciclo Verso la fine degli anni 60 per lestrazione del grasso dalle carcasse, dopo la macellazione, si cominciarono a impiegare i solventi, metodo che divenne presto lo standard per lestrazione del grasso (Sheoul, 1996; 1997a; 1997b; The BSE Inquiry, 2000; Brown, 2004). Questo metodo risultava molto pi efficiente e veloce del precedente, anche se richiedeva un notevole dispendio di energia. Il processo consisteva nel pompare dei solventi a base di benzene, sintetizzati a partire dal petrolio quindi, nei contenitori delle carcasse previamente riscaldati, cos da far dissolvere il grasso nel solvente. Il grasso era, quindi, separato dalla poltiglia riscaldando ulteriormente il tutto, cos da estrarre il solvente mediante vaporizzazione (The BSE Inquiry, 2000). Il metodo operava ad una temperatura di 130 C, alla pressione di tre atmosfere (The BSE Inquiry, 2000). In realt i controlli da parte delle autorit competenti alla supervisione dei macelli e delle industrie di trasformazione erano quasi ine-

55 sistenti, e questo si protratto fino ai giorni nostri, quindi non vi sono certezze che tali indicazioni fossero seguite dalle industrie di trasformazione (Sheoul, 1998). (Sullo stato di funzionamento dei macelli negli USA si veda, ad esempio, Rifkin, 2001). Alcune fonti assicurano invece che le temperature di esercizio effettive erano spesso inferiori a quelle di esercizio stabilite, per risparmiare sui costi di gestione (Sheoul, 1996; 1997a; 1997b; 1998). Le ragioni che portarono alla sostituzione dei solventi Luso dei solventi combinato con lalta temperatura fu sospeso verso la fine degli anni 70 e linizio degli anni 80, nellambito di politiche agroindustriali volte al taglio dei costi di produzione dellestrazione del grasso (Sheoul, 1996; 1997a, 1997b). Labbattimento dei costi di produzione si stava allo stesso tempo praticando negli allevamenti. Qui venivano portati alle estreme conseguenze le pratiche di allevamento intensivo atte a massimizzare la produttivit: uso intensivo di ormoni comprati al mercato nero, antibiotici, farine animali ad alto contenuto proteico ecc. (Jailette, 2001). Le direttive del governo britannico per lindustria dellestrazione del grasso, lanciate nel 1977 (direttiva citata in Sheoul, 1997a) raccomandavano: i) di regolare la temperatura per evitare sovrariscaldamento dei materiali animali; ii) di ridurre i rischi di emissione di cattivi odori; iii) di adottare nuovi impianti che potessero operare a temperature pi basse. A met degli anni 70, il prezzo del petrolio era salito alle stelle (con la sopravvenuta crisi petrolifera mondiale), e in tutti i paesi industriali si attuarono politiche di risparmio energetico in tutti i settori produttivi. Date le caratteristiche dellindustria di estrazione del grasso, sotto il profilo energetico, queste risultavano altamente inefficienti e lattivit risent quindi fortemente dellaumento del prezzo del petrolio. I solventi erano basati sul benzene e sintetizzati a partire dal petrolio, alla fine del processo inoltre dovevano essere estratti dalla poltiglia mediante vaporizzazione, altra spesa energetica. Leliminazione dei solventi e labbassamento della temperatura a cui avveniva lestrazione del grasso erano unottima opzione per ridurre le perdite e far fronte alla crisi. Le direttive del governo conservatore in tal senso non erano uniniziativa completamente autonoma, piuttosto una soluzione nata da un accordo congiunto governo

