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La prima legge intervenuta a regolare lo smaltimento dei rifiuti in Italia, risale allanno 1934, anno in cui, con il R.d.

n. 1265, fu approvato il testo unico delle leggi sanitarie. Esso attribuiva ai Comuni il compito di disciplinare lo smaltimento dei rifiuti mediante i regolamenti locali di igiene. Pochi anni dopo, la l. n. 366 del 1941 intervenne a regolare la raccolta, il trasporto, e lo smaltimento dei rifiuti solidi di origine urbana, istituendo per i Comuni il diritto di privativa nel servizio pu bblico di nettezza urbana e prevedendo la possibilit di estendere tale servizio anche ai rifiuti industriali, lasciando comunque gli stabilimenti industriali liberi di avvalersi del servizio municipale o di provvedere allo smaltimento privatamente. In realt, tale legge, che non fu mai attuata completamente, va collocata nellambito dei provvedimenti di politica economica autarchica adottati dal

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governo dellepoca. Lobiettivo principale non era leliminazione dei rifiuti urbani, bens leliminazione o il contenimento degli sprechi di materie prime recuperabili, reso necessario dallo sforzo bellico in atto in quegli anni .
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Negli anni settanta, lattuazione dellordinamento regionale, comport profonde modifiche istituzionali e sostanziali nellambito della gestione dei rifiuti. Con lemanazione del d.p.r. n. 4 del 1972, lo Stato mantenne la competenza in materia di inquinamento atmosferico e idrico, aspetti igienico -sanitari delle industrie insalubri, e in materia di igiene del suolo e dellambiente, settore che comprende lo smaltimento dei rifiuti solidi. Alle Regioni, fu invece riconosciuto, a titolo di delega, lesercizio delle relative funzioni amministrative. Pochi anni dopo invece, con il d.p.r. n. 616 del 1977, sul complet amento dellordinamento regionale, alle Regioni vennero apparentemente assegnati poteri estremamente estesi. Con la c.d. regionalizzazione, alle Regioni spett "la disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali, riguardanti le operazioni di salvaguardia e trasformazione del suolo nonch la protezione dell'ambiente", con la conseguente attribuzione della piena competenza sulla tutela dellambiente dagli inquinamenti, trasferendo in capo alle stesse Regioni la prevenzione ed il controllo delligiene del suolo, la disciplina della
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P. DellAnno, Legge in materia di controllo dellinquinamento e sua applicazione in Italia, Londra, 1976, pag 243.

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raccolta, della trasformazione e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e industriali. Allo Stato non venne riservata alcuna funzione amministrativa, fatta eccezione per i poteri generali di indirizzo e coordinamento e la determinazione dei principi generali della materia per mezzo di apposita legge-cornice.

Nei successivi anni ottanta, la normativa sullo smaltimento dei rifiuti fu oggetto di forti innovazioni, dovute al recepimento nellordinamento italiano, avvenuto in maniera tardiva, di alcune direttive comunitarie anni settanta. La legge delega n. 42 del 1982, port allattuazione delle direttive CEE n. 75/442, relativa ai rifiuti, n. 76/403, relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319, relativa ai rifiuti tossici e nocivi, tramite il d.p.r. n. 915 del 1982. Tale decreto, complet la normativa settoriale relativa alla tutela dellambiente per quanto concerneva linquinamento dellaria, dellacqua e del suolo.
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sui rifiuti emanate durante gli

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Le direttive comunitarie costituiscono lo scenario ed il vincolo di uniformazione delle disposizioni nazionali, anche se appare quanto meno dubbio che esse possano risultare di immediata applicazione nel nostro ordinamento, essendo per la loro massima parte condizionate alladozione di norme statali di recepimento (autorit competenti, procedimenti amministrativi semplificati o meno, disciplina sanzionatoria, normativa tecnica, etc.); vedi P. DellAnno, Manuale di Diritto Ambientale, ed. Cedam, Padova 2000