56 - industrie dellagribusiness britannico, sotto la pressione di queste ultime (Sheoul, 1996; 1997a; 1997b). Tali corporation costituivano, e costituiscono tuttora, una sorta di oligopolio dove poche grandi aziende controllano la quasi totalit del sistema agroalimentare: industrie di trasformazione, distribuzione e vendita (catene di supermercati). Ai produttori quindi non resta che adeguarsi alle politiche produttive dettate di volta in volta dalle grandi corporation (Sheoul, 1996; 1997a; 1997b). Vi sono naturalmente anche altre ragioni quali il rischio di incendi e esplosioni (nelle quali alcune persone persero la vita), e la salvaguardia della salute dei lavoratori (The BSE Inquiry, 2000). Tali ragioni tuttavia rimangono marginali e da sole non avrebbero certo indotto il cambio del sistema produttivo (Sheoul, 1996; 1997a; 1998). In conclusione possiamo dire che leliminazione dei solventi va imputata, innanzitutto, ai tagli dei costi di produzione, e alle politiche volte al risparmio energetico. Ma anche questa solo una parte della storia. Prima di analizzare il problema da altri punti di vista, desideriamo per vedere se luso dei solventi avrebbe potuto impedire il diffondersi della BSE. Luso dei solventi avrebbe potuto impedire il diffondersi della BSE? Alla fine degli anni 70, lestrazione basata sui solventi fu sostituita con metodi basati sul semplice riscaldamento a basse temperature (80 C) e pressatura. Alladozione di questo procedimento sarebbe da imputare quindi, secondo alcuni autori, la diffusione dei prioni patogeni e la seguente epidemia bovina e la trasmissione alluomo. Fino allinizio degli anni 90, lipotesi secondo cui i solventi potevano giocare un ruolo nelleliminazione dei prioni patogeni dai residui animali non era stata testata. Gi allepoca comunque non esisteva alcuna evidenza di metodi capaci di eliminare i prioni patogeni (Lacey, 1995; Taylor et al., 1995; Shaoul, 1997b; 1996; The BSE Inquiry, 2000; The Institute of Food Science & Technology, 2000). Una serie di lavori sperimentali, divenuti di riferimento, di un gruppo di ricerca dellUnit di Neuropatologia dellUniversit di Edimburgo (UK), concluse che il cambio del processo di estrazione non poteva avere alcun effetto specifico nella trasmissione dellagente prionico (Taylor et al., 1995; The BSE Inquiry, 2000). Infine, nella relazione ufficiale del governo britannico sul caso BSE, The BSE Inquiry: The Report (pubblicato nel 2000 e disponibile in internet), dopo la revisione

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delle conoscenze in proposito, si afferma che la teoria secondo la quale la BSE il risultato del cambio del metodo di estrazione del grasso non ha alcuna validit. Nel rapporto dellIstituto di Scienza e Tecnologia Alimentare britannico (The Institute of Food Science & Technology, 2000), il comitato scientifico veterinario indica che una procedura a +133 C, ad una pressione di 3 atmosfere per 20 minuti, incapace di garantire la rimozione completa dellagente prionico in materiale ad alta infettivit, e che lunico trattamento chimico che sembra essere efficace luso di ipoclorito di sodio (a una concentrazione di 20.000 parti per milione), per unora. In un altro rapporto ufficiale britannico The Origin of BSE in the UK redatto su incarico del Ministero dellAgricoltura, Pesca e Alimentazione (MAFF) e reso pubblico il 5 luglio 2001, si fa notare che, in molti casi, la sostituzione dei solventi avvenne gi allinizio degli anni 70 e che, quindi, se la BSE fosse dovuta alla sostituzione dei solventi, casi di BSE avrebbero dovuto comparire ben prima dei primi riscontrati in realt (The BSE Inquiry, 2000). Il rapporto conclude che in ogni caso il tasso di diluizione potrebbe essere al massimo solo di 1/10, comunque inadeguato ad inattivare il prione patologico ed a bloccare il diffondersi della BSE. In conclusione i solventi non avrebbero, comunque, consentito di eliminare i prioni patogeni e bloccare lepidemia. Come si innesca liperciclo cannibalistico? Abbiamo visto che il problema energetico fu alla base del cambio di tecnologia di estrazione del grasso. Ma cosa port ad usare il grasso e i prodotti del riciclo bovino nelle farine animali? E, quindi, come pot la produzione e limpiego di farine animali (bovine) raggiungere le dimensioni di una vera e propria industria a livello europeo? Per comprendere questa situazione dobbiamo considerare leffetto sinergico di forze alquanto diverse (come abbiamo premesso il sistema agro-industriale altamente complesso). Come fu possibile che le vacche diventassero alimento per le vacche stesse, come si fin nelliperciclo cannibalistico? Un iperciclo un legame ciclico fra cicli autoreplicanti (Eigen, 1986, p. 206). Un sistema quindi che si stabilizza con dei meccanismi - cicli di retroazione (feedback), mediante i quali i segnali in uscita fanno ritorno al sistema stesso e sono quindi ulteriormente amplificati. Il termine stato introdotto da Manfred Eigen (Eigen e Schuster, 1979) e forse in questo caso usato in maniera forzata rispetto al significato originale. Riteniamo tuttavia che, in qualche modo, questa idea possa essere utile nel rappresentare il complesso evolversi del caso BSE: una serie di sistemi che interagiscono tra loro rinforzandosi a vicenda e amplificandone allestremo uno in particolare, lalimentazione bovina. Quanto segue vuole dare al lettore unidea delle complesse relazioni che lindustria del riciclo ha con gli altri settori della societ, e la storia delle sue relazioni, con il mercato internazionale del grasso, ha con lallevamento e con la salute pubblica. Il grasso animale e lindustria del riciclo Che fine fanno i bovini una volta abbattuti? Come sono lavorati e che ne dei residui? Come funziona lindustria del riciclo insomma? Che importanza riveste il riciclo nel contesto agro-industriale? Queste sono domande cruciali per capire come funziona il sistema. Domande che, tuttavia, pochi si pongono data la lontananza della bistecca, che troviamo nel piatto, dalla mucca che la origina e dal sistema che la produce. Innanzi tutto va detto che solo poco pi della met di un manzo macellato viene effettivamente usato direttamente come carne per il consumo umano o animale (Rifkin, 2001; Watkins, 2001). Il resto entra nellindustria del riciclo. Lindustria del riciclo di fondamentale importanza per lindustria dellallevamento. Una vera e propria chiave di volta. I proventi del riciclo forniscono agli allevatori quel margine di guadagno aggiuntivo che permette loro di rimanere sul mercato e in vita. Se il loro reddito dovesse dipendere solo dalla carne venduta ai consumatori lattivit non sarebbe sostenibile (Sheoul, 1996; 1997a). Questo nonostante lelevato prezzo al consumo della carne in Europa (mercato chiuso allimportazione), e il sistema di sussidi governativi (diretti, es. premi di produzione e indiretti, es. alleggerimento fiscale) volti ad assicurare agli allevatori un reddito socialmente accettabile. Senza tali aiuti lindustria dellallevamento sia in Gran Bretagna che negli altri paesi della comunit europea (e anche negli USA), risulterebbe economicamente unimpresa disperata. Va fatto notare che lo stesso vale per tutto il comparto agro-alimentare. Come fa notare la Sheoul: il mercato degli alimenti , come quello dei medicinali, fuori dal mercato! (Sheoul, 1996; 1997a; Grant; 1997; Myers and Kent, 2001; PyeSmith, 2002 ). E tutto ci senza contare il costo dellimpatto ambientale che

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ne deriva (si veda per esempio il lavoro sui costi dellagricoltura in UK di Pretty, et al., 2000). Ma a che serve il grasso che si estrae dalle carcasse (il tallow (1))? Questo grasso trova una variet di impieghi che vanno dagli usi alimentari (per luomo e gli animali), ai saponi e alle creme di bellezze, dalle candele, fino ad essere incluso nei copertoni delle auto. Le differenti destinazioni dipendono dallo standard di purezza e di estrazione e questi a loro volta dai prezzi di mercato del grasso (Watkins, 2001). Va ancora fatto notare che il grasso per uso alimentare si estrae ad alte temperature ed controllato prima di essere immesso sul mercato. Il grasso per