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Questa significativa evoluzione, rese disponibile una disciplina organica dei rifiuti , che permise il passaggio da una fase organizzativa del servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti, ad una fase procedimentale e sostanziale. Lo smaltimento dei rifiuti, nelle sue varie fasi, costitu una attivit di pubblico interesse , sottoposta alle disposizioni del decreto e all'osservanza dei principi generali in esso contenuti, al fine di evitare ogni danno o pericolo per la salute; garantire l'incolumit, il benessere e la sicurezza della collettivit e dei singoli; garantire il rispetto delle esigenze igienico-sanitarie ed evitare ogni rischio di inquinamento dell'aria, dell'acqua, del suolo e del sottosuolo, nonch ogni inconveniente derivante da rumori ed odori; salvaguardare la fauna e la flora ed evitare ogni degradamento dell'ambiente e del paesaggio; rispettare le esigenze di pianificazione economica e territoriale; promuovere, con l'osservanza di criteri di economicit ed efficienza, sistemi tendenti a riciclare, riutilizzare i rifiuti o recuperare dai rifiuti materiali ed energia.
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Per fronteggiare lemergenza rifiuti, il decreto 915/1982, venne inoltre integrato, negli anni seguenti, da una serie di norme tecniche e di apposite leggi tra le quali vanno ricordate : 15

la l. 441/1987, sullemergenza rifiuti;

La nozione di rifiuto prevista dal d.p.r. n. 915 del 1982 si discostava da quella fornita dalle direttive CEE (art. 1 dir. N. 75/442) in quanto, parlando di abbandono o di destinazione allabbandono, era orientata verso un sistema in cui prevaleva la determinazione individuale; vedi B. Caravita, Diritto dellambiente, ed. Il mulino, Bologna, 2001 16 Analoga valenza era gi stata attribuita dallart. 1, l. 366/1941. Linerenza di pubblico interesse concerne - secondo i giudici amministrativi - tanto il profilo della tutela dellambiente quanto quello della sanit pubblica, TAR Puglia, sez. I, 26.4.1990, n. 309

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il d.m. 559/1987, attuativo delle previsioni della l. 441/1987, sui criteri per la predisposizione di piani regionali per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per la realizzazione di nuovi impianti;

il d.m. 457/1988, sui criteri in materia di esportazione e importazione dei rifiuti;

la l. 475/1988, sullo smaltimento dei rifiuti industriali; la l. 45/1989, in materia di emergenze connesse allo smaltimento dei rifiuti industriali;

il d.m. 29.5.1991, sulla raccolta differenziata dei rifiuti urbani.

Nel 1993, a causa della sostanziale inapplicazione e dellinadeguatezza della normativa in atto, venne emanato il d.l. n. 443, che introdusse la nuova categoria dei residui, rifiuti destinati al riutilizzo, sottraendola alla disciplina generale dello smaltimento, e prevedendo inoltre delle procedure semplificate per la costruzione degli impianti destinati al recupero e allesercizio di tale attivit, che avrebbe consentito il riuso dei rifiuti come materia prima e fonte di energia.

La normativa di settore, venne radicalmente rielaborata nel 1997, qua ndo in attuazione delle direttive Cee n. 91/156 sui rifiuti, n. 91/689 sui rifiuti pericolosi, e n. 94/62 sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio, fu emanato, con doppia delega legislativa , il d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (cd. Decreto Ronchi, dal nome del
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Leggi delega n. 146/1994 e n. 52/1996.

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Ministro dellAmbiente che lo propose), che costituisce oggi in Italia, la fonte principale di disciplina della materia dei rifiuti. Scopo principale del decreto Ronchi fu una sistemazione organica della materia, resa comunque indispensabile dalle modifiche apportate dallUnione Europea al cuore delle normative di settore. La legge statale dovette obbligatoriamente provvedere a disciplinare in modo uniforme la tassonomia dei rifiuti, divenuti potenzialmente delle merci con peculiari caratteristiche di pericolosit ambientale e sanitaria, e la loro circolazione. Il d.lgs. n.22 del 1997 rinnov completamente lorganizzazione del settore : elimin le disposizioni contrastanti con lordinamento comunitario, abrog la legislazione preesistente (le leggi 366/1941, 915/1982, 441/1987, 475/1988, 45/1989) e ridefin la stessa nozione di rifiuto , nellintento di costruire un sistema organico fondato su principi direttivi, assetti organi zzativi, profili procedimentali e sanzionatori, capaci di affrontare la problematica dei rifiuti e degli imballaggi.
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Il decreto Ronchi cerc di correggere i difetti di impostazione della legislazione statale e regionale, regolamentando, in maniera organica, una materia complessa per problematiche tecniche e peculiarit caratteristiche dei rifiuti.

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Al fine di dissipare le incertezze interpretative relative alla possibilit o meno di qualificare una sostanza come rifiuto a prescindere dallavvenuto abbandono o dalla volont del detentore di abbandonare la sostanza; vedi B. Caravita, Diritto dellambiente, ed. Il mulino, Bologna 2001

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