usi non alimentari invece di qualit inferiore e si estrae a temperature pi basse. La temperatura di estrazione gioca un ruolo importante sui costi di produzione e quindi sul prezzo finale del prodotto (Watkins, 2001). Il crollo del mercato del grasso e la BSE Nel 1976 i grassi provenienti dalle vacche costituivano circa il 12,4% della produzione annuale globale dei grassi e degli oli. Nel 1999 la percentuale scese al 7,7% con una perdita quindi di circa il 40% del mercato (Watkins, 2001). Un mercato, che dobbiamo ricordare, sempre al limite della sopravvivenza. La drammatica perdita di mercato dei grassi animali a livello globale, iniziata a met degli anni 70, ebbe un impatto enorme sullindustria del grasso animale che, ricordiamo, gi soffriva per laumento dei costi di produzione. Le cause di questo crollo del mercato sono molteplici ma agirono in sincronia portando a mutamenti fondamentali nellindustria agroalimentare del grasso. - Limpiego degli oli provenienti dai paesi tropicali (effetti della globalizzazione) I grassi animali soffrirono la concorrenza di quelli vegetali come lolio di soia e di palma (con il quale si fabbrica il sapone liquido), molto pi economici perch provenienti dalle piantagioni dei paesi tropicali, per esempio il Brasile per la soia, e il Sud Est asiatico, Malesia e Indonesia in particolare per lolio di palma e altre sostanze oleose (Gunstone, 2001). In questi paesi, dove il costo della manodopera e della terra irrisorio, comparato ai paesi sviluppati, le foreste vengono rapidamente convertite in piantagioni di palma, soia, cassava (detta anche manioca, un tubero che rappresenta la base alimentare per i maiali europei e di cui la Tailandia il fornitore principale), per fornire sostanze oleose e farine a basso prezzo ai mercati dei paesi sviluppati. Questo, in comune accordo tra multinazionali, attirate dagli alti margini di profitto, governi locali, desiderosi di trasformare velocemente le loro risorse in dollari sonanti e investirli in sviluppo (anche se a volte solo in quello del proprio conto in banca), e agenzie per lo sviluppo, come la Banca Mondiale, e il Fondo Monetario Internazionale, interessate a farsi rimborsare quanto pi velocemente possibile, e con i dovuti interessi, i loro prestiti per lo sviluppo. - La guerra al colesterolo nei paesi sviluppati Verso la fine degli anni 70, le autorit sanitarie dei paesi sviluppati, preoccupate per il progressivo diffondersi di malattie dellapparato circolatorio, promossero forti campagne di educazione alimentare (la famosa lotta al colesterolo) per indurre la popolazione a modificare le abitudini alimentari; in particolare a limitare lassunzione di grassi animali (grassi saturi), per sostituirli con gli oli vegetali (grassi insaturi). Dalla met degli anni 80, anche lindustria del fast food ha smesso usare il grasso animale come olio da frittura sostituendolo con i pi salutari oli vegetali (che, anche se a volte, comunque, tanto salutari non sono, sono certamente pi economici) (Watkins, 2001). - Richiesta di farine animali negli allevamenti I mangimi di origine animale erano in uso da tempo, ma erano derivati, principalmente, da scarti ovini. Il grasso bovino, infatti, risultava pi remunerativo per altri impieghi: per luso alimentare ed industriale (The BSE Inquiry, 2000). Verso la fine degli anni 70 cominciarono ad aumentare le richieste di mangimi ad alto contenuto di proteine e grassi animali da parte produttori e quindi dei mangimifici (Lacey, 1995; Sheoul, 1996; 1997a; 1998; Royal Society of Chemistry, 1996; The BSE Inquiry, 2000 - in particolare il Volume 1, punto 138: http://www.bse.org.uk/report/ volume1/chapte24.htm). Questo sia per il collasso degli stock di pesce marino (p.es. lAnchoveta peruviana), che costituiva da sempre la base principale delle farine animali, sia per la spinta produttiva impressa al comparto agricolo, con la quale si voleva la massimizzazione della produzione e che richiedeva alimenti a resa sempre maggiore. Una spinta pianificata dalle

57 politiche agricole comunitarie che si tradusse, da un lato, in un aumento dei sussidi pubblici allagricoltura e, dallaltro, nel crollo dei prezzi al produttore e nella distruzione delle eccedenze (come prodotti collaterali di tale politica produttiva possiamo elencare la contaminazione delle falde idriche da nitrati e pesticidi, linquinamento degli alimenti, il dissesto del territorio). Luso del grasso animale nelle farine una maniera efficiente di aumentare le rese di allevamento. Si visto, infatti, che un aumento di grassi animali dal 2% al 5% nelle farine porta ad una maggiore velocit dingrasso e riduzione del tempo di macellazione degli animali (Watkins, 2001). Negli Stati Uniti, ad esempio, dal 1986 al 2000 luso di grassi animali nelle farine alimentari aumentato del 25% (Watkins, 2001). Crisi di domanda per il grasso, le farine come nuova nicchia di mercato: si innesca liperciclo Sul finire degli anni 70, lindustria del grasso si trov quindi di fronte a una drammatica crisi di domanda, mentre costi di gestione aumentavano con laumentare del prezzo dellenergia (i lavoratori del settore sono in tutto il mondo sottopagati e costretti a lavorare spesso in condizioni durissime, sia per i ritmi di macellazione - una carcassa ogni due minuti - che per le condizioni dellambiente di lavoro, Sheoul, 1998, 1997a, 1996; Rifkin, 2001). Dagli anni 60 si assistito allinnescarsi di un effetto di portata mondiale: gli agricoltori e le industrie agroalimentari lavoravano per aumentare il pi possibile la velocit dingrasso dei manzi e la produzione di latte delle vacche. Questo si tradusse nella richiesta di alimenti a sempre pi elevato potere nutrizionale ed energetico e di sostanze atte ad incrementare lassimilazione del cibo (p.es. ormoni), ed a prevenire il diffondersi delle malattie negli allevamenti (p.es. antibiotici, che servono anche il punto precedente). Dove trovare alimenti sufficientemente nutritivi per queste nuove esigenze produttive? Le farine animali si rivelarono il nuovo affare per i mangimifici e gli allevatori. Le farine animali non erano una novit, da decenni si usavano le farine di pesce e in minor misura carcasse riciclate. Luso del grasso, prodotto dallindustria del riciclo, per le farine permise a questa di trovare nuovi sbocchi per il proprio prodotto, che il mercato usuale domandava in misura sempre minore. A questo si aggiungeva che le nuove farine, arricchite di concentrati animali, risultavano molto pi nutrienti per i manzi e ne aumentavano la velocit di ingras-

58 so. Le vacche arrivarono cosi ad essere il cibo di se stesse; il sistema produttivo entr in un circolo vizioso che si autoaliment fino a scoppiare. Lo scandalo BSE: precauzione e presunzioni A dire il vero, a qualcuno non era sfuggito che questa situazione avrebbe potuto creare qualche problema. La Royal Commission on Environmental Pollution, gi nel 1979 metteva in guardia sui pericoli del processo di riciclo degli animali: Il problema maggiore di questo processo di riciclo il rischio di diffondere malattie contagiose negli allevamenti e quindi nelle persone. (citato in Sheoul, 1997a, traduzione dellautore). La Royal Society of Chemistry (1996), dichiara che questo risultato poteva essere previsto, visto quanto era successo negli anni 40, quando si ebbe una grande epidemia di scrapie (la forma di encefalite che colpisce gli ovini) quando si usarono i resti di pecore come alimento per le pecore stesse. In quel caso si scopr anche che nemmeno la formaldeide era capace di inattivare lagente della scrapie. Il processo di riciclo degli animali come cibo di s stessi fu bandito nel 1988 - 89 dopo lepidemia di BSE nei bovini anche se le evidenze scientifiche per un approccio precauzionale erano disponibili da parecchio tempo. Dagli anni cinquanta, si sapeva che una malattia endemica in una trib della Papua Nuova Guinea, il kuru (dai tratti simili alla scrapie), si trasmetteva nelle persone, dai morti ai vivi grazie a pratiche cannibalistiche. Pratiche in cui i parenti del defunto ne assimilavano lo spirito e sopratutto le carni. In ambienti dove le proteine sono difficili da trovare il cannibalismo una pratica piuttosto comune (Harris, 1990). Gajdusek vinse il Nobel per la medicina nel 1976 per aver dimostrato che sia il kuru (da lui stesso descritto) che la malattia di Creutzfeldt-Jakob (nota dal 1921) erano trasmissibili nelle scimmie (Parchi, 2001). In sintesi sia la scrapie, che il kuru, che il morbo di CreutzfeldtJakob che la BSE fanno parte delle malattie da prioni che si possono trasmettere da una specie allaltra. Questa caratteristica era conosciuta, da tempo, per le prime tre, ma nonostante la BSE mostrasse caratteristiche identiche, le autorit britanniche per decenni negarono questa possibilit. Studi recenti indicano che le proteine prioniche bovine e umane hanno strutture molto simili, e questo ne facilita il passaggio da una specie allaltra (Eigen, 2001). Nonostante queste conoscenze, il MAFF e i suoi esperti si ostinarono per

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dieci anni a negare levidenza. Nel 1988 il Comitato Southwood incaricato dal governo Tory di occuparsi della faccenda, dichiara impossibile che la malattia dei bovini nota come BSE, possa trasmettersi ad altre specie. Si arriva perfino al comico quando nel 1990 il ministro dellagricoltura John Gummer per calmare gli animi dei cittadini, cerca di far mangiare un hamburger alla figlia di fronte alle televisioni, fuori del parlamento. Per la cronaca, la figlia rifiut (una di quelle sconcertanti esibizioni attuate anche da alcuni personaggi italiani, ad esempio per reclamizzare la sicurezza degli organismi geneticamente modificati). Il dogma dellimpossibilit dur fino al marzo 1996 quando il governo annunci ufficialmente che la BSE trasmissibile alluomo (The BSE Inquiry, 2000). Scoppi lo scandalo BSE. Uno scandalo che bruci la credibilit sia della classe politica e delle istituzioni ufficiali britanniche, sia di alcuni scienziati-tecnici del governo colpevoli di aver coperto gli interessi politici e quelli delle lobby agroindustriali a spese della salute dei cittadini e dei consumatori (Nature, 1996; Sheoul, 1996; 1997a; 1998). Il riciclo del grasso per le farine animali da un lato, e gli abbattimenti dei costi di produzione (in particolare la temperatura di esercizio degli impianti) dallaltro hanno consentito di mantenere intatti o incrementare i profitti delle industrie. Va fatto notare che le grosse multinazionali agroalimentari controllano direttamente o indirettamente tutte le fasi della produzione: gli allevamenti, i macelli, le industrie di trasformazione e la vendita dei prodotti (Sheoul, 1996; 1997a). Ci significa che possono ottimizzare a loro vantaggio la filiera produttiva in tutti i suoi reparti. Alcuni autori (p.es. Lacey, 1995; Sheoul, 1996; 1997a; 1997b), sostengono che lepidemia si diffuse grazie alla politica di deregulation dellindustria alimentare promossa dal governo che incoraggi il profitto privato a spese della salute pubblica. Il famigerato prione potrebbe essere dunque solo una causa prossima di un disastro annunciato. Conclusione In questo intervento si cercato di porre in evidenza come molti fattori hanno concorso a creare il caso mucca pazza. In una societ sempre pi globalizzata e sempre pi complessa difficile individuare le relazioni che legano settori e paesi, tra loro apparentemente distanti. Adeguate analisi multicriterio sono perci necessarie al fine di meglio comprendere la struttura del sistema agroalimentare moderno. Allo stesso tempo anche necessario intraprendere un lavoro di prevenzione al fine di evitare che tragedie annunciate possano ripetersi. In questultimo decennio lagricoltura europea ha vissuto un periodo estremamente critico. Il comparto agricolo e i governi stessi sono stati investiti dal susseguirsi di scandali (BSE, polli alla diossina, uso di ormoni e antibiotici negli allevamenti, truffe alla comunit e ai consumatori), contestazioni pubbliche (contro gli OGM, per la difesa dellambiente e della salute) (De Marchi et al., 2001; Jailette, 2001), e da una serie di crisi economiche del settore (anche sotto la competizione di produzioni estere che potendo usufruire o di costi del lavoro molto pi bassi o di disponibilit di terra molto pi alte sono economicamente pi competitive). La portata della crisi pone problemi di credibilit istituzionale, scientifica e di governabilit (De Marchi et al., 2001). La situazione tale per cui sarebbe auspicabile lavorare per cercare di ridefinire il ruolo dellagricoltura e del sistema agroindustriale nella societ moderna, recuperando al contempo la fiducia tra le parti sociali. Lagricoltura deve quindi ripensare se stessa e rivedere la natura delle relazioni che la legano agli altri attori sociali, allambiente e agli ecosistemi, al processo di sviluppo e al futuro della societ stessa. Per far ci sono necessari un nuovo approccio allo studio dei sistemi agroindustriali, che tenga conto della loro complessa natura e nuovi strumenti di analisi che possano operare in maniera multicriteriale alla luce di tale complessit. Ringraziamenti Desidero ringraziare il dott. Mario Giampietro (Istituto Nazionale per la Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione di Roma) con cui ho avuto la fortuna, e il piacere, di lavorare in questi ultimi dieci anni, per gli insegnamenti e laiuto, e per avermi insegnato a non temere il confronto con i paradossi che la vita continuamente ci offre. Bibliografia La letteratura sulla BSE vastissima. Qui riportiamo solo alcune delle referenze e report ufficiali pi importanti e di facile accesso al lettore, un vasto assortimento di informazioni e referenze disponibile in internet, si veda per esempio al sito http://www.madcow.org.
Anon., 1996 Lessons from BSE for public confidence Nature, 380: 271

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Brown, P., 2004 Mad-Cow disease in cattle and human beings American Scientists, 92: 334-341 Brown, P., et al., 2001 Bovine Spongiform Encephalopathy and Variant Creutzfeldt-Jakob Disease: Background, Evolution, and Current Concerns Emerging infectious diseases, 7(1), Jan Feb, disponibile in internet al sito http://www.cdc.gov/ncidod/eid/vol7no1/bro wn.htm Carr, K., 1996 BSE: the questions that need answers Nature, 380: 273-274 De Marchi, B., Pellizoni, L., Ungaro, D., 2001 Il rischio ambientale Il Mulino, Bologna, 212 pp Edsker, H.K., e Wicker, 2004 Prion proof in progress Nature, 430: 977-979 Eigen, M., 2001 La BSE e il problema dei prioni Le Scienze, 393 (maggio), pp. 40-49 Eigen, M., 1986 Il gioco: le leggi naturali che governano il caso Adelphi, Milano, 332 pp. Eigen, M., e Schuster, P., 1979 The hypercycle: A principle of natural self-organization Springer, Berlin, 92 pp. Grant, W., 1997 The Common Agricultural Policy St. Martins Press, New York, 244 pp Gunstone, F., 2001 Palm oil supplying much of the world demand for fats and oils INFORM, (Febbraio)12: 141-146 Harris, M., 1990 Buono da mangiare: Enigmi del gusto e consuetudini alimentari Enaudi, Torino, 251 pp Jailette J-C., 2001 Il cibo impazzito - il caso europeo della contraffazione alimentare Feltrinelli, Milano, 152 pp Lacey, R., 1995 Mad cows disease: The history of BSE in Britain Cypsela Publication, Jersey Lledo, P-M., 2001 Malati di cibo Raffaello Cortina editore Masood, E., 1996 Mad cow scare threatens political link between food and agriculture Nature, 380: 273-274 Myers, N., e Kent, J., 2001 Perverse subsidies: how misused tax dollars harm the environment and the economy Island Press, Washington, D.C., 240 pp Nature, 1996 Lessons from BSE for public confidence Nature, 380:271 Parchi, P., 2001 Le malattie da prioni nelluomo Le Scienze, maggio, pp. 50-57 Pretty, J.N., Brett, C., Gee, D., Hine, R.E., Mason, C.F., Mirison, J.I.L., Raven, H, Rayment, M.D., van der Bijl, G., 2000 An assessment of the total external costs of UK agriculture Agricultural Systems, 65 (2): 113-136 Pye-Smith, C., 2002 The subsidy scandal: how your government wastes your money to wreck your environment Earthscan Publications, London, 250 pp Prusiner, S.B., 1996 Le malattie da prioni Le Scienze, 319 (marzo): 22-30 Rhodes, R., 1997 Morbo fatale Mondadori, Milano Rifkin, J., 2001 Ecocidio: Ascesa e caduta della cultura della carne Mondadori, Milano (orig. 1992) Royal Society of Chemistry, 1996 BSE: The role of infectious chemical Il documento disponibile in internet al sito http://www.chemsoc.org/chembytes/ezine/ 1996/bse.htm, e al sito http://www.royalsoc.ac.uk/files/statfiles/document-88.pdf Sheoul, J., 1998 BSE: for services rendered? Health & Hygiene, 19: 4-10 Shaoul, J., 1997a BSE/nvCJDS: For service rendered The drive for profit in the meat industry The Ecologist, vol. 27, n. 5 Shaoul, J., 1997b Rendering An Account For BSE? Paper For the Interdisciplinary Perspectives on Accounting Conference at University of Manchester. Disponibile in internet al sito http://les.man.ac.uk/ipa97/papers/ shaou110.txt (i lettori interessati possono visitare anche il sito http://les1.man.ac.uk/ accounting/personal/shaoul.html) Shaoul, J., 1996 BSE: For services rendered? The drive for profit in the meat industry A Public Interest Report, 67 pp. plus annexes. (versione completa dello studio che in forma di riassunto stato pubblicato

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su The Ecologist, copie possono essere richieste allautrice) Taylor, D., Woodgate, S.L., Atkinson, M.J., 1995 Inactivation of bovine spongiform encephalophaty agent by rendering procedures Veterinary Record, 9 December, pp. 605608 (labstract disponibile in internet al sito http://neon.airtime.co.uk/bse/scij.htm) The BSE Inquiry: The Report. 2000 The Inquiry into BSE and variant CJD in the United Kingdom Disponibile al sito http://www.bse.org.uk/ report/index.htm (in particolare sui solventi vedere il volume 1 del report al sito http://www.bse.org.uk/report/volume1/exe csum4.htm#669611) The HM government, in consultation with the devolved administrations, 2001a The interim response to the report of the BSE Inquiry Disponibile in internet al sito http://www.defra.gov.uk/animalh/bse/gene ral/Inquiry.pdf The HM government, in consultation with the devolved administrations, 2001b Response to the report of the BSE Inquiry Disponibile in internet al sito http://www.defra.gov.uk/animalh/bse/gene ral/response.pdf The Horn Report, 2001 The Origin of BSE in the UK UK Ministry of Agriculture, Fisheries and Food, rilasciato in data 25 luglio 2001 e disponibile in internet ai siti: http://www.defra.gov.uk/animalh/bse/bseorigin.pdf o anche al sito http://neon.airtime.co.uk/bse/hypoth.htm#That BSE The Institute of Food Science & Technology (UK), 2000 Bovine Spongiform Encephalopathy (Bse) and Variant Creutzfeldt-Jakob Disease (Vcjd) in Humans Disponibile in internet al sito http:// www.ifst.org/hottop5.htm Watkins, C., 2001 Tallow INFORM, (International News on Fats, Oils and Related Materials) vol. 12, June, pp. 580-588 Note
(1)

Si definisce come tallow il grasso che si estrae dalle masse adipose dei tessuti dei ruminanti, principalmente bovini, dai muscoli dello scheletro e da altre parti di scarto incluse le ossa, mediante pressatura o altro sistema di estrazione (The Institute of Food Science & Technology, 2000).

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